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IL QUARTO SECOLO
Con la spedizione in Tracia del 424 e la guerra deceleica gli orizzonti spartani
si ampliarono notevolmente, anche per impulso di personalità come Brasida e
Lisandro: seppur non senza resistenze interne, Sparta seppe impegnarsi in
quest'occasione lontano dal suo territorio, per terra e per mare. Con la vittoria
del 404, la liberazione della Grecia dall'influenza ateniese e l'assunzione
dell'egemonia, Sparta si trovò al centro del sistema egemonico il cui
mantenimento imponeva, in contrasto con le sue tradizioni, un deciso
interventismo, la disponibilità di ingenti risorse e l'abbandono di quegli ideali
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di autonomia di cui essa si era fatta portavoce nel 432/1, al momento di
entrare in guerra con Atene. Le conseguenze furono gravi sia per Sparta, sia
per la Grecia, che subì, tra 404 e 371, un imperialismo assai più pesante di
quella ateniese. Dal canto suo, Atene seppe invece promuovere una
riflessione sulle vicende che l'avevano vista protagonista nel V secolo e
trarne i necessari insegnamenti: essa non ripropose, quindi, l'imperialismo di
cui la Lega delio-attica era stata strumento, ma anzi seppe sottrarre a Sparta
la bandiera dell'autonomia, valore che essa difendeva a parole ma
contraddiceva nei fatti. Il mondo greco del IV secolo, dunque, non è più un
mondo bipolare, ma un mondo policentrico, caratterizzato dalla “ricerca fallita
di un equilibrio”. La consapevolezza della debolezza derivante da
un'eccessiva conflittualità condusse alla ricerca di strumenti che
assicurassero maggiore stabilità, di carattere giuridico o anche,
semplicemente, propagandistico, capaci di mobilitare le forze greche per un
obiettivo comune.
L'egemonia spartana e le sue contraddizioni
Divenuta egemone della Grecia, Sparta dovette fare i conti con il problema
della difesa dell'autonomia. Per quanto riguarda i greci d'Asia, Sparta, che
pure aveva vinto la guerra con l'appoggio della Persia e che dipendeva dai
finanziamenti persiani per mantenere la flotta e pagarne gli equipaggi, fu
costretta ad assumersi il ruolo difensivo che era stato di Atene. La ribellione
di Ciro, fortemente legato a Sparta e in particolare a Lisandro, contro il
legittimo erede al trono, il fratello Artaserse II, fece sì che, di fatto, gli Spartani
si trovassero schierati contro il Re. Gli spartani, su richiesta delle città greche
dell'Asia Minore che li invitarono, “poiché erano i prostatai della Grecia intera,
a provvedere anche a loro, Greci d’Asia, affinché le loro terre non fossero
saccheggiate ed essi fossero liberi”, inviarono così le spedizioni contro la
Persia di Artaserse. Per quanto riguarda le poleis greche, subito dopo la
vittoria Sparta si impegnò ad applicare rigorosamente il principio
dell'autonomia, a partire dall'area peloponnesiaca: l’intento era in realtà
quello di mantenere la frammentazione del mondo greco, per poterlo più
facilmente controllare. L'imposizione avvenne con sistematici interventi
militari, che denunciarono il carattere pretestuoso della posizione spartana.
La questione dell'autonomia veniva utilizzata da Sparta in chiave di politica di
potenza, per bloccare l'espansione di altri popoli e favorirne il mantenimento
nell'area “oligarchica” di influenza spartana. La necessità del tutto nuova di
controllare efficacemente l'impero marittimo ereditato da Atene indusse gli
Spartani a imporre alle città guarnigioni comandate da capi detti armosti, a
esigere un tributo e a insediarvi governi oligarchici di sicura fede filospartana:
l’imperialismo ateniese si riproponeva così nei suoi aspetti peggiori,
aggravato dall'imposizione di governi protetti dalle armi dell'egemone. Questa
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politica era contraria alle tradizioni spartane non solo perché la impegnava
per terra e per mare lontano dal Peloponneso, ma anche perché alterava la
compagine interna dello stato, creando sperequazione di prestigio e di
ricchezza e aumentando la massa dei malcontenti.
Lisandro e l'imperialismo spartano
L'ambiente spartano sembra manifestare, nei confronti di Lisandro, diffidenza
verso una personalità difficilmente imbrigliabile negli schemi tradizionali, che
imponevano al singolo di annullarsi nella collettività, e disagio verso chi aveva
condotto Sparta a una politica molto impegnativa dal punto di vista
dell'investimento di risorse e per di più impopolare, perché delegittimava
l’egemonia imponendola e mantenendola con la forza, piuttosto che con il
consenso. Lo stile di vita, più da sovrano che da privato cittadino, adottato da
Lisandro in Asia minore, fin dall'epoca della guerra deceleica, appare a
Senofonte incompatibile con le tradizioni spartane; esso causò, nel corso
della spedizione asiatica del 396, uno scontro con il re Agesilao che le fonti
ripropongono negli stessi termini di quello con Callicratida. Attraverso le
relazioni personali con gli “amici”, i capi delle fazioni oligarchiche imposte al
governo delle città, Lisandro costruì un vero culto della personalità, che gli
assicurò persino, primo fra i Greci, onori eroici da vivo, tributatigli dai Sami.
Per la sua natura di Spartano “anomalo” Lisandro fu oggetto in patria di
sospetti e percepito come intollerante dei limiti imposti dalla costituzione
spartana.
