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Ogni azienda è in grado di incidere attivamente sul destino delle proprie negoziazioni, che non avvengono
nell’astratto ma nel concreto; un negoziatore può assumere il senso del controllo situazionale. Per agire sul
conflitto bisogna riconoscere che stiamo negoziando, che siamo diversi e che il conflitto è potenzialmente alle
porte se non anticipato. La diversità va esplicitata prima per non dare ripercussioni dopo.
L’analisi della conversazione permette di definire quali mosse e dispositivi comunicativi gli interlocutori usano
per definire e negoziare la propria identità e bisogna suddividere gli obiettivi strategici distinguendo fra:
fissazione dell’identità e vendita dell’identità; fissazione del value mix e vendita del prodotto o soluzione. Nessun
prodotto o soluzione può essere acquistato se non si creano prima le condizioni minime di credibilità del
venditore. L’impressions management interculturale è l’arte di suscitare impressioni positive sul proprio ruolo,
per poter superare i filtri negoziali. Nessuna negoziazione può avere successo se non vengono chiariti i confini
delle identità reciproche, i confini dei ruoli e le modalità per avviare un dialogo cooperativo. Si entra in
negoziazione debole o inconsapevole già dai primi momenti di incontro (imprinting dell’immagine personale e
aziendale). La negoziazione forte o esplicita riguarda invece le situazioni in cui entrambi i soggetti hanno sancito
ufficialmente il fatto che una negoziazione sia in corso. Spesso essa assume il formato di uno scontro tra identità,
modi di essere e valori.
Le culture d’acquisto arretrate sono orientate all’acquisto di merce, mentre quelle di business avanzate sono
orientate a ricercare partnership, relazioni forti e partner affidabili.
3. Le riunioni negoziali, la leadership conversazionale e gli stili di conversazione
Ogni emissione dotata di significato all’interno di una negoziazione costituisce un atto linguistico e contribuisce
a fissare il tipo di relazione in corso. Il Relativismo Linguistico ha dimostrato come ogni lingua segmenti il
mondo e consenta di vederne aspetti particolari; le categorie linguistiche guidano la percezione, focalizzando la
mente umana su strati di realtà specifici e togliendo l’attenzione da altri. Si deve dunque educare l’interlocutore a
percepire le differenze per poter negoziare, facendo capire all’altro la diversità fra la sua cultura e la nostra. La
negoziazione richiede fasi di acculturazione che mettano la controparte in grado di orientarsi, di capire, e di
scegliere consapevolmente all’interno di differenze che prima non poteva percepire.
Come la lingua segmenta il mondo, la conversazione segmenta il gruppo, facendo emergere i rapporti di forza e
leadership (Leader: coordinatore, animatore interno e controller dei flussi comunicativi e degli stati
conversazionali).
In ciascuno dei diversi momenti comunicativi che avvengono nei gruppi si possono attivare diversi sistemi di
comunicazione; gli scambi di messaggi che osserviamo tra persone o in un gruppo sono solo la punta dell’iceberg
di processi relazionali più forti, i Sistemi Interpersonali Motivazionali (SIM). I più riconosciuti sono:
attaccamento, seduzione, agonismo, cooperazione. La leadership interculturale consiste nel prendere le redini
degli incontri interculturali e riuscire a dirigerli con consapevolezza e tatto. Il principio di cooperazione agisce
come collante principale del gruppo.
Stati conversazionali: sequenza di mosse comunicative riconducibile a dei prototipi come confessione, seduzione,
accusa, offerta di aiuto, sfogo. scherzo… Le conversazioni si spostano continuamente da uno stato all’altro e il
negoziatore deve essere consapevole del fatto che certi formati conversazionali sono difficilmente traducibili tra
culture diverse (es. gioco) per cui è facilissimo fare gaffes o essere forzatamente simpatici. Il ruolo della leadership
conversazionale è esattamente quello di spostare i format e dirigerli ove sia più opportuno.
L’economia cognitiva si occupa dell’utilizzo efficiente delle risorse mentali che vanno divise e assorbite sia dal
dibattito sui contenuti che dalla difficoltà comunicativa generata dalla differenza linguistica e culturale. L’utilizzo
del tempo e delle risorse diventa una meta-competenza del negoziatore interculturale dove rientrano capacità di
fissare le priorità e saper rispondere a domande quali “di cosa è bene parlare” “come gestire il tempo scarso e
limitato”. Ogni riunione ha un costo elevato e bisogna elaborare una strategia per ottimizzare le risorse messe in
campo durante l’incontro, definendo quali priorità trattare e facendo scelte concrete come: di cosa parlare prima,
di cosa dopo, come parlarne, con quale approccio e con quale atteggiamento. Si deve cercare di fissare un clima
conversazionale positivo.
Il ruolo del leader richiede una forte attenzione ai giochi comunicativi in corso, con la consapevolezza che i
messaggi non sono prodotti per fini poetici ma soprattutto per gestire il potere. La leadership del negoziatore
comprende la capacità di realizzare specifiche offerte di tema, gestire il formato conversazionale, ribilanciare i
rapporti di potere. Essere leader significa riuscire nel ruolo di guida, punto di riferimento per tutti i tecnici,
riuscendo a gestire conflitti, riunioni, processi formativi e motivazionali; un meta-ruolo che investe
trasversalmente un soggetto all’interno di un gruppo di individui.
