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3. I CONFLITTI DEL V SECOLO (PARTE I)
Il IV secolo ci ha posto di fronte a una grande varietà di iniziative e di
impulsi ancor più visibile nel corso del V secolo. Una delle
caratteristiche più sorprendenti dell'arte mediterranea di questo
secolo è la pronunciata diversificazione regionale determinata da
processi in ambito politico, culturale e religioso. Con la suddivisione
dell'impero fra i due figli di Teodosio, le parti orientale ed occidentale
si erano poste su strade diverse. L'Occidente sostenne le invasioni
barbariche ed in questo processo distrusse la struttura politica,
mentre in Oriente si svilupparono profonde scissioni religiose sulla
questione della natura divina e umana di Cristo, scissioni che
portarono alla luce tendenze particolari come quelle delle aree
Egiziane e Siriane.
*In Italia, sviluppi diversi possono essere rintracciati a Ravenna -
prima rifugio della corte imperiale occidentale, poi sede dei re
germanici - e a Roma, dove i cambiamenti militari e politici lasciarono
intatto solo il potere del Papato.
Fra le caratteristiche principali del periodo va notata la sua
frammentazione. Tuttavia, ad osservare le diverse regioni e le
differenti arti, emergono tratti comuni o sintomi comuni. Ovunque, in
un modo o nell'altro, la tradizione classica che si era ripresentata nel
corso del IV sec fu soggetta a nuove sfide. Fu messa dinanzi a
tendenze opposte di vario tipo che in alcuni casi determinarono sottili
modifiche, in altri cambiamenti radicali.
I rilievi in avorio si prestano ad evidenziare alcuni nuovi orientamenti
stilistici del V secolo. La pratica di celebrare l'assunzione di alte
cariche con la distribuzione di dittici elaborati continuò per tutto il
periodo ed ancora una volta ci troviamo nell'ambito dell'aristocrazia
romana. Fra gli esempi sopravvissuti un buon numero si riferisce a
personaggi conosciuti indicando pertanto indicazioni cronologiche
certe. Possiamo confrontare
il dittico di Boezio (fig 81) console nel 487 con gli esempi del periodo
intorno al 400 che abbiamo esaminato in precedenza. Facendosi
rappresentare come figura statuaria contra una struttura
architettonica, Boezio aderiva a un tipo di iconografia consolidata.
Su una valva del dittico è rappresentato in piedi, sull'altra
• seduto nel ruolo di donatore dei giochi. Nessuna delle figure
agisce nello spazio. Anzi, entrambe le figure appaione affisse
all'elemento architettonico, con la testa stranamente schiacciata
contro la trabeazione. La mole della figura esclude qualsiasi
traccia di tridimensionalità. Le braccia e le gambe del console
in piedi sono flosce; nella rappresentazione del console seduto,
la parte alta del braccio sembra mancare. Non c'è coerenza
nelle proproporzioni, così come non c'è armonia o ritmo nel
movimento o nella posa. Una testa enorme poggia su un busto
tozzo; gli standard classici sono decisamente rifiutati anche
nell'intaglio aggressivo "a scheggia": il ritratto sembra
ricondurre ai tempi della Tetrarchia e analogamente dà
l'impressione di essere stato escogitato per proiettare un
immagine di forza bruta.
Comunque sia negli anni successivi al collasso dell'impero
d'Occidente nel 476, i mebri della nobiltà romana non
abbandonarono completamente l'ideale di un raffinato classicismo
accademico. La scomparsa di quell'ideale fu determinata da un
processo graduale che può essere seguito in una serie di dittici
realizzati in Occidente nel corso del V secolo. Si può osservare come
la presa delle figure su una base concreta perda sempre più
fermezza. Gli elementi evocativi dello spazio sono diminuiti o eliminati
completamente. Le proporzioni si fanno pesanti, le pose rigide e
legnose, i volti sembrano maschere con grandi occhi inespressivi. Il
rilievo arrotondato cede spazio ad incisioni marcate, dalle linee
schematiche. Sebbene non tutti i dittici ufficiali nel periodo fra il 420 e
il 480 testimonino ogni aspetto di questo sviluppo, esiste
indubbiamente una progressione ed un cambiamento di stile.
Un corrispondente mutamento stilistico si può notare in alcuni avori
che rappresentano soggetti cristiani.
L'artista che intagliò una serie di scene della Passione di Cristo
• su 4 tavolette ( fig. 83) ora a Londra, era evidentemente
radicato nella tradizione che nel 400 aveva prodotto rilievi
cristiani di carattere classico. I tipi facciali, lo stile del
drappeggio, gli atteggiamenti e i gesti sono simili e persiste
anche una gentile atmosfera lirica caratteristica dell'avorio di
Monaco. Tuttavia, le figure sono diventate pesanti e sembrano
assorbire tutto lo spazio. Ne risulta che le composizioni sono
diventate serrate e, nonostante l'altrorilievo, bidimensionali.
Un gruppo di piccoli rilievi con scene del Vangelo (fig. 84) divisi
• fra Berlino e Parigi, sebbene meno affollati, mostrano una
perdita di sensibilità o di interesse per la figura umana. Non
solo il rilievo è molto piatto, le azioni e i movimenti tendono a
essere proiettati sul piano di fondo, con il quale le figure si
stagliano. I movimenti generali sono a scatti e piuttosto
meccanici; l'azione è tutta diretta, univoca e non rimane spazio
per il lirismo.
