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CAPITOLO 10: L’IMPRESA MULTIDIVISIONALE E IL CAPITALISMO MANAGERIALE
Dopo la prima guerra mondiale la grande impresa americana, che era sempre stata un’impresa unitaria, definita
come Uform, diventò un’impresa multidivisionale, definita come Mform. Nella Uform i manager coincidevano
con i proprietari, mentre nella Mform manager e proprietari erano soggetti diversi. La Uform si caratterizzava
per una centralizzazione del potere, mentre nella Mform il potere era condiviso tra più soggetti. Per espandersi la
Uform contava solamente su fattori esterni, cioè la crescita della popolazione, la costruzione delle infrastrutture e
l’urbanizzazione. Per espandersi, invece, la Mform contava sia su fattori esterni che su fattori interni, cioè
attrezzature e persone qualificate. Nella Uform erano presenti problemi legati alla gestione delle linee produttive
sempre crescenti. Tali problemi crearono forti tensioni anche all’interno della Mform. Per risolvere tali problemi
all’interno delle imprese americane vennero create divisioni indipendenti, da cui il nome Mform. Questa
suddivisione venne operata sulla base di motivazione tecnologiche e geografiche. Ciascuna divisione veniva
affidata ad un manager competente che godeva di autonomia decisionale. Era poi presente il QUARTIER
GENERALE, cioè un organo che si occupava di coordinare e controllare tutte le divisioni. Questa nuova struttura
organizzativa venne poi adottata anche dalle altre nazioni, ciò fu necessario per poter competere con gli Stati
Uniti.
LA GENERAL MOTORS
Negli Stati Uniti le principali industrie automobilistiche erano la Ford, al primo posto, e la General Motors, al
secondo posto. Durant, il direttore della General Motors, mirava all’espansione non tanto per ottenere la riduzione
dei costi, quanto invece per ristrutturare gli impianti in vista dell’aumento della produzione. Tuttavia queste
previsioni di Durant si rivelarono errate. Queste previsioni azzardate e una gerarchia manageriale inefficiente
causarono le difficoltà finanziarie della General Motors. A questo punto la posizione di Durant venne rilevata da
Pierre Dupont, uno dei maggiori azionisti della General Motors, e da Pierre Sloan. In breve tempo Dupont e Sloan
risollevarono le sorti della General Motors, trasformandola in un’impresa multidivisionale. In questo modo la
General Motors superò la Ford. Lo scopo della General Motors era il miglioramento dello stile e dei comfort delle
auto. Un altro fattore che favorì lo sviluppo della General Motors fu il licenziamento di manager competenti da
parte della Ford. La General Motors li assunse creando così un management di alto livello. L’obbiettivo della
General Motors era la creazione di un’impresa Mform. Tale obbiettivo venne però ostacolato da diversi fattori:
divergenze tra proprietari e manager, a causa delle quali i manager ambiziosi erano sempre meno collaborativi nei
confronti delle proposte del quartier generale;
politica antitrust del governo.
Questi due fattori causarono un diffuso dissenso che a sua volta portò al declino della società.
L’ASCESA DEL CAPITALISMO MANAGERIALE NEL DIBATTITO DEI CONTEMPORANEI: LA
SEPARAZIONE FRA CONTROLLO E PROPRIETA’ E IL RUOLO DEI MANAGER
L’impresa manageriale si caratterizzava per la netta separazione fra proprietà e controllo. Gli azionisti
possedevano le quote della società, mentre i manager controllavano la società. Nel Novecento le imprese manageriali
erano le forme societarie più diffuse e produttive. Tuttavia esse potevano generare anche conseguenze negative,
come ad esempio la divergenza di interessi tra azionisti e manager. I primi miravano sia all’investimento che alla
distribuzione dei dividendi, mentre i secondi miravano esclusivamente all’investimento dei profitti per acquisire
potere e prestigio. Il giurista Berle e l’economista Means realizzarono un volume nel quale definivano la proprietà
e il controllo come due realtà opposte e in conflitto tra loro. Uno dei punti chiave del volume era il dibattito
relativo alla seguente questione: per chi opera l’impresa? Verso chi è responsabile? I due autori elaborarono 3
risposte:
1.le imprese erano al servizio dei proprietari, che imponevano i propri obbiettivi. I manager erano considerati dei
semplici operatori;
2.le imprese erano al servizio dei manager, che imponevano i propri obbiettivi. Infatti i manager non erano
considerati dei semplici operatori;
3.le imprese non erano solo al servizio dei proprietari o dei manager, ma anche al servizio dell’intera comunità. Per
comunità si intendono gli STAKEHOLDER, cioè dipendenti, fornitori, distributori e clienti.
Anni prima Rathenau giunse a conclusioni simili a quelle di Berle e Means. Rathenau distingueva tra due tipologie
di azionisti: coloro che si impegnavano ad investire permanentemente per l’impresa e coloro che acquistavano azioni
con scopi puramente speculativi. I primi erano in linea con gli obbiettivi dell’impresa, che consistevano nella
realizzazione di profitti e nel loro reinvestimento. I secondi invece non miravano affatto agli obbiettivi
dell’impresa, bensì ai propri. Il loro scopo era quello di guadagnare nel breve periodo con la conseguente
ripartizione dei dividendi. Anche secondo Rathenau l’impresa era responsabile nei confronti della società e doveva
mirare al raggiungimento degli interessi collettivi.
