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Con la legge 457 del 1978, finalizzata a rilanciare la programmazione dell'intervento pubblico
nell'edilizia e a favorire il recupero nell'edilizia abitativa, si introducono i piani di recupero (pdr).
Questi piani incoraggiano il recupero della diffusissima edilizia obsoleta o in cattive condizioni
fisiche tramite dei finanziamenti.
• Capitolo 6: L'Italia dal dopoguerra alla vertenza per la riforma urbanistica
Nel 1960, l'INU propone una riforma urbanistica, che auspica l'istituzione delle regioni. Prevede la
cessione da parte dei proprietari del 30% dell'area totale nelle aree di espansione, per destinarlo
alle attrezzature pubbliche
F. Sullo: fa una proposta di riforma in cui il PRG viene attuano attraverso il PPE (tempo
indeterminato), che espropria aree inedificate a destinazione non conforme col PPE. Il Comune
dota di urbanizzazione primaria le aree espropriate, per poi cederle in diritto di superficie, nelle
aree dell'edilizia residenziale con asta pubblica. La proposta viene accusata di mettere in pericolo
la proprietà della casa, così nel 1963 Sullo viene sostituito da Pieraccioni, che conserva il principio
dell'esproprio generalizzato, ma con l'indennizzo con il prezzo di mercato del 1958 (non agricolo).
Legge 167/1962 (Sullo): coordina con piani comunali l'edilizia economia e popolare; dà la facoltà ai
comuni di urbanizzare aree da rivendere a privati per l'edilizia economica e popolare; esproprio
senza plusvalenza dell'espansione delle città, coordinamento interventi pubblici e privati per
quartieri socialmente equilibrati. L'indennità è però giudicata incostituzionale perché non è un
serio risarcimento. I proprietari per loro convenienza lottizzano ampie zone, accollando ai Comuni
le spese di urbanizzazione --> sviluppo caotico con poche eccezioni. In Emilia Romagna
l'omogeneità politica delle amministrazioni permette l'organizzazione di un sistema di
pianificazione intercomunale (non istituzionale).
Il 19 Luglio 1966 un'enorme frana sconvolge Agrigento e si verificano tragiche alluvioni a Firenze e
in Veneto. Questi avvenimenti, causati dal cattivo uso del suolo, accelerano l'approvazione della
Legge 765/1967 "Legge Ponte", che limita le possibilità di edificare nei Comuni senza strumenti
urbanistici (90%), per incentivare la formazione dei Piani. Accolla ai privati l'urbanizzazione
primaria, e parte di quella secondaria e pone degli standard urbanistici. Un emendamento rinvia
però di un anno l'attuazione di queste limitazioni: "anno di moratoria" (rilasciate il triplo delle
licenze, che ricadono soprattutto nelle aree più congestionate).
Negli anni del boom edilizio i centri storici subiscono il sacrificio di intere parti (sventramenti), più
allargamento strade, isolamento monumenti.. Cederna afferma che la distruzione del paesaggio
può essere fermata solo dalla pianificazione. L'interesse collettivo deve impedire che il vantaggio
di pochi danneggi tutti. "Carta di Gubbio" --> attenzione a tutto l'ambiente antico cittadino, e non
solo ai monumenti. "Risanamento conservativo" evitando nuovi insediamenti nei centri storici.
Legge speciale per Venezia/1973 --> risanamento conservativo dell'edilizia storica. Non fu
funzionale, perché applicare i PPE in un centro storico così grande richiedeva tempi lunghi -->
analisi tipologica (più snella, supera i PPE), sviluppata da F. Muratori, sfrutta le regole immutate
per moltissimi secoli che consentono di dividere gli edifici in categorie. Caso applicativo Bologna,
dove i finanziamenti statali per la casa vengono utilizzati per il risanamento del centro storico e
non per nuovi quartieri. Recupero edilizia esistente. Fino al '67 gli spazi pubblici erano collocati nei
terreni residui, spesso inadeguati. Gli standard definiti dalla "Legge Ponte", furono spesso applicati
con superficialità, diventando una tecnica di progettazione della città, appesantita da una rigida
monofunzionalità delle sue parti. Sentenza n.55/1968 --> la Corte Costituzionale dichiara
illegittimo parte dell'art. 7 e dell'art. 40 della 1150/1942. I vincoli del PRG non comportano
necessariamente l'espropriazione, e quindi l'indennizzo, per un'area interessata. La Corte dispone
che le imposizioni a titolo particolare non possono superare un certo limite, oltre il quale deve
seguire l'esproprio.
• Capitolo 7: Tra riforma e controriforma
Gli anni '70 si aprono con le grandi ed innovative tensioni del '68 studentesco ed operaio, si
sviluppano attraverso una serie di crisi politiche ed attentati attorno ai temi dell'intervento
pubblico nel settore della casa, degli espropri, dell'attuazione dell'ordinamento regionale e dei
tentativi di programmazione economica. Il quadro istituzionale dell'urbanistica in questi anni
cambia considerevolmente e la drammaticità degli scontri sociali sulle questioni del territorio e
della città sembrano ridare fiato alla riforma urbanistica. Sebbene non si raggiunga una vera
riforma del regime dei suoli, vengono introdotte alcune innovazioni; il più importante è stato il
tentativo di programmare la politica abitativa. Questa si rese necessaria poiché in quindici anni 17
milioni di italiani cambiarono residenza spostandosi prevalentemente dal Mezzogiorno verso il
triangolo industriale (Milano, Torino e Genova), dalle zone interne verso la fascia costiera e dai
centri minori verso le grandi città. Lo schema di sviluppo dell'occupazione e del reddito in Italia, il
cosiddetto schema Vanoni, si poneva come obiettivo per risolvere il problema della casa quello di
realizzare milioni di vani. Sebbene furono realizzate molte più abitazioni di quelle indicate, il
problema rimaneva irrisolto. Questo avvenne perché il numero di case era sufficiente per l'intera
popolazione, ma o hanno un prezzo troppo elevato, oppure sono seconde o terze case
accrescendo ancor di più gli squilibri sociali che condussero al grande sciopero generale del '69.
