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3.3 LA POSIZIONE DEL NARRATORE
Il problema è quella della veridizione, di come cioè il discorso giornalistico legittimi come vero il suo discorso.
- L’autolegittimazione della «Repubblica» passa per una forte illusione di realtà; con la sua attenzione al
dettaglio e il suo racconto contemporaneo ai fatti, crea un forte effetto di presenza: il lettore è indotto a
dare fiducia alla voce del giornale e gli sembra anche di aver partecipato lui stesso all’evento.
- L’autolegittimazione del «Giornale» passa invece per una strategia opposta: è distante e riassume
rapidamente i fatti, in quanto il suo compito non è quello di descrivere bensì di commentare.
- L’autolegittimazione del «Corriere della Sera» si muove fra queste due polarità: il narratore non partecipa
ai fatti, li guarda per interpretarli a distanza ma denuncia la propria incertezza cognitiva.
La posizione del narratore è quindi strategica per la definizione degli effetti di realtà di un articolo: il narratore è la
voce dell’articolo e determina il modo in cui i fatti sono raccontati.
Ad esempio possiamo raccontare un evento mimeticamente o narrativamente, è la celebre distinzione tra Mimesi e
Diegesi.
>> Un narratore Mimetico è quel narratore che racconta l’evento mimeticamente, riportando le battute di
dialogo pronunciate, come se non ci fosse nessuno che le sta raccontando.
>> Un narratore Diegetico è quello che racconta l’evento narrativamente, installando una voce nel testo che
esplicitamente riferisce i dialoghi.
Quando lo raccontiamo in modo diegetico possiamo scegliere di rispettare l’ordine di successione degli eventi
oppure possiamo decidere di raccontare i fatti iniziando ad esempio dalla fine, creando un ‘intreccio inverso’.
Inoltre possiamo collocare il narratore in varie posizioni,ottenendo ancora altri tipi di narratori:
>> Narratore Omodiegetico = se si porrà sullo stesso piano temporale e spaziale della storia che racconta. Il
narratore è testimone dei fatti che racconta perché li vive. È partecipe e vicino ai suoi personaggi e quindi crea
più facilmente un’illusione referenziale. La sua funzione è quella di testimone. Tuttavia il fatto di essere
all’interno dei fatti non comporta un sapere maggiore, anzi, se è vero che si hanno più informazioni, tuttavia
sarà molto difficile se non impossibile interpretare ciò che accade.
>> Narratore E xtradiegetico = è un narratore distante, che si trova altrove e quindi esterno agli eventi che
racconta, al punto da poterne fare un bilancio.
3.4 TEMI, VALORI, FIGURE
Ogni storia mette in scena non solo soggetti, oggetti, ma anche contenuti semantici e valori. Anche i valori hanno una
loro forma che viene rappresentata dal Quadrato Semiotico, che rappresenta graficamente le relazioni che
intercorrono tra due termini contrari. A B
Non B
Non A
Questi valori vengono assunti nel discorso da alcuni temi o alcune figure .
Quando i percorsi assumono una coerenza ridondante si parla di ‘isotopia’; è importante individuare le isotopie di un
testo, esse contribuiscono fortemente a dare coerenza al discorso di un giornale.
La tematizzazione di una certa isotopia semantica non è sempre evidente, bensì i giornali cercano di dare
un’impressione di trasparenza informativa che rifletta i temi ‘insiti’ nei fatti stessi, ma non è così: i fatti presentano
occasioni di tematizzazioni diverse e si tratta di vedere quali isotopie rendere pertinenti e quali invece narcotizzare.
3.5 TIPOLOGIE DI NOTIZIE
Possiamo usare le fasi dello schema narrativo anche per tentare una tipologizzazione delle notizie. Esistono:
- Notizie complete (dove sono presenti tutte le fasi dello schema canonico di un’azione);
- Notizie preparatorie (incentrate sull’azione di manipolazione e destinazione del soggetto, e della sua
acquisizione di competenze);
- Notizie performative (rivolte all’azione vera e propria);
- Notizie sanzionatorie (che enfatizzano il momento della sanzione, ovvero del giudizio).
Così sarà possibile individuare non solo la prospettiva che il giornale assume sugli eventi, ma anche le diverse
pertinentizzazioni che ogni testata di volta in volta seleziona (es. processo giudiziario > possiamo concentrarci sul
percorso di acquisizione delle prove oppure sulla sentenza).
Inoltre, vedere verso quale tipo di notizia tende un articolo è utile per mettere a fuoco le presupposizioni che sono
attribuite al lettore e le inferenze che gli sono richieste.
Non c’è pura cronaca ne puro commento, perché qualsiasi racconto veicola già una prospettiva sui fatti che spesso
struttura il discorso analitico.
Sicuramente la tendenza dei giornali di questi anni è la narrativizzazione dell’informazione. Infatti è aumentata
l’attenzione alle storie personali, alle interviste, ai reportage e alle pagine di posta, mettendo al centro la dimensione
individuale.
Il risultato è un quotidiano variato in cui l’informazione è un mosaico di racconti sul mondo.
LA GESTIONE DEL SAPERE (sapere?)
4.
Scopo di ogni quotidiano è innanzi tutto informare, e informare significa far sapere. Si analizzeranno alcune delle
strategie più tipiche del discorso del sapere, il discorso cognitivo.
