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RISPECCHIERANNO LA FACIES CULTURALE DEL MOMENTO IN

CUI SI ESEGUIRONO e in questo senso godiamo di una storicità che si

potrebbe dire duplice, per il fatto di essere stati compiuti in un determinato

tempo e per il fatto di portare in sé, inavvertitamente, la testimonianza elle

predilezioni, del gusto, della moda in quel tempo.

I FALSI oggi si smascherano assai più facilmente, in quanto si guarda e si

valuta l’opera d’arte con criteri diversi da quelli in uso ai principi del secolo; e

valga soprattutto il ricordo dell’opera di DOSSENA, imperniata su una

furbesca contaminazione stilistica atta a suggerire l’identificazione di

particolari maestri intermedi o fasi intermedie di maestri ben conosciuti,

sfruttando la prassi di una critica filologica allora assai in auge e mirante a

congelare lo stile di un maestro in particolari fissi, riconoscibili stilemi.

Proprio per la DIFFICOLTÀ DI PROVARE IL DOLO, lo SCOPO

ovvero l’ANIMUS che presiede alla produzione dell’oggetto

ILLEGALE, o

al suo smercio, si dovrà ritenere, come nel diritto, presunta la buona fede fino

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a prova in contrario,e pertanto a doppia ragione non si potrebbe escludere

dalla storia delle falsificazioni l’uso e la produzione di copie, repliche,

imitazioni. 32

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POSTILLA TEORICA AL TRATTAMENTO DELLE LACUNE.

La SOLUZIONE AL PROBLEMA DEL TRATTAMENTO DELLE

in un’opera d’arte danneggiata è in primo luogo

LACUNE TEORICA: in

cosa consiste?

Se si considera, infatti, l’opera d’arte nella sua essenza, è chiaro che tutto ciò

che riguarda il MATERIALE ESTERNO E DATO, come diceva HEGEL,

di cui l’opera d’arte consta, le condizioni termo igrometriche in cui si trova o

in cui si dovrebbe trovare, i PROVVEDIMENTI MUSEOGRAFICI da

prendere riguardo alla sua esposizione al pubblico, rappresentano tutti delle

questioni irrilevanti.

Ma l’OPERA D’ARTE, proprio perché nella sua essenza è opera d’arte, non

rimane con ciò sospesa al di fuori della nostra esperienza, anzi, non appena

riconosciuta in quanto tale, ha diritto di essere eccettuata dal mondo

fenomenico ed essere trattata strettamente in rapporto al riconoscimento

avvenuto.

L’OPERA D’ARTE arriva a noi come un circuito chiuso, come qualcosa in

cui non abbiamo il DIRITTO DI INTERVENIRE che a due condizioni:

 per CONSERVARLA quanto più possibile integra,

 per RAFFORZARLA, se necessario, nella sua struttura materiale

pericolante.

CONSERVARLA INTEGRA si pone perciò come un concetto opposto al

ripristino; ma il RIPRISTINO pretende di inserirsi in quel ciclo chiuso che è

all’artista stesso o surrogandolo: mentre la

la creazione, sostituendosi

conservazione dell’opera d’arte intende di limitarsi a intervenire nell’opera

solo in quanto, per indebiti interventi o per azione del tempo, l’opera sia stata

sfigurata con aggiunte o modifiche che non realizzino una nuova sintesi.

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E dunque, mentre il RIPRISTINO si risolve in un INTERVENTO

EMPIRICO DI SOSTITUZIONE STORICA E CREATIVA, pretendendo

di inserirsi in un momento dell’iter dell’opera d’arte che è stato chiuso

dall’autore e che è irreversibile, nell’INTERVENTO CONSERVATIVO

non oltrepassiamo il momento in cui l’opera d’arte è entrata nel mondo della

vita, e ha perciò acquistato una SECONDA STORICITÀ rispetto al suo

primo ingresso, attraverso la lunga o breve elaborazione che al suo autore

abbia richiesto, nel mondo della vita.

