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NASCITA DI UN MONDO IN BIANCO E NERO.

LA CHIESA E IL COLORE DALLE ORIGINI ALLA RIFORMA

Il colore per i medievali non è un fenomeno percettivo (come invece lo è per noi dalla fine del

‘700), ma è una sostanza.

Per questo motivo gli autori del medioevo considerano il colore come un problema teologico: il

colore è una sostanza materiale o immateriale? Questa è una domanda cruciale per i teologi infatti

dalla risposta dipende il modo di concepire il colore:

COLORE

Concepito come materia Concepito come immateriale in quanto

frazione di luce

Allora è un semplice involucro, un artificio Allora partecipa ontologicamente del divino,

inutilmente aggiunto dall’uomo alla Creazione. perché Dio è luce. Pertanto voler estendere il

Pertanto occorre distruggerlo, escluderlo dal colore sulla terra vuol dire diminuire il posto

culto, cacciarlo dal tempio perché ostacola il delle tenebre e fare spazio a Dio

cammino spirituale dell’uomo

LUCE O MATERIA?

Dalla tarda antichità al Medioevo si risponde a questa domanda in modo vario.

I Padri della Chiesa si divisono in due schieramenti:

PADRI OSTILI AI COLORI: la Bibbia parla poco del colore, quindi esso è solo un

 ornamento sterile che sperpera tempo e denaro, una maschera che svia dall’essenziale (in

questo senso notano un legame tra color e celare: il colore nasconde, dissimula, inganna.

PADRI CROMOFILI: il colore è luce, non materia; è chiarezza, calore, sole (in questo

 senso notano un legame tra color e calor ->per esempio lo spiega Isidoro di Siviglia).

Questo secondo atteggiamento prevale in epoca carolingia e, dopo il secondo concilio di Nicea

(787), il colore fa un’entrata massiccia nel tempio cristiano. La Chiesa dunque in epoca carolingia,

ottoniana e romanica è piena di colore.

REAZIONI CROMOCLASTE: Questo susciterà, però, anche delle reazioni di protesta: tra 11° e

12° secolo sorge un movimento di ritorno ai valori e alle pratiche del cristianesimo delle origini, per

cui sorgono proposte di eliminare il colore dalla chiesa.

Uno di questi “cromoclasti” fu Bernardo di Chiaravalle. Egli credeva che il colore era materia, per

cui era qualcosa di impuro, un lusso, una vanitas. Egli non associa al colore, diversamente dai suoi

contemporanei, un’idea di luce e chiarezza, ma a idee di disordine, saturazione e oscurità:

definisce il colore come torbidus, spissus, surdus. Il colore non illumina, oscura e questo avviene

non per la tonalità del colore, bensì per la densità e saturazione-> posizione singolare: vedere il

chiaro e il bello nel non saturo è strano nel Medioevo! Come spieghiamo questa strana sensibilità

bernardiana?

1) Priorità che Bernardo dà al senso dell’udito su quello della vista, per cui è indifferente alla

luce e anzi si adira per la pesante illuminazione delle chiese

2) Avversione per diveritas, ossia, in termini di colore, per la policromia: non ama ciò che

luccica e brilla, per cui respinge l’uso dell’oro, delle pietre cangianti, delle vetrate multicolori

e la miniatura policroma

LA CHIESA MEDIEVALE, TEMPIO DEL COLORE

La storiografia oppone san Bernardo a Sigerio per tante cose, anche per il colore.

SIGERIO San BERNARDO

- Niente è troppo bello per il servizio di Dio, per - Cromofobia (vedi sopra)

cui valorizza la luce e i colori

- La sua chiesa abbaziale di Saint-Denis è un

tempio del colore, in quanto il colore è bellezza

che serve per celebrare Dio

- Il colore è insieme materia e luce

POLICROMIE: come già è stato detto noi vediamo le chiese medievali per come il tempo le ha

fatte, vale a dire praticamente incolori. Per questo motivo occorre ricostruire non solo quali erano i

colori usati ma anche come erano disposti e che ruolo avevano nella chiesa. Anche in questo caso

gli studi non sono stati approfonditi e il colore è stato a lungo assente negli studi di storia dell’arte

medievale.

Uno dei primi compiti deve essere quello di studiare le poche tracce di policromia architettonica e

plastica che ci sono state conservate, che non vanno interpretate semplicemente come delle

decorazioni ma come degli elementi con un valore simbolico, teologico, liturgico, emblematico e

atmosferico.

SENSIBILITA’: le indagini sul colore non vanno separate dallo studio dei rapporti tra il colore e la

sensibilità medievale: l’uomo del Medioevo ama i colori, sono per lui ricchezza e gioia. Quello che,

però, è difficile da capire è come essi vedevano la policromia.

I medievali distinguevano tra due tipi di policromia:

- Colori giustapposti= sono sgradevoli alla vista, rimandano alla nozione di variopinto e

quindi a qualcosa di negativo

- Colori sovrapposti= colori situati su piani differenti, costituiscono un sistema armonico e

qualificante. Per dare un significato al colore, ogni strato di colore è messo in relazione con

quelli che si trovano al di sopra o al di sotto di esso.

Quindi nello studiare i colori dobbiamo tenere in conto che gli uomini medievali guardavano il

colore in profondità piuttosto che in estensione: davano significato a un colore in base alla

relazione che questo intratteneva con i colori che si trovavano sopra o sotto, non con quelli che gli

erano giustapposti.

IL PROBLEMA DELL’ORO: la Chiesa fin dall’epoca paleocristiana è anche il tempio dell’oro.

