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PIU’?».
Bisogna capire le dinamiche che si alimentano tra migranti e comunità accogliente, senza
condannarle; non serve solo la mediazione culturale, ma interventi integrati, strumenti e azioni a
livello micro-locale.
Inoltre, bisogna aiutare la comunità ad elaborare il lutto per ciò che si è perso e costruire una
nuova convivenza , diversa dal passato, assumendosene i rischi.
Il fattore fondamentale della comunità è la CONDIVISIONE. Esistono due livelli di
condivisione dai quali nascono due tipi di comunità:
CONDIVISIONE BASATA SULLA PRESUNZIONE DI UGUAGLIANZA(
1. comunità/1) : si basa sulla convinzione che per stare insieme e fare
comunità, bisogna essere UGUALI; e le differenze, anche se ci sono, non
vengono riconosciute né valorizzate.
CONDIVISIONE CHE RICONOSCE E VALORIZZA LE DIVERSITA’ all’interno della
2. stessa comunità: in questo caso ci siamo noi (comunità/1) e gli altri diversi
da noi (altra/e comunità/1). Noi e loro insieme diamo vita a una stessa
comunità (comunità/2).
Il passaggio dalla comunità/1 alla comunità/2 è fondamentale per evitare la
strutturazione di gruppi coesi al loro interno, ma chiusi verso l’esterno.
La condivisione porta ad avere LEGAMI: questi danno SICUREZZA, ma al tempo
stesso limitano la libertà individuale. Sono una RISORSA (e questo ci piace), ma
anche un VINCOLO.
Oggi la condivisione che è alla base per una buona convivenza è fragile, c’è
sempre meno rispetto reciproco e il bene comune viene delegato alle istituzioni,
mentre ciascuno si occupa dei propri affari.
Il rispetto deve essere visto come un VALORE PERVASIVO, altrimenti si riduce a
SERVILISMO verso chi è più potente.
La PARTECIPAZIONE è al tempo stesso obiettivo e strumento delle
politiche.
È chiara l’esigenza di ricercare un rapporto nuovo fra cittadini e
istituzioni attraverso la partecipazione che potenzia la capacità di
azione intenzionale e consapevole degli attori della comunità.
La partecipazione può rivelarsi un’esperienza di crescita personale e
di sviluppo di comunità; un’opportunità di apprendimento e di
scambio fra coloro che partecipano, utile per ampliare e
approfondire relazioni, per superare stereotipi e pregiudizi, per
imparare il rispetto reciproco, per sostenere la comunicazione, la
mediazione, l’assunzione collettiva di responsabilità rispetto agli
interessi comuni.
Generare RELAZIONALITA’ non è compito specifico di un
particolare servizio o istituzione, ma è un compito trasversale, un
impegno di tutti che deve tradursi in azioni concrete, coerenti e
non episodiche.
Bisogna restituire un senso all’ ABITARE, per valorizzare il luogo in
cui si vive. Abitare, infatti, significa condividere un territorio, le sue
dinamiche, i suoi problemi.
Ci vogliono sempre più strategie di intervento per una buona
convivenza:
per prima cosa è importante coinvolgere i residenti come
DESTINATARI e come ATTORI e non solo come destinatari;
In seguito è necessario coinvolgere tutti gli attori del territorio
(servizi, imprese, terzo settore) per un’impresa sinergica.
Oggi si avverte l’esigenza di una figura di operatore che faciliti le
connessioni fra cittadini e servizi e sappia mettere le persone in grado
di partecipare e di assumersi responsabilità.
Le funzioni essenziali di questo operatore possono essere:
Facilitare l’accesso dei cittadini ai servizi
Facilitare la comunicazione e la collaborazione tra servizi
Sostenere percorsi di «community organizing»
Facilitare l’attivazione di servizi di prossimità e di forme di
autopromozione della comunità
Facilitare il rapporto tra cittadini e istituzioni, la collaborazione e la
partecipazione dei cittadini
Svolgere una funzione di mediazione dei conflitti a livello locale.
Secondo Natoli gli uomini si aiutano a vicenda perché poi si aspettano
inconsciamente aiuto, ma potrebbe anche essere che si aiutano perché si vogliono
bene.
Si parla di ETICA come originarietà e imprescindibilità del legame tra gli uomini
(posto nella costituzione del nostro essere uomini).
L’ etica è il riconoscimento di questo legame.
Ma l’uomo è anche spietato e non solo pietoso; nonostante ciò, è la pietà che ha
fatto si che il mondo si conservasse , avendo così la meglio.
Per quanto riguarda poi la dimensione originaria del legame, non si può certo
ignorare come in ogni essere umano non manchino spinte all’autoaffermazione e
come queste possano rivelarsi distruttive e antisociali. Anche in questo caso il
legame originario è imprescindibile , perché è impossibile esistere da soli.
Secondo Natoli in un «rapporto IO-TU» c’è un richiamo ad un coinvolgimento sul
piano personale e quindi di responsabilità verso l’altro. L’altro lo si può distruggere,
respingere, odiare o prendere in custodia, cioè farlo essere il più possibile quello
che è. L’etica è proprio questo prendere in custodia l’altro che ho chiamato ad
esistere tramite la nascita (la mia presa in custodia è condizione della sua
esistenza). E se la nascita è questa chiamata, l’altra faccia di questa chiamata è la
risposta, cioè la RESPONSABILITA’. Ma la risposta è anche uno spazio di LIBERTA’,
infatti la custodia può essere rifiutata.
