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LE RETI: LE STRADE E LE FERROVIE

Le strade sono classificabili secondo diversi criteri, secondo l’elaborazione elaborata

dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), le strade urbane si suddividono in:

• Strade primarie, tronchi di strade extraurbane, che convogliano il traffico

urbano da e per la rete extraurbana, velocità di progetto superiore a 90 km.

• Di scorrimento, strade di smistamento con velocità di progetto superiore ai 70

km, servono a smistare il traffico all’interno del territorio comunale.

• Di quartiere, strade che collegano diversi quartieri o un quartiere con la strada

di scorrimento, velocità superiore ai 50 km.

• Locali, comprese all’interno dei quartieri, con velocità di progetto superiore ai

25 km.

Il Nuovo codice della strada classifica le strade in funziona del ruolo funzionale e delle

loro caratteristiche geometriche: A-Autostrade; B- Strade extraurbane principali; C-

Strade extraurbane secondarie; D- Strade urbane di scorrimento; E- Strade urbane di

quartiere; F- Strade locali.

LE STAZIONI

In generale le ferrovie sono distinte in base allo scartamento, ossia la distanza tra i

due binari, che può essere 1,435 m (ferrovie ordinarie) o 0,95-1,10 m (ferrovie a

scartamento ridotto). Poi ci sono le ferrovie metropolitane, estremamente diffuse con

fermate vicine tra loro, e ferrovie speciali che collegano punti a quota diversa.

In base alle dimensioni troviamo stazioni piccole (fermate), medie, grandi. In base al

posizionamento del fabbricato viaggiatori rispetto alle linee si distinguono: stazioni di

testa, di transito, a cuneo. Quelle di transito hanno il fabbricato longitudinale rispetto

all’andamento dei binari, quelle di testa lo hanno disposto trasversalmente. Poi ci sono

gli aeroporti, infrastrutture di grandi dimensioni. La scelta del sito adatto per gli

impianti aeroportuali deve privilegiare aree non attraversate da forti correnti d’aria,

nebbia, fumi, pianeggianti (pendenza massima 1,5%). L’ICAO (Internetional Civil

Aviation Organization) opera una classificazione in funzione della lunghezza delle

piste, classe: A, con piste di 2550-4000m; B, con piste di 2150-2550m; C, con piste di

1800-2150m; D, con piste di 1500-1800m; E, con piste di 1080-1500m.

I VINCOLI

Vincoli sono quelle norme o regole che limitano la libertà d’uso di un bene, derivano

generalmente da un interesse pubblico, e possono essere preesistenti al piano.

Ultimamente i vincoli sono aumentati ancora di più a causa del rischio ambientale. Tra

i vincoli preesistenti al piano, sono di fondamentale importanza quelli finalizzati alla

protezione dei beni culturali e ambientali, dei beni archeologici, ecc. Vincoli che

possono essere diretti, ossia incidono sull’uso di un preciso bene, oppure indiretti ossia

che riguardano più beni che hanno caratteristiche che vanno salvaguardate.

I vincoli di destinazione sono quelli operati dal piano regolatore generale, devono

essere indennizzati, al contrario di quelli preesistenti al piano, e durano 5 anni. Tra

questi vincoli ricordiamo le fasce di rispetto dalle strade, ferrovie, aeroporti, corsi

d’acqua, ecc.

LA COSTRUZIONE DEL PIANO

La pianificazione del territorio consiste nel predisporre l’idoneità dello spazio fisico ad

accogliere le azioni volte al miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente. Il

perseguimento del benessere richiede la definizione delle modalità secondo le quali il

benessere deve essere conseguito. Il piano dev’essere sottoposto a continue rettifiche

e adeguamenti altrimenti è destinato a fallire.

IL DIMENSIONAMENTO

Per dimensionare un piano bisogna eseguire un’attenta analisi della popolazione, una

previsione della popolazione futura per poi individuare i fabbisogni abitativi, di

attrezzature e servizi, di infrastrutture.

PROIEZIONE E PREVISIONE DEMOGRAFICA

La popolazione è l’elemento di partenza del processo del piano, c’è distinzione tra

previsione e proiezione demografica: la seconda viene effettuata mediante algoritmi

assunti dalla statistica demografica, insomma si traspone nel futuro la tendenza della

popolazione, invece la prima modifica la proiezione tramite eventi che possono

ripercuotersi sulla dinamica demografica, ecc. secondo i demografi la proiezione è

affidabile se eseguita in un ambiente ampio e conservativo, cioè tale da ritenere

trascurabile l’incidenza dei movimenti in ingresso e in uscita dal territorio, cosa che

non accade per la popolazione di un comune nel quale il saldo migratorio incide sulla

popolazione totale molto di più rispetto al saldo naturale. Ci sono metodi di proiezione

diretti e indiretti, tra quelli diretti abbiamo metodi grafici, molto approssimativi, si

realizzano su un diagramma a dispersione posizionando sull’asse delle ascisse il

tempo, e sulle ordinate la popolazione, la retta si ottiene congiungendo due punti