L’oro viene concepito contemporaneamente come:

- Colore

- Materia

- Luce

- Metallo con peso e densità: partecipa della simbologia dei metalli e, nella scala medievale,

solo le pietre preziose gli sono superiori.

L’oro ha diverse funzioni:

1) Segno di potere: permette alla Chiesa di affermare la sua auctoritas in quanto è un segno

di potere e, come tale, viene teusarizzato.

2) Mezzo di mediazione: è scambiato, donato, mostrato.

3) Simbolo del divino: nella sensibilità medievale l’oro non è vicino al giallo ma al bianco, è

una sorta di “superbianco” che simboleggia il celeste o il divino. Per questo motivo nella

chiesa ci sono molti rituali dell’oro.

Queste sue diverse funzioni pongono un problema etico: l’oro è simbolo del divino ma esprime

anche la ricchezza terrestre, è vanitas. Da qui deriva la fobia dell’oro di Bernado di Chiaravalle.

LITURGIA DEL COLORE: quando nel 13° secolo la messa diventa un vero e proprio “sistema”, il

colore viene codificato. Vediamo come si è creata la liturgia del colore:

I. Nei primi tempi del cristianesimo, l’officiante celebra il culto con il suo abito ordinario, di

solito bianco o comunque non tinto. Col passare del tempo il bianco viene riservato alla

festa di Pasqua e alle feste più solenni del calendario liturgico. Tuttavia le pratiche

liturgiche variano da diocesi a diocesi e nessun vescova dà delle prescrizioni particolari

in materia di colore.

II. Dal 9° secolo i colori brillanti e saturi iniziano a de essere usati per gli abiti cultuali e

vengono associati a delle particolari festività. I colori utilizzati sono sette: bianco, rosso,

nero, verde, giallo, bruno e porpora. Permangono differenze tra diocesi e diocesi

III. Nel 1195 il futuro papa Innocenzo III scrive un’opera giovanile (De sacrosanti altaris

mysterio) nella quale spiega gli usi dei colori nella liturgia a Roma andando, di fatto, a

codificarne l’uso, che diventa normativo.

Ecco la distribuzione dei colori fatta da Innocenzo III

COLORE SIGNIFICATO FESTA LITURGICA

- Feste degli angeli, delle vergini e dei

confessori

- Natale

- Epifania

Bianco Purezza - Giovedì Santo

- Domenica di Pasqua

- Ascensione

- Ognissanti

- Feste degli apostoli e dei martiri

Sangue versato da

Rosso - Festa della Croce

Cristo - Pentecoste

- Messe dei defunti

- Avvento

Nero Lutto e penitenza - Festa dei santi Innocenti

- Settuagesima a Pasqua

“è un colore intermedio - Usato in tutti quei giorni in cui non

Verde tra il bianco, il nero e il convengono né il nero, né il bianco, né il

rosso” rosso

Osservazioni:

1. Il sistema liturgico viene costruito attorno ai tre colori di base della cultura occidentale:

bianco, rosso e nero, ovvero il bianco e i suoi due contrari.

2. Al sistema di colori è associato un quarto elemento che costituisce l’eccezione: il verde, il

colore in più, il colore esterno al sistema

3. Assenza del blu e dell’oro

Sebbene questo testo sia più descrittivo che prescrittivo, il testo di Innocenzo III sui colori tende a

una certa unificazione della liturgia e la sua fama fu prolungata dall’opera di Guglielmo Durant,

vescovo di Mende tra 1285 e 1286>: Rationale divinorum officiorum.

Con il Concilio di Trento si stabilirono cinque colori liturgici: bianco, rosso, nero, verde e viola.

L’ABITO: DAL SIMBOLO ALL’EMBLEMA

Dal 6° all’8° secolo nel mondo religioso avviene un cambiamento: non si usa più la lana non tinta,

ma si usano dei colori diversi con funzione tassonomica, per distinguere gli ordini, su influenza

della nascente araldica.

Questo passaggio avviene lentamente ma in modo netto:

Che colori adottano i monaci? Dal 9° secolo il NERO si impone come colore monastico per

eccellenza, e questa abitudine prende definitivamente piede tra 10° e 11° secolo, quando si

estende l’impero cluniacense fatto, appunto, di monachi nigri (al punto che tutti i movimenti

eretici, in opposizione all’ideologia cluniacense, rivendicano la povertà dell’abito originario, fatto di

lana grossolana e non tinta).

Anche l’ordine cistercense usa l’abito come reazione contro il nero cluniacense: i cistercensi

scelgono una stoffa comune e di poco prezzo, fatta di lana non tinta (quindi grigiastra) e prodotta

dagli stessi monaci del monastero, che quindi si chiamano monachi grisei.

La violenta controversia tra monaci cluniacensi e monaci cistercensi avvenne all’epoca di Pietro il

Venerabile, abate di Cluny, e di Bernardo di Chiaravalle: in una lettera Pietro rimprovera l’uso

dell’abito bianco per vestirsi perché è un colore speciale usato solo per le feste più importanti,

mentre il nero è simbolo di umiltà.

Solo dopo il 12° secolo il colore dell’abito perde il suo valore simbolico e mantiene solo quello

emblematico. In altre parole il colore serve a identificare socialmente l’ordine di appartenenza, non

a qualificare simbolicamente (come umili/puri…).

13° secolo= sorgono gli ordini mendicanti che, quindi, devono trovare il loro emblema in un colore:

Francescani: abito in lana grezza non tinta, quindi si iscrivono in quella gamma incerta dei

 grigi e dei bruni; dall’esterno sono emblematizz

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Publisher
A.A. 2015-2016
30 pagine
5 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/01 Storia dell'arte medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bismark di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Scirea Fabio.