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3. FONDAZIONI DELLA MODERNITÀ GIURIDICA
Il Trecento presenta decenni di guerre rovinose, carestie, fame. La protagonista
dell'intero secolo è la peste, che ha sterminato una parte di Europa, si parla della
morte di un terzo della popolazione. Vi è un massiccio abbandono delle terre e una
crescente anche se sterile urbanizzazione. Tutto ciò porta una scossa demolitiva
nella coscienza collettiva. Non è certamente un trapasso improvviso nè un brusco
capovolgimento della clessidra storica, è un entusiasmante periodo di transizione,
in cui si mescolano vecchio e nuovo. Il 1300 segna una svolta: se fino ad ora è
centrale la società e annullata la figura dello stato, ora la tendenza si inverte.
Non si può ancora parlare di stato vero e proprio, ma le prime forme sono ora più o
meno visibili. La società fa un passo indietro a favore della dimensione pubblica, a
favore del concetto di sovranità. Da un punto di vista della storia materiale, si torna
indietro, quasi alla caduta dell'Impero romano. La sopravvivenza torna ad essere
difficoltosa. Gli eventi si ripetono in modo simile ma non ci sono le stesse reazioni.
L'uomo ha paura per ciò che non funziona più. Grossi utilizza l'immaginario di
Petrarca, che vive a pieno quest'epoca e scrive che si sente come fosse su un crinale:
"vivo in un terreno di confine che stimola a guardare insieme all'indietro e in avanti,
indietro vedo un mondo morente, avanti vedo un mondo nascente."
Gli uomini credono che le certezze del passato li hanno traditi : la nicchia, la
famiglia, la comunità non sono riuscite a garantire la sopravvivenza.
Il soggetto, in balia di eventi incontrollabili (come l'epidemia di peste) inizia a
pensare di avere la capacità di liberarsi dalle cose che non hanno funzionato.
Tale senso di liberazione viene percepito anche dal principe. Egli si sente costretto
in un contesto frammentato, eterogeneo, opta per una semplificazione, sceglie di
accentrare ed accorpare. Intende liberarsi dai concorrenti sul territorio per avere
maggiore libertà di azione. La liberazione è quindi sia del soggetto che del principe:
liberazione dalla natura bruta, dai tanti lacci sociali, da quell'ordine sociale che
proteggeva il soggetto e insieme lo vincolava, dalle stesse cose. Il soggetto ora si
sente capace di trovare all'interno di sè le forze per dominare la realtà. Il soggetto
medievale è uomo intelligente, dotato di conoscenza, è un soggetto che ama e
vuole, che punta sulla volontà concepita come dominium. Esso diventa la generale
categoria interpretativa del secolo. Non siamo ancora catapultati
nell'individualismo, tuttavia si inizia a ragionare in termini di dominio di se stessi.
Accanto alla proprietà delle cose (dominium rerum) si forma il dominium sui, la
proprietà che ciascuno ha sulle proprie membra e sui propri talenti.
Il dominio di sè fa nascere un nuovo protagonista: il soggetto abbiente, colui che
possiede notevole capacità economica.
E il diritto ?? Grossi mutua da Hegel la metafora della civetta: essa si leverà in volo
solo al termine del giorno. Il diritto, le conseguenze giuridiche emergeranno alla
luce del sole solamente dopo che le enormi trasformazioni ora presenti saranno
maturate e completate in modo definitivo. Quindi dal punto di vista giuridico non vi
è ancora un vero e proprio ribaltamento dei valori.
Alla visione reicentrica si sostiuisce una visione antropocentrica, e il diritto che verrà
si nutrirà ed impregnerà di questa nuova visione, di questi nuovi valori.
La ricerca di un nuovo ordine giuridico durerà secoli, dando un modello compiuto
solo alla fine del Settecento, quando la Rivoluzione francese spezzerà in modo
definitivo l'Ancién Regime.
I nuovi protagonisti: micro individuo e macro individuo
La nuova avventura liberatoria intende liberare ogni individualità prima compressa,
incatenata, vincolata. Si tende di riscoprire un nuovo ordine fondato su una
dimensione tutta umana ed individuale. Il soggetto fisico non ha più bisogno di
rannicchiarsi in protettivi assetti comunitari. La società è considerata un
impedimento per la libera azione del:
Micro individuo privato: conquista ora capisaldi sul piano culturale, religioso,
• giuridico, ma soprattutto economico (visto che la sua libertà si identifica nella
proprietà) e così protagonista della modernità sarà l'abbiente, il benestante.
Macro individuo pubblico: prendono forma delle entità politiche cariche di
• pretesa e volontà mai riscontrate prima. Non sono ancora degli stati ma degli
embrioni di stato. Siamo certamente alle origini dello stato moderno,
itinerario sintetizzabile con: sempre più Stato, sempre meno società.
Emersione del diritto patrio in Francia
Nel Regno di Francia vi è un laboratorio politico-giuridico della modernità.
È in Francia riscontrabile un orientamento preciso per una indipendenza totale.
Filippo il Bello è infastidito dalla presenza invadente della Chiesa. Nasce un conflitto
con Bonifacio VIII che ha un'idea teocratica del potere: egli afferma il primato del
potere papale in campo spirituale e temporale, ribadisce che il potere della Chiesa
viene direttamente da Dio, i sovrani non possono far altro che essere subordinati.
