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Lo sviluppo di una specifica iconografia costituì un supporto alla venerazione dei santi. Esso si impose dal IVsec,
in concomitanza con la diffusione del culto dei martiri e delle reliquie, e rappresentò l’ultima tappa di un
processo di emancipazione dalle norme che vietavano la fabbricazione e culto delle immagini, e alle quali si
attennero i Padri della Chiesa fino alle soglie dell’età costantiniana.
A questa tendenza se ne oppose, dal IIIsec, un’altra più liberale che non escludeva l’uso delle immagini, tanto
più ad uso devozionale, nei confronti dei cattolici che ammettevano raffigurazioni del Buon Pastore sui calici.
Eusebio di Cesarea, nella sua sorella di Costantino, si dimostra contrario al culto delle
Lettera a Costanza,
immagini del Salvatore, e più tardi Epifanio di Salamina racconta di aver distrutto in una chiesa di Palestina una
tenda su cui era dipinta l’immagine del Cristo. Ma sono voci isolate, più numerosi sono i Padri che nella stessa
epoca accennano a immagini senza disapprovarle. Prima del secIV solo personaggi dell’At e NT(Pietro e Paolo
spesso associati, Maria..)avevano cominciato ad essere rappresentati.
Durante le persecuzioni non si sviluppa una precisa iconografia dei martiri, un’immagine che ricorre nelle
catacombe e sui sarcofagi è quella anonima dell’orante, la raffigurazione frontale di una persona a braccia
aperte nel gesto rituale della preghiera a capo scoperto, che rappresentava l’anima sciolta dai legami del corpo
alla presenza della gloria divina.
Altra forma di rappresentazione dei martiri è quella che li caratterizza per la corona che portano nella mano
tesa verso il Cristo, o incoronati dalla mano di Dio(in san Vitale a Ravenna,Vsec)quando non già con la corona
posta sulla testa della loro figurazione a mezzo busto(cappella di s.Vittore in s.Ambrogio a Milano, Vsec). Se
questa rappresentazione riprende il motivo della premiazione dei vincitori dei giochi del circo, è una tradizione
cristiana quella del martire che porta la croce, come in S Lorenzo nel Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.; qui
il martire porta l’aureola che poi sarà insegna dei santi e angeli. Nella scena della natività dei mosaici dell’arco
di S Maria Maggiore a Roma portano l’aureola l’infante Gesù e gli angeli, ma non Maria.
Un altro tipo di rappresentazione è quella in cui il martire introduce i fedeli nel Paradiso(catacomba di Domitilla
a Roma,IVsec)o esprime la protezione sui devoti. In seguito i martiri saranno identificabili mediante gli
strumenti di tortura del loro martirio.
La vergine Agnese già nei mosaici di sant’Apollinare Nuovo a Ravenna è accompagnata da un agnello, il cui
nome latino, richiama il nome della martire quanto la virtù della purezza, in greco I santi non
agnus, hagnè.
martiri si identificano per la categoria di appartenenza(monaci, vescovi, vergini o vedove)per le vesti che
indossano:saio e cappuccio per i primi, paramenti sacerdotali e capo scoperto per i secondi, velato per le terze.
Gli apostoli quando sono in gruppo sonosolitamente12, ma a volte il numero cresce, con l’inclusione degli
evangelisti, come Luca e Matteo, o d personaggi della prima generazione cristiana. Pietro si afferma con una
caratterizzazione precisa, con capelli corti e barba bianchi; Andrea con capelli scomposti e barba castani o
bianchi. Il modello iconografico in queste raffigurazioni è il filosofo antico, spesso con rotolo o libro tra le mani.
Esistono anche rappresentazioni simboliche degli apostoli sotto forma di12colombe, o di 12agnelli(S.Apollinare
in Classe).
Un richiamo ai racconti evangelici è quello del gallo vicino a Pietro in S Apollinare Nuovo a Ravenna. Gli
evangelisti sono individuati in4cherubini o raffigurati a mezzo busto, e spesso con un codice tra le mani.
Maria, dopo il concilio di Efeso che la proclamò madre di Dio, compare in posizione centrale nelle chiese,
nell’abside o sull’arco trionfale, sempre con Gesù tra le braccia.
Articolata è la rappresentazione degli angeli; appaiono di fattezze giovanili e belle, i piedi nudi o calzati,
accompagnano Cristo, Maria o la croce; le ali con cui sono raffigurati, dal VIsec, indicano la loro funzione di
messaggeri divini.
Il culto delle immagini è un fenomeno che segue solo di poco l’uso che di esse si fece nella decorazione di
luoghi di culto e su oggetti devozionali, forse le prime immagini ad avere un culto siano state quelle della croce,
e alcune del Cristo e di Maria che furono considerate “archiropite”, “fatte non da mano di uomo”, e per ciò
oggetto di devozione particolare.la presenza di immagini di santi presso le loro reliquie ha favorito l’estensione
del culto dalle reliquie alle immagini dei santi, in virtù di una teologia orientale che tendeva a vedere in esse la
presenza misteriosa del santo.
Dalla metà delVsec Teodoreto di Ciro racconta che a Roma si trovavano in luoghi pubblici immagini di Simeone
stilita su colonne, per custodia e protezione.
Una eredità per i secoli a venire
Che il culto dei santi non martiri rappresenti il prolungamento di quello dei martiri in un’epoca in cui erano
cessate le persecuzioni, dà conto delle radici cristiane di questa nuova forma di spiritualità e sviluppatasi
ulteriormente fino ad oggi: l’acquisizione di questo dato ha costituito un’obiezione a chi aveva voluto vedere
nel culto dei santi una continuità del politeismo e del culto degli eroi.
