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Compattazione dell’embrione

Proprio perché le cellule hanno un genoma attivo sin da subito, hanno anche la spiccata

capacità di relazionarsi al meglio con le vicine, ottenendo la compattazione tipica dei

mammiferi. Lo fanno esprimendo specifici recettori e adeguando il citoscheletro a plasmare la

struttura della cellula, visto che ne hanno tutto il tempo (divisioni lente). La reazione dei

granuli corticali ha fatto sollevare la membrana pellucida dalla membrana plasmatica,

consentendo un buon passaggio di liquidi e soluti, consentendo il riempimento della cavità del

blastocele. Il trofoblasto, cioè lo strato più esterno della blastocisti, è la struttura che consente

l'interazione tra l'embrione delle prime fasi di sviluppo con i tessuti dell'utero materno.

L’impianto nell’utero

L’impianto nell’utero dura circa 2 giorni. La prima cosa he deve fare l'embrione una volta

giunto nell'utero è la perdita della membrana di fecondazione e la zona pellucida, ma deve

avvenire solo nell'utero, perché se avviene nelle tube l'impianto in quella zona può portare

alla pericolosa gravidanza extrauterina. Prima dell’impianto, la stripsina, prodotta dal

trofoblasto, è l'enzima che provvede a consumare la zona pellucida e la membrana di

fecondazione per far fuoriuscire l'embrione.

L'endometrio o decidua uterino “cattura” la blastocisti. La matrice extracellulare del tessuto

uterino è costituito da collagene, laminina, fibronectina, acido ialuronico e recettori

dell'eparansolfato. Il trofoblasto contiene integrine che legano collagene, fibronectina e

laminina e sintetizza proteoglicano e paransolfato (cui recettori si trovano sulla parete

uterina), quindi produce proteasi che digeriscono le proteine di superficie e degradano la

matrice, consentendo la sua sepoltura nell'endometrio.

* trofoblasto: tessuto presente nei blastomeri, responsabile della trofia, ovvero il nutrimento

dell’embrione; si mette in contatto con il connettivo materno e permette il passaggio di

nutrienti.

La blastocisti si attacca all’endometrio con la parte in cui è presente la masse cellulare interna,

lasciando al lato opposto il blastocele.

Nelle successive 24 ore le cellule della massa interna si riorganizza e dividono per

delaminazione in 2 foglietti: l’epiblasto, più vicino all’endometrio, ed subito sotto l’ipoblasto,

che si mantiene sotto le cellule della massa interna. Tra le cellule dell’epiblasto e il trofoblasto

si incomincia a formare una cavità, chiamata cavità amniotica, che si riempirà con un liquido

che ammortizzerà gli urti e impedirà la disidratazione dell’embrione.

Nel frattempo il trofoblasto si accresce molto nell'endometrio e si divide in due strati: uno

strato interno vicino all’embrione di cellule cubiche, il cito-trofoblasto; uno strato esterno in

forma sinciziale con cellule indivise polinucleate, il sincizio-trofoblasto, che si associa

strettamente a capillari materni della parete uterina, digerendo l’endotelio, rompendone il

flusso e creando delle lacune trofoblastiche, un raro caso di circolazione aperta. Il sangue

inizia ad accumularsi nelle lacune trofoblastiche prodotte dal sincizio-trofoblasto. Da queste

lacune l'embrione trae il nutrimento e l'ossigeno.

Le cellule dell’epiblasto formano nel frattempo la cavità del sacco amniotico, si moltiplicano e

la rivestono e secretano sostanze liquide che formeranno il liquido amniotico; la cavità

amniotica serve per proteggere l’embrione da urti meccanici e tenerlo in adeguate condizioni

d’idratazione (l’embrione è immerso nel liquido amniotico).

Mentre le cellule dell’ipoblasto si moltiplicano e accrescono per andare a rivestire il blastocele

formando il sacco del tuorlo; questo è una reminiscenza evolutiva con uno scopo preciso. Nel

giro di 3-4 giorni l'embrione è totalmente immerso nell'endometrio in cui il citotrofoblasto

circonderà l’intero embrione.

La gastrulazione è uguale a quella degli uccelli. * il mesoderma che formerà la notocorda,

struttura assile del corpo, fa un doppio cammino: prima, insieme alle prime cellule che

migrano, spazzano lateralmente l’ipoblasto; in seguito le cellule rimangono molto compatte e

si staccando dall’endoderma e l’ectoderma superficiale per formare la notorcorda, che induce

dei movimenti dell’ectoderma di superfice a formare il sistema nervoso.

Annessi extraembrionali

Nei mammiferi i tessuti extraembrionali sono molto complessi per garantire la connessione

con il tessuto materno. Per tessuti extraembrionali s’intente quei tessuti prodotti

dall’embrione che vengono persi alla nascita.

L’ipoblasto produce l’endoderma extraembrionale che riveste la parete del sacco del tuorlo.

L’epiblasto darà origine all’epiblasto embrionale propriamente detto e alle cellule di

rivestimento dell’amnios, che verrà poi espulso insieme alla placenta durante il parto.

L’epiblasto embrionale da origine ai 3 foglietti embrionali e alla stria primitiva. Inoltre, alcune

cellule dell’epiblasto formeranno il mesoderma extraembrionale che costituirà i vasi

sanguigni che irrorano placenta e passano per il cordone ombelicale. Anche il cordone

ombellicale è un tessuto extraembrionale.

La cavità amniotica deve rivestire l'intero embrione, proteggendolo e idratandolo.