Filippo convoca una assemblea in modo da coalizzarsi con gli altri poteri: prelati,
quindi le basi della Chiesa, i baroni, i deputati delle città. Durante questa assemblea
ottiene dai partecipanti il riconoscimento di una sovranità originaria (potere
attribuitogli da Dio), una supremazia assoluta sul piano temporale ma anche
riguardo ai feudatari ed agli ecclesiastici.
L'anno seguente muore Bonifacio VIII , viene succeduto da Clemente, papa che
aveva chiaramente un progetto differente da quello del suo predecessore.
Filippo il Bello ebbe presto la meglio: emerge e si consolida un potere sovrano,
sempre più compiuto, e la prerogativa principale diviene la produzione del diritto.
Il sovrano francese del 300 si occupa di diritto ma in modo prudente: lascia alle
consuetudini la disciplina dei rapporti tra privati.
Filippo ha un secondo problema: l'ascendenza imperiale del diritto romano, che dai
giuristi viene utilizzato come miniera di soluzioni. Filippo intende rivendicare una
sovranità e una originarietà del suo potere che si distacchi da tutto.
La Francia è suddivisa: i paesi del nord hanno diritto consuetudinario, i paesi del sud
hanno diritto tendenzialmente scritto, il diritto comune, di ascendenza romana.
Filippo sostiene che il vero diritto sia quello consuetudinario del nord. Utilizza una
formula del diritto romano : rex in regno suo est imperator in modo da ribadire una
sovranità originaria. Nel suo territorio il re è l'imperatore.
Nel 1454 Carlo VII con una ordinanza dispone la redazione per iscritto delle
consuetudini. È una manovra importante perchè significa cominciare a cambiare la
natura delle consuetudini. L'assetto consuetudinario rimane formalmente intoccato
e la monarchia realizza un duplice scopo: operare un controllo e attenuare la
frammentazione dei diritti particolari stimolando delle riunificazioni.
Nel 1539 Francesco I egli emana una ordinanza con cui riforma la giustizia. Tutti gli
atti giuridici ufficiali devono essere redatti in lingua francese. La lingua è un fattore
che rende l'identità e l'autonomia. In più, in tal modo si pone in secondo piano la
[
lingua tipica dei giuristi, ossia il latino. Inizia a configurarsi un diritto dei francesi,
anche linguisticamente autonomo, un diritto patrio, di chi è nato in Francia, non un
diritto nazionale. Questo processo inizia con Filippo il Bello nella prima metà del
1300 e si conclude attorno al 1700 con le famose 4 grandi ordinanze del re Sole e del
]
ministro Coulbert, massima espressione del potere assoluto dei sovrani.
Possono realmente fare a meno della intelaiatura del diritto romano ? No.
Questa manovra fa emergere il diritto consuetudinario francese ma quando si tratta
poi di organizzarlo e sistemarlo si ricorre necessariamente agli schemi del diritto
romano. Nel 1576 Baudain uno dei giuristi francesi più importanti, registra il
cambiamento avvenuto e scrive I sei libri dello stato: le fonti giuridiche sono due, la
legge e il diritto. La legge era una consuetudine dichiarata da un sovrano, mentre
adesso esprime la volontà potestativa del sovrano ed è un comando autoritario.
Il diritto esprime le regole materne delle consuetudini, regole che nascono dalle
cose e sono intrise di equità, guardano cioè con pietà alla realtà.
Il panorama giuridico di Baudain non corrisponde ancora ad una realtà compiuta
che ora domina la Francia, è un germe. Questo lungo processo di emersione del
diritto patrio confluisce nella necessità di un diritto espressione del monarca,
superiore alle consuetudini, che non vengono comunque eliminate.
Il passaggio successivo è quello di rendere superiore il diritto che emana dalla
volontà potestativa rispetto alle pratiche consuetudinarie, ma solo la Rivoluzione
francese riuscirà in questo intento. Le varie ordonnances emanate dei vari sovrani
che si susseguiranno non riusciranno a far prevalere le loro fonti sulle altre.
Inghilterra e origini del common law
L'Inghilterra è un laboratorio politico giuridico della conservazione, sceglie di
rafforzare la consuetudine e di non prendere la strada della legge. Il punto di
partenza è la battaglia di Hastings nel 1066: Harold II ultimo monarca sassone viene
sconfitto da Guglielmo II il Conquistatore. L'instaurazione del forte regime
normanno crea una struttura unitaria e centralizzata nel paese.
Da questa centralizzazione nasce il common law : si creano delle corti centralizzate
del sovrano, da egli presiedute, con sede a Londra. Il nuovo common law
rapidamente sostituisce l'ammasso di consuetudini fatto valere dalle corte locali, e
questo avviene non mediante formale abrogazione bensì perchè le corti regie erano
di fatto preferite. Ma il common law non è un prodotto del sovrano, non è sua
volontà. Il common law si costruisce mediante writs. Il writ è il momento creativo
del diritto, è una ingiunzione, un comando che parte dal re e va alla corte locale sul
territorio, gestita dal feudatario, cioè il sovrano locale.
Il common law è un diritto dall'impronta casistica, ossia costituito da rimedi e
soluzioni processuali specifici per specifiche situazioni.
Dietro le corti regie c'erano esperti, tecnici, personaggi che non hanno frequentato
prestigiose università apprendendo il sapere dei romani, ma uomini