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LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Seconda ondata della rivoluzione industrial caratterizzata dalla forte innovazione creata dalla grande

impresa moderna.

Prerequisiti:

- nuove reti di comunicazione e di trasporto per un nuovo paradigma industriale all’interno i mercati

interconnessi (con USA; Germania, Italia, Giappone)

- nuove tecnologie, che consentono di abbatter costi e aumentare la velocità di distribuzione delle

merci permettendo alel imprese di aumentare la propria scala produttiva

- nascita delle moderne istituzioni finanziarie per sostenere settori ad alta intensità di capitale (e non

più labor intensive).

Si rafforzano cosi le economie di diversificazione= uso nella singola unità produttiva di processi

produttivi che consentono di fabbricare e distribuire diversi prodotti.

Si consolida quindi la costruzione di impianti tecnologicamente avanzati, integrazione di attività

produttiva e affiatamento tra proprietà e management. Le principali componenti di determinazione di

costi e profitti son dati da:

- capacità produttiva installata

- throughput (quantità di materie prime effettivamente messe in lavorazione in una data unità di

tempo).

Negli anni 70-80 ci si avvia a una terza ondata di rivoluzione industriale, c.d. Rivoluzione Informatica (o

terza riv. industriale). Si ha un crescente ruolo della ricerca e sviluppo all’interno delle imprese, per

essere sempre più competitivi rafforzando le asimmetrie informative. Si rafforza un sistema universitario

(esempio nel MIT) molto fortemente collegato all’Industria che valorizzava le competenze. Si

introducevano politiche mirate di procurement (commesse) in ambito militare che investiranno poi

nelle specifiche tecnologie (ovvero tecnologie dapprima studiati in ambito militare, diventano poi alla

portata civile), e la nascita delle Agenzie Federali (National Research Council), con aggiornamento ed

incremento tecnologico in diverse aree della ricerca di base e di quella applicata.

Si ha il rilevante ruolo di Internet che consente la globalizzazione e lo scambio dei prodotti su rete

globale, con una conseguente rivoluzione dei modi di fare impresa e collocamento di prodotto.

Andrea Sestino, Sapienza - Università di Roma, CdlM in Manimp

storia di impresa 23 Marzo 2015

Le origini del modello europeo

L’Europa tra le due guerre: convergenza e divergenza con gli USA.

Nel dicembre 1925 nasce da un accordo formale la IG Farben, la maggiore società chimica in Europa che

comincia ad approntare accordi di cartello (segreti) coi leader di Standard Oil e DuPont. In Europa

quindi tali forme di aggregazione erano favorite (vedi il modello tedesco), mentre intanto limitate da

varie legislazioni negli USA (vedi Sharman Act).

I gruppi di imprese servivano a (1) stabilizzare i profitti, (2) ridurre i costi (con economie di scala e

diversificazione) e a (3) unificare attività di R&s di competenze scientifiche e brevetti (quello che oggi

chiameremmo ricerca dello strategic fit).

Per quanto riguarda l’europa definiamo la c.d. Convergenza Imperfetta: Con la prima guerra mondiale si

avranno danni materiali, perdite umane, cambiamenti politici ed istituzionali ed implicazioni nella

modernizzazione dei settori di punta delle economie più avanzate, ovvero tentativo di adottare

tecnologia ed innovazione (non solo per una maggiore produzione, ma per migliorare la produttività ed il

benessere). Tutto ciò prende il nome appunto di Convergenza imperfetta.

Si registra un avanzamento del settore chimico, acciaio, elettrico (tutti ad alta intensità di capitale),

rispetto ai settori tradizionali della Prima Rivoluzione Industriale cioè comparti tessili e della lavorazione

del ferro (industrie c.d. “leggere”). Allo sviluppo di questi settori si affianca quindi lo sviluppo di una

politica industriale mirata alla Grande Impresa Moderna.

Lo sforzo bellico aveva imposto al creazione di grandi organizzazioni ed alcune imprese erano cresciute

al punto che difficilmente avrebbero potuto adattarsi alle condizioni imposte in tempo di pace: le grandi

imprese, erano state spinte a produrre beni per la guerra, e pertanto era necessario procedere alla

riconversione. Non a caso infatti, a breve ci sarà proprio la 2^Guerra Mondiale, proprio perché in qualche

modo quei beni dovrebbero esser stati utilizzati. Intanto si puntava comunque ad una ridefinizione delle

strategie nelle imprese europee (prima nel 1° conflitto, e poi ancor più con le riconversioni nel 2°

conflitto). Gli USA saranno ancora i maggiori produttori industriali per capitalizzazione a livello

internazionale con 32 grandi imprese, seguite dalle 11 Inglesi e 4 Tedesche. Il Protezionismo ed i cartelli

divennero la norma essenziale per garantire lo sviluppo in Europa e per contrastare lo sviluppo degli stati

uniti (ed ecco perché convergenza imperfetta).

Quali sono quindi le origini del modello europeo? Sono evidenziati da due fattori:

1. Ristrettezza dei mercati europei rispetto a quello statunitense.

2. Ruolo delle istituzioni

Ristrettezza dei mercati.

La risposta Europea alle sfide della 2 Riv. Indl.le fu diversa da quella americana. La 1 Guerra mondiale

aveva posto un brusco epilogo alla ondata di globalizzazione economica (privando i mercati europei di

quelli continentali, dei vantaggi di cui poteva usufruire ancora, al confrontare di quelli americani).

L’ambiente culturale europeo meno era meno favorevole per i rapporti tra imprese e Stato.

