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MECCANISMI DI COLLEGAMENTO SINTATTICO
A livello della sintassi più che in altri livelli già trattati, abbiamo a che fare con dei fenomeni invisibili, non immediatamente percepibili, se non in seguito ad un processo di delinearizzazione, che permette di fare emergere i rapporti gerarchici altrimenti opacizzati nell'ambiente sintagmatico. Tra questi elementi difficilmente individuabili vi sono anche i meccanismi di collegamento sintattico: sono rapporti che esistono tra gli elementi della frase e che non sono segnalati da marche manifeste, visibili a prima battuta.
I principali meccanismi di collegamento sono due: la dipendenza e la relazione.
I rapporti di dipendenza tra gli elementi di un sintagma sono l'elemento zero, accordo e sostituenza.
- L'elemento zero è un concetto abbastanza semplice e intuitivo: tra i due elementi che compongono la frase "Luigi dorme", che pure sono in chiara relazione sintattica per il parlante nativo, si viene
a instaurare un elemento zero: sono cioè collegati dal nulla. Prende il nome di concatenazione ad elemento zero. Non c’è nullache in questa proposizione indichi la dipendenza: non c’è nessun elemento manifesto, se non il semplice accostamento. “Luigi Ø dorme” Nella frase “Luigi viene qui”, si nota invece la dipendenza tra “viene” e “qui”, ma anche tra questi due elementi abbiamo a che fare con una concatenazione ad elemento zero. “Luigi viene Ø qui”. Osservando una situazione tipica delle lingue sintetiche, esemplificandola sul latino, “optimus civis”, si nota che la questione cambia radicalmente. Tra questi due costituenti, che pure sono uno opposto all’altro, si vede che gli elementi che indicano la confluenza di uno con l’altro, ovvero il meccanismo sintattico di relazione, sono addirittura due: us e is, entrambi che rimandano all’indicazione di
nominativo singolare, e che trattengono tra di loro un rapporto di allomorfia (sono due allomorfi del morfo nominativo singolare).
- La concatenazione determinata dall'accordo è ugualmente diffusa: si tratta di un rapporto, tipico delle lingue flessive, che si istituisce tra due elementi di un sintagma, di cui un elemento presenta un pacchetto morfologico che attiva nell'altro elemento uno o più tratti di questo pacchetto morfologico. Nel dire "una bella casa", è evidente che abbiamo a che fare con un sintagma accordato, in cui a determinare, o - in termini tecnici - a controllare l'accordo è "casa", che prende per questo il nome di controllore. "Una" e "bella" sono invece elementi controllati. La relazione tra controllore e controllati determina l'accordo. Se al posto di casa ci fosse "albero", bisogna di conseguenza mutare anche i controllati, da cui prendono la forma:
accordo di una linguasintetica che prevede anche distanza tra gli elementi: dire “Diis sacrum esto Manibus” non comporterebbe uncambiamento di significato.
Non tutte le lingue mostrano la stessa sensibilità rispetto all’accordo: lingue come l’inglese si mostranopiuttosto lasche rispetto alla cogenza dell’accordo, a differenza dell’ungherese e del tedesco, ad esempio, chedimostrano molto attente a questo aspetto, al punto di incappare spesso in fenomeni di ridondanza(ripetizione della stessa informazione più volte).
Dall’ungherese invece troviamo casi come “olvasok”, traducibile con “leggo”, e “olvasom a könyver”, la cuitraduzione è “leggo un libro”. Come si può notare, questa lingua è tanto sensibile all’accordo da cambiare laflessione della prima persona se c’è un oggetto. Se l’oggetto manca la prima persona finisce in <-ok>
se invece è specificato diventa <-om>. Questo tipo di accordo non è presente in italiano, come in inglese, nella cui traduzione la differenza si perde: noi traduciamo "leggo" in entrambi i casi.
Da un punto di vista più generale, riconosciamo in generale tre tipi di accordo:
- Accordo morfologico: esemplificato nella frase "la folla si è dispersa", dove "la folla", singolare, proietta questo tratto su "dispersa", che diventa appunto femminile singolare a sua volta.
- Nel caso di "una folla di ragazzi sono arrivati", enunciato poi non così raro nel parlato, mostra un soggetto grammaticalmente plurale, che quindi indica una moltitudine, collettiva, che il parlante tende ad accordare al plurale invece che al singolare, come sarebbe corretto. Questo tipo di accordo lo classifichiamo come accordo semantico, dove l'accordo riflette il rapporto non con la morfologia del termine controllore,
Bensì con la sua semantica, che in questo caso indica una moltitudine.
