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ANNI DIECI-VENTI:

1) COLLAGE →

Il collage ha due anime, la prima che risponde alla logica dell'incollare pezzi di mondo all'opera d'arte, la seconda, che si sposta fino ai nostri giorni, si esprime sotto forma di immagini impalpabili, rese possibili da supporti digitali. Il collage prevede l'utilizzo di materiali bidimensionali incollati su una tela o comunque su supporti piani. Gli elementi applicati devono sempre essere leggeri. Tale tecnica fa la sua prima apparizione in uno dei movimenti più noti del primo Novecento: il Cubismo.

Pablo Picasso (1881) e George Braque (1882) arrivano al collage nel 1912, nel anno di passaggio tra la fase analitica e quella sintetica. Il primo esempio in assoluto di collage è dato da "Fruttiera e bicchiere" di Braque: incolla sulla tela alcuni fogli di carta. L'opera resta bidimensionale, ancora invalicabile nella possibilità di interazione col pubblico, ma compie un primo passo verso la realtà "tale e quale". Picasso va oltre, e nello stesso 1912, in "Natura morta con sedia impagliata", immette una porzione di tela cerata ricavata appuntando una sedia, contornando poi l'opera con una corda che fa da cornice (non è del tutto fuorviante parlare di assemblaggio). Anche Gris, altro cubista, nello stesso anno col suo "lavabo" innesta una pezzo di vetro sulla sua opera (→ Michelangelo Pistoletto).

Sempre del '12 l'opera di Severini “Ballerina blù”, in cui l'artista cosparge di lustrini riflettenti alcuni lembi della veste della danzatrice (→ verso l'adorazione dei pixel). E così faranno anche Prampolini, Carrà, Marinetti, Balla. (sottolineare il fatto che i futuristi si muovono in un universo di softness, opposta alla hardness cubista → elettromorfismo VS meccanomorfismo). I futuristi però, specialmente dopo la Prima Guerra Mondiale, si avviano verso un universo più figurativo (Secondo Futurismo), mentre il caos si riaffaccia coi Dadaisti, che incastrano alla perfezione il collage arte-vita.

Raoul Hausmann (1886), Hans Arp (1886), Baargeld (1892) ci hanno lasciato esempi fantastici, seppur diversi a seconda della zona geografica, di collage.

La personalità più rilevante è senza dubbio Hannah Hoch (1889): con lei il collage prende una piega molto diversa, perturbante e dai risvolti sociali non indifferenti; il suo collage corrosivo potrebbe essere accostato alle parole di Thom Yorke in Creep, o di Carmen Consoli e le sue "veneri storpie", o di una P.J. Harvey. Si parla di donne, che si sono stufate di rientrare in un certo tipo di stereotipi, che non vogliono più essere belle e perfette, ma brutti esseri assuefatti, veneri storpie, per l'appunto (si veda "la sposa" ad esempio). Dalla Hoch partono linee di forza che arrivano fino ai giorni nostri, a una Sara Lucas, Cindy Sherman, Ines Lamsweerde.

Max Ernst negli stessi anni e sempre in Germania confeziona un altro tipo di collage, in linea anche con la fase di ritorno all'ordine che molti artisti attraversano negli anni '20; i suoi ibridi uomini-robot e uomini- bestie finiscono per ricordare alcuni mostri dei videogiochi, ovviamente nell'intento (rispettato al meglio negli anni Novanta) di rendere il meno visibile possibile gli insetti, conferendo un effetto pulito e uniforme.

Lavora di fino anche John Heartfield (1891), dadaista berlinese, mago del fotomontaggio, grazie al quale si cimenta in una bellissima satira sociale.

Aleksandr Rodcenko (1891) ha pazzeche abilità da graphic designer, tramite le quali crea collage di ascendenza cubo-modernista volti ad esaltare le "magnifiche sorti e progressive" leopardiane, senza più caos, ma pulizia compositiva, seguendo gli insegnamenti dei padri del Suprematismo, Malevic.

Da segnalare anche Paul Citroen (1896), straordinario nella serie Metropolis, costituita da ritagli di città accostate in maniera caotica (→ Giacomo Costa)

2) ASSEMBLAGE →

L'assemblage si ha quando due o più materiali eterogenei compongono un aggregato unitario a sé stante, autonomo rispetto a un supporto bidimensionale. Il distacco totale da una superficie non è un vincolo ineludibile, poiché esistono assemblaggi in cui gli elementi semplicemente sporgono dalla tela, sono in aggetto.

