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S.A.R.).
Su questa linea si sviluppa la Junk Art di Keinholz: readymade che prediligono
elementi figurativi (v. S.A.R.). Chamberlain aggrega viscere di automobili.
Stankiewicz assembla ferraglia saldata a sagomare umanoidi celibi.
Johns invece sposta l’attenzione su oggetti dal sapore più concettuale.
Nella compagine novorealista spicca Arman che ha coniato il termine accumulazione
per opere che si compongono per somma aggregativa-assemblativa. Nel Nouveau
Realisme non c’è traccia di pittura. Cesar (v. S.A.R.) effettua le compressioni lasciando
libero il demone della soggettività, stritola l’oggetto in abbracci micidiali.
Tinguely effettua aggregati meccanici azionabili come i Merzbild liberati dalla gabbia
tridimensionale. Spoerri realizza i quadri trappola (v. S.A.R.).
La Pop Art ha un atteggiamento rinunciatario verso la terza dimensione. C’è qualche
assemblaggio in Wesselman con mesole rubinetti e detersivi. Pascali neutralizza un
arsenale bellico trasformandolo in macchina celibe.
Yves Klein viaggia costantemente verso la smaterializzazione e la leggerezza in
omologia ai flussi elettronici. Nelle Antropometrie parte dalla fisicità di presenze
femminili per restituirli in forme sintetiche in una traccia. Quei corpi subiscono una
sorta di evaporazione omologa alla tecnologia elettromorfo-informatica. In seguito con
un lanciafiamme deposita sulla tela i segni di un soffio energetico rimane però un
happened: è questo il limite delle Antropometrie. Una delle esperienze conclusive della
sua attività è la performance Zone di Sensibilità Pittorica Immateriale. Nella quale
nomina con un nuovo pensiero alcune porzioni di Parigi e le vende in cambio di lamelle
di oro puro, da gettare all’aria sulla Senna, quasi a stabilire il processo di osmosi e
impollinazione tra spazi urbani
Vale per Manzoni il paradosso di essere “incorporeo”, cioè di dirigersi verso soluzioni
immateriali e concettuali. Con così tanto bianco da neutralizzarsi nell’assenza di
colore, nella a-cromia per riferirci alle sue celebri serie di lavori. Il bianco di Manzoni
bacia i rilievi di tele stazzonate, avvolge le gibbosità di michette di pane, zampilla da
ciuffi di piume, di cotone alieno alla semplice tabula rasa di un quadro piatto e
levigato. Tutti gli achrome di Manzoni sono infatti caratterizzati da una panspermia
del bianco che li movimenta e li agita
che in un altro gruppo di lavori intitolati Corpi d’aria riempie del proprio fiato
quarantacinque palloncini, sempre nel segno della leggerezza, culminata negli atti di
nomina delle Sculture viventi:
E a cosa servono le Basi magiche se non a questa rivalutazione epifanica di tutto il
nostro apparato fisico?
le scatole che contengono la Linea infinita, vero e proprio spartito da eseguire con la
mente, ruba alla tecnotronica i suoi linguaggi-base
Con la Pop gli ardori di fuoriuscita della prigione della bidimensionalità promossi
dall’assemblaggio diventano soluzioni onnivore.
Non ci sono odori né suoni nella Pop e la vista è l’unico senso stimolato.
In opposizione a ciò in un primo momento il Minimalismo cercherà di
effettuare un azzeramento monocromo poi un magma di energie,
quelle della natura, erutta e prende piene un assemblaggio fondato
su materiali informi. L’assemblaggio alla seconda traduce in pieno le
profezie boccioniane.
Alla fine degli anni Sessanta Beuys effettua molti assemblage. Anche
Eva Hesse parte da supefici aggettanti dalle quali fa partire
protuberanze simili a cordoni ombelicali: primarizza le forme del
minimalismo e le affloscia.
Linda Benglins negli angoli di qualche stanza accumula fette di
materia similorganica.
Richard Serra compone assemblaggi con grandi lastre metalliche
dalle forme minimali ma per nulla minimalistiche: le pone in bilico:
in equilibrio precario, possono essere colpite da una casualità e
cadere (v. Takayama).
Le va utilizza vetri incrinati, mandati in frantumi: il suo rapporto
con il Minimalismo è risolto in favore del caso (anche se nel suo caso B.B.P. - ! 6
il passo dall’assemblage all’installazione è breve).
Keith Sonnier coglie bene la formula “primordio + tecnologia” in
grossi costrutti polimaterici accompagnati da grovigli di tubi al
neon. Bruce Nauman moltiplica per quattordici volte il suo
cognome.
Anche l’Arte povera produce molti assemblaggi: Zorio mescola
prodotti naturali, pelle ad esempio, e li trafigge di energie, con
laser, resistenze elettriche sovrapponendo tecnologia e fenomeni
naturali. Anselmo realizza la famosa Struttura che mangia, in una
sfida tra forma e informe: tra uno zoccolo geometrico è incastrato un
ciuffo di lattuga. Calzolari realizza costrutti che alternano calore e
gelo, congelando frasi, pensieri e inserendo spesso neon.
Merz infilza la durezza degli oggetti con bastoncini di neon che si
accende anche grazie alla comparsa della spirale. Kounellis
accumula mucchietti di carbone, feltri afflosciati.
Anche nel Mono-ha, corrispettivo nipponico dell’Arte povera nella
somma primordio + tecnologia si scatenano queste forze.
!!
!!
