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3. IL TEATRO A LAVORO
Spettacoli e libri vanno considerati come parti di un tessto unitario. La riformulazione complessiva
del teatro fu portata avanti attraverso una complessa forma di complementarietà tra ricerca sulla
carta e costruzione di opere. Gli scritti furono strumenti di battaglia o indagini concrete su mezzi e
tecniche per operare cambiamenti; gli spettacoli parlavano di teatro e furono discorsi sull’essenza
stessa del teatro sulla vita scenica. Noi dobbiamo saltare dagli uni agli altri per capire meglio il
lavoro sull’autonomia organica della scena. Per i primi registi ogni spettacolo fu una meditazione
sulla natura del teatro, una presa di posizione. Lo spettacolo era il modo di sperimentare ciò che i
libri non riuscivano a dire.
Isadora Duncan
La rivoluzione teatrale non è completa se non si parla di danza. Gli spettacoli di danza più celebri
furono quelli dei Balletti Russi, i più importanti quelli dei teatri asiatici e di Isadora Duncan.
Statunitense (1878) fu colei che trasformò la danza, al di là delle frontiere di generi e specie. (cit.
pag. 63)
Duncan e il teatro del suo tempo: testimonianza di Stanislavskij lettera hanno una forte affinità
nelle loro ricerche sull’arte carica di energia. (pag. 63)
Craig invece pone sulla cima di un immaginario Olimpo del teatro vivente, la Duncan e Appia.
Il lavoro della Duncan: La Duncan mostrò l’efficacia e la potenza di un tipo di movimento diverso,
che non aveva le sue radici in nessuna tradizione, un movimento pieno di risonanze che
comprendeva un’immobilità vibrante e usciva dal teatro ricollegandosi all’energia della natura
stessa la scoperta del movimento come flusso continuo. Quello che mostrò era una rete di
proporzioni e relazioni impreviste che collegavano i suoi movimenti in scena.Attraverso danze e
scritti stabilì l’esistenza di una possibile relazione tra i movimenti del corpo umano in scena e il
movimento continuo e invisibile della natura. (vd cit. armonia pag. 64). Molti elementi del suo modo
di lavorare, sono simili ad Appia.
2 testimonianze: la prima di Craig mette in risalto la forza dell’immobilità, la complessità di
movimento che diventa lingua, l’uso del corpo all’interno del flusso organico; la seconda di Van
Vechten punta sulla potenza dello spettacolo (vedi pag. 64-65-66)
Futurismo
Nel 1913 Marinetti pubblica il primo manifesto sul teatro futurista, Manifesto del teatro di Varietà,
seguito nel 1917 dal Manifesto della danza futurista. Mentre gli spettacoli dei futuristi non ebbero
molta influenza, i Manifesti ci aiutano a capire alcuni elementi del nuovo teatro di regia.
Confronto teatro di regia e Marinetti/futuristi:
- Primi registi : vogliono creare una materia organica nuova, un cubo di materia piena come
spazio scenico e lo fecero con la scomposizione e la ricomposizione dei corpi; le nuove
relazioni tra corpo e scenografia; una densità fatta di continui dettagli, sonorità e gesti;
usarono ritmo, danza musica come strumenti per animare la nuova materia.
- Marinetti e i futuristi: attraverso le loro teorizzazioni raccontarono il risultato vissuto dallo
spettatore: velocità, simultaneità (dinamismo simultaneo), contrasti. Lo raccontavano come
un dover essere dello spettacolo nuovo
Marinetti auspica a un ribaltamento delle gerarchie: l’imprevisto e il meraviglioso dovevano
sostituire le logiche narrative; il posto di tradizione iniziata con i greci doveva esser preso dal
Teatro di Varietà perché il Varietà era privo di tradizione, era assolutamente pratico, voleva
interessare e divertire il pubblico. LA sua ragion d’essere era quella di creare sempre nuovi motivi
di stupore, con ritmi serrati, analogie tra uomo e mondo vegetale, animale, meccanico. Era un
teatro che permette la fisico follia: distrutta ogni logica lineare, lo spettacolo doveva nascere dagli
accostamenti più imprevisti dalla capacità di condensare, di riunire fianco a fianco generi o attori
disparati, spezzando ogni sviluppo coerente dell’azione.
I futuristi teorizzavano una stimolazione prima del sistema nervoso, dopo del cervello, e non
viceversa. Vedevano spettacoli dotati di una velocità da togliere il fiato; di una simultaneità di effetti
opposti tale da aprire la mente di chi guardava; di continui contrasti. Riprendevano la logica del
Varietà, del Circo, del Luna Park, ma al servizio dell’arte.
Libri
Il contributo più importante dei primi registi è quello teorico (cit. pag. 68). Questo punto di vista è
reso più estremo dalla difficoltà della situazione dell’Italia rispetto alla regia. Però non è privo di
fondamento. Il segreto della nascita viene infatti cercato in quel che resta, cioè nei libri.
Fu una novità che i primi registi pubblicassero libri, perché il teatro aveva prodotto sostanzialmente
solo drammaturgia, trattatistica e memorialistica. Molti libri raccontavano anche di teatri utopici. Si
è parlato di Novecento come utopia, ma è meglio dire “propensione al romanzo”: infatti la
produzione letteraria del teatro novecentesco occupa il posto dei romanzi teatrali dei secoli
precedenti, che erano depositi di sensi e di significati complessi, collocati nel teatro senza
teorizzazioni.
