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LA CORNICE DEL COLLOQUIO: ASPETTI MATERIALI
Il luogo in cui avviene il colloquio ha un ruolo molto importante per lo svolgimento del
colloquio stesso. Una stanza è un luogo delimitato da pareti con aperture verso l’esterno
finalizzate all’entrata o all’uscita, al cambio d’aria.. La porta è il confine al di là del quale
non diremmo le cose che possiamo dire al di qua. L’arredamento è qualcosa che noi
presentiamo al pz. I requisiti fondamentali sono un tavolo con due sedie, deve far sentire
il pz come se fosse a casa. Il corpo dello psichiatra, lo stile corporeo (il nostro aspetto ed
il nostro atteggiamento posturale) conocorrerà a costruire l’immagine che il pz si farà di
noi.. Alcuni casi da evitare sono presentarsi in tuta o ostentare la propria ricchezza.
LE REGOLE DEL GIOCO
esistono delle regole senza le quali non si può condurre un colloquio. Sono tre:
-la regola del linguaggio: durante un colloquio si deve usare il linguaggio del pz. Spesso
tendiamo a sottovalutare il linguaggio ma la maggior parte del nostro lavoro è espresso
tramite esso. Lo psichiatra è un uomo di cultura. I livelli di osservazione del linguaggio
nel colloquio sono: la lingua usata, il pz sta parlando la lingua che usa quotidianamento o
un’altra? E’ frequente trovarsi davanti persone che nella vita quotidiana parlano in
dialetto e l’uso dell’italiano durante il colloquio crea una situazione di rispetto ma di
minore partecipazione emotiva del pz. Uno dei modi che il pz usa per difendersi dai
sentimenti spicevoli è quello di parlare una lingua diversa da quella quotidiana. Noi
parleremo nel linguaggio quotidiano di uso corrente, evitando accuratamente di usare un
linguaggio tecnico-scientifico (che useremo con I nostri colleghi). Vocabolario
prevalente, spesso il pz cerca di utilizzare quello che crede essere il linguaggio dello
psicologo. Il pz che usa questo linguaggio non fa altro che cercare di distanziarsi
emotivamente dai suoi problemi talvolta volendosi mettere anche nei panni dello
psicologo in quanto sembrano più comodi dei suoi. Il linguaggio del pz può darci info
riguadanti la sua provenienza socio-culturale (lessico lavorativo, sociale-televisivo,
idiomatico-proverbiale). Ricchezza del lessico, se la persona che abbiamo di fronte è in
grado di utilizzare un lessico ricco per descrivere in modo adeguato la propria situazione
personale siamo molto avvantaggiati. Spesso però ci troviamo di fronte persone che
sembrano disporre di un lessico molto povero e questa situazione è molto preziosa perchè
ci permette di chiederci se è dovuto a una situazione culturale o se sono prevalenti le
componenti personali e in quest ultimo caso osserveremo se la povertà lessicale si
manifesta in alcune aree, in alcuni temi o se è un fenomeno diffuso. Stile, sintassi, stile
oratorio.
Per quanto riguarda la regola del linguaggio, consiste nel lasciar usare al pz il proprio
linguaggio mentre lo psicologo deve creare le situazioni che permettono al pz di usare il
proprio linguaggio e usare egli stesso per quanto possibile quel linguaggio impiegandolo
spontaneamente e per far ciò deve essere in grado di identificarsi nel pz. Le eccezioni a
questa regola sono il tossicomane e il delinquente. Entrambi usano in modo falso il
linguaggio, offrono un linguaggio che si mostrerà come una crosta vergognosa elaborata
o affittata per non presentarsi e per esprimere la propria incapacità di farlo.
-la regola della frustrazione: durante il colloquio si deve evitare di soddisfare I desidere
consci e inconsci del pz a eccezione del desiderio conscio che l’ha spinto da noi. Le
forme mediante le quali il pz esprime I suoi desideri sono le reali comunicazioni che ci
sta facendo. Non permettergli di soddisfare con noi I suoi desideri significa comunicargli
che abbiamo capito che non è venuto da noi per avere delle soddisfazzioni sostitutive ma
per mostrarci come nella sua mente il desiderio non trovi vie di espressione e
realizzazione. Nel primo colloquio non conosciamo il pz, bisogna restare neutrali.
-la regola della reciprocità: il pz uscendo deve aver ricevuto almeno tanto quanto ha
dato. Il pz non deve andare via senza aver ricevuto nulla in cambio. Il pz ci ha offerto
qualcosa di prezioso. Se non siamo in grado di comprendere quello che sta succedendo
dentro di noi non saremo in grado di tradurre le nostre esperienze con quel pz e quindi
non saremo in grado di restituirgli il concetto che ci ha dato. Come minimo dovremo
dirgli che ci serve un altro colloquio per farci un’idea più chiara della situazione.
