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Ciò significa che i linguaggi musicali che usiamo aiutano a determinare che cosa la musica è, che significati
rappresentiamo con la musica e cosa la musica significhi per noi. Nel secolo precedente la Prima Guerra mondiale, la
musica era concepita come se fosse basata sulla produzione di composizioni destinate a essere eseguite e infine fruite
dal pubblico che le ascoltava. La cultura musicale era vista come un processo di creazione, distribuzione e consumo di
quelli che intorno all’inizio del XIX secolo cominciarono a essere definiti “lavori” musicali. Questo termine crea un
collegamento col mondo dell'economia e diede una forma permanente alla musica, perché mentre le esecuzioni di
lavori musicali hanno luogo in un tempo definito, il lavoro resta. In questo modo la musica diventa qualcosa che si può
stoccare o accumulare, una forma di ciò che potrebbe essere definito “capitale estetico” o “repertorio”. Il British
National Curriculum si basa su categorie simili che sono: comporre, eseguire e apprezzare. Usano il verbo per far
intendere che sono attività nelle quali lo studente si può impegnare durante il corso dei propri studi, fanno questo per
porre l'attenzione sul fatto che l'educazione musicale contemporanea pone più enfasi sul comporre che sullo studio e
l'apprezzamento dei lavori dei grandi compositori. Ma questa tassonomia finisce col perpetuare quelle stesse
distinzioni, per cancellare le quali era stata progettata. Si tratta di processi in ordine cronologico che inevitabilmente
finiranno per trasformarsi in una gerarchia di valori.
La nostra terminologia musicale di base incorpora un intreccio di presupposti collegati, cioè in primis che l’attività
musicale è riserva di caccia di specialisti qualificati, poi che l’innovazione è centrale nella cultura musicale, poi che il
ruolo chiave è quello dei compositori che creano la “materia prima”, poi che gli esecutori sono dei mediatori, infine
che gli ascoltatori sono consumatori e giocano un ruolo passivo nel processo culturale che è sostenuto proprio da loro.
Questi presupposti ci sembrano naturali, ma non lo sono, perché sono tutte costruzioni umane, prodotti della cultura
e variano quindi da epoca a epoca e da luogo a luogo.
2-‐RITORNO A BEETHOVEN
• Gioia attraverso la sofferenza
L’inizio del XIX secolo è il periodo in cui il modello capitalista di produzione, distribuzione e consumo si radica nella
società dell’Europa settentrionale e centrale (in particolare Parigi, Londra, Berlino e Vienna). In tutta Europa inoltre
era in corso un processo di urbanizzazione, con la popolazione che dalle campagne cercava lavoro nelle industrie,
mentre in città le classi medie (la borghesia) accrescevano il loro ruolo politico, economico e culturale. Lo sviluppo più
importante nelle arti fu la costruzione del soggettivismo borghese. Esse esploravano ed esaltavano il mondo interiore
delle emozioni e dei sentimenti. La musica si dedicò all’espressione personale, era molto efficace nel rappresentare le
emozioni e i sentimenti in maniera diretta e, infatti, occupò una posizione privilegiata nell’ambito del Romanticismo. Il
primo 800 fu l’epoca di Beethoven e Rossini, ma fu Beethoven a condizionare la riflessione sulla musica. Egli rifiutava
di avere un sicuro impiego con la musica, perché voleva scrivere la musica quando voleva e come voleva. Con la sua
musica disattendeva le aspettative convenzionali, perveniva a effetti eroici e a un’appassionata interiorità, veniva
percepita come se si stesse rivolgendo direttamente e individualmente a ciascun spettatore. La sordità di Beethoven
probabilmente aveva distorto la sua immaginazione musicale e forse compromesso il suo equilibrio mentale. Molti
fedelissimi cominciarono a voler capire la sua musica, e ne risultò l’ipotesi di trama o narrazione sottostante, e
vedevano nella Nona Sinfonia una lotta dell’autore per avere la meglio sulla sua disgrazia, mentre nell’Inno alla Gioia
la sua vittoria sulla propria sofferenza, la capacità della gioia di sconfiggere la sofferenza. La sordità è stata usata a
scopo interpretativo. Gioia attraverso la sofferenza è la parola d’ordine del culto di Beethoven, e fu portato a modello
di riferimento di autenticità.
• Dalla parte degli angeli
Il culto di Beethoven è il caposaldo della cultura della musica classica.
I rapporti di autorità che permeano la cultura musicale: La musica come merce assegna al compositore un ruolo
centrale in quanto creatore del prodotto di base. Il nostro modo di vedere la musica ci porta ad assegnare
all’esecutore una posizione subordinata, l’idea che il ruolo dell’esecutore sia di riprodurre ciò che il compositore ha
creato, determina una struttura autoritaria di potere, che si esprime nella relazione tra compositore ed esecutore o
nelle relazioni tra esecutori. Tutto ciò riguarda i termini comporre ed eseguire, i primi due della tassonomia della
musica del British Nati