Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 9
Riassunto esame Teoria e Storia del Restauro, prof. Picone, libro consigliato Verso una Storia del Restauro, Casiello Pag. 1 Riassunto esame Teoria e Storia del Restauro, prof. Picone, libro consigliato Verso una Storia del Restauro, Casiello Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 9.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Teoria e Storia del Restauro, prof. Picone, libro consigliato Verso una Storia del Restauro, Casiello Pag. 6
1 su 9
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

DAL RIUSO ALLA CONOSCENZA DELL'ANTICO

Il restauro moderno nasce con la rivalutazione della storia, con la coscienza dell'idea di passato come altro dal

presente, del carattere singolare e irripetibile di ogni evento e di ogni esperienza e nel contempo crede nella

possibilità di ricostruire la storia per trarre da tali eventi una logica, una razionale successione. A un'idea di restauro

come operazione artistica volta a rifare parti perdute, ratificata dai trattati e dai dizionari seicenteschi, si contrappone

un'istanza conservativa. Il fenomeno coinvolge opere d'età classica ed opere rinascimentali, perchè in grado di imitare

l'antico. Valgano da esempio gli interventi di Carlo Maratta nella Galleria dei Carracci o nelle Stanze di Raffaello al

Vaticano, interventi di pulitura spinti fino alla cancellazione di strati originari, con ripasso delle tinte patinate dal tempo.

Molto critici sono i giudizi di un gran numero di intellettuali consapevoli del danno conseguente alla perdita di parti

originali. Istanze conservative che fondano su presupposti diversi: la consapevolezza che i ripensamenti e gli ultimi

ritocchi sono gli strumenti di personalizzazione dell'autore, che le patine sono effetto di un processo di trasformazione

che uniforma tutti gli strati, la contrapposizione di un'idea di tempo-pittore a quella di tempo-distruttore. La sfiducia

nella possibilità di riprodurre fedelmente colori ed effetti, di uniformare e mimetizzare le integrazioni. Si hanno

insomma due modi di intervenire, il primo in cui si arriva ad asportare anche strati autentici, in tal modo si configura

come aggiunta moderna e tentativo di uniformare le parti originali con le integrazioni; e un secondo metodo finalizzato

a prevenire il degrado, attraverso l'aggiunta di protezioni esterne e trasparenti o la dislocazione in musei.

La seconda metà del Settecento è caratterizzata da un particolare sviluppo delle discipline storiche: la definizione del

nell’arte che è imitazione della natura),

concetto di estetica ( La ricerca della bellezza è nella natura e viene riprodotta

la formulazione di nuovi obiettivi per l'attività artistica e critica, l'ampliamento dei confini geografici e culturali del Grand

Tour, l'apertura di alcuni cantieri di scavo e restauro. Si è giunti ad un'emancipazione della storiografia da una

tradizione che poneva alla base della conoscenza i dogmi della fede, di laicizzazione del tempo storico. Alla continuità

senza tempo della tradizione erudita si sostituisce la consapevolezza di una discontinuità con le epoche del passato,

e quindi alla concezione che le produzioni artistiche del passato non siano continuabili e quindi siano finite ed uniche.

Nuovi riferimenti estetici vengono attinti dalla natura, vi è la possibilità di scegliere in tutto il passato i modelli per il

presente. Inoltre in questo periodo sarà esteso il campo d'azione della tutela e del restauro manufatti di diverse

epoche.

LA CONOSCENZA DELL'ANTICO

Figura chiave di questo periodo è Winckelmann, il quale progetta di mettere a sistema lo studio dell'antico. In

particolare il metodo - un processo che parte dall'osservazione diretta, dalla ricerca di fonti documentarie, e procede

per confronto dei dati acquisiti - gli consente di riorganizzare le osservazioni erudite in una storia universale dell'arte

antica. Assume nuova importanza il reperto autentico, e vi è un impulso importante alle esplorazioni archeologiche:

viaggi nei luoghi dell'antichità e scavi. Tra le dispute su quale civiltà potesse rivendicare il ruolo di sorgente dell'arte il

tradizionale Grand Tour amplia i propri orizzonti e così si intensificano i viaggi verso il meridione dell'Italia, la Grecia e

l'Oriente, e aumentano le pubblicazioni illustrate a carattere scientifico che documentano le meraviglie di questi luoghi.

L'opera che segna questa stagione è sicuramente quella dei quattro volumi delle Antiquities of Athens di James

Stuart e Nicholas Revett, quest'opera dichiara già nelle premesse l'intento di una revisione critica dei disegni diffusi

dai viaggiatori che avevano preceduto il viaggio dei due autori attraverso l'analisi sistematica fondata sull'esattezza e

oggettività dei rilievi, l'adozione di un'unica unità di misura e la rappresentazione in scala, il loro disegno non è

pittoresco anzi lascia già presagire il completamento, la ricostruzione. L'opera si inserisce nel dibattito europeo tra i

sostenitori dell'arte greca e quelli dell'arte romana, e inaugura la tradizione di studi accademici nei quali l'antico da

oggetto di osservazione diventa modello, depurato nel disegno di tutti gli aspetti accidentali e migliorato o corretto se

imperfetto o lacunoso. In questo panorama, le incisioni di Piranesi esprimono un ulteriore punto di vista: gli edifici

romani sono ritratti attraverso una dettagliata analisi della tecnica muraria, dei sistemi costruttivi, dello stadio di

conservazione e delle forme di degrado. Roberto Pane individua la convivenza di due tendenze in Piranesi: una

tendenza di natura strettamente fantastica come vediamo nelle Carceri; e un'altra tendenza di natura strettamente