Pertanto in Europa, tra le due guerre mondiali, la diffusione della impresa manageriale è più lenta, a

causa di fattori culturali e della struttura dei mercati e delle politiche adottate dai governi in ogni

nazione (ogni nazione infatti, aveva un proprio percorso, ma ancora oggi si noti, che tranne ‘linee guida

generali’, le politiche industriali sono personalizzate per ogni nazione e non sono uniche per tutti i

partecipanti alla EU - tranne la moneta, neppure per tutti - e quindi non ‘facili’ da crescere in maniera

contemporanea come USA). Andrea Sestino, Sapienza - Università di Roma, CdlM in Manimp

storia di impresa 23 Marzo 2015

Inoltre è da sottolineare la crisi economica dal 1929, le dittature susseguitesi negli stati ed ancora il

nazionalismo economico degli anni 30 sino alla dimensione contenuta e scarso dinamismo dei mercati

nazionali (a causa delle politiche autarchiche e protezionistiche adottate nel post guerra dai Paesi

europei).

La ristrettezza dei mercati si evince dai redditi procapite del periodo considerato:

Reddito Procapite 1870 1913

(Economia guida: USA)

USA 100 100

GB 130 92

GE 75 68

FR 76 65

IT 59 48

Posto a 100 il reddito procapite degli USA (economia guida), si nota ancora come l’economia guida è

dapprima la Gran Bretagna e poi tra le guerre, perde quota venendo superata dagli Stati Uniti

(ricordiamo che nel 1873 subisce la crisi capitalistica). Le altre economie europee rallentano.

La ristrettezza definita, distintiva del modello europeo rispetto all’americano è dato (1) principalmente

ancora dal fatto che in Europa - anche se innovata e modernizzata - il settore principale e primario era

l’agricoltura, rispetto agli USA dove era fortemente meccanizzato. Si sottolinea allora una (2) diffusa

arretratezza sociale ed economica che generavano (3) livelli di domanda contenuti.

Il PIL procapite statunitense tra il 1914-1950 registrava tassi annui di crescita era pari solo al 2,8%,

mentre in EU solo Paesi Bassi e Svezia riuscivano a tener testa con un 2% mentre, gl altri (IT; FR; GB; GE)

stagnavano con medie tra 1% e 1,2%.

Ruolo delle Istituzioni.

Le istituzioni pubbliche europee avevano un ruolo importante nella definizione delle regole relative alla

competizione ed alle strategie imprenditoriali con effetti diversi da Paese a paese. Per quanto riguarda

l’europa quindi, il ruolo delle istituzioni favorisce i cartelli.

I cartelli acquisiscono un ruolo importante per la regolamentazione dei mercati e della concorrenza. Nel

periodo tra le due guerre tale pratica si estendeva in tutta Europa oltre che ad esser stata adottata in

principio in Germania. Il Controllo sui prezzi e le quote di mercato poneva un serio freno al potenziale

espansivo delle imprese disincentivando il perseguimento di strategie di integrazione e sviluppo.

Alla fine degli anni ’30 tutte le imprese leader europee erano associate ad un cartello internazionale (FR

69, GE 57, IT 16, GB 40, Pa.Bassi>40).

Si definisce quindi Stato imprenditore e interventista, con diversi ruoli nel

- mercato dei capitali

- finanza aziendale

- proprietà e controllo

- relazioni industriali

In Italia ad esempio lo Stato imprenditore si fa fortissimo con la nascita dell’IRI (Istituto di Ricostruzione

Industriale): il new deal Italiano, è proprio dato dal fatto che il fascismo crea istituzioni ad hoc che

Andrea Sestino, Sapienza - Università di Roma, CdlM in Manimp

storia di impresa 23 Marzo 2015

lavorano proprio come fosse un imprenditore, e poi anche IMI: a partecipazione statale, vedevano lo

stato che sostenevano imprese e banche e lo sviluppo della economia italiana.

In Italia lo stato interventista:

- proprietario di alcune delle strutture di servizi

- influente azionista in diverse compagnie industriali (in particolare nei settori capital intensive -

chimica, siderurgia, meccanica sui quali occorreva essere competiti per non perdere terreno coi

maggiori paesi sviluppati) ed appunto il caso IRI, IMI.

IMI doveva sostituire la banche fallite o in crisi di liquidità nel finanziamento delle attività industriali e

fu creato nel 1931. Nel 1933 fu creato IRI.

Nel 1938 il governo Italiano controllava addirittura 80% capitale azionario nella cantieristica, il 25% nella

meccanica e la metà nel siderurgico.

Ricordiamo che alla base del commercio si aveva il Gold Standard che doveva garantire equilibrio tra

moneta stampata e riserve auree: a squilibri - maggiore emissioni di cartamoneta rispetto a minori

quantità di oro nei forzieri - si accompagna inflazione. A sua volta, inflazione porta la riduzione dei

prezzi e conseguenze a catena. Le banche nazioni detenevano anche quantità di sterlina - causando

problemi poi nel crollo di questa.

Fra il 1920 e 1940, 3200 società risulteranno coinvolte in processi di fusione creando grandi corporation

caratterizzate da strutture organizzative decentrate e sistemi di contabilità moderni. Si segnala l caso

Dunlop che a partire dagli anni 20 introduceva una struttura decisionale adeguata a sostenere una

strategia di progressive acquisizione e relativa diversificazione.

Interlocking directorate.

Rispetto al mercato americano, il modello interlocking diectorate faceva riferimento ad una

federazione di imprese con a capo una holding. In questa struttura una finanziaria controllava

direttamente un gran numero di consociate spesso sistemata in una struttura piramidale che impiegava

dense

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A.A. 2014-2015
50 pagine
4 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher andreasestino di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'impresa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Strangio Donatella.