Quindi verranno di nuovo esaminati gli aspetti che la consistenza dell’opera

d’arte nella sua struttura materiale, e altresì gli aspetti relativi alle condizioni

termo igrometriche in cui si trova, alla sua presentazione che va dalla

illuminazione al fondo o all’ambiente in cui è esposta, se l’OPERA D’ARTE

appartenga al novero di quelle che empiricamente si dicono NOBILI.

Riguardo il TRATTAMENTO DELLE LACUNE, qualsiasi intervento volto

l’immagine nelle sue lacune,

a integrare per induzione o per approssimazione

è un intervento che esorbita da quella considerazione dell’opera d’arte che

siamo costretti a osservare, in quanto che noi non siamo l’artista creatore, noi

non possiamo invertire il corso del tempo e insediarci con legittimità in quel

momento in cui l’artista stava creando la parte che ora manca.

L’unico nostro ATTEGGIAMENTO VERSO L’OPERA D’ARTE è

CONSIDERARLA NELLA PRESENZA ATTUALE che realizza alla

l’opera d’arte

nostra coscienza, e di astringere il nostro comportamento verso

al rispetto dell’opera d’arte, ciò che implica la sua CONSERVAZIONE e il

RISPETTO DELL’INTEGRITÀ di quanto è giunto sino a noi, senza

pregiudicarne il futuro.

Ogni eventuale INTEGRAZIONE, anche minima, dovrà essere facilmente

IDENTIFICABILE: ad esempio, per le PITTURE, la tecnica che viene

utilizzata è quella del TRATTEGGIO AD ACQUERELLO che si

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differenzia per tecnica e per materia dalla tecnica e dalla materia della pittura

integrale. è un’INTEGRAZIONE

La LACUNA FORMALE INDEBITA e che

potremmo avvertire come DOLOROSA, ma se ci astringiamo nei limiti delle

epoche noi interpreteremo la lacuna con lo schema della figura a fondo:

come una figura a cui l’immagine pittorica o

sentiremo cioè la LACUNA

scultorea o architettonica è tenuta a fare da FONDO, mentre è essa stessa

figura e in primissimo luogo. 36

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PRINCIPI PER IL RESTAURO DEI MONUMENTI.

Nell’applicare al RESTAURO DEI MONUMENTI ARCHITETTONICI le

norme del restauro delle opere d’arte occorre tenere presente in primissimo

che differisce da quella delle opere

luogo la struttura formale dell’architettura,

d’arte, intese nell’accezione empirica sopra indicata.

con la condizione dell’architettura non dipende certamente

La DIFFERENZA

un’essenza diversa tra architettura e opera d’arte, ma perché

da

nell’architettura LA SPAZIALITÀ PROPRIA DEL MONUMENTO È

COESISTENTE ALLO SPAZIO AMBIENTE IN CUI IL

MONUMENTO È STATO COSTRUITO.

in un’architettura come interno, la salvaguardia della dimensione

Se allora è assicurata solo dalla conservazione dell’interno,

esterno-interno in

un’architettura come esterno, la dimensione interno-esterno esige la

conservazione dello spazio ambiente in cui il monumento venne costruito.

La PROBLEMATICA ha DUE FACCE differenti:

 l’inalienabilità del monumento come

si pone, IN PRIMO LUOGO,

esterno dal sito storico in cui è stato realizzato;

 IN SECONDO LUOGO dovrà essere esaminata la problematica che

nasce dall’alterazione di un sito storico relativamente alle modifiche o

alla scomparsa parziale o totale di un monumento che ne faceva parte.

