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TRADIZIONE GRECO CLASSICA
o Da essa nasce l’dea di isonomia, intesa come “eguaglianza di fronte alla legge”.
MA la polis, la Città-‐Stato greca era il regno della differenza (il mondo antico era un
mondo di profonde diseguaglianze) (uomini e schiavi, barbari e greci, ecc…) e i grandi
autori classici in genere non parlano di uguaglianza. Questo perché la polis era
concepita organisticamente come un intero complesso, composto di parti funzionalmente
separate e differenziate (questa concezione deriva da “holon”, cioè il tutto come intero,
dove la somma delle parti non costituisce il tutto, perché la disposizione e la gerarchia
delle parti sono molto importanti; concetto che si differenzia da “pan”, inteso come
tutto come un mucchietto di sabbia, dove i componenti sono indistinguibili, cioè sono
identici). Concettualizzando la polis come un holon, il mondo antico concepisce lo
stesso ordinamento giuridico come un holon, un qualcosa dove al suo interno non ci
può essere uguaglianza. Il sistema classista della Repubblica di Platone, che ammette
tre differenti caste gerarchicamente ordinate (persone d’oro, d’argento e di bronzo) è
solo l’esempio più famoso.
Aristotele però arriva a cambiare questo modo di pensare. L’allievo di Platone compie
un passo avanti in direzione contraria al pensiero del suo maestro (ma come sappiamo
a volte basta poco, effetto butterfly, per sconvolgere le cose): egli sostiene
naturalmente che la polis è un holon, ma contemporaneamente diche che una certa
uguaglianza salva le polis, cioè
nella polis ci sono dei cittadini, le cui differenze non
contano (anche se esistono) in quanto cittadini, quindi l’eguaglianza è situata nel cuore
politico della polis. Essa costituisce una sorta di rettangolo magico, dove chi vi entra
può godere pienamente di diritti politici di cittadinanza (se uno entra nel rettangolo
cadono tutte le differenze). All’interno di tale perimetro regna l’uguaglianza, perché le
differenze sono irrilevanti nel corso di una deliberazione, di una votazione, di un
procedimento giudiziario. All’esterno del perimetro invece regna la diseguaglianza.
E’ vero che questi diritti concessi solo ai cittadini sono per pochi (per un’elite), ma in
questo modo viene sancito il principio che è possibile acquisire lo status dove le
differenze non contano.
La storia ci insegna che ci sono state lotte per l’inclusione entro quel perimetro: le
suffragette che si gettavano sotto gli zoccoli di Ascott per rivendicare il diritto di voto
per le donne.
Isonomia dunque come la prima base filosofica della moderna uguaglianza davanti alla
legge (esistono sì le differenze ma queste non sono giuridicamente rilevanti).
TRADIZIONE EBRAICO-‐CRISTIANA
o Il modello aristotelico e più in generale l’antichità classica, interpreta l’unità politico
giuridica come qualcosa di naturale e di sottoposto quindi alle leggi di natura. E
l’andamento dell’ordinamento giuridico della polis è circolare: si passa da una forma di
governo ad un’altra e al limite si suppone che si tornerà alla prima forma di governo,
quella di partenza (idea dell’anaciclosi).
MA è possibile elaborare anche una nozione di mutamento politico differente: la
rivoluzione, ad esempio, è un mutamento che non avviene entro uno schema circolare,
è uno spostamento verso il nuovo che è sconosciuto.
Michael Walzer afferma che tutti grandi rivoluzionari hanno sempre fondato le loro
radici ai concetti elaborati dalla tradizione ebraico-‐cristiana, soprattutto sul viaggio
verso il nuovo, che costituisce il grande tema del libro dell’Esodo (esso è estraneo
all’antichità che ha sempre conosciuto solo grandi spostamenti o grandi viaggi con
un’andata ed un ritorno, cioè sempre circolari, si veda il più famoso l’Odissea).
L’impresa di Mosè invece si compie attraverso un percorso lineare (la marcia nel
deserto) e rappresenta il paradigma di un mutamento politico radicale non ciclico.
Il viaggio in linea retta, il cambiamento irreversibile è la rivoluzione nonché il passaggio
da uno stato di oppressione a uno stato di libertà sotto le leggi di Dio, e si nota come in
questo modo l’unità politica non si forma più in modo naturale ma in modo artificiale
(attraverso il patto fra gli uomini e Dio, il punto più importante dell’Esodo).
Mentre nella mitologia classica gli dei non erano in fin dei conti così distanti dagli
uomini (gli dei prendevano sovente forma umana e l’aspirazione a uno status di divina
immortalità non era preclusa agli uomini); il Dio della tradizione ebraico-‐cristiana è un
Dio unico e trascendente (la differenza fra creatore e creature è forte e si sente) e di
fronte alla trascendenza divina tutti gli uomini sono eguali. Così si giunge a alla
seconda forma di uguaglianza: l’uguaglianza teologica, degli uomini di fronte a Dio e
questo non perché Dio è un giusto giudice, ma perché di fronte a lui le differenze
divengono irrilevanti.
MA a differenza della tradizione greca-‐classi