Qualcosa di nuovo è avvenuto tra la fine delIII e l’inizio del IV sec: alla fase di organizzazione del culto dei
martiri, segue a distanza di un secolo la grande esplosione del culto dei santi, che i estende ai non martiri,
prevede un’articolazione liturgica, forme di devozione specifiche come il culto delle reliquie e i pellegrinaggi, la
messa in rilievo dell’attività taumaturgica del santo, in vita e post-mortem e la funzione di patrono che egli
assume.
Queste nuove funzioni vengono incontro nel mondo tardoantico ai bisogni di una società in trasformazione: il
culto dei santi non si impone tanto per le sue motivazioni teologiche, quanto per quelle nuove funzioni che il
santo ha assunto a partire dal Sec e riconducibili sotto il capitolo dell’intercessione e del patronato, ivi
compresa la taumaturgia. Il santo costituisce un patrono celeste rispetto al patronus del mondo tardoantico,
avendo rispetto a quest’ultimo l’essere stato più vicino a Dio in vita per le sue virtù, mentre il suo corpo
costituisce il segno della sua presenza tra gli uomini..
I martiri e santi non martini hanno rappresentato nell’immaginario cristiano la piena realizzazione dell’ideale di
santità che originariamente si riteneva di tutti i cristiani.
Per comprendere il fenomeno dell’affermazione e fortuna del culto dei santi nel mondo tardoantico, si deve
tener conto dello sviluppo delle forme di pietà e di devozione, dei remoti presupposti teologici e delle
successive rielaborazioni. 2
La strutturazione della cristianità occidentale
Sofia Boesch Gajano
Nuovi spazi e nuove strutture
Con il secVI si avvia una nuova fase storica, che vede modifiche territoriali. Dopo il tentativo di Giustiniano di
ricostruzione territoriale dell’Impero nella dimensione mediterranea e di riaffermazione di un potere fondato
sulla tradizione giuridica romana, si assiste a un’accelerazione dei processi di differenziazione tra Oriente e
Occidente. Sono diversità di alcuni fondamenti teologici, in merito alla natura di Cristo circa l’iconoclastia;
problemi circa il primato delle sedi di Roma e Costantinopoli; la diversità culturale, resa evidente dalla
dicotomia delle lingue latino/greco.
Rilievo assume il problema del culto delle immagini dei santi e della Vergine, denso di conseguenze per i
rapporti tra Chiesa di Roma e l’impetratore di Bisanzio. La varietà di posizioni emerse in ambito occidentale e
orientale permette di osservare che, anche nella differenziazione, non si possa parlare di una netta separazione
fra cristianesimo orientale ed occidentale quanto di una progressiva costituzione di un confine mobile e
largamente permeabile.
Se mobile e permeabile è il confine verso Oriente, uguali sono quelli di occidente: si pensi alle isole britanniche
con le vicende complesse della loro cristianizzazione; alla Scandinavia, oggetto di attenzione missionaria
anglosassone e tedesca, inseritasi nell’orbita cristiana per una scelta dei suoi capi politici; all’Europa centro-
orientale, oggetto di correnti missionarie da Bisanzio e dall’Occidente.
Si può definire l’Occidente come una costruzione policentrica strutturatasi sulla dialettica fra omogeneità e
differenza: la prima legata alla comune religione cristiana, la seconda per le differenze etniche, che influiscono
sui caratteri della cristianizzazione e sulle forme di culto.
Tra VIeVIIIsec si assiste al rafforzamento delle istituzioni ecclesiastiche e monastiche, legato l prestigio dei
vescovi e abati, all’affermazione dei poteri della Chiesa di Roma, al consolidamento dei regni germanici. Dalla
fine del VIIIsec al secX, vi è l’affermazione del regno carolingio, e dopo la sua crisi, dalla ridefinizione territoriale
dell’impero sotto gli Ottoni, l’espansione verso est, con la cristianizzazione e la formazione dei regni cristiani.
Dal Xsec all’XI vi è la riforma della Chiesa, che porta all’ideologia della conquista cristiana del mondo, alla
pratica della crociata. Fra XIsec eXIIsec 2fenomeni: l’accelerazione della centralizzazione della Chiesa,
l’imponente sviluppo del fenomeno urbano.
Con questi processi interagisce una complessa storia religiosa: nuove scelte spirituali, antichi culti, antiche e
nuove testimonianze agiografiche, che testimoniano continuità ed evoluzione. La continuità è nella scrittura di
passioni di antichi martiri, spesso per arricchire le notizie scarne dei calendari liturgici. La sensibilità a nuove
esperienze porta a delineare in forme letterariamente originali la fisionomia protagonisti della vita spirituale.
L’agiografia ci presenta un panorama di eremiti, monaci, fondatori ed abati di monasteri, vescovi, rare figure
femminili. Testimonianza di una sensibile accentuazione dello squilibrio tra i generi rispetto all’età dei martiri.
L’eccezionalità di questi protagonisti è legata alla penitenza, alla carità, alla protezione dei deboli, e segnata dai
miracoli che è il vero e dopo la sua morte attraverso la virtus delle sue reliquie. La santità è
signum sancitati,
sancita dalla comunità di appartenenza, nelle forme consuete: culturale con la venerazione delle sue spoglie
mortali, liturgica con l’inserimento del dies natalis nel calendario della diocesi, la raccolta dei miracoli, la
produzione delle imma