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I gruppi di eremiti erano piccole comunità di solitari che vivevano in zone solitarie,
appartate, impervie, non però molto isolate, poiché la sopravvivenza si basava sul
soccorso e l’elemosina del popolo, sull’assistenza di famiglie nobili o comunità
rurali. Alcuni eremi avevano l’aspetto di piccolissimi conventi, con chiesa in
muratura.
I monasteri non erano molto diversi dai castelli in origine: i monasteri maggiori
costruivano avamposti ovunque, retti da un abate, dipendenti dalla casa madre. I
monasteri potevano appartenere a molte ramificazioni monastiche, come i
Benedettini, Camaldolesi, Vallombrosiani, Cistercensi, Pulsanesi, Certosini, Olivetani.
La novità del ‘200 era la diffusione di Ordini mendicanti, quali i Francescani, i
Domenicani, i Carmelitani, i Servi di Maria. In poco tempo, le chiese si sono
moltiplicate, di numero e di dimensioni, si alzavano in altezza, si arricchivano di
affreschi, tavole, sculture, oreficerie, stoffe.
Gli ospedali e gli ospizi erano importanti, perché vi si praticavano la carità e
l’assistenza (cura dei malati), spesso annessi agli edifici di culto, con all’interno un
altare e un corredo.
Spesso ci si imbatteva in cappelle usate da organizzazioni di laici, chiamate le
compagnie, o confraternite, che praticavano l’esercizio della preghiera, del canto
delle laudi o la flagellazione.
Fra il ‘300 e il ‘400 si cominciavano a installare agli angoli delle strade, sul fronte dei
palazzi e sui crocicchi, degli altarini, o delle immagini, illuminati da lampade
accese quando faceva buio.
Come si fa a passare da semplice spazio rituale a luogo santo? Grazie alla
presenza di un oggetto sacro. Esempio è il Santo Sepolcro di Gerusalemme e il
santuario della Verna (dove S. Francesco aveva ricevuto le stimmate). All’inizio del
cristianesimo, centri basilari erano situati in Palestina, Nazareth, Betlemme, Betania,
Gerusalemme. Il Santo Sepolcro era complesso, composto da molti ambienti: dove
Cristo era stato spogliato dalle vesti, il Calvario (o punto dove era stata eretta la
croce), la pietra della Deposizione, il luogo di sepoltura. Questo era formato da
una grande struttura circolare, con dentro un ambiente più piccolo, la vera e
propria tomba di Cristo.
Degni di venerazione erano i luoghi di sepoltura degli apostoli, come le basiliche
romane, le basiliche erette sui punti in cui i martiri erano stati sepolti, le tombe dei
santi nuovi, come S. Francesco d’Assisi.
Cosa faceva sì che una cappella o una chiesa potesse diventare un luogo
devoto? Grazie ad uno status di eccezionalità, dovuto a segni come guarigioni,
eventi atmosferici, climatici, anomali, pericoli scampati, apparizioni, visioni,
operazioni promozionali organizzate dal clero. Tra ‘300 e ‘400 si infittiscono i casi di
apparizioni mariane, soprattutto nelle campagne.
§ 2. DALLA CASA ALLA CHIESA
La donna: doveva frequentare la sua parrocchia soprattutto durante la messa
domenicale, e durante le solennità liturgiche, ma se ha tempo, anche in tutti gli
altri giorni.
La grandezza di una chiesa si misurava dal campanile: le cappelle e le chiese
parrocchiali avevano campane piccole, su torrette o campanili a vela; la
cattedrale, invece, aveva la necessità di farsi sentire anche a grande distanza,
quindi aveva un campanile molto più alto, più massiccio, e campane molto più
rumorose. I rintocchi delle campane scandivano le giornate: il suono all’alba
segnava l’officio mattutino, e anche che il giorno era appena iniziato, si poteva
quindi dare avvio alle attività giornaliere; il rintocco al tramonto, segnava la fine
della giornata, e quindi la fine delle attività. In ogni caso, bisognava fermarsi e
recitare un’avemaria. Le campane suonavano in vari modi: se “a martello”, o “a
stormo”, allora era in agguato un pericolo, se “a distesa” o “a Dio laudiamo”, allora
aveva inizio una festività solenne; se “a morto”, vi era un lutto; se “a vespro” o “a
nona” o “a messa” si invitava la gente a partecipare agli offici. Le campane erano
molto importanti, talmente tanto che si usava battezzarle ungendole col crisma e
dando loro un nome, come alle persone. Erano oggetti molto preziosi, e spesso chi
le faceva, vi imprimeva il suo nome. Essendo in bronzo, potevano rovinarsi con gli
agenti atmosferici, ma per ovviare a questo problema, il campanile svolgeva
l’attività di parafulmine, soprattutto se sulla sua cima, era posta una croce di ferro
e un anemometro (chiamati insieme coronamento del campanile).
Il terreno davanti all’edificio era sacro( da qui il nome sagrato della chiesa); ai lati
venivano addossate strutture diverse, come cappelle, abitazioni, costruzioni per i
religiosi, come conventi, monasteri,canoniche, eremi. Il sagrato era comunque
sempre in ogni caso, aperto, in cui la gente poteva incontrarsi, socializzare,
comunicare, e dove anche i predicatori poteva fare i loro sermoni in mezzo a folle
di persone radunate. Lo spazio davanti alla cattedrale era chiamato piazza: era
importante, perché erano spazi grandi, aperti, basilari, se pensiamo che il mondo
post-medievale era costruito con abitazioni simili a fortezze, rinchiuse in corti
interne, inaccessibili da molti, con strade strette, piccole, fra alte torri, buie, senza
ricambi d’aria, puzzolenti. Il sagrato o la piazza svolgevano il ruolo fondamentale di
spazio libero, lucente, in cui si poteva respirare aria fresca.