Nel 1971 vene approvata la legge 865/1971 (norme sull'espropriazione per pubblica utilità) che
affronta compiutamente i nodi del problema della casa in Italia, ma è di carattere transitorio.
Il primo titolo della legge riguarda la programmazione e il coordinamento dell'intervento pubblico
affermando che spetta alle regioni la localizzazione degli investimenti pubblici per l'edilizia stabiliti
dal governo sulla base di un piano di attribuzione. Il secondo titolo riguarda l'espropriazione per
pubblica utilità stabilendo che le aree espropriate devono essere assegnate in concessione o in
proprietà e che non viene riconosciuto nell'indennità espropriativa l'aumento di valore dell'area
per effetto dell'opera che si dovrà insediare. Il terzo titolo raccoglie i perfezionamenti in materia di
piani di zona stabilendo che l'estensione delle aree destinate all'edilizia economica popolare non
può superare il 60% dell'edilizia privata. Il quarto ed il quinto titolo della legge riguardano gli
aspetti finanziari dell'intervento pubblico in edilizia e le agevolazioni per l'edilizia privata.
Questa legge viene sostituita nel 1967 dal Programma di sviluppo economico per il quinquennio
1966-1970. Questo è l'unico documento di programmazione economica nazionale sancito in un
atto ufficiale. L'organizzazione territoriale, assente nei primi documenti, diventa parte essenziale
della logica di programmazione. Ma dopo la crisi economica del 1973 i riferimenti alla politica
territoriale si affievoliscono di nuovo. Una compiuta interazione dell'assetto del territorio nella
strategia della programmazione viene proposta nel progetto 80 in cui il superamento degli squilibri
non è più affrontato in termini esclusivamente economici, ma in una prospettiva dinamica. Nel
1972 vengono trasferite alle regioni tutte le funzioni amministrative che la legge del 1942 affidava
agli organi del ministero dei lavori pubblici: l'approvazione degli strumenti urbanistici e dei PEEP
ed il controllo sull'attività edilizia locale.
L'approvazione della legge per la casa avrebbe dovuto rappresentare l'avvio di un rinnovamento
nell'organizzazione pubblica dell'edilizia, in realtà il governo del 1972 insedia una commissione con
il dichiarato intento di fare retromarcia rispetto alle leggi precedenti sviluppando la linea dei
sistemi urbani: un disegno di legge che punta all'affermazione di un complesso modello di sviluppo
fondato sull'efficienza garantita in un sistema di scelte accentrato in amministrazioni funzionali. La
legge 10/1977 (Bucalossi) ha come elementi portanti:
- l'istituto della concessione onerosa: che ha come presupposto la riserva pubblica del diritto di
edificare, essa non incide sulla proprietà dell'immobile realizzato ed è parziale
poiché non costituisce il corrispettivo dell'intero plusvalore dell'area.
- il convenzionamento dell'edilizia abitativa: che esonera l'edilizia convenzionata dagli oneri di
concessione favorendo gli imprenditori disposti ad concordare con il comune i
prezzi di vendita degli alloggi da destinare alle categorie meno abbienti.
- il programma di attuazione dei piani urbanistici: che serve ad evitare la contemporanea
diffusione in tutte le direzioni dell'attività edilizia senza alcuna correlazione con la
realizzazione di infrastrutture e servizi.
- la normativa contro gli abusi: che prevede la demolizione dell'opera abusiva o, nei casi di maggior
gravità, la sua acquisizione gratuita da parte del comune.
Nonostante tutte le riforme approvate, la questione della casa era ben lontana dall'essere risolta.
Dal punto di vista degli utenti si potevano distinguere cinque grandi categorie di alloggi:
- gli alloggi abitati dai proprietari -> erano la maggior parte;
- gli alloggi privati condotti in affitto libero -> pagavano prezzi in aumento;
- gli alloggi privati condotti in affitto a fitto bloccato -> ancorato al valore originario senza tener
conto dell'aumento dell'inflazione;
- gli alloggi privati realizzati in aree PEEP -> assegnati a fitti convenzionati;
- gli alloggi di proprietà pubblica -> assegnati a canone sociale.
Gli inconvenienti di questa situazione erano notevoli: sperequazioni tra proprietari a fitto bloccato
e quelli liberi di affittare a qualsiasi prezzo e sperequazioni tra i relativi inquilini; la rigidità del
mercato, l'eccesso di alloggi nelle zone di esodo e carenze nelle zone d'immigrazione. Per risolvere
la questione abitativa, quindi, non bastava più limitarsi a costruire abitazioni economiche per le
fasce più disagiate. Inoltre, in quegli anni, ci si rese conto che l'età dell'espansione in