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L’Impero asburgico si affermò come il fulcro dell’equilibrio continentale ed uscì dal congresso più forte
e compatto. La perdita del Belgio e del Lussemburgo – che, uniti all’Olanda, formarono il Regno dei Paesi
Bassi – fu compensata dall’acquisto del Veneto – unito poi alla Lombardia nel Regno Lombardo-Veneto – e
dal riconoscimento di un ruolo egemone sull’intera penisola italiana. Qui la maggior novità era rappresentata
oltre che dalla scomparsa delle antiche repubbliche (Genova, Venezia e Lucca), dall’egemonia austriaca, resa
possibile da una serie di legami militari e dinastici con gli altri Stati della penisola. Sul trono granducale di
Toscana era tornato Ferdinando III di Asburgo-Lorena; a Maria Luisa – ex imperatrice dei Francesi – fu
assegnato a titolo vitalizio il Ducato di Parma e Piacenza; il Ducato di Modena e Reggio andò a Francesco IV
d’Asburgo-Este. Anche lo Stato pontificio dovette consentire all’Austria di mantenere le guarnigioni a Ferrara
ed a Comacchio. L’unico fra gli Stati italiani a mantenere una certa autonomia era il Regno di Sardegna,
ingranditosi con l’acquisto di alcuni territorî della Savoia e soprattutto con quello della Liguria.
La Gran Bretagna non accampò pretese territoriali sul continente. Si preoccupò piuttosto di assicurare
in Europa un equilibrio tale da impedire l’emergere di nuovi ambizioni egemoniche, oltre che di consolidare
la sua posizione di massima potenza marittima sia nel Mediterraneo – dove acquistò Malta – sia sulle rotte
asiatiche, dove particolarmente importante fu l’acquisto del Capo di Buona Speranza e dell’isola di Ceylon.
A questo punto i capi delle grandi potenze cercarono di approntare gli strumenti diplomatici e militari
atti a garantire la conservazione degli equilibrî interni ed internazionali usciti dal congresso di Vienna. Il più
importante di questi strumenti fu la Santa Alleanza, una sorta di accordo personale fra i tre sovrani di Russia,
Austria e Prussia. A questo pattò non v’aderì la Gran Bretagna, il cui primo ministro Castlereagh si fece però
promotore di una secondo trattato, la Quadruplice alleanza, che impegnava i contraenti a vigilare contro
possibili tentativi di rivincita da parte della Francia.
In questo modo nasceva così il “concerto europeo”, ossia un dialogo costante fra le grandi potenze euro-
pee.
3. La Restaurazione politica
A seconda dei paesi, la Restaurazione ebbe caratteri ed intensità diverse. La Gran Bretagna vide crescere
la prevalenza dell’ala destra del partito conservatore, quella dell’aristocrazia terriera e dell’alto clero anglicano.
tory
Il dominio della destra si tradusse in una politica tutta rivolta a favorire gli interessi della grande
proprietà terriera, ma questa politica inaspriva le tensioni sociali, spingendo in alto il costo della vita. In
questo modo, in seno alla stesso partito, si venne affermando un’ala liberal-moderata che faceva capo a
George Canning.
Nei più importanti Stati dell’Europa continentale la Restaurazione si risolse nella conferma del vecchio
assolutismo settecentesco, seppur temperato da qualche iniziativa riformatrice, ma ben bloccato verso qual-
siasi evoluzione in senso liberale. La Restaurazione assunse forme particolarmente dure in Spagna, dove il re
Ferdinando VII si affrettò ad abrogare la costituzione di Cadice del 1812, mettendo in atto una durissima
repressione nei confronti delle correnti liberali. Regimi a base parzialmente rappresentativa furono invece
mantenuti nel Regno dei Paesi Bassi ed in alcuni Stati della Confederazione germanica, oltre che in Svezia,
Danimarca e Svizzera.
Il caso più significativo della Restaurazione “morbida” fu certamente quello della Francia. Il nuovo re Luigi
XVIII promulgò infatti una costituzione che proclamava l’uguaglianza di tutti i Francesi dinnanzi alla legge,
garantendo – seppur con qualche limitazione – le libertà fondamentali e prevedendo un Parlamento bicame-
Charte
rale. La Carta era presentata come una graziosa concessione del re ai suoi sudditi: si parlava infatti di
octroyée , ossia elargita. Il suo contenuto liberale era ulteriormente limitato dagli scarsi poteri di cui godeva
la Camera dei deputati, sia dal carattere restrittivo della legge elettorale, basata ancora sul censo: in pratica
godevano di tale diritto solo i nobili ed i ricchi, non più di centomila cittadini maschi su un totale di quasi
trenta milioni di abitanti. Fu inoltre garantita l’inviolabilità di tutte le proprietà vecchie e nuove.
Una simile moderazione scontentava naturalmente i legittimisti più intransigenti, soprattutto gli emigrati
che, tornati in patria, si aspettavano di ritornare pienamente in possesso dei loro beni e di riprendere gli
Ancien Régime
antichi usi feudali: in generale, tutti coloro che sognavano il ritorno puro e semplice all’ furono
ultras
definiti ultrarealisti (o ). 5
ultras
Nelle elezioni del 1815 gli riuscirono a conquistare una larga maggioranza e crearono non pochi
problemi all’indirizzo moderato del re, il quale fu così indotto a sciogliere la Camera dopo pochi mesi. Nelle
ultras
successive elezioni del ’16 gli furono fortemente ridimensionati, quando prevalsero i costituzionali
moderati e quando fece la sua comparsa un’opposizione di sinistra. La ripresa dell’attività rivoluzionaria ad
opera dei gruppi clandestini mise però in crisi il gruppo dirigente moderato e restituì spazio alla destra
legittimista. Questa segnò un punto decisivo a suo favore nel 1824, con la morte di Luigi XVIII e l’avvento al
ultras
trono del fratello Carlo X, capo riconosciuto degli .
