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Santa Maria Antiqua corrispondano a uno sviluppo della
pit tura bizantina o se siano dovuti alla crescente influenza di
ele menti locali ro mani.
La prima me tà e gli anni centrali del VII secolo mostrano uno
stile propria mente ellenistico, con una ricchezza di
gradazioni tonali, dovuta forse al trasferi mento di pittori
cristiani alessandrino-ellenistici,
fuggiti dalla presa di Alessandria per m ano araba nel 642.
Sembra comunque che l'arte di Alessandria non fosse
realmente tu t ta ellenistica, inoltre uno stile pittorico e
illusionistico giunse in Italia, a Roma, anche in periodi
successivi.
Oltretu t to con il succedersi al soglio pontificio di papi greci e
siriaci, nel VII e nell'VIII secolo, e data l'esistenza di
m onasteri greci a Roma, è inutile cercare una giustificazione
per lo stile Santa Maria Antiqua e l'ondata che vi si susseguì
di stili greci.
Anche l'Italia settentrionale beneficiò di questa ondata di stili
pit torici bizantini, come negli affreschi di Santa Maria Foris
Portas a Castelseprio, quasi sicuramente opera di artisti
bizantini, anche se di datazione incerta; i paralleli più vicini
sembrano essere affreschi romani del perdiodo fra il 650 e il
710.
Con Giovanni VII (pontificato dal 705 al 707), erudito papa
greco che diede a Santa Maria Antiqua un nuovo strato di
rivesti mento, in uno stile appena importato da
Costantinopoli, iniziò un periodo di grande fertilità artistica.
Paragonati agli afferschi del VII secolo ( mi riferisco a quelli di
Santa Maria Antiqua), impregnati della freschezza ellenica di
Eraclio, quelli voluti da Giovanni VII sono un po' meno
pit torici, le macchie di colore si allungano in pennellate con
un aspet to più calligrafico, comunque ancora leggibili come
luce e o mbra, in contrasti talvolta dram matici, aprendo una
strada che verrà poi seguita dalla seguente evoluzione.
Da uno svolazzo calligrafico si passa ora ad un contorno
continuo, l'illusione si trasforma in ornato, la texture lascia il
posto alla stru t tura, come si può vedere in una testa della
m e tà dell'VIII secolo, periodo di papa Zaccaria (741-752),
m olto diverso dagli stili precedenti.
L'evoluzione verso la durezza iconica e il linearismo spartano
raggiunse l'apice nella navata di sinistra di Santa Maria
Antiqua della fine dell'VIII secolo - inizio IX secolo (i quattro
m ar tiri del catalogo).
Non sappia mo con certezza se l'evoluzione qui presente sia
un'eco di quello che accadeva a Bisanzio, dove certa mente
non esistet te una evoluzione coerente per la pittura
religiosa.
Forse parte della sua arte profana si sviluppò lungo linee
simili a quelle di Roma, anche se la tendeza all'astrattismo
pare ininfluente in un'arte che prese spunto dalla
naturalistica arte classica o dalla decorazione islamica.
Gli affreschi della Cappadocia o i mosaici di Santa Sofia a
Salonicco del IX secolo, mostrano invece come l'arte
provinciale si evolvesse proprio verso un'astrazione
crescente, più della stessa arte greca in Italia, insieme a
gruppi di manoscrit ti.
Tuttavia non tu t te le pit ture religiose in Italia si ispiravano
all'arte bizsntina; vi è una corrente, una versione indigena
dell'arte paleocristiana, particolar mente forte nella
m iniatura, che ebbe una grande diffusione in Occidente e al
Nord, maggiore del modesto valore artistico dei suoi prodotti
autentici.
Anche in precendenza m anoscritti di questa corrente
venivano copiati negli scriptoria del Nord Europa anche se la
rinascenza anglosassone non è frut to esclusivo di questo
stile, che ha avuto origine grazie anche all'Italia bizantina e
alla stessa Bisanzio.
Probabilmente gli artisti del Nord non vedevano alcuna
differenza fra questi stili, o non se ne curassero, dato il loro
at teggia mento pro miscuamente eclettico.
L'atteggia men to di Carlo Magno, con la sua "Kunstpolitik",
era co mpleta men te diverso, dato il rapporto infelice, a livello
politico e personale, con Bisanzio.
Un proget to m a tri moniale avrebbe dovuto stabilire stretti
lega mi fra il regno dei Franchi e Bisanzio, m a fallì e si arrivò
ad una to tale rot tura fino ad azioni bellicose nel 787, anno
del secondo Concilio di Nicea, che ristabilì il culto delle icone
a Bisanzio.
Carlo Magno fece dichiarare non valide le decisioni del
Concilio.
In questo contesto sono nati i Libri Carolini, diretti più contro
il culto delle im magini che contro l'iconoclastia; Teodolfo,
vescovo d'Orléans e autore dei libri, am met te una certa
utilità delle im magini religiose e ne condanna la distruzione;
egli co munque è molto più duro con gli adoratori che con i
detrat tori, dato che il pa mphlet (il libello, il saggio) aveva
come scopo il bat tere Irene; inoltre Teodolfo era spagnolo,
perciò aveva una repulsione "naturale" nei confronti delle
im magini.
San Julian de Los Prados a Oviedo aveva rigorosamente
escluso non solo le rappresentazioni religiose, ma ogni
ele mento figurativo, questo a causa del Sinodo locale di
Elvira del 310.
L'Evangeliario di Soissons ha mo tivi simili all'arte spagnola,
eco dell'arte iconoclasta bizantina.