L’epiblasto riveste il sacco del tuorlo è un relitto e non contiene tuorlo né nutrimento. Il sacco

del tuorlo guiderà la direzione dei vasi del cordone ombelicale: è praticamente vuoto e

raccoglie tutte le sostanze di scarico dell’embrione, iniziando molto presto a formare un

piccolo diverticolo, l’allantoide. L’allantoide si espande al di sopra dell’embrione e contatta il

cito-trofoblasto per andare a comporre parte del corion, in contatto con i tessuti materni per

permettere il passaggio di sangue e nutrienti (non si è ancora formato il cordone ombelicale).

I vasi che si stanno formando nell’embrione inizieranno a seguire l’allantoide come una guida:

si attaccano a questa struttura e ci girano intorno fino a raggiungere la placenta.

Un diverticolo di cellule del sacco del tuorlo, comincia a migrare verso i tessuti materni e nel

suo tragitto induce le cellule del mesoderma extraembrionale a differenziarsi in cellule

endoteliali che delimitano i primi vasi sanguigni embrionali. Si tratta dell'allantoide, che a fine

migrazione diventerà un sacco d'accumulo degli scarti metabolici e, insieme ai vasi che lo

circondano diventerà il cordone ombelicale. La placenta

Organo misto formato da una parte embrionale (corion) e una materna, che deriva dall’utero.

È un organo di fusione del corion (embrionale) costituito da trofoblasto e mesoderma

vascolarizzato (villi coriali) in connessione con la parete uterina materna, costituita

dall’endomentrio, porzione più esterna, e dalla decidua, porzione connettivale.

I villi coriali si originano dal sincizio-trofoblastico e aumentano la superficie embrionale

d’interazione: s’immergono nelle lacune di sangue materno, dove arterie e vene materne

immettono sangue fresco ricco di ossigeno e portano via sangue ricco di scarti. Ai villi

arrivano la vena e l’arteria ombelicale, strutture vascolari prodotte dall’embrione (grazie

all’allantoide). Non c’è un vero e proprio contatto tra i sangue materno e fetale, ma è a livello

del sincizio tropoblasto che avviene lo scambio tra lacune e vasi ombelicali.

La placenta è un organo nutrizionale, che da sostegno all’embrione, con funzione endocrina e

immunologica: produce ormoni necessari per il mantenimento dello stato di sviluppo

dell’embrione; ma è anche in grado di proteggere l’embrione dando una risposta di tipo

immunitario.

Classificazione dei tipi di placenta

A seconda della distribuzione dei villi coriali sulla superficie del corion e del rapporto di

connesione tra placenta e tessuto embrionale, la placenta si distingue tra le diverse specie. Le

due classificazioni sono coerenti tra loro: infatti la classificazione morfologica dipende dalla

relazione tra i tessuti.

Classificazione della placenta dal punto di vista morfologico: distribuzione dei villi coriali sulla

superficie dell’embrione (corion).

1) diffuse (Cetacei, Lemuroidei): la placenta riveste tutto il corion e l’embrione è

completamente immerso.

2) cotiledonari (Ruminanti): per cotiledoni s’intende che la placenta ricompre porzioni

discrede del corion.

3) zonali (carnivori): una fascia circonda il corion e garantisce lo scambio di nutrienti.

4) discoidali (uomo, roditori): il tessuto embrionale è direttamente a contatto con il

tessuto materno ( e quindi con il sangue), per questo motivo la placenta è ridotta ad

una piccola regione per evitare che in caso di distacco della placenta si aprano

emorragie troppo diffuse.

Il grado di diffusione dei villi coriali è inversamente proporzionale alla connessione tra

tessuti, e quindi al contatto tra corion ed endometrio e sangue materno: dove è più ampia la

placenta, la connessione è scarsa.

Il corion ha i vasi materni avvolti nel sincizio-trofoblasto: questo tessuto embrionale della

placenta rimane sempre intatto al contrario la parte materna va in contro a modificazioni. In

base al tipo di placenta alcuni dei tessuti materni che connettono l’utero all’embrione,

vengono persi. Questi tessuti sono il connettivo, l’epitelio, l’endometrio e l’endotelio (i vasi in

contatto con la parete dell’endometrio).

A seconda dei rapporti che la mucosa uterina contrae con la placenta si distinguono in:

1) p. epitelio-coriale (cetacei), in cui l’epitelio del corion è semplicemente a contatto con

la mucosa uterina; il tessuto materno è rimasto intatto.

2) p. sindesmo-coriale (ruminanti), in cui l’epitelio uterino degenera e il corion entra in

contatto con il connettivo sottostante; sono rimasti l’epitelio e il tessuto connettivo.

3) p. endotelio-coriale (ruminanti e carnivori), nella quale l’epitelio coriale aderisce

all’endotelio dei capillari sanguigni della mucosa uterina; permane solo l’endotelio.

4) p. emo-coriale (uomini e roditori), in cui l’epitelio coriale è direttamente irrorato dai

vasi sanguigni materni. Quindi solo il sangue è a contatto con il corion perché sono

andati persi tutti i tessuti.

Problema immunitario

Ma come mai il sistema immunitario della madre non percepisce ed attacca la placenta ed il

feto? Ancora non si perché il feto è protetto dall’azione dei linfociti materni, ma sono state

fatte delle ipotesi:

1) La prima è s

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A.A. 2016-2017
6 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/06 Anatomia comparata e citologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher greta.lb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Cecconi Francesco.