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LA CARITÀ
La carità di Gesù
Oltre al segno più evidente di carità, e cioè quello delle guarigioni miracolose, Gesù accoglie le
persone e condivide con loro gran parte della sua vita. Proprio perché rivolta a tutti, la carità è
la speranza teologale più importante in assoluto: si tratta di saper condividere ciò che si ha
con gli altri e di aiutarli per quanto possibile. L’amore che deriva dalla carità ha 3
sfaccettature:
1. Amore di Dio per noi: è la ragione e costituisce il metro di misura per ogni altra forma
d’amore. Si manifesta in ogni azione umana caritatevole: poco importa se nessuno l’hai
mai visto, poiché Lui è presente in ognuna di queste azioni. Ecco perché la carità ha la
qualità di essere trasparente: in ogni azione caritatevole si deve scorgere Dio.
2. Amore dell’uomo per Dio: è la fede e l’accettazione di Dio.
3. Amore tra gli uomini: è la manifestazione materiale dell’amore che deve costituire un
tutt’uno con quello per Dio. L’uno senza l’altro, infatti, non ha più motivo di esistere e
perde di significato.
Tuttavia, la carità come modello di vita è spesso fonte di problemi: chi compie un atto
caritatevole impressionante ma isolato non sconvolge le basi su cui poggia la società
(controllata dai cosiddetti “primi”, cioè i potenti), mentre chi esercita la carità come vero e
proprio stile di vita preoccupa la comunità perché questa sa che è in grado di portare gli ultimi
ad essere primi (sconvolgendo quindi l’ordine attuale di tutte le cose).
La carità dei primi Cristiani
Come scritto negli Atti, i primi Cristiani erano una grande comunità che divideva tutto ciò che
i singoli possedevano, poiché così era giusto fare tra fratelli figli di Dio. Essi erano descritti “un
cuore e un’anima”, a dimostrazione del fatto che la carità coinvolge sia il corpo con l’atto
pratico (cuore) sia lo spirito con l’atto interiore (anima).
La carità degli esordi è ripresa spesso negli scritti di Paolo, in particolare in una lettera ai
Corinzi divisa in 3 strofe:
Prima strofa: Paolo parla di ciò che si può essere e fare, senza tuttavia contare nulla
- perché manca la carità. C’è chi parla molte lingue, ma non comunica realmente; chi fa
miracoli e chi, infine, compie atti di generosità, che però nulla valgono se manca la
carità.
Seconda strofa: entra in scena la carità, analizzata da Paolo per come si manifesta nel
- rapporto con gli altri. Secondo Paolo la carità non si manifesta semplicemente nell’atto,
bensì nell’autenticità della relazione con l’altro. Se un rapporto non è realmente
sentito, l’azione caritatevole non coinvolge, infatti, l’anima. Perché un rapporto sia
vero, occorre saper accogliere l’altro: la carità soddisfa un bisogno, l’accoglienza esalta
la persona stessa (a chi chiede del pane si può donarglielo e salutarlo oppure
accoglierlo in casa e mangiare insieme)! Infine, è bene ricordare che la carità deve
essere sempre gratuita: bisogna saper donare senza aspettarsi qualcosa in cambio o
rimuginando sul fatto che quell’atto sia giusto verso quella specifica persona. Chi si
concentra solo sulla giustizia è una persona corretta, ma che non conosce il Vangelo.
Terza strofa: si ha la contrapposizione tra ciò che è destinato a finire e ciò che invece
- resta. Lo Spirito tanto venerato dai Corinzi è, secondo Paolo, destinato a finire in favore
di Gesù e dell’amore (carità) che ha manifestato. Solo il Cristiano maturo che ha
compreso realmente la figura di Gesù può allora donarsi completamente alla carità.
Allo stesso modo, Giacomo, ricorda nei suoi scritti che la fede si ravviva e ha senso solo
se si manifesta tramite azioni caritatevoli (in caso contrario sono solo belle parole). Si
concentra in particolar modo sulla discriminazione dei poveri a favore dei ricchi: il
Cristiano che vuole davvero essere tale non può permettersi di discriminare!
La verità e la carità
Verità e carità sono inscindibili, poiché entrambe sono parole sinonimiche di Dio (di nuovo
torna il binomio corpo-anima). Infatti, anche Gesù predicava (verità) e donava (miracoli) allo
stesso tempo, compito a cui oggi è chiamata la Chiesa. Lo stesso Gesù, nel parlare alle folle,
compiva un gesto di carità, così come per commentare i miracoli si serviva della verità: sono
quindi due realtà inscindibili e sullo stesso piano d’importanza.
L’OSPITALITÀ E L’ACCOGLIENZA
Mentre oggi si soffre molto di solitudine e lo straniero è spesso mal visto, al tempo di Gesù vi
era diffidenza nei confronti degli stranieri, ma anche più disponibilità ad aiutarli. Ecco due
esempi.
Elia e la vedova povera
Il racconto narra di come il profeta Elia vada a Zarepta in cerca di qualcuno che lo possa
sfamare. Trova allora una vedova e le dice che, per mezzo del signore, la sua farina e il suo olio
non diminuiranno anche dopo che li userà. Protagonista del racconto è la Parola del Signore,
la quale smuove Elia e lo fa incamminare e, allo stesso modo, si manifesta nella vedova che lo
accoglie. Il passaggio ci mostra come chi dona a Dio poi riceve (l’olio e la farina non
diminuiscono per diversi giorni).