Atene, i Trenta Tiranni e la restaurazione della democrazia
Il caso, a noi particolarmente ben noto, di Atene esemplifica nel modo
migliore le caratteristiche della politica di Lisandro e il malcontento che essa
provocò in Grecia e nella stessa Sparta. Il popolo sarebbe stato costretto, in
presenza di Lisandro e delle armi spartane, ad abbattere la democrazia, ad
adottare la non meglio definita patrios politeia e a designare un collegio di 30
membri “con l'incarico di redigere la costituzione in base alla quale avrebbero
governato”. I Trenta, tuttavia, trascurarono il mandato ricevuto, instaurando
una oligarchia la cui durezza meritò ai suoi esponenti il nome di “Trenta
Tiranni”: essi “costituirono il Consiglio e le magistrature come pareva loro” e
ben presto presero a deliberare “su come trattare la città come volevano”,
dopo aver disarmato il popolo ed essersi assicurati l'appoggio di una
guarnigione spartana comandata dall’armosta Callibio. I Trenta inaugurano
un clima di terrore, che colpì i cittadini democratici che si distinguevano per
ricchezza e i ricchi meteci, con lo scopo non solo di reprimere eventuali forme
di opposizione, ma anche di assicurarsi le loro ricchezze. I diritti politici furono
ristretti e 3.000 abbienti; chi non era iscritto nel catalogo dei Tremila restava
privo di tutela ed esposto all'arbitrio dei Tiranni. Il governo dei Trenta durò un
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anno circa; anche in questo caso, la crisi fu avviata da una frattura interna, di
cui fu protagonista ancora una volta Teramene. Egli si dissociò dai
comportamenti tirannici ispirati da Crizia, affermando che mandare a morte
degli innocenti solo perché democratici non era ammissibile; tale
dissociazione nasceva dalla preoccupazione che atteggiamenti troppo
estremistici impedissero “che l'oligarchia potesse essere mantenuta”. Crizia,
con una procedura irregolare, cancellò Teramene dalla lista dei Tremila e lo
condannò a morte. Intanto Trasibulo, con un piccolo gruppo di esuli (circa 70
persone), occupava, nell'inverno del 403, la fortezza di File, al confine con la
Beozia. Attaccati dai Trenta, gli uomini di File riuscirono a respingerli, a
raggiunge il Pireo e ad attestarsi sulla collina di Munichia, mentre il piccolo
esercito, con l'apporto di cittadini e di stranieri arrivava a comprendere un
migliaio di persone. Nel maggio 403 l'esercito di Trasibulo affrontò e sconfisse
i Trenta a Munichia; nella battaglia morì Crizia e il potere passò a un collegio
di Dieci, che chiese l'aiuto di Sparta. L’esercito spartano non si impegnò a
fondo sul piano militare e fece opera di mediazione fra le due parti. Il 12
Boedromione (settembre-ottobre) del 403 Trasibulo e i suoi rientrarono in
Atene e restaurarono la democrazia, impegnandosi a mantenere l'alleanza
con Sparta e a concedere l'amnistia ai cittadini compromessi con i Trenta.
Dopo la restaurazione della democrazia gli Ateniesi si dedicarono alla
ricostruzione dello Stato sul piano della convivenza civile, dell'organizzazione
politica e amministrativa, del ripristino della situazione economica e
finanziaria. Durante l'anno 403/2 (arcontato di Euclide) si realizzò una
gigantesca opera di restaurazione, a cominciare dalla revisione delle leggi,
affidata ad un collegio di nomoteti. La democrazia ne uscì certamente
rinsaldata: fu introdotto il misthòs per incentivare la partecipazione del popolo
all'assemblea; l'attività legislativa dell'assemblea, pur affiancata dal collegio
dei nomoteti in materia di vere e proprie leggi, continuò intensamente
attraverso l'emissione di decreti; essa esercitò ampie competenze anche in
ambito giudiziario, specialmente nei processi di alto tradimento.
La guerra corinzia
La guerra di Corinto fu un conflitto svoltosi in Grecia dal 395 a.C. al 387 a.C.,
che vide Sparta e parte della lega peloponnesiaca contrapposta ad una
coalizione formata da quattro poleis: Tebe, Atene, Corinto e Argo, la quale
venne inizialmente sostenuta dalla Persia. La causa scatenante del conflitto
fu una disputa territoriale locale nel nord-ovest della Grecia, in cui
intervennero sia Tebe che Sparta, ma la motivazione di fondo si deve
individuare nel dilagante espansionismo spartano in Asia Minore, in Grecia
centrale e settentrionale e in Occidente.
Del malcontento volle approfittare la Persia, nel 395, per distogliere gli
Spartani dalla guerra in Asia: dalle vicende della guerra deceleica i Persiani
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avevano appreso quanto fosse utile per loro dividere il mondo greco e di
vederlo impegnato in guerre intestine. Quando, nel 395, un conflitto tra i
Focesi e i Locresi orientali provocò l'intervento dei Tebani nella Grecia
centrale a favore dei Locresi e l’attacco spartano alla Beozia (la cosiddetta
“guerra beotica”), Tebe chiese e ottenne l'appoggio di Atene. Lisandro, in
Beozia, avrebbe dovuto attendere di congiungersi con le forze al comando di
Pausania II prima di attaccare: ma per la sua impazienza, o per un difetto di
comunicazione, egli si mosse prima dell'arrivo del re e venne sconfitto e
ucciso dai Tebani. Pausania, giunto in Beozia, vi trovò anche gli Ateniesi e
preferì concludere una tregua e ritirarsi; sospettato di t