ANATOMIA DEL COLLOQUIO: I (le prime fasi del colloquio)
I preliminari del colloquio: comprendono gli aspetti psichici, materiali e in secondo
luogo l’appuntamento. L’appuntamento può essere fissato da sè stessi o da altri. Il
colloquio, specialmente se il primo, va fissato in un momento di calma e basso stress e
sapendo che dovremo dedicare almeno 45 min al pz. Fissare l’appuntamento comunica al
pz che lo stiamo prendendo in considerazione. La telefonata per fissare l’appuntamento è
una sorta di presentazione sia del pz e dei suoi familiari che dello psicolgo e la sua
istituzione ma è fondamentale che questa pre-presentazione sia ridotta al minimo
indispensabile. Quando sono I parenti a fissare l’appuntamento si deve chiedere come
mai non è il diretto interessato a chiamre. S ei motivi sembrano futili (sta dormendo) è
meglio dire che si preferisce che sia il pz a chiamre, se invece I motivi sembrano
accetabili si può anche fissare l’appuntamento. Anche con I parenti non si deve fare un
colloquio telefonico perchè ci mostreranno una loro immagine del pz mentre a noi serve
farci la nostra. I pz che si attaccano al telefono è come se ci volessero avvertire che sono
casi difficili. Il periodo che va dall’inizi alla fase libera sarà quello che deciderà le sorti
del colloquio. Bisogna imparare a calcolare bene il tempo. (45-50 min)
L’inizio e il riconoscimento: prima di tutto ci si deve presentare con una stretta di
mano e l’indicazione del posto che il pz dovrà occupare. All’inizio el colloquio si
pongono due problemi ossia quello delle info preliminari e la scelta del tipo di colloquio
da compiere. -informazioni preliminari: sono I dati che abbiamo già sul pz. Se abiamo
ricevuto qualche info notevole è il caso di dire al pz che ci è stata comunicata quella cosa.
Non sempre è facile fare questa comunicazione specialmente se il pz ha tendenze
paranoidee. -scelta del tipo di colloquio: I colloqui possono essere relativamente liberi e
relativamente guidati. Dove mancano le condizioni per portare avanti una conversazione
mancano anche le condizioni per un colloquio libero. Un giovane schizofrenico in grado
di produrre solamente insalate di parole o un pz confuso non sopportano lo stress del
colloquio libero. Non bisogna dimenticare che ci sono delle controindicazioni in questo
tipo di colloquio. Nel colloquio libero si fa accomodare il pz e con una breve frase lo si
invita a parlare. La nostra breve frase deve essere un invito. Questo periodo iniziale
contiene anche un riconoscimento infatti come noi abbiamo avuto delle info preliminari
del pz, lui le avrà avute su di noi, entrambi avremo fatto delle fantasie sull’altro e questo
significa che le prime impressioni e fantasie sono per la prima volta soggette a verifica.
La fase libera del colloquio: come inizierà il pz? In questa fase delicata dobbaimo
saper utilizzare le nostre capacità di discrezione, di tolleranza e di empatia. Ci sono
aperture tipiche e atipiche. Le aperture tipiche del pz con l’andare del tepo tendono ad
ingannarci; mentre un’apertura atipica attira subito la nostra attenzione, l’apertura tipica
tende ad annebbiare le nostre facoltà critiche come se ci illudessimo che che ad una certa
apertura tipica crrisponda una data struttura mentale. Non è così, fortunatamente le
persone sono tutte differenti e con ognuna ci troviamo sempre al punto di partenza.
-Un primo modo di presentarsi da parte del pz è l’elencare I sitnomi che lo portano da
noi, talvolta accompagnato da una breve storia del sintomo altre volte invece viene
presentato solo il disturbo. Alcuni pz dopo aver presentato il sintomo vorrebbero
scappare, altri rimangono in silenzio come se adesso il compito fosse tutto nostro. (tipa
che si innamora di tutti gli analisti così smette di andarci ma andava da un altro)
-Un secondo modo è raccontare la propria storia da lontanissimo e spesso ciò viene
presentato come una premessa; una premesa vera è quando il pz ci dice alcuni fatti che
hanno avuto un impatto emotivo su di lui e che hanno giocato un certo ruolo. Altre
premesse invece creano una barriera che ha la funzione di ritardare la comunicazione
scottante. Infine ci sono premesse interminabili.
-Un terzo modo consiste nel parlare del proprio ambiente, famiglia, lavoro. Questa
modalità può essere vista come un sottogruppo del secondo modo visto che amche qui vi
è la premessa come presentazione. Questo modo nasconde però dei problemi specifici
legati o a questioni di identità (es il pz che si identifica con l’ambiente per non dover
avvertire la difficoltà di identificarsi con se stesso) o a segreti.
Ci sono poi gli inizi atipici (uomo che toglie il guinzaglio del cane una volta aprta la
porta). Dobbiamo stare attenti ad alcuni elementi:
-tollerabilità del pz: ciascuno si trova meglio con una persona e peggio con un’altra e ci
sono persone che non tolleriamo. Umanamente non siamo onnipotenti e valutare con
serenità la propria tollerabilità di un certo pz è un fatto di onestà.
-tolleranza della libertà di parola da parte del pz: nessuno viene da noi solo per
scaricare il sacco ed andarsene, anche se a volte può sembrare così. Il paziente impaziente
chiede un intervento precoce quando non siamo ancora in grado di fornirglielo. Ha diritto
che gli si dica qualcosa ma siamo noi a decidere quando e come dirlo. La libertà di
parlare per esprimere il proprio pensiero è una cosa rara e il momento in cui lasciamo al
pz la parola è un momento sacro perchè la persona sente di poter pensare e comunicare il
proprio pensiero. Ritireremo subito questa offerta se ci accorgeremo che l’io del pz non è
in grado di tollerarla. Il caso buono è quello caratterizzato da un progressivo slittamento
da un discorso organizzato secondo le regole ferree della logica ad un discorso che vede
comparire le libere associazioni. Le libere associazioni naturali sono diverse dal metodo
delle libere associazioni. Nel colloquio non usiamo il metodo delle libere associazioni ma
siamo grati se il pz è in grado di usare in modo naturale ques