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ORFEO
Monteverdi e Striggio, nell'occasione dell'assemblea dell'ordine degli invaghiti della corte
mantovana, decidono di riprendere la vicenda di Orfeo ed Euridice, come avevano fatto Peri
e Caccini nel 1600 per l'Euridice (scelta del nome femminile all'epoca probabilmente in
merito al matrimonio di Maria de Medici).
Le due opere sono profondamente tra loro in quanto Striggio e Monteverdi cercano di
rendere in musica al massimo la drammaticità dell'azione (considerato infatti primo esempio
riuscito di melodramma). Infatti la trama segue la struttura classica dove Orfeo perde per
sempre la sua amata, il viaggio nell'oltretomba dura 2 atti invece che uno, le sonorità
strumentali e i timbri vocali accompagnano in maniera mirata le scene infernali, e Orfeo su
libretto alla fine viene dilaniato dalle baccanti. Su libretto perchè in realtà sullo spartito
Apollo (deus ex machina) consacrerà nell'alto dei cieli Orfeo in tutto il suo splendore,
probabilmente questa è stata la versione eseguire per catturare maggiormente l'attenzione
della corte.
Questa opera porta anche alcune novità che verranno riprese in seguito, come il doppio uso
della partitura, sia come mezzo decorativo sia come mezzo di pubblicizzazione dell'evento, o
come l'uso di intermezzi musicali durante i cambi d'abito, e come la ripresa dalla tragedia dei
commenti del coro come commento dell'azione.
L'OPERA A ROMA
L'opera prende piede anche a Roma ma con caratteristiche singolari, legate alla facciata
cattolica della città che non poteva accettare uno spettacolo così profano nelle proprie corti
pontificie, infatti fino al 1683 si parlerà di drammi pastorali, prima quindi dell'istituzione del
Teatro di Tordinosa istituito da Cristina di Svezia nel 71 colo proposito di portare in scena
drammi desunti dalla tradizione spagnola. Gli spettacoli iniziarono a prendere piede nei
palazzi di nobili e cardinali. I soggetti profani erano disprezzato, come ad esempio La catena di
di Mazzocchi, dall'Adone del poeta Marino, condannata nell'indice Si
Adone dei libri proibiti.
invece prediligevano soggetti come la mitologia classica e per la prima opera apprezzata fu il
di che inaugura il filone agiografico ricco di intrecci sulle vite dei santi
Landi,
Sant'Alessio
Proprio questa opera è molto importante. Ci furono 3 edizioni annuali infatti che segnarono
una sorta di stagione operistica, chiamate poichè organizzate dalla
stagioni Barberiniane,
STORIA DELLA MUSICA 600-700 1° MODULO ! 5
famiglia Barberini, una famiglia molto potente, quella di papa Urbano VIII, che affermavano
il loro fasto attraverso l'opera di corte. Nella seconda edizione della stagione, per la prima
volta un letterato di punta scrisse il libretto di un opera inserendo anche molti inserti comici e
inaugurando così un vero e proprio filone di commedie musicali. Si tratta di Rospiglioli,
prelato della famiglia Barberini.
Le fasi dell'opera dopo il 37 e i suoi modelli europei
Questa è la fase delle compagnie itineranti, esempio illustre è quello dei
1° fase: La stagione a Venezia dura dal 26 dicembre al martedì grasso. I cantanti
Febiarmonici.
quindi sono liberi nove mesi e girano per l'Italia e l'Europa a proporre gli spettacoli di stampo
veneziano. In questi casi le opere venivano anche spesso migliorate, vediamo l'esempio
dell'Incoronazione (Monteverdi 1643) che vede l'innesto di un duetto finale dei
di Poppea
personaggi, sicuramente non opera di Monteverdi.
Nascita dei primi teatri impresariali stabili in italia:
2° fase:
- A Napoli voluto dal vicerè spagnolo, destinato alla corte e alla città
- A Firenze ('57-'61) Carlo De Medici promuove buon compromesso tra teatro di
La Pergola,
corte e teatro impresariale, nella quale venivano proposti drammi con soggetto civile e
rusticali.
- a Milano ('69-'73) grazie a Carlo Maria Maggi che promuoveva un'opera di
Teatro Ducale,
stampo veneziano.
Fase dei cantanti professionisti. A teatro in questo periodo si va principalmente per
3° fase:
sentire le arie cantate dai più virtuosi cantanti, che acquistano un ruolo di spicco nella
macchina teatrale, con cachet addirittura dieci volte maggiori di quelli dei musicisti. Si inizia
ad applicare un concetto detto di dove i librettisti concepivano una
massima varietà,
successione di arie tutte diverse tra loro dal punto di vista sia musicale che testuale. Più un
opera aveva arie varie e più lo spettacolo era coinvolgente, e allo stesso modo un cantante che
riusciva ad eseguirle veniva maggiormente elogiato dal pubblico e dalla critica. L'aria infatti
subisce una metamorfosi e nasce l'aria con struttura A-B-A’, che sta per una
col da capo,
sezione più ampie ed estesa, una più ridotta, e una ripetizione della prima parte aggiungendo
abbellimenti a discrezione del cantante.
