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UN MONDO A PARTE
Il libro tratta una ricerca empirica, svolta sul campo, che tenta di indagare in profondità gli
atteggiamenti di soggetti sociali non adulti, ma bambini delle elementari.
L’obiettivo della ricerca è svelare il “mondo a parte” dei bambini, i loro punti di
riferimento, i valori sociali e le rappresentazioni che sottostanno al loro modo di vedere e
di relazionarsi con la realtà che li circonda. Questo aspetto è strettamente legato a come i
bambini esplicitano la loro visione del mondo attraverso il linguaggio.
La ricerca studia anche le diversità fra bambini di prima elementare e di classi successive.
I bambini interpretano a loro modo e creano significati a se stanti, del tutto diversi dal
“mondo degli adulti”. Sorge quindi il problema di come comparare due “mondi” così distanti.
Nella ricerca si è usata una metodologia esplorativa, aperta all’ascolto e a raccogliere
qualsiasi impressione del bambino, e, soprattutto, adeguata al mondo dei bambini. Non
deve esserci un approccio invasivo: il bambino deve avere la massima libertà di
espressione. Un questionario non era una soluzione attuabile, perciò si è deciso di proporre ai
bambini dei giochi. Per ottenere l’attenzione e la collaborazione del bambino è necessario
infatti porsi sul suo stesso piano, evitando giudizi o valutazioni, altrimenti il bambino può non
rispondere, o rispondere in modo convenzionale, non sincero. Bisogna, quindi evitare
atteggiamenti di superiorità. Il gioco permette di capire che significato danno i bambini a
tematiche importanti: gli stereotipi, i pregiudizi, la costruzione dei valori amicali, il bullismo.
Pertanto, le due tecniche utilizzate in questa ricerca includono l’osservazione (Le Play,
praxis di Marx) e il gioco. La ricerca sociale, quindi, si trasforma in ricerca-azione.
Il ruolo di integrazione delle maestre è stato fondamentale per rendere possibile la ricerca.
La ricerca è stata effettuata in una scuola elementare nella periferia di Roma, a Morena: una
zona ampia e molto eterogenea (case popolari e ceti sociali più elevati), con un buon numero
di abitanti immigrati. Nella ricerca, che comprese 190 bambini, 33 non erano italiani.
L’obiettivo è capire come i bambini costruiscono le proprie idee in base a certi aspetti:
1) Parole che feriscono (cap. 1)
2) Pregiudizi e stereotipi , come i bambini li vedono, li interpretano e li assimilano (cap. 2-7)
3) Situazioni spiacevoli da rivivere personalmente , empatia (cap. 3)
4) Confronto con i luoghi comuni, la cultura popolare dei proverbi (cap. 4)
5) Interpretazione di notizie (cap. 5)
6) Bullismo (cap. 6)
1. LE PAROLE CHE FERISCONO
Si cercava di scoprire i significati che i bambini si creano nel momento in cui si trovano di
fronte a parole che possono ferire il prossimo.
Il gioco, che ha riguardato tutte e 5 le classi, consisteva nello scrivere su un foglio dei termini
offensivi, per poi coprirli con una frase o una parola di incoraggiamento (scritta su un
cartoncino a forma di mano), che cancelli o superi la parola offensiva.
Inizialmente, in tutte le classi i bambini tendevano ad utilizzare delle parole schermo, ossia
evitavano di scrivere realmente ciò che li poteva ferire. Quando poi hanno capito che nel gioco
non c’erano valutazioni, hanno considerato l’attività come un vero e proprio sfogo.
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Nella 1 e 2 elementare, tra le parole che feriscono non sono presenti insulti razziali, mentre
sia gli insulti che le rassicurazioni più comuni riguardano maggiormente l’aspetto esteriore
piuttosto che la sfera emotiva, ma questo è normale perché in prima elementare non si ha
ancora la maturità emotiva necessaria per capire gli aspetti caratteriali degli altri bambini.
In particolare, dagli insulti più comuni, vanitosa per le femmine e superficiale per i maschi, si
nota che i bambini sono già indirizzati dal loro contesto sociale di riferimento.
L’episodio particolare di una bambina di colore (quattro cioccolatini) dimostra come nei bambini
più piccoli il colore della pelle sia un aspetto assolutamente secondario: quello che conta è
l’appartenenza al gruppo. Ciò rafforza l’ipotesi del contatto, secondo la quale il contatto tra
differenti etnie si traduce in una riduzione dei singoli pregiudizi. Essendo il mondo dei
bambini socialmente distante dal “mondo degli adulti”, i bambini tendono a concepire come
appartenente al loro mondo chiunque non appartenga al mondo degli adulti.
Inoltre, è molto diffuso il timore di venire esclusi dal gruppo di appartenenza. In questo caso
diventano fondamentali la figura materna ed il ruolo della famiglia come punto di riferimento.
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Nella 3 elementare comincia ad emergere l’autorassicurazione: i bambini di prima e
seconda si affidano molto di più al conforto della famiglia, mentre dalla terza elementare
sembra nascere una vera e propria forma di autostima.
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A partire dalla 4 elementare, gli insulti tendono ad essere mirati a minare le insicurezze dei
bambini (non ti voglio bene, fai schifo), a colpire la loro autostima. Gli insulti manifestano
anche dei pregiudizi etnici: i bambini di altre nazionalità vengono apostrofati negativamente.