culturale che lo induceva ad una precisa fedeltà di fronte al vero. Piranesi riconosce alle rovine un esclusivo valore

testimoniale, per questo non devono essere completate, perchè alle rovine non è richiesta nessuna funzionalità, una

rovina va conservata anche solo per il valore testimoniale, per il valore di documento. Le esperienze citate

evidenziano, da un lato, un'idea dell'antico come modello da imitare; dall'altro, un'idea delle antichità come frutto di

una tradizione artistica dalla quale è ancora possibile attingere forme, tecniche e materiali. Accanto a queste due

interpretazioni si va affermando un ulteriore approccio: il riconoscimento di un valore di memoria storica, e quindi

ipotizza interventi di semplice conservazione, restauri manutentivi improntati sul criterio del minimo dispendio di

energie e materiali; intervento nel quale l'integrazione non intende competere con l'antico ma assicurarne la

conservazione con aggiunte tecniche.

IL RESTAURO DELLE ANTICHITA'

Se gli itinerari del Grand Tour conoscono un notevole ampliamento, tuttavia, Roma rimane il centro internazionale

dell'attività antiquaria, luogo privilegiato degli studi sull'antico. In rapporto agli studi e alle imprese archeologiche si

sviluppa una serie di attività imprenditoriali: che vanno dalla vendita di pezzi autentici a copie o falsi, fino agli interventi

di restauro. Il restauro, in particolare quello di reintegrazione di sculture, ha una particolare storia all'interno della

quale è stato individuata una progressione; da una metodologia orientata a proseguire l'opera, ad una prassi

contrapposta in cui l'intervento integrativo diventa strumento esso stesso di ricerca. Nella seconda metà del

Settecento il valore di documento insostituibile che sempre piu' si riconosce al pezzo autentico è in contrasto con le

ovvie esigenze dei committenti e collezionisti di vedere reintegrate le sculture mutile. In questo complesso contesto

emergono nuovi orientamenti metodologici del restauro, ispirati alle teorie di Winckelmann, nei quali si afferma la

necessità di far precedere le integrazioni da una accurata ricerca comparativa per giungere ad una identificazione

certa del soggetto e dei caratteri stilistici della scuola d'appartenenza di un'opera, si esige il rispetto della materia

autentica, la distinguibilità delle aggiunte, e quindi si determinano le condizioni per una cooperazione tra artisti ed

eruditi nel lavoro preliminare d'indagine.

Figura di spicco di questo periodo è Bartolomeo Cavaceppi (principale restauratore dei marmi antichi a Roma),

ritenuto l'estensore degli insegnamenti del maestro tedesco. Importante è la pubblicazione del suo trattato in tre

volumi, indicatore del notevole credito culturale raggiunto da questa attività. Per l'autore l'aspetto che meglio

caratterizza il restauratore rispetto allo scultore è la capacità di imitare lo stile dell'opera su cui interviene, senza

ricorrere ai trattamenti superficiali con i quali gli artisti cercavano di confondere le integrazioni con le parti antiche. Il

problema del restauro è ancora quello di come integrare; merito del Cavaceppi (sulle basi teoriche di Winckelmann) è

l'aver posto l'accento sull'importanza del riconoscimento del soggetto, dello stile, dell'epoca di realizzazione del

reperto da restaurare. A fronte di dubbi interpretativi ci si doveva limitare alle aggiunte necessarie alla conservazione,

lasciando aperta l'interpretazione. Il valore introdotto da Winckelmann di documento per la storia e modello per l'arte

riconosciuto al reperto è tutelato attraverso alcune prescrizioni tecniche: le integrazioni non dovrebbero costituire piu'

di un terzo della materia dell'opera finita; il marmo nuovo utilizzato dovrebbe essere in tutto simile a quello antico.

Attraverso il restauro l'oggetto svela la sua vera forma, ne decreta la liberazione sacrificando materiali e aspetti che

darebbero luogo ad altre interpretazioni. Con gli inizi del nuovo secolo, e soprattutto con artisti come Antonio Canova

e Quatremere de Quincy (allievi di Winckelmann), si fa strada un'idea di autenticità che pone nuovi limiti alle

integrazioni. Anche la valutazione di mercato si inverte, riconoscendo maggior valore ai pezzi meno o per nulla

restaurati. Esempio di questo è la posizione espressa dai due artisti nel dibattito attorno alla opportunità di integrare i

marmi Elgin: una collezione di statue attribuite a Fidia che in origine componevano il fregio del Partenone e che Lord

Elgin portò in Inghilterra. In considerazione dell'eccezionale qualità dei gruppi scultorei, l'imitazione dell'antico viene

ritenuta impraticabile e l'integrazione sconsigliata. Quatremere de Quincy suggerisce di lasciare i reperti autentici nella

loro frammentarietà e al contempo realizzare calchi delle sculture, su cui esercitare le pratiche integrative, e con cui

allestire una riproduzione del contesto monumentale di origine. Ancora una volta la conservazione senza integrazioni

è riservata ad esemplari di eccezionale valore (inimitabili) quindi non restaurabili. Gli stessi Quatremere de Quincy e

Canova si pronunceranno a favore di restauri operati sui gruppi scultorei del frontone del Tempio di Egina, dato che lo

stile sarebbe stato piu' semplice e quindi l'artista lo avrebbe mirabilmente imitato. Quindi: da un lato vi è la

legittimazione del restauro integrativo del frammento archeologico come operazione scientifica; dall'altro una

distinzione tra restauro di completamento e falsificazione.

ATTIVITA' ARCHEOLOGICA

L'attività archeologica promossa dal g

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
9 pagine
15 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/04 Museologia e critica artistica e del restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher kmln di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e storia del restauro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Picone Renata.