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Coerenza e isotopia nel discorso giornalistico
A B| \ / || / \ |Non B Non A Questi valori, a loro volta, vengono assunti nel discorso da alcuni temi o da alcune figure. Quando i percorsi semantici assumono una coerenza ridondante si parla di isotopia. È importante individuare le isotopie di un testo perché queste contribuiscono fortemente a dare coerenza al discorso di un giornale. Ci sono casi in cui una notizia si sviluppa su più giorni e coerentemente una testata sviluppa la stessa isotopia tematica, per esempio tutti gli articoli dedicati alla strage di Nassiriya sul Corriere sono stati trattati in relazione al tema della patria. La tematizzazione di una certa isotopia semantica non è sempre evidente, i giornali cercano anzi perlopiù di dare un' impressione di trasparenza informativa, che rifletta i temi insiti nei fatti stessi. 3.6 Tipologie di notizie Si possono utilizzare le fasi dello schema narrativo anche per tentare una tipologizzazione delle notizie che distingua: - notizie complete (dove sonopresenti tutte le fasi dello schema canonico di un'azione);
notizie preparatorie (incentrate sull'azione di manipolazione e di destinazione del soggetto e della sua acquisizione di competenze);
notizie performative (rivolte soprattutto all'azione vera e propria);
notizie sanzionarie (che enfatizzano il momento e le modalità della sanzione, una vittoria elettorale, un premio, una condanna giudiziaria...).
Quello che si può constatare nei quotidiani di questi anni è una netta tendenza alla narrativizzazione dell'informazione. Innanzitutto è aumentata l'attenzione del quotidiano alle storie, alle storie personali, si è rilevato il ruolo delle interviste sempre più presenti e l'importanza delle pagine della posta. La dimensione individuale è diventata più centrale, il quotidiano propone storie esemplari, così come talvolta indugia su aspetti privati di figure istituzionali o dell'identità.
professionale molto caratterizzata.
Cap 4. La gestione del sapere
Finora si è studiato il piano delle azioni, mettendo a fuoco solo quella che semioticamente viene definita la logica del fare. Oltre al piano del fare però ci sono altri due livelli che trasversalmente attraversano tutti i discorsi, il piano del sapere e il piano del sentire. Scopo di ogni quotidiano, infatti, è innanzitutto informare e informare significa prima di tutto far sapere. In questo capitolo si analizzeranno alcune delle strategie più tipiche del discorso del sapere, il discorso cognitivo.
4.1 Informare come fare sapere
In un contesto discorsivo come quello attuale, in cui le informazioni sono veicolate e annunciate soprattutto dalla televisione, il far sapere del quotidiano si è trasformato perlopiù in un approfondire, spiegare, ricostruire e commentare, tutte operazioni cognitive che privilegiano la dimensione dell'interpretare. I generi testuali del discorso cognitivo si
sono così complessificati, si sono distinti articoli di analisi, di commento, di puntualizzazione. Tuttavia la gestione del sapere è rimasta quella più condizionata dal miraggio di una presunta oggettività, il sapere che il quotidiano veicola è quasi sempre presentato come un sapere oggettivo, vero e adeguato alla realtà, anche quando si tratta esplicitamente di un commento. Greimas ha parlato di un vero e proprio mascheramento, ogni volta si tratta di individuare le strategie e di mettere in luce come qualsiasi discorso oggettivo accolga al suo interno anche componenti soggettive. Sapere e credere sono due dimensioni tangenti e spesso intrecciate: il sapere gestisce e si fonda sulle credenze dell'enunciatore, il far sapere induce e auspica delle credenze nel destinatario. La gestione del sapere implica sempre un fare persuasivo e un fare interpretativo, l'enunciatore mira a persuadere il suo destinatario che a sua volta è chiamato a.interpretare i contenuti della comunicazione.4.2 Un commento "oggettivo"
Possiamo trovare per esempio delle modalità di personalizzazione del sapere.
Può succedere di trovare un testo che abbia programmaticamente eliminato le marche dell'enunciazione. Non si troverà mai un enunciatore che, dicendo io, si assuma la responsabilità del commento, ma un enunciatore impersonale che: trasforma sempre ogni interpretazione individuale in una posizione condivisa ricorrendo a forme verbali impersonali; si nasconde dietro periodi ipotetici che essendo privi di qualsiasi riferimento a soggetto dell'enunciazione sembrano registrare possibilità oggettive; allinea una serie di enunciati constativi che definiscono apparentemente senza aggiunte inutili o residui emotivi, la realtà.
Potremmo avere così un enunciatore sicuro, caratterizzato da sapere e potere, capace di mettere in campo un sapere oggettivo, oppure un enunciatore motivato ma insicuro.
caratterizzato da volere ma da un sapere parziale, che metterà in campo un sapere da verificare. In particolare, si distingueranno modalità aletiche e modalità epistemiche. Le modalità aletiche sono quelle che definiscono un enunciato secondo la sua necessità, le modalità epistemiche quelle che definiscono un enunciato secondo la sua certezza, dunque in riferimento a un punto di vista.