Inizio Appia, ma seguì Craig, Fuchs, Rouchè, Mejerchol’d, STanislavskij, Artaud….. (pag. 69)
Alcuni definiscono le opere dei padri della regia teatri in forma di libro (= si è fatto teatro anche
scrivendo libri).
1904 Teatro dell’avvenire di Fuchs: aveva immaginato un nuovo tipo di teatro festivo, celebrativo
per un nuovo pubblico educato ai principi di Wagner, ricollegato alla tradizione festiva greca.
Dramma e folla potevano essere tutt’uno. Il rapporto tra attori e spettatori nel Novecento mutò
profondamente, trasformandosi da rapporto di lotta e di importazione a un tipo di legame basato
sulla continuità, sulla contiguità di sentimenti, sulla mancanza di fratture fisiche. In tutto questo
periodo le sperimentazioni su come articolare lo spazio scenico e sul rapporto fisico tra attori e
spettatori si moltiplicano. MA molti dei primi registi sperimentano soprattutto la possibilità di
reazioni di tipo nervoso all’arte dell’attore da parte degli spettatori basate su forme di continuità
fisica.
1899 Fuchs dichiara la contiguità tra attore e danza , impressionato da una danzatrice giapponese;
e nel 1906 pubblica La danza: la danza è un movimento ritmico del corpo nello spazio, ma è anche
percezione e specchio dell’ordine profondo dell’universo. Fuchs che non amava affatto Isadora
Duncan, aveva pensieri in comune con lei.
1909 Sulla rivoluzione del teatro: parla di nuovo dell’importanza del movimento ritmico del corpo
umano nello spazio che è l’essenza stessa del teatro, la cui matrice è la danza. E il ritmo è ciò che
mette in comune individuo e universo. Teatro del futuro come passione collettiva di attori e
spettatori.
1910 L’arte teatrale moderna di Rouchè: proclama l’esistenza di una vera e propria arte teatrale
moderna, un movimento artistico unitari (quasi). Non propone teorie nuove, ma trasforma le
eccezioni in un movimento verso un teatro nuovo. E’ arte moderna, non ancora regia. Rouchè si
limita a parlare di esperimenti e idee nuove che stanno prendendo piede a teatro, la regia rimane
un po’ semplificata. Rese noti alcuni nomi (Fuchs, Craig, Stanislavskij, Mejerchol’d e Appia). Dà
peso ai Balletti russi nell’opera di rinnovamento (pag. 71 cit).
E’ un libro importante per l’idea che esista un modo moderno di fare teatro.
Spettacoli a Hellerau
Istituto di ritmica di Jacques Dalcroze a Hellerau, Dresda: nel 1913 messinscena di un
frammento di un’opera lirica, L’orfeo di Gluck, in un edificio moderno in mezzo al verde. Lo
spettacolo è basato sulla ritmica. L’intero spazio scenico è occupato da una scalinata e una piccola
figura umana si cala lentamente dalla luce più abbagliante verso le parti più basse della scena
immerse in un buio di chiaroscuri, effetti nuovi a teatro. La luce è gestita dall’elettrotecnico
Salzmann. Nell’ombra si intravedeva un groviglio di membra umane se si muovono in un
movimento continuo.
4 (+1) novità essenziali:
- Uso della luce per evocare stati d’animo
- Rapporto di continuità spettatori-performers
- Il tipo di movimento
- Il luogo: piccolo edificio moderno lontano dalle grandi capitali
- (+1)Pubblico d’eccezione che riunisce personalità illustri del mondo di arte e cultura
I singoli corpi sembrano comporre un super organismo a molte teste a cui le direzioni sono dettate
da qualcosa che le comprende tutte la musica.
L’esperienza di Dalcroze era iniziata fuori dal teatro, ma influenzò la Modern Dance, il balletto
classico e il teatro. A rendere possibile questa influenza fu il suo incontro con Appia che spinse
Dalcroze verso forme di vera e propria rappresentazione. Assistendo a due saggi di ritmica della
scuola di D., Appia rimase colpito da un modo di muoversi finalmente estraneo alle logiche del
realismo, a un prolungamento visibile della musica. Allo stesso tempo era stato deluso e rattristato
da quello che non si era raggiunto cominciò allora a disegnare ciò che mancava: diverse soluzioni
per il pavimento (piani, scale, piattaforme. Era un modo per costringere i ritmisti a logiche fisiche
più difficili e per far loro occupare lo spazio in verticale.
NB: L’essenza del teatro per Appia è la creazione di un insieme di relazioni e proporzioni
complesse come quelle che determinano il mondo reale ma alterate e diverse rispetto alla
normalità la sua modificazione del pavimento serve non solo a riempire interamente gli spazi ma a
modificare anche dalle fondamenta i movimenti, facendo così perdere allo spettatore i punti di
riferimento obbligati della realtà “normale”. (pag. 74 cit)
Per Dalcroze questo incontro divenne il motore nascosto per la sua attività di pedagogo e cambiò
completamente l’impatto pubblico della sua scuola. LA collaborazione coprì dal 1911 al 1923, ma
dal 1913 Appia collaborò a distanza.
Concezioni di Dalcroze: Per Dalcroze era fondamentale il corpo armonioso, espressione visiva
della musica, sua traduzione corporea. La musica era la legge suprema per il corpo del ritmista,
quella che gli dettava l’impulso ai movimenti. Dalcroze doveva imparare a non imporre resistenza e
seguire con precisione assoluta i tempi, i ritmi dettati dalla musica. Il rilassamento di cui parla
Dalcroze è quello dell’acrobata sul filo, quello di un corpo teso in uno sforzo ai limiti o appena un
poco pi&ugrav