Infine, il racconto spiega come anche gli stranieri sono aiutati da Dio (il suo amore è
universale): Elia si reca, infatti, in terra straniera, ma viene comunque accolto e aiutato.
Marta e Maria
Le due sorelle ospitano Gesù in viaggio e ciò indica che non c’è differenza tra accogliere il
prossimo e Dio stesso. Tuttavia, una delle sorelle, Marta, è troppo indaffarata e trascura
l’ospite: Gesù non manca di farglielo notare, dicendole che è più impegnata a servire l’ospite
che a fargli realmente compagnia.
Accogliere doverosamente il prossimo, infatti, è prova di carità e, quindi, è un atteggiamento
di accoglienza anche verso Dio. LA GIUSTIZIA E SOLIDARIETA'
Nella Bibbia la giustizia è un tema molto presente e, prima ancora di arrivare al rispetto delle
norme, se ne parla intendendo il rispetto dell’altro. Così ne parla, per esempio, il profeta
Amos.
Esistono diverse forme di giustizia: la fedeltà verso Dio in risposta alla sua verso l’uomo, ma
anche quella tra uomini. In ogni caso si tratta sempre di rifarsi a come Dio guarda l’uomo: ecco
perché accanto al tema della giustizia è sempre presente quello della solidarietà. Non si tratta
di un mero rapporto di dare e ricevere, bensì si ha anche una considerazione generale
dell’evento: se il debitore è un povero, il creditore dovrà avere pietà. Così facendo sarà
riconosciuto migliore agli occhi di Dio. Allo stesso modo Dio si è fatto carico dell'uomo e del
suo problema di giustizia.
Il profeta, all’interno degli uomini, è colui che si occupa di riconoscere e distinguere
l’ingiustizia (che soffoca la libertà) dalla giustizia: smaschera la falsità dietro il culto e
l’ingiustizia dietro il benessere. È necessario ancora una volta essere universali e, soprattutto,
prestare un occhio di riguardo maggiore nei confronti dei deboli e degli oppressi, che più
hanno bisogno di giustizia. Chi compie un torto verso loro (ma anche verso gli altri) lo compie
a Dio: se la Terra è di Dio e gli uomini possono rubarne un pezzo agli altri, allora questi è come
se frodassero Dio stesso (ecco perché la giustizia è universale e si manifesta solo nel rapporto
con l'altro).
L'uomo che perpetra la sua ingiustizia è quindi soggetto all'ira di Dio, che semplicemente si
limita ad abbandonarlo: come un edificio senza fondamenta, così l'uomo si accorge allora di
crollare (ma è stata una sua scelta). Tramite l'ingiustizia, infatti, l'uomo compromette le
relazioni con gli altri e, di conseguenza, con Dio stesso. Questa ingiustizia giustificata è spesso
causata dall'eccessivo peso dato alla materialità: la Bibbia non dice che è sbagliato cercare
cibo e abiti (beni primari), bensì è errata l'eccessiva bramosia e smania di avere, anche a
discapito dei propri fratelli. Così facendo, infatti, l'uomo perde di vista l'obiettivo più
importante: la sicurezza e la serenità, ottenibili tramite un sano rapporto con Dio e con gli
altri (tutto il resto arriverà di conseguenza).
A tal proposito è utile citare il discorso delle beatitudini, in cui Gesù sostiene che gli uomini
devono essere assetati di giustizia, cioè di Dio stesso.
LA CONVERSIONE
Esiste anche una conversione cui è chiamata la persona giusta: è il cambiamento del proprio
modo di pensare alla giustizia e, quindi, a Dio. Spesso, infatti, le buone azioni sono marcate
dalla distanza dell'esecutore verso il beneficiario: il primo dona perché ha la potenza di un
padrone, il secondo riceve perché in fondo è un servo.
Si può prendere ad esempio la parabola del "Figliol prodigo": il fratello maggiore che resta a
casa si sente indispettito quando al fratello minore sono riservati tutti quei festeggiamenti.
Non capisce, infatti, perché si debba allora rimanere fedeli, non riuscendo a capire però che
quello che è tornato è suo fratello!
La vera conversione a cui sono chiamati i giusti riguarda l'aspetto teologico: considerare Dio
al primo posto. LA PRUDENZA
Nella Bibbia il termine "prudenza" è sinonimo di "accortezza nel capire la situazione": è una
qualità attiva, poiché non basta capire passivamente, bensì bisogna poi anche mettere in
pratica quanto appreso da Dio attraverso il dialogo con gli altri.
Prudenza è anche sinonimo di "vigilanza": il Signore può manifestarsi in ogni momento, ma
sta a noi essere vigili e cogliere i segnali. È come in quella parabola delle 10 fanciulle che
aspettano lo sposo: 5 prendono lampade e olio, mentre le altre 5, che non usano l'accortezza,
prendono solo le lampade. Se però il segnale di Dio tarda ad arrivare, ecco che le lampade non
servono a niente senza l'olio per accenderle.
Il termine è spesso accompagnato dall'aggettivo "semplice", che non significa "ingenuo", bensì
"integro, tutto d'un pezzo": la persona prudente (intelligente), dopo aver a