PRIMO RICONOSCIMENTO DELL’INALIENABILITÀ DEL

Dal

MONUMENTO COME ESTERNO discendono intanto alcuni corollari:

 l’assoluta ILLEGITTIMITÀ DELLA SCOMPOSIZIONE E

RICOMPOSIZIONE DI UN MONUMENTO in luogo diverso da

quello in cui è stato realizzato, poiché tale illegittimità discende ancora

più dall’istanza estetica che dall’esistenza storica, in quanto che,

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nell’alterazione dei dati spaziali di un monumento, si viene a infirmarlo

come opera d’arte;

 la DEGRADAZIONE DEL MONUMENTO, scomposto e ricostruito

altrove, a FALSO di se stesso ottenuto con i suoi medesimi materiali,

per cui è ancor meno che una mummia rispetto alla persona che fu viva;

 la LEGITTIMITÀ DELLA SCOMPOSIZIONE E

RICOMPOSIZIONE, come legata unicamente alla

SALVAGUARDIA DEL MONUMENTO in quanto non si possa

sopperire alla sua salvezza in altro modo, ma sempre e solo

relativamente al SITO STORICO dove fu realizzato.

Si è parlato di SITO STORICO e non soltanto di ambiente monumentale,

perché dal punto di vista del monumento anche l’ambiente naturale in cui ossa

trovarsi funge da AMBIENTE MONUMENTALE.

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IL RESTAURO DELLA PITTURA ANTICA.

Il RESTAURO DELLA PITTURA ANTICA, ossia quella ANTERIORE

AL MEDIOEVO, non rappresenta, nel campo del restauro, una branca così

autonoma come può essere, nella medicina, la chirurgia, rispetto alle terapie

che non implicano interventi operatori.

Il RESTAURO DELLA PITTURA ANTICA rientra nel restauro della

s’isolano

pittura a titolo non diverso da quello per cui le pitture medievali non

dalle pitture rinascimentali, barocche o moderne.

Non sarebbe giusto istituire del restauro delle pitture antiche una categoria

totalmente a parte dall’area del restauro delle pitture.

Alla base dell’esigenza contraria potrebbe porsi, come giustificazione,

l’INCERTEZZA che tuttora regna circa la tecnica usata per le pitture sia su

roccia, sia su intonaco, sia su tavola o tela, a cominciare dal Paleolitico

superiore alle soglie del Medioevo.

Questa incertezza esiste tuttora, ed esisterà per molto tempo, in quanto che le

tecniche d’analisi scientifica, elaborate sino a oggi, non offrono certezza

assoluta circa i media e le modalità usate, né le scarse notizie degli autori,

anche per il periodo classico, porgono un sussidio univoco in quanto che non

si ha mai la coincidenza esatta fra il dato documentario e l’epoca superstite.

Di tutto ciò è dimostrazione secolare la discrepanza di opinioni circa

l’ENCAUSTO, la KAUSIS, la CERA PUNICA.

Ma l’incertezza circa la tecnica delle pitture antiche non può esimersi dal

restauro delle medesime.

Bisogna considerare inoltre che essenziale SCOPO DEL RESTAURO non è

ASSICURARE LA SUSSISTENZA DELL’OPERA

solo quello di NEL

PRESENTE, ma anche di ASSICURARE LA TRASMISSIONE NEL

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FUTURO: quindi occorre facilitare e no precludere gli eventuali interventi

successivi.

Se si tratta di PITTURE MURALI, il cui strato pittorico sia sottile, la

TRASPOSIZIONE SU TELA è il mezzo più semplice, più idoneo e più

nessun’altra

adatto alla conservazione, non solo perché non preclude eventuale

trasposizione o applicazione su supporto diverso, ma perché qualsiasi

materiale rigido si scelga, è sempre gli strati sovrapposti di tela che va affidato

il compito del primo e diretto supporto.

O almeno nessun altro supporto più maneggevole è stato sperimentato sinora.

L’importante p di assicurare una tensione costante con il variare delle

condizioni atmosferiche.

NON sempre per le PITTURE ANTICHE è praticabile la trasposizione su

tela, anzi per quasi tutte le PITTURE PARIETALI ROMANE, dove

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
28 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/19 Restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher tatiana1988 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e storia del restauro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Salerno Carlo Stefano.