Abbiamo poi un altro tipo di accordo, che pure ha le sue manifestazioni parlate, che trova il suo accordo con la realtà esterna. Si tratta di quei fenomeni a metà tra il linguistico e l'extralinguistico, di cui si occupa la cosiddetta pragma-linguistica. Nel dire "prendiamo questo", con riferimento ad un mezzo di trasporto, ad esempio, ci si rapporta a qualcosa di extralinguistico, su cui si poggiano le basi dell'accordo che dunque prescinde dalla realtà linguistica per essere plasmato da quella extralinguistica. In questo caso si parla di accordo con la realtà.
- Il rapporto di sostituenza e lo studio dei sostituenti è un collegamento a distanza per eccellenza. Viene realizzato attraverso dei precisi connettivi, detti sostituenti, una classe di risorse linguistiche, cioè di parole che in determinate circostanze sostituiscono altre classi di parole.
Dalle quali dipende poi la loro interpretazione. Alla domanda "Hai visto Luigi?", si può rispondere con un "No, non l'ho visto". In questa replica viene utilizzato il sostituente "lo", il quale va a rimpiazzare un pezzo della domanda: "Luigi". Tra "Luigi" e l'elemento pronominale "lo" si viene a instaurare un rapporto di sostituenza. Molto spesso i sostituenti sono rappresentati dai pronomi (inclusi anche i clitici, come "ne", "si", "ci", "vi"), ma non solo. Questo fenomeno risponde sempre al principio di economia linguistica, è una risorsa economica della lingua, che evita all'emittente di ripetere la stessa parola, che in questo caso è solo un nome, ma che spesso va a coprire sintagmi o addirittura preposizioni. I fenomeni di sostituenti sono un fenomeno universale, riscontrabili in tutte le lingue. Nel caso di "io non gli credo"
a Luigi”, il sostituente è rappresentato da “gli”, che richiama direttamente “aLuigi”, che prende il nome di punto di attacco (PdA). Questi esempi esemplificano la topologia dellasostituenza, secondo la quale i sostituenti possono essere dislocati a destra o a sinistra del punto di attacco. Sidistingue pertanto una sostituenza a sinistra e una sostituenza a destra.
Nella frase “ho letto il libro di cui mi hai parlato” il punto di attacco coincide con “il libro”, mentre il sostituentesarà “di cui”: in quanto il punto di attacco è a sinistra del sostituente si parla di punto di attacco anaforico (chesi ripete, che c’è già stato). Se il punto di attacco fosse stato a destra del sostituente (“io non gli credo a Luigi”),si sarebbe parlato di punto di attacco cataforico (che viene dopo).
Nell’enunciato “Che sappia fare questo lavoro, c’è solo Luigi”,
Il punto di attacco si colloca su “Luigi”, “che” invece sarà il sostituente. In particolare, essendo il punto di attacco a destra del sostituente, si parla di PdA cataforico. Oltre ai pronomi personali, individuiamo quindi anche pronomi relativi (“di cui”, “che”) che rientrano in questa classe di risorse linguistiche chiamate sostituenti. Questo ultimo esempio ci permette diverse considerazioni:
- A seconda che il punto di attacco sia a sinistra o a destra del sostituente, viene definito rispettivamente anaforico o cataforico. Si tratta dunque di un punto di attacco orientato, che rientrano nei fatti forici, tipicamente orientati in una direzione o in un’altra;
- Il sostituente in realtà è tutta la frase che precede la virgola, introdotta da “che”. Casi di questo tipo, e ancora più evidenti di questo tipo, ovvero quando il punto di attacco può essere più o meno esteso, si osservano alcuni.
- Ulteriori fenomeni: “Siamo arrivati tardi, ma lo sospettavamo” è l’esemplificazione di un punto di attacco anaforico esteso: “siamo arrivati tardi”, che ha come sostituente il pronome “lo”, presente poco dopo. Questo sostituente non si attacca quindi ad un nome, ma ad una intera proposizione.
- “Lei è una donna fascinosissima” è l’esemplificazione di un ulteriore fenomeno.
- “Lei”, sostituente, trova il punto di attacco all’esterno del sintagma: si tratta di un punto di attacco extrasintagmatico, dunque abbiamo a che fare con un elemento pragmalinguistico, fino ad un certo punto, in quanto non è detto che essendo il punto di attacco extrasintagmatico, sia anche extralinguistico. Può essere il riferimento ad un discorso già iniziato, o una replica ad una domanda in cui è presente il punto di attacco. Tuttavia queste possibilità non trovano forma.