Con l’aumentare dell’età, aumentano gli insulti indirizzati agli aspetti caratteriali, mentre
nelle classi inferiori gli insulti si concentrano prevalentemente sulle caratteristiche fisiche.
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Nella 5 elementare prevale la tematica dell’amicizia, dell’importanza di avere amici sinceri.
Inoltre, i bambini tendono ad auto-incoraggiarsi maggiormente rispetto alle altre classi.
2. INDOVINA CHI VIENE A CENA
Ogni bambino doveva invitare a cena qualche sconosciuto, di diverse nazionalità,
scegliendolo da una lista. Successivamente, ad ogni nazionalità veniva associato un nome di
un personaggio famoso, e il bambino doveva commentare sulla sua scelta. L’obiettivo era
far riflettere i bambini su come gli stereotipi possano tramutarsi in pregiudizi.
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In 2 elementare, alcuni bambini credevano che gli appartenenti alle diverse regioni d’Italia
fossero anch’essi stranieri. Ciononostante, si è confermata l’ipotesi del contatto: nel mondo
dei bambini (7 anni) la conoscenza reciproca permette di annullare le “differenze” che
inizialmente vengono percepite.
Nelle restanti classi si è notata un’elevata adesione ad un pregiudizio etnico, ad un senso
di appartenenza etnica, dato che nella stragrande maggioranza dei casi i bambini preferivano
invitare a cena dei personaggi italiani.
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A partire dalla 4 elementare, le scelte delle nazionalità cominciano ad essere profondamente
legate ai mass media (un ragazzo portoghese: cristiano ronaldo), divenuti dei veri e propri
punti di riferimento culturali e valoriali dell’attuale società.
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Nella 5 elementare c’è stata un’involuzione, nel senso che la scelta è tornata a cadere in
prevalenza sulla nazionalità italiana, come se nell’adolescenza si tendesse a rafforzare la
propria identica etnica.
3. E SE SUCCEDESSE A ME 2
Questo gioco rappresenta uno strumento qualitativo per scoprire come si formano e si
mantengono le relazioni fra i bambini, osservando la capacità dei bambini di immedesimarsi
in una situazione drammatica (empatia).
L’attività è stata sviluppata in gruppi, per studiare le relazioni al loro interno: come i bambini
auto-organizzano e gestiscono una situazione, coordinano le idee, cercano di contribuire
senza prevaricare o essere prevaricati dagli altri. Ogni gruppo doveva leggere un piccolo
brano, inserire un finale a piacere e commentarlo con il resto della classe.
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Nella 3 elementare molti bambini hanno compreso il senso empatico del racconto e si sono
emotivamente sostituiti ai personaggi del brano. Solo due gruppi, tuttavia, hanno raggiunto
un’impostazione realmente democratica, senza che i membri entrassero in conflitto e dando
ad ognuno modo di poter confrontare la sua idea con gli altri (è raro in terza elementare).
Un gruppo ha usato una votazione a maggioranza, scontentando così alcuni dei suoi membri.
I restanti gruppi hanno dato prova di scarsa coesione e comunicazione, a causa della
presenza di bambini accentratori delle attenzioni, iperattivi, che tendevano ad assumere
una sorta di leadership, ma in modo autoritario, non rispettando le opinioni altrui.
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Nella 4 elementare solo due gruppi sono stati equilibrati e democratici, mentre negli altri la
presenza di caratteri un po’ difficili e polemici ha ostacolato il lavoro di tutto il gruppo.
Tuttavia, nelle conversazioni dirette con e fra i bambini sono stati affrontati temi complessi,
anche vista l’età dei bambini, come il senso di colpa e l’adozione.
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Nella 5 elementare si sono creati 2 gruppi: in uno i maschi, nell’altro le femmine. Mentre i
maschi hanno lavorato in gruppo, le femmine hanno creato due sottogruppi. Si è confermato
il punto di vista empatico del gruppo femminile, e la loro tendenza a dare risposte
ottimistiche, a differenza delle risposte di carattere pessimistico tipiche del gruppo maschile.
Scelte, queste, che potrebbero riflettere l’esistenza di basi culturali di riferimento diverse
per maschi e femmine.
4. I PROVERBI
Questo gioco sui proverbi è un modo per verificare quanto del mondo esterno viene
percepito ed interpretato dai bambini. In particolare, si è analizzato il modo in cui i proverbi, i
modi di dire che hanno capacità di trasmettere anche immagini stereotipate, possano
contribuire alla formazione di stereotipi negativi.
A questo gioco hanno partecipato solo le quarte e quinte elementari. I bambini dovevano
scegliere e commentare dei proverbi da una lista, in cui sono stati inseriti anche modi di dire
velatamente razzisti, per verificare se i bambini li conoscessero.
a
In 4 elementare si è apprezzata una generale conoscenza dei proverbi e degli insegnamenti
in essi contenuti: i riferimenti al mondo esterno sono stati costanti.
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In 5 elementare, in una classe i bambini hanno personalizzato la spiegazione dei proverbi,
includendo esperienze personali e manifestando così le loro reali emozioni. Nell’altra classe,
non hanno assolutamente recepito lo scopo dell’attività, dando spiegazioni scolastiche.
Ride bene chi ride ultimo
L’apparenza inganna
Chi la fa l’aspetti
Quello che si voleva mettere in rilievo era la necessità che i bambini imparassero a ragionare
sul messaggio contenuto nel proverbio, arrivando ad interpretarlo in modo flessibile.
5. LEGGO LA NOTIZIA 3