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FATTORI ATTI A LIMITARE IL RISCHIO DI CONTINUITA’ AZIENDALE :

-possibilità di aumentare il capitale sociale;

- possibilità di ottenere altri finanziamenti;

- possibilità di cedere un ramo d’azienda non strategico;

- possibilità di riscadenziare i finanziamenti;

-possibilità di ingresso in mercati alternativi e di impostare una struttura di costi basata più sui costi

fissi

che sui variabili.

ARTICOLI 2447 e 2482 COD CIV  potrebbe sussistere relazione diretta fra perdita di capitale

sociale e venir meno della continuità aziendale anche se non necessariamente in quanto l’impresa

può continuare ad operare garantendo l’equilibrio finanziario della gestione mediante il ricorso al

finanziamento di terzi o dei soci stessi. La perdita che rileva secondo la dottrina è quella superiore

al terzo del capitale che diminuisce al di sotto del minimo legale.

La creazione della “relazione sulla gestione patrimoniale” prevista dal legislatore in caso di

riduzione del capitale sociale per perdite non predispone necessariamente l’abbandono dei criteri

di funzionamento.

Alcuni autori ritengono condivisibile l’idea che i criteri dell’impresa in funzionamento debbano

essere abbandonati già nella SITUAZIONE PATRIMONIALE richiesta dall’art 2447 se è già

CERTO che la società non potrà sanare la perdita e continuare l’attività fino a che non viene

messa in liquidazione. Tuttavia, nel bilancio non dovrebbe essere abbandonata l’ottica della

continuità ma andrebbero solo moltiplicate le cautele e accresciuta la prudenza.

Franceschi-27.04.16

Lezione 18

Esame dei fattori della crisi e analisi di come sono derivate le perdite di esercizio che sono l’ultima

riga di conto economico. Bisogna vedere a che livello si verificano che le perdite che questi fattori

di crisi hanno generato facendo una riclassificazione mettendo in evidenza i risultati delle varie

gestioni (cause di natura caratteristica, finanziaria, straordinaria, fiscale ecc). Questi due esami

sono fondamentali per l’analista.

L’esame di una situazione economica aggiornata perché ci permette di leggere quelle che sono le

cause della crisi e di conseguenza intervenire e mettere in atto le azioni necessarie. Bisogna

capire il business model dell’impresa per vedere come è strutturata l’attività aziendale. Con il

bilancio di verifica non competenziato si vedono tutti i conti che sono stati accesi con saldo attivo

ad oggi.

Capire inoltre i risultati economici attesi e individuare i fabbisogni finanziari necessari per

perseguire una determinata strategia individuata dal consulente. Quando siamo in crisi dobbiamo

anche stare attenti alla gestione corrente day by day. Vedere se la nostra gestione del CCN

(liquidità generata dalla soluzione del progetto) ci consente di stare in piedi  se non riusciamo a

stare in piedi per 12 mesi c’è un problema di continuità aziendale.

Se non abbiamo la liquidità sufficiente per far fronte ai nostri debiti, nei confronti dei fornitori

soprattutto ci stiamo mettendo a rischio che arrivino decreti ingiuntivi. Se i decreti ingiuntivi non

vengono pagati producono interessi e spese legali. Il fornitore non appena ottiene il decreto

ingiuntivo (che non è altro che una richiesta con allegate le fatture che viene depositata in

tribunale, probabilmente c’è anche l’attestazione del notaio che dice che le scritture riportano

correttamente quelle fatture ) dal giudice. Egli non fa un controllo di merito ma verifica la regolarità

formale ed emette un decreto che è impugnabile entro 60 giorni dal debitore. Per impugnarlo

cerchiamo di fare i furbi e cerchiamo qualcosa per procrastinare il decreto perché se c’è

un’opposizione al decreto ingiuntivo si apre una vera e propria causa con i tempi del codice di

procedura civile. Se non facciamo una opposizione il decreto ingiuntivo diventa esecutivo e quindi

il creditore potrà attivare una procedura esecutiva e pignorare il conto corrente o dei beni presso

l’impresa.

Se iniziano ad arrivare tanti decreti ingiuntivi vuol dire che i fornitori li sto “tirando” forse un po’

troppo e per fare un piano bisogna crearci un ambiente tranquillo. Se non pago i fornitori e arrivano

decreti ingiuntivi inizia anche l’erario con fermi amministrativi, iscrivono ipoteche sugli asset…

In questi casi le soluzioni ottimali sono quelle previste dalla legge fallimentare: concordato

preventivo, liquidazione. Il concetto è quello di farsi proteggere da un istituto giuridico previsto dalla

norma per evitare l’arrivo di decreti ingiuntivi. Invece in ambito stragiudiziale non si ha nessuna

protezione dalle pressioni dei fornitori e quindi si suppone che la crisi non sia molto accentuata e

se si adotta una soluzione di questo genere si presume che la crisi sia di natura finanziaria: quindi

problemi con i finanziatori. Oppure nel caso in cui l’impresa abbia un solo fornitore come ad

esempio il concessionario della Volksvagen con la casa madre: se ci sarà una crisi si cercheranno

innanzi tutto accordi con il fornitore.

Tuttavia le soluzioni stragiudiziali vengono intraprese soprattutto in ambito di crisi finanziaria

(istituti di credito e altri interlocutori finanziari).