4.3 La referenzializzazione interna
In un testo ci possono essere dei contenuti epistemici che l'enunciatore convoca ad autenticazione del suo sapere. Queste operazioni servono per legittimare i soggetti del discorso andando così ad esplicitare attraverso citazioni la base di sapere di chi parla per poi offrirlo al lettore come garanzia di attendibilità creando così varie illusioni: l'illusione della prova, dove le parole altrui sono convocate come parole autorevoli, attendibili; l'illusione della trasparenza, dove si citano o si fa mostra
di citare le parole esatte tra virgolette che sono state pronunciate; l'illusione dell'intersoggettività, dove l'enunciatore citando sembra in sintonia con coloro che cita. L'enunciatore manipola e utilizza il linguaggio altrui evidentemente a sostegno della propria interpretazione, all'interno di una programmazione discorsiva che prevede una fase in cui sono necessarie delle prove.4.4 La programmazione discorsiva
In alcuni casi la programmazione del sapere assume una vera e propria forma narrativa. Pensiamo a tutti i casi in cui un esperto o un reporter racconta sui giornali la propria avventura di scoperta: l'assunzione del compito di ricerca, l'acquisizione delle competenze, la messa in prova delle ipotesi fatte, il successo... Si possono fare dei discorsi prima descrittivi e poi di ricerca, dove l'enunciatore si presenta come il ricercatore a caccia di documenti, facendosi portavoce di opinioni generiche che portano dunque ad una manipolazione.
Il fare si sposta dal polo dell'interpretazione a quello della persuasione. Arriva così ad emergere chiaramente come il percorso del sapere sia sempre un ibrido di sapere e credere: non c'è una netta separazione fra questi due ambiti, il soggetto della ricerca esercita un fare interpretativo e persuasivo insieme. Finge di argomentare e di compiere un percorso di verifica, presenta come verità oggettive credenze soggettive, utilizza le proprie credenze come evidenze per il fare persuasivo. Credere e sapere diventano posizioni all'interno di un circolo in cui il soggetto del percorso cognitivo esercita un fare interpretativo e persuasivo insieme, ponendosi ora come informatore ora come osservatore.4.5 Informatori e osservatori
Informatore e osservatore costituiscono due tipi di attanti cognitivi. Come infatti ci sono gli attanti narrativi, funzionali al processo dell'azione, così ci sono dei ruoli funzionali al processo del sapere. Di questo aspetto si
è occupato in particolare Jacques Fontanille. L'informatore è fondamentalmente colui che organizza l'informazione, colui che pone il soggetto del percorso cognitivo nelle condizioni di poter sapere. Non è detto che gli informatori siano sempre incarnati da una persona, le figure dell'informatore sono l'esperto, il pentito, la fonte riservata, il microscopio o il web. L'osservatore al contrario si caratterizza per il suo fare ricettivo, è colui che osserva il percorso cognitivo del soggetto e ne dà un'interpretazione più o meno volontaria. Può svolgere il ruolo di osservatore il direttore del giornale, che nel suo editoriale commenta i fatti osservati. Come ogni ruolo attanziale, anche quelle di osservatore e informatore sono funzioni astratte, assumibili sincreticamente anche da un solo attore in varie fasi del suo percorso. La categoria di osservatore evoca chiaramente quella di punto di vista, rimanda cioèalla capacità dell'osservatore di giudicare e valutare ciò che sta osservando. L'osservatore può attribuire un significato e un valore agli eventi e alle azioni che sta osservando, influenzando così la sua interpretazione della storia. Il punto di vista è quindi fondamentale nella narrazione, poiché determina come vengono presentati i fatti e come vengono interpretati. Ogni punto di vista è soggettivo e influenzato dalle esperienze, dalle convinzioni e dalle emozioni dell'osservatore. Nella scrittura, è importante considerare il punto di vista che si intende adottare, poiché questo influenzerà la narrazione e la percezione del lettore. È possibile utilizzare diversi punti di vista all'interno di una storia, per offrire una visione più completa e articolata degli eventi. In conclusione, il punto di vista è un elemento chiave nella narrazione, poiché determina come vengono interpretati e presentati i fatti. È importante considerare il punto di vista dell'osservatore e come questo influenzi la sua percezione e interpretazione della storia.alla deformazione che qualsiasi osservatore esercita sull'oggetto in virtù del proprio assetto patemico e dei propri scopi pragmatici.
4.6 Competenze e universi di sapere
Ogni trasmissione di sapere si regge su molti impliciti perché, come ha detto Eco nel 1979 a proposito dell'interpretazione, il testo è una macchina pigra che fa economia di quel che dice, nessun articolo dice tutto. Se un giornalista ogni volta volesse dare insieme alla notizia tutte le informazioni necessarie a capirla e a spiegarla si creerebbe una dinamica di iperinformazione sovrabbondante e inutilizzabile. Ogni articolo nell'informare presuppone già delle informazioni. Il discorso cognitivo dunque si appoggia chiaramente su una serie di competenze implicite: attribuisce al lettore la capacità di decodificare un certo messaggio nel modo giusto, gli attribuisce un sapere adeguato a interpretare il contributo cognitivo che va aggiungendo. Ci sono degli impliciti.