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Dio, sono incapaci di correre il rischio del completo dono di sé e per uscirne devono aprirsi
al mistero di Dio.
7.2. - Matrimonio, sequela e regno - il Vangelo si occupa del matrimonio soltanto dal punto
di vista dell’indissolubilità perché è il cuore dell’esperienza matrimoniale: non solo perché
traspare con chiarezza la verità del progetto creazionale ma anche perché costituisce la
specifica forma matrimoniale della sequela di Gesù. Nel pensiero evangelico il matrimonio
è esaltato in quanto valore di creazione che realizza un preciso progetto di Dio e luogo di
sequela; relativizzato in quanto il matrimonio è al servizio del regno di Dio: non è un valore
assoluto, una realtà chiusa, ma è aperto sul regno. Questa subordinazione al regno non
sminuisce il matrimonio nella sua consistenza e ricchezza: gli permette di aprirsi su ciò
che è definitivo e assoluto, verso la comunione con Dio. Il matrimonio è grande perché è la
figura e la pregustazione di questa comunione: perderebbe significato se fosse il tutto
dell’uomo.
7.3. Quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero - nella prima lettera ai
correnti, Paolo tratta del matrimonio dando una serie di risposte a domande concrete: se
l’uso del matrimonio continua ad essere lecito per un cristiano o se invece occorra
astenersene, se è lecito sposarsi, se i matrimoni misti sono validi, se le vedove possono
risposarsi. Paolo considera il matrimonio non a sé stante, ma in relazione ad altri valori
cristiani: la tensione escatologica, il celibato come totale disponibilità al servizio di Dio e la
forza del peccato. Sui matrimoni misti dice: non rifiutatevi l’uno all’altra, se non di comune
accorto, allo scopo di darvi alla preghiera ma poi ritornate a stare insieme. Alle vedove e ai
celibi dice che è cosa buona per loro rimanere come lui, ma se non sanno contenersi, si
sposino. Agli sposati ordina che la moglie non si separi dal marito e qualora si separi
rimanga senza sposarsi o si concili con il marito e che il marito non ripudi la moglie. Le
affermazioni di Paolo non discendono da una svalutazione di ciò che è corporeo perché lui
stesso afferma che il corpo è il tempio dello spirito Santo. Non disprezza il corpo e quindi
la dimensione fisica del matrimonio ma prende posizione contro questa tendenza.
Prendendo posizione contro coloro che rifiutavano la sessualità e invitavano le coppie
cristiane a non far uso del matrimonio, Paolo non si limita a respingere la loro concezione,
ma ne accoglie anche le istanze valide. Il cristiano non può più leggere il matrimonio
senza metterlo in rapporto al celibato e senza valutarlo nella prospettiva del regno. Paolo
poi afferma la grandezza del celibato, che egli vede come una dedizione più diretta e
totale al Signore essendo profondamente coerente con la tradizione di Gesù e con la sua
visione del mondo.
7.4. Questo mistero è grande - Paolo nella prima lettera ai corinti riflette sulla matrimonio
ma era condizionato dagli interrogativi degli asceti. Nella lettera agli Efesini, Paolo
riaffronta il tema del matrimonio rivolgendosi al tempo presente nella chiesa e
l’interrogativo di fondo è: come il mistero di Cristo si fa presente nel matrimonio? Da
questa lettera ne deriva che marito e moglie devono reciprocamente sottomettersi e
amarsi. C’è però un rilievo da tener presente: Paolo viene condizionato nel suo modo di
esprimersi dallo stesso paragone Cristo/Chiesa, in cui non c’è posto per una rigida
reciprocità. Nella lettera ai Colossesi si raccomanda alle mogli di star sottomesse ai mariti
e si raccomanda ai mariti di amare le mogli e di non comportarsi con esse in modo
arrogante. Anche nella lettera a Tito e nella prima lettera di Pietro si ribadisce lo stesso
concetto di sottomissione. Uno degli elementi più presenti è la preoccupazione per il
comportamento delle donne, molto meno invece per i mariti. Le prime comunità cristiane
accettarono le forme di relazioni domestiche che già esistevano e la loro preoccupazione
era di come vivere queste relazioni in modo nuovo. Ne derivò da una parte l’ordine ovvero
che la famiglia doveva essere ordinata e compatta, con un suo ordine gerarchico preciso,
insistendo sulla sottomissione mentre dall’altra l’amore, che è per sua natura un principio
che tende a superare ogni ordine gerarchico. Analizzando invece il rapporto Cristo/Chiesa
si deduce che esso costituisce il modello a cui ogni matrimonio cristiano deve ispirarsi. Le
attitudini rispettive di Cristo e della Chiesa comandano quelle dello sposo e della sposa.
Ma il pensiero di Paolo va oltre perché in ogni matrimonio Dio fa rivivere la misteriosa
unione di Cristo con la Chiesa: lo spazio coniugale diventa un luogo in cui il mistero
salvifica di Cristo si riattualizza e visibilizza; un luogo di salvezza perché vengono raggiunti
dal dono dell’amore salvifico di Cristo; un luogo di profezia perché l’esperienza del dono di
sé nel reciproco amore è un’esperienza umana; un luogo di testimonianza perché
attraverso l’amore concreto invisibile degli sposi cristiani, il mondo viene a contatto col
vero amore che è il centro della novità cristiana e il segno più credibile della morte e
risurrezione di Cristo.