La dimensione della custodia si collega a quella della GIUSTIZIA. L’esistenza
dell’altro mi responsabilizza e mi chiede una relazione di giustizia, nei suoi
confronti si potrà essere giusti o ingiusti. Per fare il bene dell’altro, però,
mi devo mettere dal punto di vista dell’altro, altrimenti sto facendo il «mio
bene».
Una tale concezione di giustizia non può che sfociare nell’ AMORE: se non
amo l’altro, non posso neanche essere giusto, perché non riconosco il suo
bene.
Osservando le condotte umane, dobbiamo distinguere fra quelle che
potremmo definire dinamiche di SIMPATIA e di INTERESSE e vere e proprie
dinamiche di DONO. Questo significa che: se la situazione è sgradevole,
tipo una malattia, mi identifico con il soggetto perché vorrei essere aiutato,
ma se il soggetto ha successo, allora in questo caso il soggetto diventa un
competitore e quindi mi identifico con la situazione e non con il soggetto. È
qui che emerge l’ EGOISMO.
Fortunatamente, però, accanto alle dinamiche di simpatia, troviamo anche
autentiche dinamiche di dono e gratuità. Il dono sta nel condividere la
«GIOIA», nel sacrificarmi per l’altro, perché nella sua libertà io cresco.
Oggi, secondo Bauman, siamo nel tempo della «MODERNITA’ FLUIDA»: la
modernità delle reti, dei flussi, dell’incertezza, della non prevedibilità. Con la
fine della modernità solida, infatti, tutte le città sembrano abitate da sentimenti
di PAURA, INQUIETUDINE e PROFONDA VULNERABILITA’.
Nella società odierna è in corso un divorzio tra POLITICA e POTERE; e ciò che
sperimentiamo come risultato di tale divorzio è un senso di INSICUREZZA
ESISTENZIALE che investe ogni ambito della nostra vita: professionale,
economico, familiare e sociale.
Ebbene tutto questo crea un clima di insicurezza diffuso che è alla base anche
del senso di allarme nelle città.
Inoltre, oggi, l’assenza di istituzioni potenti ed efficaci spinge le persone a
ricercare SOLUZIONI INDIVIDUALI e quindi a ritirarsi nel privato, mostrando
diffidenza verso lo spazio pubblico.
Gli individui finiscono per ritrovarsi uniti solo nel difendersi da una minaccia che
incombe e che spesso ha il volto dello straniero, del profugo, del povero.
L’insicurezza contemporanea allunga le sue radici nello spazio globale; per
questo non la si può affrontare aumentando la sicurezza personale degli
individui o potenziando la protezione dei loro beni.
Secondo Bauman non esistono soluzioni locali a problemi prodotti su scala
globale, ma le città si aspettano questo e ciò genera ansia, conflitti,
competizione…
Le città di oggi, infatti, sono discarica di problemi prodotti a livello globale:
l’inquinamento, il terrorismo, la sanità scadente, le massicce migrazioni.
Un altro tema affrontato da Bauman è quello della MIXOFILIA e della
MIXOFOBIA.
La mixofilia è il piacere di stare in mezzo ad estranei. Ma forse troppi stranieri,
troppe sorprese, troppi eventi inattesi alla lunga stancano, per cui si preferisce
stare con persone uguali a noi; questa è l’altra faccia della medaglia, la
mixofobia.
Mixofilia e mixofobia sono i prodotti naturali della coabitazione, e per questo è
impossibile eliminarli, perché fanno parte della convivenza urbana.
Questa tendenza a voler stare con persone uguali a noi si rispecchia anche nelle
città e soprattutto nelle grandi metropoli attraverso il fenomeno della
GHETTIZZAZIONE. Esistono due forme di ghetto:
GHETTO VOLONTARIO: raccolgono cittadini che si barricano in comunità
1. chiuse, sorvegliate con guardie armate e circondate da alte mura.
GHETTO INVOLONTARIO: sono aree in cui persone diseredate sono
2. costrette a stare e da cui non possono uscire.
Infine Bauman parla di città come LABORATORIO di nuove
relazioni, di modi alternativi di vivere insieme, di nuove abilità
sociali.
Quando, infatti, uno scontro che sembra minaccioso come, ad es.
quello tra civiltà occidentale e civiltà islamica, si trasforma in una
discussione tra vicini, è più facile trovare una negoziazione.
Secondo Bauman, quindi, l’unico modo per una buona convivenza
con le diversità è la CONVIVENZA URBANA che consente il dialogo.
Amerio nel suo libro parla di «COMUNITA’ DI MASSA» mettendo insieme due
concetti che hanno significati contrapposti.
«COMUNITA’» significa stare insieme e in questo stare insieme la SOCIALITA’ ha
un peso notevole come lo hanno le relazioni tra le persone.
Al contrario il concetto di «MASSA» evoca uno stare insieme di tanti individui
singoli e soli. Nella massa gli individui si spersonalizzano, fanno tutti le stesse cose.
Questa definizione un po’ provocatoria ci aiuta a cogliere in modo efficace gli
aspetti contraddittori della condizione umana e della vita sociale del nostro
tempo.
Secondo Ameri un essere umano diviene un SOGGETTO quando è riconosciuto
autore in prima persona del prop