significativi del diagramma e prolungandola fino all’anno futuro stabilito, poi ci sono

metodi matematici che utilizzano l’espressione P =f (P ,n) con f una funzione

n 0

prescelta, polinomiale, ecc. il metodo della regressione lineare, quella non lineare,

ossia parabolica o esponenziale. L’esponenziale è molto semplice e viene utilizzata

anche dall’ ISTAT. Posto ΔP= P – P , il rapporto r= ΔP/P si dice tasso di variazione

n 0

medio annuo della popolazione. L’ipotesi è che r rimanga costante per cui l’incremento

demografico è proporzionale al numero di abitanti risultanti ogni anno perciò si ha la

n

formula dell’”interesse comune”: P = P (1 + r)

n 0

LA CAPACIT À INSEDIATIVA. LE COMPONENTI DEL FABBISOGNO EDILIZIO RESIDENZIALE

Una volta determinata la popolazione futura-obbiettivo del piano, occorre procedere

alla distribuzione del fabbisogno di alloggi e di aree pubbliche, va determinato dunque

l’indice di affollamento ossia il rapporto da abitante e stanza, o tra famiglia e alloggio.

Il fabbisogno edilizio residenziale è dato dalla somma di tre aliquote: S , numero di

1

alloggi e stanze necessari per ridurre l’indice di affollamento nelle aree in cui questo è

superiore alla norma (0,8); S , numero di alloggi e stanze necessari per sostituire quelli

2

non più utilizzabili (inabitabili o irrecuperabili); S , numero di alloggi e stanze

3

necessario per accogliere il numero di abitanti. Al dimensionamento del piano dunque

segue un proporzionamento, una distribuzione degli abitanti, degli spazi abitabili, delle

aree pubbliche e di servizio.

DECRETO MINISTERIALE 2 APRILE 1968 – N.1444

Evidenzia i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e

rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi

pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare

ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli

esistenti. Nell’art. 1 si parla del campo di applicazione, ossia i nuovi piani regolatori

generali e relativi piani particolareggiati, i nuovi regolamenti edilizi..

Nell’art. 2 c’è un elenco di zone territoriali omogenee, contrassegnate da lettere:

A. Le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere

storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi,

comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integranti degli

agglomerati stessi.

B. Le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate. (Si considerano

parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti

non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle

quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq.

C. Le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino

inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di

superficie e densità della zona B.

D. Le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad

essi assimilati.

E. Le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui il

frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone

C.

F. Le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

Nell’articolo 3 la legge riconosce uno spazio vitale minimo di 18 mq per spazi pubblici

o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio (4.50 mq di aree per

l’istruzione, 2 mq di aree per attrezzature di interesse comune, 9 mq di aree per spazi

pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, 2.50 mq di aree per parcheggi. Ogni

abitante ha mediamente 25 mq di superficie lorda abitabile (quindi per volumi

residenziali), pari a circa un volume di 80 mc, che può lievitare fino a 100 mc per

contenere negozi ecc. quindi il volume residenziale oscilla tra gli 80 e i 100 mc. Se le

aree libere per costruire non vengono trovate la superficie minima può essere

dimezzata ma ciò vale per le zone A e B, perché la C è colma di aree libere. Dato che

nella zona D i residenti sono legati ai custodi delle aree, e dato che ce ne sono poche,

dobbiamo dare meno di 18 mq, perché la quantità di attrezzature non è legata ai

residenti ma alla superficie, infatti dev’essere circa il 10% del terreno.

LEGGE REGIONALE N. 16 DEL 2004

Fino agli anni ’70 le regioni non esistevano come enti locali, poi vennero istituite come

tali e tra le tante funzioni devono provvedere, gestire in qualche modo il loro territorio.

Non tutte le regioni riuscirono velocemente a legiferare, la regione Campania infatti

attuò la prima legge di gestione del territorio n. 14 nel 1982, perché ci fu un terremoto

che comportò norme necessarie per l’emergenza. La legge n. 16 del 2004 introduce un

modello di pianificazione in più, detta una serie di norme e rinvia a successive

indicazioni per quanto riguarda i quattro piani. Tra il 2004 e il 2007 i contenuti dei piani

sono essenzialmente rimasti quelli della legge n. 14. Nella legge dunque sono presenti

quattro piani, uno regionale che coordina quello provinciale, il comunale e il

subcomunale.

DELIBERA DEL 2007

Da questa delibera vengono definiti norme tecniche e direttive riguardanti gli elaborati

da allegare agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica. Il primo

elaborato è una relazione, un riassunto di tutto l’iter, una rappresentazione grafica di

due tavole, in scale diverse di cui una riguarda le aree urbanizzate e urbanizzabili in

scala 1:5000 e una più generale in scala 1:2000. Le norme tecniche di attuazione sono

il manuale d’uso che serve perché c’è la descrizione di ciò

Dettagli
A.A. 2012-2013
17 pagine
3 download
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/21 Urbanistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fimottadiovatta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di Urbanistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Del Conte Giovanni.