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DELLO STATU QUO.
Oltre alla materia, è necessario tenere conto della LUCE e dello SPAZIO che
erano state previste dall’artista nel concepimento dell’opera d’arte.
di un’opera d’arte è giustificata solo da validi motivi di
La RIMOZIONE
conservazione. 9
PUNTO 7.
L’OPERA D’ARTE non può essere considerata come somma, poiché essa ha
sempre una NATURA SINGOLARISSIMA.
In un polittico, le parti che lo compongono hanno il significato di una
scansione ritmica.
L’opera d’arte ha una sola unità, anche se una o più parti di essa è andata
perduta.
Il concetto di UNITÀ è necessario per definire i limiti del restauro.
S’intende un’UNITÀ e non quantitativa dell’opera d’arte:
QUALITATIVA
ma questa definizione non ci permette di separare il concetto di unità
dell’opera d’arte da quello di unità organico-funzionale.
L’opera d’arte gode di una SINGOLARISSIMA UNITÀ, per cui non può
considerarsi come composta di parti; in secondo luogo, questa unità non può
essere equiparata all’unità organico-funzionale della realtà esistenziale.
Donde discendono due corollari:
che l’OPERA D’ARTE,
1) deduciamo non costando di parti, se
fisicamente frantumata, dovrà continuare a sussistere potenzialmente
come un tutto in ciascuno dei suoi frammenti e questa potenzialità sarà
esigibile in una proposizione direttamente connessa alla traccia
superstite, in ogni frammento, alla disgregazione della materia;
di ogni singola opera d’arte è
2) la FORMA INDIVISIBILE, ove
materialmente l’opera d’arte risulti divisa, si potrà cercare di sviluppare
la potenziale unità originaria che ciascuno dei frammenti contiene,
proporzionalmente alla sopravvivenza formale ancora superstite in essi.
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PUNTO 8.
Intervento di REINTEGRAZIONE: deve essere sempre RICONOSCIBILE,
INVISIBILE e sempre REVERSIBILE.
Il restauro deve tenere conto dell’azione del tempo: è doveroso il RISPETTO
DELLA PATINA e la CONSERVAZIONE DI CAMPIONI dello stato
precedente al restauro.
L’INTEGRAZIONE dovrà essere sempre facilmente RICONOSCIBILE;
ma senza che questo si debba venire a infrangere proprio quell’unità che si
tende a ricostruire.
L’INTEGRAZIONE dovrà essere INVISIBILE, e senza bisogno di speciali
strumenti, non appena si venga a una visione appena ravvicinata.
L’INTEGRAZIONE deve essere REVERSIBILE; essa non deve rendere
impossibili, anzi faciliti, gli eventuali interventi futuri.
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PUNTO 9.
Operazione di RESTAURO CON PARTI MANCANTI (LACUNA):
riesumare l’UNITÀ
1) ORIGINALE, nell’unità potenziale con
2) sviluppare la FIGURATIVITÀ IMPLICITA
intervento integrativo non analogico e che tenga conto di entrambe le
istanze (estetica e storica).
è un’INTERRUZIONE
La LACUNA DEL TESSUTO FIGURATIVO, ma
all’opera d’arte, non è tanto quel che manca quanto
la cosa più grave, riguardo
quel che indebitamente si inserisce; essa infatti avrà una forma e un colore,
irrelativi alla figuratività dell’immagine rappresentata, s’inserisce cioè come
un corpo estraneo.
La LACUNA, pur con una conformazione fortuita, si pone come FIGURA
rispetto a un FONDO che allora viene a essere rappresentato dal dipinto;
esiste questo rapporto tra FIGURA e FONDO, e cioè uno schema spontaneo
della percezione di istituire in una percezione visiva un rapporto di figura di
fondo.
Questo rapporto è poi articolato e sviluppato nella pittura secondo la
prescelta all’immagine, ma quando nel tessuto della pittura
SPAZIALITÀ si
determina una lacuna, questa “figura” non prevista viene colta come figura a
cui la pittura fa da fondo: donde la mutilazione dell’immagine si aggiunge una
SVALUTAZIONE, una retrocessione a fondo di ciò che invece è nato come
figura.
Venne allora la prima soluzione empirica della TINTA NEUTRA: si cercava
di spegnere questa emergenza n prima fila della lacuna provando a ricacciarla
indietro con una tinta il più possibile priva di timbro.
Fu facile notare che non esiste tinta neutra, che qualsiasi presunta tinta neutra
in realtà veniva a influenzare la distribuzione cromatica del dipinto perché da
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questa vicinanza dei colori alla tinta neutra si spengevano i colori
dell’immagine e si rafforzava nella sua intrusa individualità quella della
lacuna.
Bisognava impedire che la lacuna comparisse con i colori del dipinto, sicché
comparisse sempre a un livello diverso di quello del dipinto stesso: o più
avanti o più indietro.
Per migliorare la situazione è bastato applicare il PRINCIPIO DELLA
DIFFERENZA DI LIVELLO alla lacuna, facendo in modo che la lacuna da
FIGURA a cui il dipinto fa da fondo, funzioni da fondo su cui il dipinto è
figura.
Il più delle volte è sufficiente mettere in vista il legno o la tela del supporto per
ottenere un risultato pulito e piacevole, soprattutto perché si toglie ogni
ambiguità al violento affiorare della lacuna come figura.
In tal senso anche il colore, retrocesso al livello di fondo, campisce ma non
collabora, non compare direttamente con la distribuzione cromatica sulla
superficie pittorica. 13
IL TEMPO DELL’OPERA.