In Italia, la Restaurazione dei vecchi Stati e delle vecchie dinastie comportò un rallentamento del processo
di sviluppo civile. Nel Regno di Sardegna il re Vittorio Emanuele I abrogò in blocco la legislazione napoleonica
e riportò in vigore le discriminazioni religiose contro i Valdesi.
Nello Stato della Chiesa la relativa moderazione di papa Pio VII e del segretario di Stato cardinal Consalvi
si scontrava con la linea di pura restaurazione teocratica sostenuta dall’ala intransigente del collegio cardi-
nalizio (gli zelanti) e della ricostituita (nel 1814) Compagnia di Gesù. La linea intransigente finì così col
prevalere.
Simile era la situazione del Regno di Napoli, dove la linea moderata del primo ministro Luigi de’ Medici
dovette misurarsi con le tendenze reazionarie di re Ferdinando I. Grazie soprattutto all’appoggio del governo
austriaco, il primo ministro riuscì per qualche tempo a portare avanti la sua politica ispirata ai principî del
dispotismo illuminato settecentesco. La legislazione antifeudale fu mantenuta ed estesa anche alla Sicilia. Lo
Stato fu unificato dal punto di vista amministrativo quando assunse il nuovo nome di Regno delle due Sicilie
(1816).
Le cose andavano meglio nei territorî direttamente amministrati dall’Austria e negli Stati minori del
centronord da essa controllati. In Toscana il granduca Ferdinando III ed i suoi ministri si riallacciarono alla
miglior tradizione dell’assolutismo illuminato.
Una miscela di autoritarismo e di buona amministrazione caratterizzò la dominazione austriaca nel Lom-
bardo-Veneto. La Lombardia, la regione più economicamente avanzata d’Italia, poteva contare su ampie zone
di agricoltura moderna e su alcuni nuclei di industria, aiutata da una rete di comunicazione interna abba-
stanza efficiente. Anche il sistema d’istruzione pubblica era relativamente progredito. Lo stretto controllo
esercitato dall’autorità austriache favorì pure una vivace attività culturale, che vide una significativa, ma
breve, esperienza nella rivista “Il Conciliatore”, espressione delle correnti liberali e patriottiche lombarde.
4. Gli aspetti sociali della Restaurazione
La Restaurazione non interruppe completamente quel processo di crescita della borghesia e di emanci-
pazione dai vincoli feudali, che divenne tuttavia più lento e contrastato. Nei paesi che avevano conosciuto la
dominazione napoleonica, le aristocrazie tornarono ad occupare tutti i posti chiave nei governi, nella diplo-
mazia, negli alti gradi della burocrazia e delle forze armate. Le più importanti innovazioni giuridiche intro-
dotte nel periodo napoleonico furono in gran parte mantenute. Ma la borghesia dell’industria e del commercio
fu ugualmente danneggiata dalle politiche dei governi volte a favorire la proprietà terriera.
I diritti feudali erano stati aboliti, almeno sulla carta, in buona parte d’Europa e, salvo eccezioni, non
furono ripristinati. Tuttavia in vaste regioni del continente – a parte il caso-limite della Russia, dove la servitù
della gleba costituiva ancora il fulcro dell’ordine sociale – i contadini erano ancora legati da obblighi feudali
e da vincoli di dipendenza nei confronti dei signori: questa era la situazione di buona parte dell’Europa
dell’Est. Nelle zone orientali della Confederazione germanica l’emancipazione di realizzò gradualmente, attra-
verso una serie di riforme che concedevano ai contadini la libertà di emigrare e di acquistare terre e trasfe-
rivano alle autorità statali i poteri relativi alla polizia ed all’amministrazione della giustizia, precedentemente
esercitati dai signori feudali. Nell’Europa del Sud la defeudalizzazione fu più rapida, ma non intaccò se non
in minima parte le tradizionali gerarchie sociali né modificò la struttura della proprietà terriera, caratterizzata
dalla persistenza del latifondo e della grande proprietà ecclesiastica.
Molto diversa era la situazione in Francia e nei paesi vicini passati attraverso la dominazione napoleonica:
le regioni occidentali della Germania, i Paesi Bassi, l’Italia settentrionale. In queste aree la rivoluzione anti-
feudale si era compiuta in modo irreversibile e la borghesia aveva aumentato considerevolmente la sua quota
di partecipazione alla proprietà della terra. La vendita di terre già appartenenti al clero ed alla nobiltà non
aveva in genere avvantaggiato i piccoli coltivatori ed i contadini senza terra, ma era servita soprattutto ad
incrementare la grande proprietà borghese. La piccola proprietà contadina fu invece complessivamente dan-
neggiata dalla legislazione napoleonica, che favorì lo spezzettamento dei terreni.
Occorre tener a mente che la fine dei rapporti feudali significò non solo la liberazione dei contadini da
una serie di gravami e di servitù nei confronti dei signori, ma anche lo scioglimento dei signori dai tradizionali
doveri di tutela e di assistenza nei confronti dei contadini e delle loro terre. L’Europa continentale cominciava
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