Vedremo come il discorso del sapere si mascheri da discorso oggettivo e come costruisca al proprio interno per auto
legittimarsi una trama di fonti e sostegni autorevoli confezionati ad hoc, e come invece in altri casi non pretenda
oggettività, ma si costruisca narrativamente come storia di una ricerca personale, o racconto di un’inchiesta.
Un altro punto fondamentale è la dialettica, all’interno della gestione del sapere, di osservare e informare: ogni
giornalista è al contempo osservatore e informatore (informatore rispetto al lettore, osservatore rispetto alle notizie).
Inoltre vedremo i contratti di lettura e come ogni discorso cognitivo costruisca delle competenze. In base al lettore
modello individuato si potranno presupporre o meno certe nozioni di sapere, si potrà ricorrere ad un certo tipo di
impliciti e si potranno assumere certe premesse.
4.1 INFORMARE COME FAR SAPERE
In un contesto discorsivo come quello attuale il far sapere del quotidiano si è trasformato in approfondire, spiegare,
ricostruire, commentare: tutte operazioni cognitive che privilegiano la dimensione dell’interpretare. Si sono distinti
articoli di analisi, articoli di commento, articoli di puntualizzazione (es. rubriche nei quotidiani: ognuna è riportata in un
box che enfatizza la discontinuità rispetto ai ‘normali’ articoli).
La gestione del sapere è rimasta quella più condizionata dal miraggio di una presunta oggettività. L’oggettività è solo
un effetto di senso: Greimas ha parlato di un vero e proprio mascheramento, soggettivante o oggettivante. Ogni volta
si tratta di individuarne le strategie e di mettere in luce come qualsiasi discorso oggettivo accolga al suo interno
anche componenti soggettive.
Esempio Editoriale del «Foglio» del 6 marzo 2004:
Liberate Tanzi (titolo). Forse non ci siamo capiti (da 10 anni): torchiare la gente in cella è illegale (sottotitolo)
Innanzitutto il Lettore Modello dovrà essere competente su chi è Tanzi, ma soprattutto dovrà essere disposto ad
interpretare l’invito secondo dei presupposti di sapere e di credenza condivisi dalla testata (sulla «Repubblica»
sarebbe impensabile un editoriale così, anzi sarebbe un titolo perfetto per una vignetta).
Sapere e credere sono due dimensioni tangenti e spesso intrecciate: il sapere gestisce e si fonda sulle credenze; il
far sapere induce e auspica delle credenze nel destinatario. L’enunciatore mira a persuadere il suo destinatario, che
a sua volta è chiamato a interpretare i contenuti della comunicazione. Tutti i discorsi oggettivi si basano su una
relazione con il soggetto perché per manipolarlo bisogna conoscerlo, e sapere le competenze che ha. Ogni processo
comunicativo, e soprattutto il processo informativo del quotidiano, presuppone un Lettore modello caratterizzato dalla
conoscenza di una sua specifica porzione di enciclopedia.
Sapere e credere dunque sono intrecciati: il sapere si fonda sulle credenze dell’enunciatore; il far sapere induce delle
credenze nel destinatario.
La gestione del sapere implica sia un fare persuasivo che un fare interpretativo; l’enunciatore mira a persuadere il
suo destinatario, che a sua volta è chiamato ad interpretare i contenuti della comunicazione.
4.2 UN COMMENTO ‘OGGETTIVO’
Viene esaminato un testo pubblicato sulla Repubblica il 15 febbraio 2004 (vedi pag. 104): esso veniva pubblicato in
prima pagina con il titolo La cultura dell’azienda e quella della legge, e continuava nella pagina dei Commenti con il
titolo La cultura dell’azienda.
Il testo è stato scomposto in tre segmenti (come si fa spesso in semiotica) per rendere l’analisi più agevole.
Il primo aspetto da evidenziare è quello del mascheramento oggettivante. L’articolo in esame presenta infatti tutte le
tipiche strategie del discorso oggettivante:
- La spersonalizzazione del discorso = Non c’è mai un enunciatore che dicendo ‘io’ si assuma la
responsabilità di questo commento, ma un enunciatore impersonale: questo enunciatore trasforma sempre
ogni interpretazione individuale in una posizione condivisa ricorrendo a forme verbali impersonali, si
nasconde dietro periodi ipotetici.
- L’
astrazione = Fa parte del mascheramento oggettivante la cancellazione dei riferimenti della dimensione
temporale dell’enunciazione. L’enunciatore di questo articolo parla a nome di tutti guardando a una
dimensione temporale imprecisata.
- L’
oggettivazione del sapere = Si parla di caratterizzazioni modali del testo. Per caratterizzazione modale ci
si riferisce non solo alle modalità di base che abbiamo visto a proposito degli attanti (volere, sapere,
dovere, potere), ma anche all’elaborazione che queste modalità subiscono a livello discorsivo, andando a
caratterizzare intere porzioni di testo.
Se il fare interpretativo di un articolo viene mascherato come un discorso oggetto si creerà il simulacro di un sapere
oggettivo e di una prassi dimostrativa; se viceversa il fare interpretativo conserverà le marche dell’enunciatore, il
sapere messo in gioco resterà un sapere relativo, soggettivo, non universalizzabile.
(Nel testo analizzato infatti non ci sono: le marche dell’enunciazione, i deittici riferiti a spazio e tempo e nemmeno
spiegazioni causali, ma solo constatazioni).
Distinguiamo anche modalità aletiche e modalità epistemiche:
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