Dopo aver costruito un Business Plan economico e descritto e quantificato i fabbisogni finanziari

necessari per i prossimi anni per la ristrutturazione, si è completato il piano industriale (previsione

del CE su base 3/5 anni economiche finanziarie e patrimoniale). Bisogna indagare sempre circa

l’economicità in toto sotto tutti gli aspetti. Una volta fatto ciò ci si interrogherà sui rischi connessi a

quel piano e si confronterà con i nostri interlocutori che cambiano a seconda del business model

dell’impresa e della sua strutturazione del passivo. Tendenzialmente nel caso di soluzione

stragiudiziale gli interlocutori sono sempre le banche. Se non si trovano accordi o si cede il

business e qualcun altro si accolla il debito oppure ci si mette in liquidazione e con le risorse

liquide si vanno a pagare i debiti. Anche se sono in liquidazione tuttavia posso sempre fallire.

Se trovo i consensi vado a procedere con le ristrutturazioni e gli investimenti che sono stati previsti

e procedere con le formalità negoziali con le banche che mi hanno dato il consenso per portare

avanti il progetto di ristrutturazione (che può trattarsi anche di eliminare le inefficienze che si sono

verificate nel core business).

Il consulente per produrre il BP deve fare delle analisi. Il consulente è chiamato ad avere una serie

specifica di competenze. Non servono solo competenze di matrice contabile ma bisogna

conoscere l’analisi di bilancio (cash flow, rendiconto finanziario, proiezioni future, indicatori

finanziari). Oltre le competenze tecniche ci sono le competenze negoziali che difficilmente si

imparano delle aule. Quando bisognerà prospettare le soluzioni del debito il saper relazionarsi con

le differenti categorie di creditori sociali non è cosa da poco anche sotto il livello psicologico per

ottenere i consensi.

Chi può affiancare l’impresa nella crisi dal punto di vista contabile e finanziario.

È un consulente che deve avere delle competenze. Le società di consulenza strategica entrano in

gioco quando bisogna riparare il business model dell’impresa.. quindi entrano in gioco nelle società

più grandi. Le società di turnaraund sono veicoli specializzati nell’acquisizione di

controllo/totalitarie/di maggioranza nelle imprese in crisi e all’interno di queste ci sono le

competenze che servono per supportare le imprese nella sua ristrutturazione e tendono a

concentrarsi in imprese che operano in settori di nicchia (LBO) dove hanno una produzione

consolidata e che può essere migliorata: le società di turnaround hanno in mente l’idea di prendere

il cavallo zoppo e rimetterlo in cammino, però si deve trattare di grosse dimensioni. Ci sono le

boutiques di affari con all’interno dei professionisti specializzati in ristrutturazione del debito e che

hanno dei componenti con una chiara immagine di affidabilità professionale sul mercato  grandi

imprese. Il soggetto classico che affianca le PMI nella ristrutturazione del debito sono gli studi di

professionisti o i singoli dottori commercialisti, che sono anche quei soggetti di cui si avvale il

tribunale per la gestione della crisi di impresa ( commissario giudiziale o curatore fallimentare).

Questi soggetti che hanno maturato una expertise lato tribunale conoscono bene gli ambiti della

crisi e possono ben affiancare le imprese anche quando la crisi diventa più accentuata. Abbiamo le

banche d’affari o di investimenti sempre quando la crisi riguarda grandi imprese che devono

interfacciarsi anche con investitori esteri. L’ultima figura sono i risanatori management: quando si

verificano delle crisi finanziarie o anche industriali i creditori che si interfacciano con l’impresa a

livello psicologico non si interfacciano più bene con coloro che hanno portato l’impresa in crisi

(come squadra di calcio quando cambia allenatore, anche se non è detto che per forza fosse lui la

causa della crisi )  quindi si cambiano i managers, magari si individua un AD o un amministratore

unico nuovo che è un po’ un esperto di quel business. Poi non appena il cavallo zoppo riprende a

camminare lasciano quella società. Questa è una figura che può esserci ma che non sostituisce il

consulente nella costruzione di risanamento del piano finanziario e aziendale. I risanatori possono

solo traghettare l’impresa nell’attuazione del piano.

L’advisor dell’impresa deve avere una serie di qualifiche e capacità. L’advisor è un consulente che

nell’ambito di una struttura opera direttamente per conto di una impresa o dei suoi azionisti, delle

banche o degli altri creditori oppure a supporto di altri professionisti (nel loro ruolo di consulenti a

loro volta o di organi della procedura) nella gestione delle crisi o criticità di impresa, associando

alla propria attività una marcata caratteristica di indipendenza. Deve possedere capacità di analisi

economico finanziarie, di comprendere il business model del cliente, di predisporre business plan,

di identificare le risorse necessarie per il risanamento. Deve garantire risorse in tempi brevi. Deve

conoscere anche le regole del codice civile e societarie per le regole di prelazione dei creditori.

L’attività dell’advisor:

- Assunzione di tutte le informazioni più importanti (bilancio di verifica, brochure, colloquio

con soggetti apicali, esame dei competitori, descrizione del business model, swat analisys,

come funziona la logistica dell’impresa) e cons

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
16 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/13 Scienze merceologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Graziella1234 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnica Professionale 2 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Franceschi Luca Francesco.