Ciascun ruolo è carico di aspettative e di comportamenti di ruolo, dove il ruolo è un modello di comportamento
sociale appropriato in relazione alle aspettative e al modo effettivo in cui un individuo si comporta in una certa
situazione. La leadership richiede attenzione alle dinamiche comunicative di ascolto in cui si manifestano
attacchi al ruolo, assunzioni di ruolo improprie, segnalazione della percezione dell’attacco al ruolo, esplicitazione
dei fatti, difesa del ruolo, negoziazione dei ruoli reciproci.
Il dialogo cooperativo prevede una forte concentrazione di mosse positive, di apertura, un ricorso a SIM di
analisi e condivisione, e l’eliminazione di mosse di attacco al ruolo e all’identità altrui. Esso si compone di:
ascolto, evitazione dell’interruzione, spostamenti strategici tra macro-finalità dei progetti e dettagli, ricerca di un
approccio win-win, atteggiamenti di apertura e evitazione del giudizio altrui.
Un aspetto fondamentale della negoziazione spesso trascurato è la comunicazione non verbale che avviene tra i
partecipanti. Il linguaggio del corpo può esprimere una varietà di significati che irrompono nella negoziazione
anche senza il controllo diretto dei soggetti. I canali principali sono il sistema paralinguistico, il body language e
gli accessori personali.
Per negoziare a livello interculturale è necessario creare rapporto e gli atteggiamenti corporali sono in grado di
esprimere con forza il gradimento per l’interlocutore così come il disgusto e la sofferenza emotiva. Il negoziatore
interculturale deve sempre considerare la possibilità che alcuni segnali di atteggiamento utilizzati nella propria
cultura siano colti in modo anche diametralmente opposto in una cultura diversa.
Atteggiamenti non verbali e corporei sbagliati possono portare facilmente a una escalation dei conflitti, mentre il
compito del negoziatore interculturale è quello di creare de-escalation, moderazione dei toni, clima rilassato,
ambiente favorevole alla negoziazione. L’obiettivo generale è essere efficaci e raggiungere risultati, attivando di
default le conflict deescalation procedures, le prassi che portano a una situazione negoziale nono conflittuale.
Il problema risiede nel fatto che ogni cultura usa regole non verbali diverse, ma in assenza di precise indicazioni
che provengono da conoscitori aggiornati della cultura stessa, possiamo utilizzare come base di partenza alcune
regole generali di buona comunicazione per ridurre il potenziale di errore: tono di voce pacato, sorriso,
espressione facciale di interesse, gesti aperti, permettere di tenere le distanze spaziali, annuire, focalizzarsi sulle
persone e non sui documenti presenti sul tavolo, piegare il corpo in avanti in segno di interesse, mantenere una
condizione di relax, disporsi non di fronte ma su due lati vicini del tavolo.
Il corpo parla, esprime emozioni e sentimenti; il body language riguarda la mimica facciale e le espressioni, i
cenni del capo, i movimenti degli arti e la gestualità, i movimenti del corpo e le distanze, il tatto e il contatto
fisico. Le differenze culturali su questi punti possono essere molto ampie e il contatto fisico è uno degli elementi
più difficili da trattare sul piano interculturale, poiché ogni cultura esprime un diverso grado di contatto nei
saluti e nelle interazioni e per questo è suggeribile limitare il contatto fisico per non generare senso di invasività.
Le distanze sono un’elaborazione altamente culturale e vengono gestite da ogni cultura in modo diverso, con
regole non scritte per delimitare i confini di accettabilità delle distanze interpersonali e delle disposizioni delle
persone. Bisogna sviluppare la consapevolezza della distanza critica, quella entro la quale un soggetto si sente
vulnerabile ed esposto ai rischi di un’aggressione, poiché la distanza personale è vista come una bolla invisibile
che circonda l’organismo. Alcuni atteggiamenti relativi alle distanze sono tuttavia trasversali alle varie culture
perché ancorati alla radice animale umana, come il lasciare il posto.
La paralinguistica riguarda tutte le emissioni vocali che non siano riconducibili strettamente a parole e
comprende: tono della voce, volume, silenzi, pause, ritmo del parlato, interiezioni. Stabilisce la punteggiatura del
parlato e contribuisce a trasmettere le informazioni emotive. L’addestramento all’uso del paralinguistico richiede
un training all’uso strategico delle pause e dei toni e gli unici metodi veramente in grado di agire in profondità
sulla trasformazione dei comportamenti sono quelli di formazione teatrale, come lo Stanislavskij. Senza adeguata
preparazione le chances di essere competitivi sul piano negoziale calano.
Le differenze olfattive sul piano etnico e genetico sono realmente esistenti ma l’olfatto percepito è determinato in
larga parte da fattori culturali quali alimentazione, pulizia o uso di profumi; per questo è necessaria anche una
gestione consapevole delle odorazioni consce e subconsce. L’olfatto tuttavia rimane un senso remoto dell’essere
umano, parzialmente abbandonato a favore di sensi quali vista e udito.
La comunicazione simbolica riguarda i significati che le persone associano o recepiscono da particolari segni che
notano nell’interlocutore e nel suo spazio comunicativo, da cui ricavare inferenze, significati e i