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Riassunto esame Sociologia, prof. Fabiano, libro consigliato Un mondo a parte, Fabiano Pag. 1
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UN MONDO A PARTE

Il libro tratta una ricerca empirica, svolta sul campo, che tenta di indagare in profondità gli

atteggiamenti di soggetti sociali non adulti, ma bambini delle elementari.

L’obiettivo della ricerca è svelare il “mondo a parte” dei bambini, i loro punti di

riferimento, i valori sociali e le rappresentazioni che sottostanno al loro modo di vedere e

di relazionarsi con la realtà che li circonda. Questo aspetto è strettamente legato a come i

bambini esplicitano la loro visione del mondo attraverso il linguaggio.

La ricerca studia anche le diversità fra bambini di prima elementare e di classi successive.

I bambini interpretano a loro modo e creano significati a se stanti, del tutto diversi dal

“mondo degli adulti”. Sorge quindi il problema di come comparare due “mondi” così distanti.

Nella ricerca si è usata una metodologia esplorativa, aperta all’ascolto e a raccogliere

qualsiasi impressione del bambino, e, soprattutto, adeguata al mondo dei bambini. Non

deve esserci un approccio invasivo: il bambino deve avere la massima libertà di

espressione. Un questionario non era una soluzione attuabile, perciò si è deciso di proporre ai

bambini dei giochi. Per ottenere l’attenzione e la collaborazione del bambino è necessario

infatti porsi sul suo stesso piano, evitando giudizi o valutazioni, altrimenti il bambino può non

rispondere, o rispondere in modo convenzionale, non sincero. Bisogna, quindi evitare

atteggiamenti di superiorità. Il gioco permette di capire che significato danno i bambini a

tematiche importanti: gli stereotipi, i pregiudizi, la costruzione dei valori amicali, il bullismo.

Pertanto, le due tecniche utilizzate in questa ricerca includono l’osservazione (Le Play,

praxis di Marx) e il gioco. La ricerca sociale, quindi, si trasforma in ricerca-azione.

Il ruolo di integrazione delle maestre è stato fondamentale per rendere possibile la ricerca.

La ricerca è stata effettuata in una scuola elementare nella periferia di Roma, a Morena: una

zona ampia e molto eterogenea (case popolari e ceti sociali più elevati), con un buon numero

di abitanti immigrati. Nella ricerca, che comprese 190 bambini, 33 non erano italiani.

L’obiettivo è capire come i bambini costruiscono le proprie idee in base a certi aspetti:

1) Parole che feriscono (cap. 1)

2) Pregiudizi e stereotipi , come i bambini li vedono, li interpretano e li assimilano (cap. 2-7)

3) Situazioni spiacevoli da rivivere personalmente , empatia (cap. 3)

4) Confronto con i luoghi comuni, la cultura popolare dei proverbi (cap. 4)

5) Interpretazione di notizie (cap. 5)

6) Bullismo (cap. 6)

1. LE PAROLE CHE FERISCONO

Si cercava di scoprire i significati che i bambini si creano nel momento in cui si trovano di

fronte a parole che possono ferire il prossimo.

Il gioco, che ha riguardato tutte e 5 le classi, consisteva nello scrivere su un foglio dei termini

offensivi, per poi coprirli con una frase o una parola di incoraggiamento (scritta su un

cartoncino a forma di mano), che cancelli o superi la parola offensiva.

Inizialmente, in tutte le classi i bambini tendevano ad utilizzare delle parole schermo, ossia

evitavano di scrivere realmente ciò che li poteva ferire. Quando poi hanno capito che nel gioco

non c’erano valutazioni, hanno considerato l’attività come un vero e proprio sfogo.

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Nella 1 e 2 elementare, tra le parole che feriscono non sono presenti insulti razziali, mentre

sia gli insulti che le rassicurazioni più comuni riguardano maggiormente l’aspetto esteriore

piuttosto che la sfera emotiva, ma questo è normale perché in prima elementare non si ha

ancora la maturità emotiva necessaria per capire gli aspetti caratteriali degli altri bambini.

In particolare, dagli insulti più comuni, vanitosa per le femmine e superficiale per i maschi, si

nota che i bambini sono già indirizzati dal loro contesto sociale di riferimento.

L’episodio particolare di una bambina di colore (quattro cioccolatini) dimostra come nei bambini

più piccoli il colore della pelle sia un aspetto assolutamente secondario: quello che conta è

l’appartenenza al gruppo. Ciò rafforza l’ipotesi del contatto, secondo la quale il contatto tra

differenti etnie si traduce in una riduzione dei singoli pregiudizi. Essendo il mondo dei

bambini socialmente distante dal “mondo degli adulti”, i bambini tendono a concepire come

appartenente al loro mondo chiunque non appartenga al mondo degli adulti.

Inoltre, è molto diffuso il timore di venire esclusi dal gruppo di appartenenza. In questo caso

diventano fondamentali la figura materna ed il ruolo della famiglia come punto di riferimento.

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Nella 3 elementare comincia ad emergere l’autorassicurazione: i bambini di prima e

seconda si affidano molto di più al conforto della famiglia, mentre dalla terza elementare

sembra nascere una vera e propria forma di autostima.

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A partire dalla 4 elementare, gli insulti tendono ad essere mirati a minare le insicurezze dei

bambini (non ti voglio bene, fai schifo), a colpire la loro autostima. Gli insulti manifestano

anche dei pregiudizi etnici: i bambini di altre nazionalità vengono apostrofati negativamente.