Vista per la prima volta nel di prolifico compositore cremonese, allievo di
Cavalli,
Giasone
Monteverdi, cantore e organista della cappella di San Marco. Questa opera inoltre si
differenzia dalle altre in quanto è stata ripetuta 38 volte, in un epoca dove il repertorio
praticamente non esisteva e si stava proprio formando
C’erano molti tipi di arie quali:
di entrata in scena
- Aria di sortita:
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- Aria di bravura: che mostrava la bravura del cantante, eseguita in un tempo
particolarmente allegro
- Aria del sonno: dove un personaggio addormenta l’altro
- Aria in catene: dove il personaggio è imprigionato
aria di personaggi minori ascoltata mentre il pubblico assaggia un
- Aria di sorbetto:
sorbetto cavallo di battaglia che veniva inserita spesso prepotentemente dal cantante
- Aria di baule:
nell’opera
- Aria di lamento: come Il invenzione fiorentina che esprime il lamento di
lamento di Arianna,
un personaggio
L’OPERA IN EUROPA
L’opera nella seconda parte del 600 prende piede anche in Europa, ma con risultati
ovviamente diversi, in alcuni casi avremo compositori che cercheranno di imitare alla
perfezione lo stile italiano, e altri invece come la Francia che non apprezzeranno l’italianità
del genere e proprio il gusto diverso sarà un punto di partenza di un nuovo genere
Importata nel 53 da Ferrari, chiamato per musicare tornei e balletti a corte.
VIENNA:
Attinge quasi completamente dal modello veneziano, più per la forma e per il personale
rigorosamente italiano, ma opera non impresariale, bensì istituzionale, poiché finanziata
lautamente dalla corte imperiale. I fondi infatti erano illimitati, questo rendeva le opere molto
più fastose che in Italia, e il pubblico chiaramente era selezionassimo.
In una città stato autonoma, portuale e con una vivissima vita culturale come
AMBURGO:
Amburgo, molto vicina quindi alla realtà veneziana, l’opera impresariale attecchisce
radicalmente, tanto che nel 1678, finanziata da un gruppo comunale di cittadini facoltosi
nasce il (mercato delle oche), evento con una vera e propria stagione (100
Gansemarkt
spettacoli all’anno, lunedì, mercoledì e giovedì esclusa l’estate) con pagamento del biglietto.
L’unica differenza è che l’opera era cantata in tedesco (ma non si potrà comunque parlare di
opera tedesca, con tematiche nazionali, fino all’800).
La Spagna è impermeabile all’opera italiana. Ebbe invece un discreto successo il
SPAGNA:
teatro di parola, in particolare le cosiddette drammi recitati con inserti
Zarzurellas,
musicali, di argomento mitologico.
L’opera italiana non attecchirà mai in maniera solida in Inghilterra,
INGHILTERRA:
almeno fino al 1700, ma ci sono comunque delle sperimentazioni che cercano di incontrare lo
stile recitativo italiano. Il primo esempio è che negli anni 60 del seicento
Nicholas Lanier,
dopo ripetute visite in italia cercò di introdurre l’opera. Il tentativo non ebbe successo perché
il pubblico londinese non accettò uno spettacolo interamente cantato. Così quasi tutte le
opere inglesi di questo periodo le definiremo “semi-opere”, in quanto non erano altro che
drammi recitati con molti inserti musicali dedicati al balletto. Questi inserti nello spettacolo
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per volere della corte, erano i cosiddetti Questo genere si sviluppa in età pre-
Masques.
cromweliana e non erano altro che sontuosi balletti di corte con musica vocale e strumentale
dove ad un certo punto le barriere tra pubblico e artista cedevano e anche il pubblico poteva
unirsi alle danze.
Il maggiore esponente delle semi-opere è che detiene il merito di aver
Harry Purcell,
partorito l’unico esempio di opera interamente musicata, il rappresentato in
Dido and Aeneas,
un collegio femminile a Chelsea, e diviso in tre atti, dalla durata di poco più di un’ora. In
quest’opera notiamo l’uso dell’elemento italianissimo del basso continuo, oltre al carattere
struggente dell’aria e all’imprevedibilità della liberta melodica.
Inizialmente l’opera fu esportata in Francia dal cardinale fuori
FRANCIA: Mazzarini,
patria in qualità di primo ministro, (che partecipò all’allestimento del di Landi
Sant’Alessio
quando era alle dipendenze della famiglia Barberini). Fu organizzata nel ’45 di
La Finta Pazza
dai Febiarmonici, ma nonostante gli inserti di balletti e la ricca scenografia
Strozzi e Sacrati
l’opera non piacque per i seguenti motivi: L’azione procede a intermittenza, il canto dialogico
fu giudicato assurdo, inosservanza delle regole aristoteliche di unità tempo e spazio (stesso
luogo, stesso tempo e 3 atti invece di 5), voce dei cantanti castrati non piace (vedi cantanti
castrati). Il secondo tentativo fu lo di Cavalli in occasione del re sole Luigi XIV con
Xerse
Maria Teresa l’infante di Spagna, studiato con alcune concessioni proprio per impressionare i
francesi come i ruoli contraltisti trascritti in baritono per una maggiore naturalezza, inserti di
balletti, 5 atti, l’inserimento di un prologo che ricordava la pace dei Pirenei stillata tra Francia
e Spagna. Nonostante ciò, l’opera fu un insuccesso, per via della durata che fu di ben otto ore,
e per di più in italiano, che getto in una grande confusione tutto il pubblico. Questo genere
non piaceva proprio, infatti intorno al ’66 tutti i musicisti italiani troppo costosi e ricercati
furono espulsi dal paese.
In questa situazione interviene un personaggio chiamato Italianissimo,
Jean-Baptiste Lully.
fiorentino di nascita, anno 1632, Gian