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Riassunto esame Storia della Filosofia Medievale, prof. Amerini, libro consigliato La filosofia nel Medioevo, Gilson Pag. 1
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Estratto del documento

Questi assunti sono genericamente accettati in epoca medievale e si basano sulla

tradizione filosofica precedente, tra cui il Liber de causis e altri scritti neoplatonici.

Partendo proprio da queste asserzioni e spinto dai monaci di Bec che desiderano un

argomento razionale che provi l'esistenza di Dio, rinforzi la fede che già possiedono e dia

loro degli spunti di meditazione, Anselmo scrive l'opera Esempio di meditazione sulla

ragione della fede, la quale viene poi denominata da lui Monologion, che significa

“soliloquio”. In quest'opera presenta quattro prove a posteriori dell'esistenza di Dio. La

prima prova parte dalla concezione che abbiamo di bontà: noi aspiriamo a godere di ciò

che è buono e, poiché ci domandiamo da che cosa provengano le cose buone e in virtù di

che cosa possano essere considerate tali, dobbiamo necessariamente ammettere

l'esistenza di un termine di paragone superiore, il bene sommo, cioè Dio. Tutte le cose

sono buone per partecipazione ad un solo e più alto bene. La seconda prova concerne

invece l'essere: tutto ciò che è buono deve infatti prima di tutto esistere. Le cose però

hanno diversi gradi di essere, ma anche in questo caso bisogna ammettere un termine di

paragone che si trova più un alto, l'essere per eccellenza, che è Dio. La terza prova invece

parte dalla constatazione che ogni cosa ha una causa che l'ha prodotta, perché niente si

può produrre da sé. Se risaliamo dagli effetti alle cause scopriamo che c'è una sola causa

comune a tutte le cose che esistono, che esiste per sé, e questa è Dio. La quarta

dimostrazione fa leva sui gradi di perfezione che tutte le cose possiedono: è una

constatazione infatti che ci sono esseri più o meno perfetti. Risalendo i gradi di perfezione,

poiché non si può risalire all'infinito, il che ammetterebbe l'esistenza di un'infinità di esseri,

bisogna necessariamente fermarsi all'essere supremo e completamente perfetto, modello

di paragone di tutti gli altri senza essere inferiore ad alcuno, e questo essere è Dio.

Tuttavia Anselmo non è soddisfatto degli argomenti da lui presentati nel Monologion. In

primo luogo queste si presentano come una moltitudine di prove, mentre egli desidera un

unico e stabile argomento, inattaccabile, dell'esistenza di Dio. Il secondo punto è che sono

tutte prove, come abbiamo detto, a posteriori, cioè partono da constatazioni derivanti

dall'esperienza per arrivare alla conclusione. Anselmo invece desidera una prova a priori,

che appaia più forte e assolutamente indubitabile, anche per i non credenti. Fu così che

Anselmo elabora l'argomento unico del Proslogion, che significa “colloquio” (ma il cui titolo

originale era La fede che cerca l'intelletto), in cui presenta la sua prova ontologica

dell'esistenza di Dio, che fu anche l'apporto più originale che diede alla filosofia medievale.

L'argomento si sviluppa nel modo seguente: Dio è ciò di cui non si può pensare niente di

più grande. Questa è una premessa che dovrebbe essere accettata anche dall'ateo,

poiché quando egli pensa “Dio non esiste” ha nonostante questo un'idea di Dio nella sua

mente, comprende con l'intelletto e condivide la definizione appena fornita. Sono due cose

diverse infatti comprendere qualcosa con l'intelletto e dire che questa cosa esiste, e per

questo propone l'esempio del pittore, il quale anche prima di dipingere un quadro ha nella

mente l'idea del quadro completo che sta per dipingere; tuttavia solo quando avrà

terminato il suo lavoro esso esisterà non solo nella sua mente ma anche nella realtà.

Quindi, dice Anselmo, dicendo “Dio è ciò di cui non si può pensare niente di più grande”,

Dio esiste nella mia mente ed anche in quella dell'ateo. Ma - e qui è il passaggio più

importante - allora Dio deve esistere nella realtà, perché altrimenti si potrebbe pensare a

qualcos'altro di più grande che esisterebbe nella realtà. Dunque Dio deve esistere

necessariamente nella mente ed anche nella realtà.

Questo argomento presenta due passaggi fondamentali: il primo dal linguaggio al

pensiero, il secondo dal pensiero alla realtà. L'ateo dunque può pensare “Dio non esiste”,

ma senza comprendere pienamente ciò che questa affermazione significa. Se si

comprende appieno ciò che Dio è, allora non si può pensare come non esistente. Se non

potesse essere pensato come l'ente più grande di tutti, allora ci sarebbe qualcosa di più

perfetto di lui e sarebbe tale in quanto esisterebbe nella realtà. Ma non può esserci

qualcosa di più grande di ciò di cui non si può pensare niente di più grande, perché questo

implica una contraddizione logica. Quindi Dio per essere perfetto deve possedere

l'esistenza non solo nell'intelletto, ma anche nella realtà.