La facciata della chiesa era altresì importante: stabiliva la sua dignità. Prima di
tutto il numero di porte: più ce n’erano, più l’edificio era importante; poi la
ricchezza, la varietà di decorazioni, e gli effetti cromatici, giocavano un ruolo
importante. Le basiliche paleocristiane avevano ingressi preceduti da un porticato
coperto, atrio o nartece, frequente in età romanica. Questo spazio liminale, al
confine fra città profana e sacralità del tempio, conferiva sicurezza e assicurazione
contro i furti, le rapine, le frodi. Dalle sue origini, la facciata conserva sempre
immagini, scolpite o dipinte di santi, soprattutto nella lunetta sopra il portale.
L’ingresso aveva il ruolo di intitolazione e affiliazione istituzionale del luogo sacro:
nel ‘300 si prevedeva spesso la Vergine col Bambino al centro, affiancata dal santo
titolare (a destra) e un altro personaggio (a sinistra), di solito il patrono della città ,
un santo dell’ordine, della congregazione, dell’ente. Vi era l’uso anche di
addossare alla facciata monumenti sepolcrali, detti avelli: erano una sorta di
cappelle-nicchia, strutture arcuate, ricavate nelle pareti. Novità del Medioevo
erano gli orologi meccanici, che scandivano il tempo più precisamente rispetto
alle campane. Questi erano difatto collocati sul prospetto dei palazzi pubblici, o
delle facciate delle maggiori chiese.
Come si accedeva alla chiesa? Di solito dalla porta della facciata; i chierici
accedevano soprattutto dal chiostro. Tutti entravano difatto dalla porta principale,
che segnava il simbolico confine fra mondo terreno, e la casa di Dio. La porta
doveva avere una buona serratura, non doveva rimanere infatti aperta di notte;
comune era l’uso di porre una lastra tombale presso la soglia del portone
principale. Le donne dovevano avere il velo calato sul viso, che copriva anche
tutta la testa, mentre gli uomini erano invece tenuti a togliersi il capello. Entrambi
dovevano però compiere, appena entrati, il gesto del segnarsi la fronte con
l’acqua benedetta e inginocchiarsi verso l’altare maggiore, recitando preghiere.
L’atto di segnarsi era uno dei gesti più importanti da compiere, lo si faceva prima di
andare a letto, poi appena alzati, prima di mettersi a tavola, prima di uscire di
casa. Nel ‘200 e nel ‘300 l’usanza era con 3 dita, con mignolo e anulare piegati,
medio e indice vicini, con pollice all’insù. La direzione del gesto era dalla testa al
petto, dalla spalla destra a quella sinistra ( in vigore tutt’ora nella chiesa ortodossa);
l’uso odierno del movimento opposto, da sinistra a destra, è dell’uso latino, ora
cattolico. Dopo il segnarsi, bisognava manifestare a Dio la propria umiliazione, con
un atteggiamento del corpo, ossia inclinazione verso il basso e oscillazione fra la
genuflessione e la prostrazione. Il gettarsi supini per terra era un movimento antico.
La posa in ginocchio con mani giunte aveva l’intento di esprimere la volontà di
porsi sotto la protezione di una persona potente, e usata principalmente nel rituale
dell’omaggio vassallatico.
I penitenti dovevano piegare le ginocchia, fare croce delle braccia sul petto; per
chi invece era scampato alla morte grazie ad un santo protettore, ebbene si
doveva esprimere la propria umiliazione, in chiesa si entrava con abiti miseri, non
allacciati in cima, un cappio legato al collo, volto bagnato di lacrime, senza
mantello, a piedi nudi.
Per i criminali, i rei e i grandi peccatori, c’era una cella all’esterno, lungo un lato o
presso il portico d’ingresso, con aperture. Li si doveva rimanere per tutta la
Quaresima, su un pagliericcio, con una misera tunica, senza lavarsi, con l’obbligo
di fare, ogni notte, ogni giorno, 100 genuflessioni con recitazione di paternostri.
I peccatori comuni ricorrevano invece all’automortificazione fisica, come la
flagellazione. Ci si batteva con lo scudiscio, pubblicamente, per strada, durante le
processioni, ma non dentro il luogo sacro.
Le chiese più importanti avevano un mobile, detto tronco o ceppo, che fungeva
da cassetta delle elemosine, ed era realizzato in legno. Per la raccolta dell’obolo, si
usava una scodella o un contenitore piatto, a forma di scatola, con una immagine
sacra in cima. § 3. LE PARTI DELLA CHIESA
L’interno della chiesa riproduceva il corpo umano, era infatti scandito da una
precisa gerarchizzazione spaziale: ogni edificio era diviso in 3 zone, alla testa, il
santuario, o presbiterio (luogo dove sorgeva l’altare e stava il sacerdote con gli
assistenti durante la messa); lo spazio antistante, il coro, con i suoi prolungamenti
laterali, il transetto, corrispondeva al busto e alle braccia; infine la porta d’ingresso,
la navata riservata ai laici, corrispondeva dall’addome fino ai piedi.
Nelle chiese del tardo Medioevo, i laici erano divisi da barriere architettoniche; il
coro addirittura, era spesso sopraelevato, sotto al quale stava la cripta, un
ambiente sotterraneo usato per il culto del santo. Altre volte le zone erano segnate
dalla presenza di cancelli, sovrastate da elementi in legno o in pietra, dette
transenne. I laici non interagivano molto coi ch