7.5. Nell’attesa delle nozze celesti - un ultimo aspetto è la tensione escatologica: se è vero
che nell’evento di Gesù le nozze si sono compiute, è altrettanto vero che il cristiano è
ancora in attesa delle nozze definitive. Lo sposo non è solo il Messia venuto, ma il figlio
dell’uomo che verrà e quindi la comunità cristiana rimane in attesa. Compiuto l’amore di
Dio per l’uomo, lo sposo per la sposa, ma non ancora compiuto è l’amore della sposa per
lo sposo, dell’uomo con Dio. Le nozze della chiesa con Cristo, così come le nozze
dell’uomo con la donna sono un anticipo del compimento; le nozze definitive e compiute
sono descritte nell’apocalisse.
7.6. Conclusioni - la simbologia nuziale si colloca su due piani (l’amore di Dio e l’amore
dell’uomo) e si sviluppa lungo l’intera storia della salvezza, capace di esprimere tutte le
tappe: l’antica alleanza, l’evento di Gesù, l’esistenza cristiana e il mondo futuro. Tra il
mistero di Dio e il matrimonio c’è una sorta di connaturalità, una reciproca somiglianza.
Cioè possibile perché l’alleanza è il cuore del mistero di Dio e dell’esperienza matrimoniale
e per questo il matrimonio è la parabola del mistero di Dio. Le conseguenze sono: vivendo
la propria esistenza matrimoniale l’uomo apre gli occhi su Dio; la via principale offerta gli
sposi per trasmettere la fede è quella di fare incontrare ai figli l’alleanza di Dio resa visibile
nel loro amore; bisogna ricordare che il grande simbolo del mistero di Dio non è il
matrimonio per se stesso ma l’amore che lo costituisce; l’esperienza matrimoniale deve
rimanere costantemente aperta perché nel contempo gode della compiutezza e geme
nell’attesa. Se l’esperienza matrimoniale si chiudesse in se stessa diverrebbe totalmente
incapace di esprimere la realtà dell’uomo.
8. Alcune note sulla famiglia nell’antico e nel nuovo testamento - tenendo conto dell’uomo
della donna e della loro alleanza, nell’antico nel nuovo testamento tale alleanza viene
considerata come famiglia. La famiglia biblica ha subìto nella sua lunga storia molte
trasformazioni che l’antico testamento individua costantemente nella solidarietà. Quindi la
famiglia è il luogo della solidarietà che si genera nel patto nuziale e che si estende ai figli.
Sempre per l’antico testamento, la famiglia è l’ambiente naturale della trasmissione della
fede. Il quarto comandamento (uno ora tuo padre e tua madre) si distingue dagli altri
comandamenti perché contiene una promessa, è formulato in modo positivo ed è situato
nel punto di passaggio dai comandamenti verso Dio a quelle che regolano le relazioni tra
gli uomini. La famiglia ebraica è ripetutamente invitata ad aprirsi socialmente, ad allargarsi
sino ad includere i poveri e gli orfani. Quando Gesù parla della famiglia, sembra farlo per
mostrare il primato del regno, non tanto per parlare direttamente della famiglia. Il Vangelo
parla di superamento della famiglia, come dato necessario per salvarla. La famiglia
cambia ma la sua essenza resta la stessa: la solidarietà e l’alleanza. Così matrimonio e
famiglia diventano il luogo della verità dell’uomo, di Dio e di Cristo ed anche il luogo
dell’anticipazione del mondo nuovo. C’è la questione però della durezza di cuore
dell’uomo ovvero la chiusura, il rifiuto del dono di sé e qui il regno rompe ogni forma di
chiusura, aprendo la famiglia in verticale e orizzontale.
4. Radici e figure bibliche della solidarietà
1. Il vocabolario biblico della solidarietà - nel vocabolario biblico manca un termine che
equivale alla nostra “solidarietà” ma non manca il concetto. Per l’antico testamento il
termine “alleanza” esprimeva il rapporto di Dio con gli uomini e il rapporto dei membri del
popolo fra loro. Altri termini importanti sono “redenzione” e “riscatto”: simboleggiano il
parente prossimo che interviene in situazioni disperate, ovvero colui che ha un legame di
parentela interviene e risolve la situazione. Così è Dio nei confronti del suo popolo: è il
parente prossimo che viene in aiuto. Ma questi termini non sono del tutto felici e possono
sembrare non evocare la relazione di parentela tra Dio e il suo popolo. La coppia di termini
“giustizia” e “diritto” sono rispettivamente la virtù e la pratica. La prima giustizia verso Dio
poi segue quella verso gli uomini e quindi se si altera il primo rapporto il secondo ne
risente. Esistono espressioni meno importanti che però spiegano molto bene la solidarietà:
essere vicino, fare attenzione, consolare, avere compassione, sopportare e amare. Il
termine “prossimo” significa parente, vicino, straniero, superando il limite della parentela e
dell’appartenenza allo stesso popolo. Nel nuovo testamento i vocaboli della solidarietà
sono numerosi: redenzione, riscatto, riconciliazione, perdono, fraternità, servizio,
comunione, carità. Tutti questi termini descrivono l’agire di Dio. La solidarietà di Dio scorre
sempre in direzione dell’universalità, sia in linea orizzontale (tutti gli uomini) sia in
profondità