Readymade 2
Il Fluxus nasce ufficialmente nel ’62, suo principale promotore è Maciunas che progetta
le Fluxkit, valigette che contengono articoli che hanno la funzione di essere eseguiti
secondo le istruzioni nella scatola. Sono kit per l’allargamento dei sensi. Altri esponenti
del Fluxus:
Brecht lavora principalmente con le event card, cartellini su cui appone istruzioni
banali come “accendere e spegnere la luce di una stanza”. Raccoglie poi le sue carte in
mazzi racchiusi nei kit. Yoko Ono in Grapefruit usa molti oggetti tali e quali: il suo
readymade preferito è il mondo. (v. Z&M e S.A.R.).
Ben Vautrier coniuga Brecht e Ono, i suoi fluxkit sono folli, con bottiglie che
contengono dio, readymade per suicidarsi
!
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Suono 2
In tutta la Sound Art degli anni ’50-’60 il suono si presenta con qualità essenziali, “a
grado zero”, senza troppe rielaborazioni (caratteristica anche della fotografia).
L’epifania acustica continua la sua evoluzione con John Cage ed il silenzio evocato in
“4’33’’”, performance in cui Cage siede al piano e non lo suona, lasciando che nell’aria si
liberino i suoni prodotti dal pubblico, dalla situazione, dal caso.
Karlheinz Stockhausen elabora composizioni più complicate e visionarie, come il
quartetto di archi e pale di elicottero.
Max Neuhaus agisce in contesti urbani, come in Drive in music, in cui raccoglie le onde
acustiche catturate dalle antenne delle auto di passaggio in una strada, o in “Time
square”, dove l’artista colloca sotto una grata da marciapiede dei diffusori che
trasmettono un suono elettronico totalmente estraneo al contesto cittadino,
straniandone la percezione acustica.
Bernhard Leitner si interessa alla relazione tra suono, corpo, spazio e movimento delle
onde sonore studiando come queste agiscano sul corpo in “Sound cube” (il fruitore si
sdraia su una sedia con casse acustiche che vibrano su alcune parti del corpo).
Maryanne Amacher, in perfetta omologia con i media elettronici, realizza City link,
catturando i rumori di un luogo e diffondendoli in un posto lontano kilometri da quello in
cui i rumori sono stati prodotti, con l’ausilio di microfoni e telefoni. Le interconnessioni
globali permettono di ascoltare nella propria casa il suono di un porto.
! B.B.P. - ! 7
Installazione
2
Minimalismo
Il senso dell’installazione minimalista è ristabilire un equilibrio, opponendosi al dominio
dell’oggetto e annullando l’abbondanza delle merci prodotte in serie attraverso forme
geometriche rigide monocromi e bianche, comunque lontane dal flusso vitale del
primordio.. Il fruitore si muove attorno a questi volumi, come alle “L shapes” di Robert
Morris.
!
Arte povera
L’Arte povera esprime la volontà di ritrovare un’empatia con il cosmo e con l’universo del
primordio, in omologia con la tecnologia elettronica.
Giuseppe Penone ristabilisce un contatto con la dimensione primaria della natura
quando lascia il calco della sua mano su un albero che modifica la sua crescita proprio a
causa dell’impronta dell’artista. Questo contatto viene ristabilito anche nella dimensione
quotidiana, con un tavolo che ridiventa albero.
Mario Merz celebra la vicinanza alla Madre Terra propria delle culture nomadi
mediante la morfologia dell’igloo. Inoltre esprime il rapporto con il cosmo mediante la
morfologia della spirale, secondo un tecnomorfismo condiviso anche da Eliseo
Mattiacci, che si ispira anche ai totem indiani ristabilendo un contatto con l’universo
(come quando capovolge gli ombrelli facendoli sembrare parabole). Anche Richard Serra
lavora con la forma spirale, modellando i corridoi delle sue strutture secondo questa
morfologia. Marisa Merz crea strutture e reticoli con il rame, un metallo scelto perché
conduttore elettrico, continuando sulla linea delle interconnessioni.
Michelangelo Pistoletto realizza specchi con icone per catturare lo spettatore all’interno
dell’opera, conferendole una forte componente di interazione.
L’installazione ad opera di Jannis Kounellis che espone dodici cavalli in una galleria
stravolge lo spazio e la sua percezione da parte del fruitore.
!
Antiform
L’Antiform è strettamente collegato alla figura di Robert Morris che, in un articolo del
1968, espresse l’importanza del caso e della forza di gravità come elementi da mostrare
ed esaltare nelle opere, in accumulazioni ed accatastamenti liberi (v. “Feltri cascanti”).
Mono-ha
Le installazioni di Mono-ha sono generalmente sospese tra volumi minimali e
materiali organici.
Yayoi Kusama impiega tessuti morbidi erotizzate con protuberanze figurative con la
morfologia di forme falliche. L’impiego delle luci psichedeliche riflesse su specchi è
omologo alla tecnologia del pixel per i numerosi riflessi prodotti.
Stessa omologia la ritroviamo in Niki de Saint-Phalle, che usa le schegge per
rivestire le sue sculture e le sue installazioni. L’icona si palesa sottoforma di giocattolo,
avvicinando emotivamente il fruitore. “Hon” è una scultura gigante di donna in cui
possiamo entrare da un’apertura che corrisponde alla vagina e arrivare ad un terrazzo
che si apre sul ventre. Il “Giardino dei tarocchi” è un’esplosione di colori resa ancora
più efficace dai frammenti di specchi che moltiplicano le superfici delle sculture degli
Arcani Maggiori.
Pop Art
Le installazioni della Pop Art sono passive.
Oldenburg realizza una stanza dal sapore fortemente kitsch,
con mobili tagliati di sghembo e tessuti