L’EUROPA TRA DUE GUERRA: CONVERGENZE E DIVERGENZE CON GLI STATI UNITI
Nel perioda tra la prima e la seconda guerra mondiale in Europa si verificano numerose fusioni, come ad esempio la
I.G.FARBEN e la ICI. La I.G.FARBEN nacque dalla fusione delle maggiori imprese chimiche tedesche; la ICI
nacque dalla fusione di cinque imprese chimiche inglesi. Gli obbiettivi della fusione erano sia economici che politici.
Gli obbiettivi di natura economica erano la stabilizzazione dei profitti, la riduzione dei costi grazie alle economie
di scala e di diversificazione, l’unificazione delle competenze. Gli obbiettivi di natura politica riguardavano invece
la penetrazione nei mercati esteri promettenti. In Europa la guerra impose la creazione di società imponenti e di
imprese di grandi dimensioni. Ciò comportò a sua volta un cambiamento relativo alle strategie e all’organizzazione,
poiché quelle adottate precedentemente non potevano più essere efficienti in strutture così ampie. In Europa
l’impresa manageriale si diffuse lentamente e con difficoltà a causa dei seguenti motivi:
le due guerre mondiali;
la grave crisi economica;
le dittature;
il mercato nazionale piccolo e poco dinamico;
l’arretratezza delle aree periferiche, come ad esempio l’Italia meridionale e alcune provincie francesi.
In Europa, a differenza degli Stati Uniti, lo Stato sosteneva gli accordi tra imprese. Nel periodo tra le due guerre i
cartelli si diffusero in tutto il continente. I cartelli avevano sia aspetti positivi che aspetti negativi. I primi
consistevano nella stabilità dei prezzi e della domanda, nella pianificazione degli investimenti e nel mantenimento
equilibrato dell’occupazione. I secondi consistevano nella limitazione del potenziale espansivo delle imprese e
quindi della creazione di grandi imprese. In Europa lo Stato ebbe un ruolo centrale nel sostegno delle grandi
imprese. Esso era un grande cliente delle imprese e talvolta anche uno dei maggiori azionisti. Inoltre lo Stato
adottò una politica protezionista e spesso forniva alle imprese aiuti finanziari per evitare loro il fallimento o la
bancarotta. Lo sviluppo della grande impresa europea venne determinato anche dai mercati di capitali. Facciamo
degli esempi:
in Gran Bretagna le piccole imprese erano finanziate dalle banche locali e regionali, mentre le grandi imprese dai
mercati di capitali, come ad esempio la Borsa di Londra. Nonostante ciò, molte imprese britanniche continuavano
ad essere gestite da un holding, costituita dai membri della famiglia fondatrice. Dunque si era ancora molto lontani
dalle Mform americane;
in Germania lo sviluppo della grande impresa venne sostenuto soprattutto dai mercati di capitali. All’inizio in
Germania il ruolo della Borsa era sovrastato della presenza di un sistema bancario molto efficiente. Le cose
cambiarono dopo la prima guerra mondiale, quando le banche entrarono in crisi e si trovarono costrette a chiedere
aiuti finanziari ai mercati di capitali;
in Francia e in Italia le imprese dipendevano largamente dai finanziamenti delle banche più importanti e poco da
quelli dei mercati di capitali.
In Europa, a differenza degli Stati Uniti, i lavoratori, cioè gli impiegati e gli operai, erano considerati dei
componenti fondamentali dell’impresa. Proprio per questo motivo, attraverso i consigli di fabbrica, i lavoratori
venivano informati circa le politiche e gli obbiettivi dell’impresa. Ciò era legato al fatto che il processo produttivo
dipendeva dalla forza lavoro ed era guidato da operai specializzati. Europa e Stati uniti si differenziavano anche
per quanto riguarda la composizione del management. Negli Stati Uniti i manager erano prevalentemente giovani
delle classi medie o delle classi lavoratrici, che miravano al raggiungimento di un’elevazione sociale. Per diventare
manager bisognava frequentare corsi di formazione specializzati. In Europa, invece, i manager erano
prevalentemente ex impiegati e ex operai. Infatti in Europa per diventare manager non bisognava frequentare corsi
di formazione specializzati, poiché l’addestramento avveniva direttamente nei luoghi di lavoro.
Nel periodo tra le due guerre le imprese europee si differenziavano da quelle americane per i seguenti motivi:
dimensioni inferiori;
limitata separazione tra proprietà e controllo;
strutture organizzative elementari;
scarsa diversificazione.
In Europa l’impresa più diffusa era la Hform, cioè l’impresa a holding.
CAPITOLO 12: ALLE ORIGINI DEL MIRACOLO GIAPPONESE: IMPRENDITORIALITA’, STATO E
GRUPPI DI IMPRESE
Il Giappone premoderno presentava caratteristiche sfavorevoli e favorevoli allo sviluppo. Le caratteristiche
sfavorevoli erano:
chiusura nel confronti degli occidentali, con cui non aveva alcun rapporto commerciale;
struttura sociale rigida e divisa in caste, che in ordine di importanza erano: aristocrazia, élite militare,
commercianti, artigiani e contadini;
economia basata quasi esclusivamente sulla risicoltura, cioè sulla coltivazione di riso;
Le caratteristiche favorevoli erano:
tendenza all’urbanizzazione;
ambiziosi mercanti;
sistema educativo efficiente basato su scuole primarie diffuse in tutto il paese;
forte governo centrale;
agricoltura specializzata;
efficienti infrastrutture.
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