Ovviamente i primi a usare questa tecnica sono stati i protagonisti delle Avanguardie storiche, i cubisti e i futuristi. Boccioni è stato sicuramente un grandissimo anticipatore teorico, ma le sue pratiche artistiche erano ancora influenzate da tempi non maturi. Col suo "manifesto della scultura futurista" ha anticipato tutti, col suo unite materiali hard e materiali soft: da Richard Serra a Beuys, dall'Arte Povera all'Arte del Processo e via dicendo. Tra carne e plastica, energia meccanica e energia elettrica. Boccioni aveva capito tutto. ( "la madre" era un assemblaggio boccioniano andato perduto, che alcuni daterebbero 1910, sottintendendo così che sarebbe stato proprio Boccioni il primo, il padre, l'eurétes).

Nel 1912 è di nuovo Picasso, con la sua "Chitarra", ad aprire la strada, seguito da Boccioni, con "dinamismo di cavallo in corsa + case"; viene poi "la toga e il tarlo" di Depero (1892), molto, troppo figurativo (marker necessario al momento). Altri assemblatori da ricordare in questi anni sono: Laurens (1885), Tatlin (1885), padre fondatore del costruttivismo russo, Ivan Puni (1894), Marinetti con le sue Tavole tattili, Arp e gli assemblage di "objets trouvés", Hausmann. Da tenere ben presente, poiché considerato la prima fonte di ispirazione di Schwitters per la su Merzbau, è il "grande Plasto-Dio-Dada-Dramma" di Johannes Baader (1875): nella struttura è inglobato ogni sorta di elemento, aggregato, accatastato, affastellato senza senso alcuno e persino in modo brutto. Ma l'arte contemporanea non vuole essere bella, proprio no.

Come già detto, il Grande Plasto è stato tra le fonti di ispirazione di Kurt Schwitters (1887), grande amico di Hannah Hoch (entrambi molto attratti dalla tematica della macchina celibe, ingranaggi, elementi rotatori). L'artista recupera i suoi oggetti dall'immondizia, per strada; vuole che siano corrosi dal tempo, usati, scartati. Rimossi. Lui li riscatt, dona loro nuova vitalità, riciclandoli. Dopo averli rimontati, riassemblati in composizioni giocose, rierette a esperienza estetica. Ma c'è di più: Schwitters plasma sui suoi oggetti una coltre di pittura grassa, stesa da mano incontrollata, evocando così una vigorosa colata di materia informe, adatta a evocare le forze del profondo, il "rimosso" freudiano. Viveaor da qui il New Dada degli anni '50. E come non citare l'opera più pazzesca di Schwitters, La "Merzbau", cattedrale delle miserie erotiche. Da non dimenticare anche l'esperienza della cucina futurista (siamo già negli anni '30), che somiglia così tanto alla cucina contemporanea, che si smaterializza, diventa anoressica, come sarà l'arte più avanti negli anni.

3) READYMADE → Solo un nome: Marcel Duchamp (1887). Coetano di Schwitters, difende su una rivista il suo alterego segreto, Richard Mutt, dopo che aveva presentato a una mostra un orinatoio “già fatto”. Lo aveva scelto. Chiessne impostae se non lo aveva fatto con le sue mani, se non lo aveva "creato"; ha creato un nuovo pensiero, dice Duchamp.

Questo è il readymade: scegliere di vivere in altro modo, di vedere il mondo in altro modo. Il readymade è un epifania (vedi Joyce, la Wolff, american Beauty...). Il readymade è la tecnica più usata dell'arte contemporanea, la più frittaesa. E un oggetto preso così com'è, presistente alla volontà dell'artista, che si limita a prelevarlo ed utilizzarlo nei modi più insoliti, rompendo il vetro opaco delle abitudini che c'è tra noi e il mondo.

Nasce ufficialmente nel 1913 con la “Ruota di bicicletta” e ufficialmente nel 1915 con la famossisima pala intitolata “in anticipo per il braccio rotto”. (

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Publisher
A.A. 2012-2013
17 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ricky5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecniche dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Fabbri Fabriano.