Il docu mento più interessante delle tendenze iconoclastiche
nell'arte carolingia vera e propria è il m osaico absidale
dell'oratorio di Teodolfo a Germigny-des-Prés, la pianta a
quinconce guarda la Spagna e ai prototipi orientali.
Il m osaico raffigura l'arca dell'Alleanza, con cherubni della
testa u mana, te ma chiave nella lotta iconoclasta.
I Libri Carolini ne parlano come un caso unico, una
rappresentazione voluta da Dio stesso, che quindi acquisì la
dignità di essere l'unica rappresentazione possibile di Dio e
fu inserita nell'abside della chiesa di Teodolfo, un secondo
te mpio di Salomone, unico esempio di questo tipo.
Un esempio grave mente danneggiato si trova in Armenia
(Tekor) e non è del t u t to impossibile che il te ma esistesse
nll'arte bizantina.
Il m ovi mento ellenistico dell'affondo di Germigny è
tipica mente ellenistico e si trova spesso a Bisanzio; posizione
m olto alla m oda dell'arte me tropolitana, derivata dal tardo
ellenismo e tornata in voga in tu t ti i revival, in special modo
nella rinascenza m acedone.
Il m essaggio iconoclastico del mosaico di Teodulfo ha
suscitato ricerche che hanno portato alla conclusione che
nell'arte carolingia fosse esistito un embrago conto la
raffigurazione di Cristo in m aestà; il Cristo in trono della
cupoal di Aquisgrana sarebbe stato inserito nel XII o nel XIII
secolo; una incisione di Giovanni Ciampini docu menta la
presenza nel periodo m edievale, anche per la forma
tardoro manica del trono e l'eccentrica posizione della figura
su di esso.
L'originale carolingio, del 790-800, aveva al centro solo
l'Agnello, che concorda con il testo dell'Apocalissse e con
altre raffigurazioni precedenti e coeve.
L'im magine del Pantocreatore ricorre nei più antichi e più
recenti fra gli evangeliari delllo scriptoriu m di Carlo Magno,
come l'evangeliario di Godescalco del 781-783 e
l'evangelario di Lorsch dell'810 circa, mentre in quelli negli
anni inter medi, dell'atteggiamente anti-iconico dei Libri
Carolini, è assennte.
Non si ha la certezza di ciò ma le argomentazioni di
Schnitzler sono molto convinceti.
Comunque è cosa certa che siano esistite tendenze nell'arte
carolingia anti-iconiche o iconoclaste, dvute ai senti menti
antibizantini di Carlo Magno.
Bisofna chiederci se gli orienta menti bizantini hann giocato
un ruolo nella scelta dei prototipi da utilizzaaare nell'arte
carolingia e nella creazione di un linguaggio artistico in cui
questi stessi prototipi dovevano essere tradot ti.
L'evangeliario di Godescalco è il più antico prodotto dello
scriptoriu m (781-783) e precede di 4 anni il conflitto con
Bisanzio, tu t tavia precede l'abolizione dell'embrago
iconoclastico contro Bisanzio.
Per cui non esistevano prototipi bizantini contem poranei che
l'evangeliario di Godescalco potesse seguire; i modelli sono
quindi scelti dell'arte contem poranea italiana, da libri
occidentali o da manoscritti greci precendeti.
Una pir ma sintesi di questi elementi era stata raggiunta a
Ravenna, dove gli affreschi del IX secolo di San Viatle sono i
più stretti paralleli con gli evangelisti di Godescalco.
I principi fo mda men tali della prima arte carolingia, di quella
ravennate e di quella romana, sono i contorni fortemente
definiti, lo schematismo astratto della figura e dei
linea menti, l'assenza di qualsiasi m odellato se non quello
delle linee scure .
La scuola di corte di Carlo Magno, variante locale dello stile
provinciale greco, iniziò con una certa quantità di ingredienti
bizantini.
L'atteggia men to di uno dei quat tro evengelisti, San Marco,
copiato nel Marco dell'Evangliario di Soissons e nel Matteo
dell'Evangliario di Treviri, deriva diretta mente da una fonte
bizantina più antica, un antenato de ms. gr. 1156 dell'XI
secolo (63. Lezioneario con Giovanni), data la lotta
inconclasta il modello bizantino deve essere datato al pri mo
quarto dell'VIIII secolo.
Negli evangeliari successivi compaiono per la prima volta
ele menti bizantini conte mporanei.
Il m archio distintivo è l' effetto di seta sgualcita , visibile nel
panneggio dell'Evangeliario di Soissons, in particolare sulla
coscia destra, prodotto dalla giustapposizione di
lu meggiature dalle for me strane e frastagliate e da elemento
più scuri, quasi lineari su uno sfondo di tonalità m edia.
Durante la rinascenza macedone si usò questo stile, come si
nota nel Salterio di Parigi.
Anche la for ma delle mani e l'ampiezza del panneggio, con i
bordi a zig-zag degli evangelisti derivano da Costantinopoli;
si vedono nelle opere bizantine come nei mosaici di
Costantinopoli, di Salonicco e nelle m iniature del Gregorio di
Parigi.
Il nuovo " magnifico" stile della scuola di corte, che ha uno
straordinario rappresentatno nel Panatocreatore di Santa
Sofia a Istanbul, deriva da uno degi stli della conte mporanea
arte bizantina.
L'uso generoso dell'oro, il ricco sistema di colori giustapposti
e contrastanti, la tecnica delle ombre e delle lu meggiature
frastagliate su sfondo intere medio, tu t to ciò deriva da
m odelli bizantini.
Queste tecniche erano applicate agli schei derivati da
prototopi italo-greci ma i minatori ne esasperavano gli
effett ti.