TEMPO e SPAZIO costituiscono le condizioni formali a qualsiasi opera
d’arte e si ritrovano strettamente fusi nel ritmo che istituisce la forma.
Il TEMPO, oltre che come STRUTTURA DEL RITMO, si incontra
nell’opera d’arte sotto l’aspetto fenomenologico, in TRE MOMENTI diversi,
e per qualsiasi opera d’arte si tratti:
nell’estrinsecazione dell’opera d’arte mentre viene
1) come DURATA
formulata dall’artista;
2) come INTERVALLO interposto fra la fine del processo creativo e il
momento in cui la nostra coscienza attualizza in sé l’opera d’arte;
di questa folgorazione dell’opera d’arte nella
3) come ATTIMO
coscienza.
Spesso queste tre accezioni vengono confuse o sostituite con l’accezione
TEMPO STORICO DELL’OPERA,
temporale del globalmente inteso, il
tempo extratemporale che, in quanto forma, l’opera d’arte realizza.
La confusione più facile è quella che mira a identificare il TEMPO
DELL’OPERA D’ARTE in cui o l’artista
col PRESENTE STORICO o il
riguardante o tutti e due si trovano a vivere.
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Perché è importante una disamina sul TEMPO?
È necessaria per stabilire i momenti che caratterizzano l’inserzione dell’opera
d’arte nel tempo storico, per poter definire in quale di questi momenti si
possano produrre le condizioni necessarie a quel particolare INTERVENTO
DI RESTAURO, e in quali di questi momenti è lecito tale intervento.
NON si può parlare di restauro durante il periodo che va dalla costituzione
dell’oggetto alla formulazione conclusa; eppure non mancherà chi ha voluto
inserire il restauro proprio nella fase irripetibile del processo artistico: è la più
grave eresia del restauro, è il RESTAURO DI FANTASIA.
Si potrà tentare di far cadere il restauro nel lasso di tempo fra la conclusione
dell’opera e il presente; anche questo ha un nome, RESTAURO DI
RIPRISTINO, che vuole abolire quel lasso di tempo.
L’UNICO PER L’AZIONE DI
MOMENTO LEGITTIMO che si offre
RESTAURO è quello del PRESENTE STESSO DELLA COSCIENZA
in cui l’opera d’arte è nell’attimo ed è presente storico, ma
RIGUARDANTE,
è anche passato ed è nella storia.
per rappresentare un’opera legittima,
Il RESTAURO, non dovrà presumere:
né il TEMPO COME REVERSIBILE
né ABOLIZIONE DELLA STORIA.
L’azione di RESTAURO, inoltre, e per la medesima esigenza che impone il
rispetto della complessa storicità che compete all’opera d’arte, NON dovrà
porsi come segreta e quasi fuori dal tempo, ma dare modo di essere
puntualizzata come evento storico quale essa è, per il fatto di essere azione
umana, e di inserirsi nel processo di trasmissione dell’opera d’arte al futuro.
Questa ESIGENZA STORICA dovrà tradursi nel rispetto della PATINA, che
può concepirsi come lo stesso SEDIMENTARSI DEL TEMPO
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SULL’OPERA, nonché nella conservazione di campioni dello stato
precedente al restauro e anche di parti non coeve che rappresentano la stessa
traslazione dell’opera nel tempo. 16
SCHEMA:
DUE tipi di restauro:
1) RESTAURO DI FANTASIA,
restauro durante il periodo che va dalla costituzione dell’oggetto alla
formulazione conclusa, cioè quello che avviene durante la fase
irripetibile del processo artistico;
2) RESTAURO DI RIPRISTINO, fra la conclusione dell’opera e
restauro che avviene nel lasso di tempo
il presente, il quale vuole abolire quel lasso di tempo.
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IL RESTAURO SECONDO L’ISTANZA STORICA.
Poiché se l’OPERA D’ARTE è in primo luogo una RISULTANTE DEL
FARE UMANO e, in quanto tale non deve dipendere per il suo
riconoscimento dalle alternative di un gusto o di una moda, si pone tuttavia
una priorità alla CONSIDERAZIONE STORICA rispetto a quella estetica;
in quanto dunque MONUMENTO STORICO bisognerebbe iniziare la
considerazione proprio dal limite estremo, e cioè da quello in cui il sigillo
formale impresso alla materia possa risultare pressoché scomparso e il
monumento stesso quasi ridotto a residuo della materia in cui fu composto;
dobbiamo cioè esaminare le MODALITÀ DELLA CONSERVAZIONE
DEL RUDERO.
Errerebbe chi credesse che, dall’effettuale realtà del RUDERO, potessero
trarsi le leggi della conservazione di esso, poiché, sol RUDERO, non si
definisce una mera realtà empirica, ma si enuncia una qualifica che compete
cosa che sia pensata simultaneamente sotto l’angolo della storia e della
conservazione, e cioè non solo e limitatamente alla sua consistenza astante, ma
nel suo passato, da cui trae il suo unico valore quella presenza attuale in sé
priva o scarsissima di valore, e nel futuro a cui deve essere assicurata: il
RUDERO è CIÒ CHE TESTIMONIA UN TEMPO UMANO, anche se
non esclusivamente riferibile a una forma perduta e ricevuta dall’attività
umana.
In tal senso non può definirsi rudero il carbon fossile, in quanto avanzo di una
foresta, preumana, o lo scheletro di un animale antidiluviano, ma lo sarà la