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Il tempo e l'opera d'arte
Il tempo si inserisce anche in un secondo momento, raffigurato dall'intervallo fra termine del processo creativo (formulazione conclusa) e momento in cui la formulazione scocca nella coscienza attuale del riguardante. Questo lasso di tempo sembrerebbe non poter rientrare nella considerazione dell'opera come oggetto estetico, in quanto l'opera d'arte è immutabile e invariabile a meno di trapassare in una diversa opera d'arte. Questa considerazione non è inoppugnabile perché non tiene conto della fisicità di cui deve servirsi l'immagine per arrivare alla coscienza. La fisicità può anche essere minima però sussiste. Facendo un paragone con la poesia, se essa viene letta con gli occhi non ha bisogno di mezzi fisici poiché la scrittura serve solo ad indicare certi suoni e si potrebbe attualizzare come poesia anche una serie di segni di cui si conosce il significato ma non la pronuncia. L'ignoranza delSuono non implica che il suono sia superfluo: l'esigenza del suono sussiste e il suono vive nell'immagine della lingua nella sua totalità. Ha importanza il lasso di tempo intercorso fra quando la poesia fu scritta, e la lingua si pronunciava in un certo modo, e il tempo in cui la poesia viene letta, e la lingua non si pronuncerà più come un tempo. Dunque, anche per queste opere d'arte che sembrerebbero al riparo dal tempo, il tempo passa e incide quanto sui colori dei dipinti o sulle tonalità dei marmi.
E ancora, riguardo la musica, gli strumenti antichi si sono modificati così tanto che un organo attuale renderebbe Bach in modo solo approssimativo.
Seppure la considerazione del tempo intercorso si collocherà subito dopo l'illuminazione dell'attimo che fa scoccare nella coscienza l'opera d'arte, questa considerazione non sarà storica ma si integrerà al giudizio che diamo all'opera.
È necessario stabilire i momenti che caratterizzano l'inserzione dell'opera d'arte nel tempo storico per poter definire in quale momento ci sono le condizioni necessarie al restauro, e in quale momento è lecito questo intervento.
Non si può parlare di restauro durante il periodo che va dalla costituzione dell'oggetto alla formulazione conclusa: se sembrerà un restauro, in realtà sarà una rifusione dell'immagine in un'altra immagine. È il "restauro di fantasia".
È successo anche che si facesse cadere il restauro nel lasso di tempo fra la conclusione dell'opera e il presente: viene detto "restauro di ripristino", che vuole abolire quel lasso di tempo.
L'unico momento legittimo per l'azione di restauro è quello del presente stesso della coscienza riguardante, in cui l'opera d'arte è nell'attimo ed è presente storico, ma è anche passato.
Il restauro per essere legittimo non dovrà presumere né il tempo come reversibile né l'abolizione della storia. L'azione di restauro inoltre non dovrà porsi come segreta, ma dare modo di essere puntualizzata come evento storico e di inserirsi nel processo di trasmissione dell'opera d'arte al futuro. Questa esigenza storica dovrà tradursi nella differenza delle zone integrate, nel rispetto della patina, nella conservazione di campioni dello stato precedente al restauro e di parti non coeve che rappresentano la traslazione dell'opera nel tempo. Riguardo la patina, è una questione che andrà esaminata e valutata volta per volta ma esige comunque un' impostazione teorica.
5. Il restauro secondo l'istanza della storicità
Fra l'esplicazione dei principi del restauro e l'intervento, c'è un intervallo: il regolamento. Ogni caso di restauro è un unicum però si possono
delimitato da un tagessere sempre fatta in modo da lasciare traccia di sé sull'opera stessa. L'aggiunta deve considerarsi regolare, la rimozione deve considerarsi eccezionale. Vi è però un'aggiunta, la patina, che può essere o non essere pensata dall'artista. Se l'artista ha contato su un certo assestamento dato dall'invecchiamento dell'opera, la conservazione e la eventuale integrazione della patina fa parte del rispetto dell'unità potenziale dell'opera d'arte. Se l'artista non ha previsto gli effetti dell'invecchiamento, la situazione è diversa, e il problema non può risolversi del tutto in sede storica visto che l'istanza estetica è prevalente. Dal punto di vista storico dobbiamo riconoscere che è un modo di falsificare la storia, se le testimonianze storiche vengono private della loro antichità, se si costringe la materia a riacquistare una freschezza.
Eun'evidenza tale da contraddire l'antichità che testimonia. Quindi da questo punto di vista la conservazione della patina è testimonianza del tempo trascorso, ed è tassativamente richiesta.
Per quanto riguarda i rifacimenti, anch'essi testimoniano un intervento umano e sono dei momenti di storia, ma sono diversi dalle aggiunte. L'aggiunta può completare funzioni diverse da quelle iniziali; nell'aggiunta non si ricalca, ma si sviluppa e si innesta. Il rifacimento invece vuole plasmare l'opera, intervenire nel processo creativo allo stesso modo in cui si svolse il processo creativo originario, rifondere il vecchio e il nuovo così da non distinguerli, abolire o ridurre al minimo l'intervallo di tempo che distacca i due momenti. La pretesa del rifacimento è quindi sempre abolire un lasso di tempo. Per l'istanza storica ci sono due casi opposti: uno in cui l'intervento vuole essere retrodatato, e
Quindi rappresenta un falso storico, quindi non può essere ammissibile, e uno in cui il rifacimento vuole assorbire e trasfondere senza residuo l'opera preesistente, e questo può essere legittimo anche storicamente perché è sempre te- Risolvere un problema di matematica
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