Questa argomentazione suscitò alcune obiezioni da parte del monaco Gaunilone di

Marmoutier. In primo luogo, dice Gaunilone, non è vero che tutto ciò che esprime una

parola e che fa quindi parte di un discorso esiste nella mente di chi la pronuncia. I concetti

derivano dall'esperienza, ma ci sono innumerevoli esempi di parole che non costituiscono

alcun concetto nella nostra mente, poiché non possono in alcun modo derivare

dall'esperienza. Esempi di questo tipo possono essere le parole “impensabile”,

“inintelligibile”, “infinito”, le quali sono tutte negazioni di termini il cui concetto è ben chiaro

e presente nella nostra mente (“pensabile”, “intelligibile”, “finito”), mentre le negazioni non

sono in grado di formare alcun concetto. Come si può infatti pensare l'impensabile? E a

maggior ragione, se Dio è l'ente di cui nulla si può pensare maggiore, come può essere

pensato, se non si può pensare? Dio dunque si può pensare solo secondo le parole, ma le

parole non bastano, anzi esse dicono ben poco sulla natura reale delle cose. L'uomo non

può avere in alcun modo esperienza di Dio, e quindi non può avere a sua volta alcun

concetto di Dio nella propria mente. Non si può conoscere né pensare Dio, e quando lo

nominiamo lo facciamo impropriamente, poiché non conosciamo il significato vero e

profondo che quella parola comporta, ma cerchiamo tuttavia di costruirlo arbitrariamente

secondo i moti dell'animo che essa provoca in noi. Per questo si può anche pensare: “Dio

non esiste”.

La seconda obiezione che Gaunilone avanza contro l'argomento unico di Anselmo mette

in dubbio il passaggio più problematico dell'argomentazione: quello dal pensiero alla

realtà. Infatti secondo Gaunilone non è lecito questo passaggio, poiché non tutto ciò che

pensiamo esiste anche nella realtà. Noi ogni giorno pensiamo una moltitudine di cose

false o incerte: non abbiamo nessun dubbio che esistano nella nostra mente, poiché le

pensiamo, ma sarebbe alquanto azzardato ammettere senza ombra di dubbio che esse

esistano anche nella realtà. Tuttavia, in questo caso non si sta parlando di un ente

qualsiasi, ma di Dio, l'ente maggiore di tutti. Ma anche in questo caso non ci sono

abbastanza condizioni per cui questo ente esista anche nella realtà delle cose. A sostegno

di questo Gaunilone presenta il seguente esempio: alcuni dicono che esista un'isola

misteriosa la quale viene chiamata “Isola Perduta”, poiché nessuno sa con certezza se

esista oppure no. Si narra che su questa terra si trovino le ricchezze più grandi che un

uomo possa immaginare, e questa sovrabbondanza di beni supera per quantità e

prosperità ogni altra terra abitata dall'uomo. Se qualcuno ci raccontasse tutto questo, lo

capiremmo perfettamente. Ma se egli in seguito affermasse anche che, poiché quest'isola

è la più grande, ricca e prospera terra che si possa immaginare, essa deve

necessariamente esistere oltre che nel nostro intelletto anche nella realtà, lo

prenderemmo certamente per pazzo.

L'ultimo punto di critica di Gaunilone è dato dalla differenza tra pensare e comprendere: è

più corretto affermare che la non esistenza di Dio non può essere compresa piuttosto che

pensata, poiché possiamo pensare anche cose false senza comprenderle. Inoltre io so

con certezza di esistere, come comprendo in modo certo che Dio è l'essere sommo che

non può in alcun modo non essere. Tuttavia io so di essere, ma posso anche pensare di

non essere. Ma allora perché non potrei fare lo stesso anche con Dio, e pensare così che

Dio non esiste? Se invece non posso nemmeno pensare di non essere, allora questa

particolarità, cioè di non poter essere pensato inesistente, non apparterrà solo a Dio.

Anselmo risponde a questa serie di obiezioni di Gaunilone scrivendo il Liber apologeticus

contra Gaunilonem. Alla prima obiezione Anselmo risponde in primo luogo che l'argomento

da lui fornito nel Proslogion vale soltanto per i concetti positivi, non per le negazioni. E “ciò

di cui non si può pensare il maggiore” se viene realmente compreso non può non esistere,

perché altrimenti esisterebbe un altro ente che sarebbe maggiore di quello, oppure

Dettagli
Publisher
A.A. 2011-2012
5 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/08 Storia della filosofia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Azzo92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Amerini Fabrizio.