Si aprì la strada ad una radicale trasformazione stilistica che diventa
pienamente evidente più avanti nel secolo:
Nelle scene del Vangelo raffigurate su una rilegatura libraria
• conservata nel Duomo di Milano le scene combinano
l'affollamento di figure tipico dei pannelli di Londra con la
rappresentazione dell'azione dei pannelli di Berlino e Parigi. Le
figure sono disegnate in modo approssimativo e non si
stagliano con forza anche se molte di esse si sovrappongono
alla cornice. Invero, è la struttura di quadrati, cerchi e rettangoli
che determinano uno sfondo uniforme per l'elaborazione
dell'Agnello e della Croce, modulati come elementi principali nei
pannelli dei due piatti.
Tutti questi avori furono eseguiti in Occidente e presumibilmente in
Italia. Non si possono evidenziare con certezza i centri che li
produssero, ma vi fu una forte coerenza e omogeneità nello sviluppo
stilistico.
Volgendosi al Mediterraneo orientale, nel V secolo vi fu uno sviluppo
implicito in un considerevole gruppo di dittici eseguiti per dignitari di
Costantinopoli subito dopo la fine del secolo. I dittici di Areobindo
console nel 506 (fig. 86, 117) e Anastasio console nel 517 (fig. 68,
69) mostrano ancora il tema dei giochi del circo presieduti dal
funzionario che li ha donati. La curvatura dell'arena è ancora
presente, le azioni al suo interno sono realistiche e vediamo persino
un gruppo di spettatori dietro le transenne. Tuttavia, è mutato
completamente il rapporto fra la scena e il donatore divenuto ora una
figura enorme, rappresentata intera, maestosamente seduta in trono.
All'osservatore non viene più fornito un pallido indizio di come le
scene possano essere collegate l'una all'altra. La scena nell'arena è
relegata in una sorta di predella. Ci
sono diversi esempi precedenti a riguardi, come la base dell'obelisco
di Teodosio (fig. 60): gli episodi dell'Ippodromo sono rappresentati in
scala ridotta nella zona inferiore. A ciò corrisponde l'esaltazione
simmetrica del personaggio che presiede i giochi. Si può citare citare
il precedente dell'arte di corte teodosiana anche per quanto riguarda
l'immagine frontale, intera del potente in trono (fig. 57). Pur
riconoscendo questi precedenti che influirono nella realizzazione dei
dittici, la differenza con i lavori precedenti continua ad essere
evidente. --> Vi è un sovraccarico di oggetti simboli di trionfo e di
maestà. Il rilievo costituisce uno schema rigido e compatto insieme,
che esclude la tridimensionalità. La figura principale, con il volto
sferico, i giganteschi occhi rotondi e il costume riccamente ornato,
diventa essa stessa emblema e parte integrante di questo schema.
L'intaglio risulta essere più duro e metallico.
Lo stile di questi rilievi presuppone uno sviluppo che corrisponde a
quello osservato in Occidente. Si trova in Oriente un analogo
indurimento delle forme, l'eliminazione dello spazio e della profondità,
la creazione di uno schema costituito da piani che si identifica con la
superficie materiale del pannello. Eppure messi a confronto con la
produzione italiana, i dittici orientali risultano più precisi e raffinati (il
corpo del console è presentato senza squilibri nelle proporzioni). Ma
nei dittici orientali c'è il medesimo interesse per la diretta
ostentazione del potere, come testimonia l'ossessivo accumolo di
emblemi e di simboli che circondano la figura del console.
Racchiudendo con fermezza la figura e la sua azione in uno schema
generale, la maestà della sua carica riceve una precisa espressione
visiva. L'immagine è resa atemporale e immutabile.
MOSAICI. I mosaici divennero il principale canale di arte figurativa.
Infatti, è sui suntuosi rivestimenti delle pareti e delle volte delle
chiese di Ravenna, Roma, di Milano e Tessalonica che sopravvivono
i più grandi esempi artistici del V secolo. Il mosaico parietale non si
affermo pienamente fino al IV secolo, mentre il mosaico pavimentale
era un genere tradizionalmente più utilizzato soprattutto nel periodo
ellenistico e divenne forma di decorazione diffusa in tutto il mondo
romano già all'inizio del I d.C. Nel Mediterraneo
orientale del V secolo, si può isolare un episodio significativo per
quanto riguarda la storia della decorazione pavimentale: ovvero
l'emergere del "tappeto figurativo".
Ad Antiochia e ad Apamea, come in molti altri centri del Vicino
Oriente, nel V secolo entrò in voga un nuovo tipo di decorazione
pavimentale. Le composizioni figurative furono smembrate; ciascun
elemento venne disposto singolarmente su sfondo neutro, a formare
uno schema estensibile ad infinitum. Le singole figure mantegono la
loro tridimensionalità; uomini e animali possono essere rappresentati
intenti a svolgere azioni realistiche, ma l'ambiente è disgregato =
anzichè uno sfondo paesaggistico si trovano arbusti isolati, alberi e
tratti di terreno sparsi qua e là fra le figure: tutti i motivi sono più o
meno equidistanti l'uno dall'altro.
Nella storia della decorazione pavimentale antiochena, questi tappeti
furono un'innovazione. Tradizionalmente, il modo consueto di
rappresentare i soggetti sul pavimento era sotto forma di emblemata,
vale a dire sorta di quadri con figure e oggetti, visualizzati nei loro
rapporti naturali su sfondi evocativi di profondità. Tali pannelli