Con l’aumentare dell’età, aumentano gli insulti indirizzati agli aspetti caratteriali, mentre

nelle classi inferiori gli insulti si concentrano prevalentemente sulle caratteristiche fisiche.

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Nella 5 elementare prevale la tematica dell’amicizia, dell’importanza di avere amici sinceri.

Inoltre, i bambini tendono ad auto-incoraggiarsi maggiormente rispetto alle altre classi.

2. INDOVINA CHI VIENE A CENA

Ogni bambino doveva invitare a cena qualche sconosciuto, di diverse nazionalità,

scegliendolo da una lista. Successivamente, ad ogni nazionalità veniva associato un nome di

un personaggio famoso, e il bambino doveva commentare sulla sua scelta. L’obiettivo era

far riflettere i bambini su come gli stereotipi possano tramutarsi in pregiudizi.

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In 2 elementare, alcuni bambini credevano che gli appartenenti alle diverse regioni d’Italia

fossero anch’essi stranieri. Ciononostante, si è confermata l’ipotesi del contatto: nel mondo

dei bambini (7 anni) la conoscenza reciproca permette di annullare le “differenze” che

inizialmente vengono percepite.

Nelle restanti classi si è notata un’elevata adesione ad un pregiudizio etnico, ad un senso

di appartenenza etnica, dato che nella stragrande maggioranza dei casi i bambini preferivano

invitare a cena dei personaggi italiani.

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A partire dalla 4 elementare, le scelte delle nazionalità cominciano ad essere profondamente

legate ai mass media (un ragazzo portoghese: cristiano ronaldo), divenuti dei veri e propri

punti di riferimento culturali e valoriali dell’attuale società.

a

Nella 5 elementare c’è stata un’involuzione, nel senso che la scelta è tornata a cadere in

prevalenza sulla nazionalità italiana, come se nell’adolescenza si tendesse a rafforzare la

propria identica etnica.

3. E SE SUCCEDESSE A ME 2

Questo gioco rappresenta uno strumento qualitativo per scoprire come si formano e si

mantengono le relazioni fra i bambini, osservando la capacità dei bambini di immedesimarsi

in una situazione drammatica (empatia).

L’attività è stata sviluppata in gruppi, per studiare le relazioni al loro interno: come i bambini

auto-organizzano e gestiscono una situazione, coordinano le idee, cercano di contribuire

senza prevaricare o essere prevaricati dagli altri. Ogni gruppo doveva leggere un piccolo

brano, inserire un finale a piacere e commentarlo con il resto della classe.

a

Nella 3 elementare molti bambini hanno compreso il senso empatico del racconto e si sono

emotivamente sostituiti ai personaggi del brano. Solo due gruppi, tuttavia, hanno raggiunto

un’impostazione realmente democratica, senza che i membri entrassero in conflitto e dando

ad ognuno modo di poter confrontare la sua idea con gli altri (è raro in terza elementare).

Un gruppo ha usato una votazione a maggioranza, scontentando così alcuni dei suoi membri.

I restanti gruppi hanno dato prova di scarsa coesione e comunicazione, a causa della

presenza di bambini accentratori delle attenzioni, iperattivi, che tendevano ad assumere

una sorta di leadership, ma in modo autoritario, non rispettando le opinioni altrui.

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Nella 4 elementare solo due gruppi sono stati equilibrati e democratici, mentre negli altri la

presenza di caratteri un po’ difficili e polemici ha ostacolato il lavoro di tutto il gruppo.

Tuttavia, nelle conversazioni dirette con e fra i bambini sono stati affrontati temi complessi,

anche vista l’età dei bambini, come il senso di colpa e l’adozione.

a

Nella 5 elementare si sono creati 2 gruppi: in uno i maschi, nell’altro le femmine. Mentre i

maschi hanno lavorato in gruppo, le femmine hanno creato due sottogruppi. Si è confermato

il punto di vista empatico del gruppo femminile, e la loro tendenza a dare risposte

ottimistiche, a differenza delle risposte di carattere pessimistico tipiche del gruppo maschile.

Scelte, queste, che potrebbero riflettere l’esistenza di basi culturali di riferimento diverse

per maschi e femmine.

4. I PROVERBI

Questo gioco sui proverbi è un modo per verificare quanto del mondo esterno viene

percepito ed interpretato dai bambini. In particolare, si è analizzato il modo in cui i proverbi, i

modi di dire che hanno capacità di trasmettere anche immagini stereotipate, possano

contribuire alla formazione di stereotipi negativi.

A questo gioco hanno partecipato solo le quarte e quinte elementari. I bambini dovevano

scegliere e commentare dei proverbi da una lista, in cui sono stati inseriti anche modi di dire

velatamente razzisti, per verificare se i bambini li conoscessero.

a

In 4 elementare si è apprezzata una generale conoscenza dei proverbi e degli insegnamenti

in essi contenuti: i riferimenti al mondo esterno sono stati costanti.

a

In 5 elementare, in una classe i bambini hanno personalizzato la spiegazione dei proverbi,

includendo esperienze personali e manifestando così le loro reali emozioni. Nell’altra classe,

non hanno assolutamente recepito lo scopo dell’attività, dando spiegazioni scolastiche.

Ride bene chi ride ultimo

L’apparenza inganna

Chi la fa l’aspetti

Quello che si voleva mettere in rilievo era la necessità che i bambini imparassero a ragionare

sul messaggio contenuto nel proverbio, arrivando ad interpretarlo in modo flessibile.

5. LEGGO LA NOTIZIA 3

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
5 pagine
10 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher davril86 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Fabiano Mauro.