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I regimi urbani possono assumere a loro volta profili specifici.
Due elementi importanti: uno riguarda i contenuti programmatici ( pro welfare e pro growth: il primo
privilegia l’equità sociale e la redistribuzione delle risorse; il secondo persegue l’obiettivo della crescita
economica), l’altro riguarda l’attivismo e l’influenza del potere pubblico di mobilitarsi a sostegno del
rinnovamento urbano.
I regimi urbani sono sostenuti da coalizioni stabili: coalizione è sia il gruppo informale di individui potenti
con accesso a risorse istituzionali che influenza le scelte politiche(governing coalition), sia il complesso di
organizzazioni private e agenzie pubbliche che forniscono risorse(governance coalition). La composizione e
la struttura di una coalizione di governance variano in base al tipo di regime.. in generale la composizione
risulta dalla distribuzione delle tre componenti fondamentali di ogni società locale: lo stato locale, il
business, il non profit. Il primo (government) è l’insieme dei comitati e delle agenzie governative territoriali
in cui operano rappresentanti eletti e burocratici. Il business comprende le imprese private orientate al
profitto. Il non profit riguarda le organizzazioni orientate a scopi sociali.
Rispetto ai regimi pro welfare, i regimi orientati alle politiche cella crescita competitiva presentano
coalizioni meno ampie ed eterogenee. Il nucleo delle core institutions include di regola, oltre ai
rappresentanti dello stato locale, gli attori forti del business. In questo contesto l’autorità esercita una
funzione di supporto.
In 3 casi la teoria dei regimi lascia interrogativi aperti nel caso torinese.
1) Una prima questione riguarda l’instaurazione del regime, vale a dire le circostanze e le modalità
attraverso cui un’agenda urbana si delinea e si consolida ad opera di una coalizione di attori. La nascita di
un regime urbano tende a correlarsi con l’insorgere di una crisi del modello di sviluppo di una città.
che cosa trasforma una situazione di crisi urbana più o meno conclamata in un assetto di governance
che presenta i caratteri di stabilità e di coesione costitutivi di un regime urbano?
2) La seconda riguarda i fattori che consentono il consolidamento del regime: disponibilità di risorse
finanziarie e iniziative volte a dare visibilità alla coalizione. Resta da approfondire il ruolo che la parte
pubblica esercita nel processo di consolidamento: facilitazione o pilotaggio?
3) Classe dirigente (governing coalition)
CAPITOLO 2
L’attuale città di Torino è l’esito di una costruzione politica sostenuta da un progetto, anche se non
mancano componenti spontanei.
Il progetto Torino è composto da un’agenda urbana, ossia l’insieme di problemi e soluzioni prioritari nel
territorio. A monte dell’agenda c’è stato un momento di elaborazione collettiva che la le proprie origine
negli anni 80-90, sull’ondata della sconfitta del governo di sinistra e del momento sindacale alla Fiat, con il
sociologo Arnaldo Bagnasco, che avanza un’interpretazione dello sviluppo della città. I protagonisti sono:
l’ala liberale imprenditoriale, la componente riformista del movimento operaio e una parte degli
intellettuali progressisti funzione di “illuminazione” verso i policy makers.
Successivamente a ridosso degli anni 90 si sviluppano 3 punti: il primo definisce la situazione dello sviluppo
urbano, individuando le criticità; il secondo specifica le carenze; il terzo affronta il tema della
ristrutturazione della città industriale.
Alla metà degli anni 80 convivono “due Torino”, che secondo Bagnasco derivano dalla mancata
compenetrazione del mercato e dell’organizzazione; il sistema politico non è mai stato in grado di
armonizzare il mix e l’interazione. La presenza di un’ economia altamente sviluppata produce conseguenze
negative, accentuando l’autoreferenzialità della prima e limita le scelte degli attori negli altri domini.
Quattro sono le dimensioni, tra loro intrecciate e dipendenti, del sottosviluppo della politica:
1) deficit di prospettiva: il frame ideologico è ancora l’industrialismo (e l’operaismo);
2)economicismo o mancanza di autonomia della politica (che non riesce a mediare tra impresa e sindacati);
3)deficit negoziale della politica tra intransigenza padronale e operaia (sudditanza e antagonismo);
4)lo scarto tra le esigenze del governo di una società complessa le competenze richieste per esercitarlo.
Ciò pone la politica al fulcro di un interesse di rinnovamento, per liberarsi delle pratiche obsolete e
fallimentari del passato e concentrarsi su una prospettiva alternativa. All’iniziale impostazione polemica,
subentra un approccio più costruttivo, che si concentra sull’idea nuova di città (la città non è solo il luogo
dell’implementazione della politica, ma anche un attore in grado di gettare le basi per la propria crescita).
In ogni caso il progetto politico non deve essere calato dall’alto ma essere il prodotto emergente di un
processo negoziale multilaterale.
CAPITOLO 3
Fin dagli anni 80 Torino ha assunto l’etichetta di città post-fortista.
Per fordismo si intende un regime di accumulazione e di organizzazione tecnico-produttiva che diventa
dominante tra gli anni Venti e gli anni Settanta del novecento (con prevalenza dell’industria manifatturiera
che produce beni durevoli standardizzati).
Nel post-fordismo la produzione si adatta alla domanda, si introducono nuove tecnologie, le dimensioni
dell’impresa si riducono e aumentano le piccole e medie imprese specializzazione flessibile.
Il passaggio dal fordismo al post-fordismo è segnato dal processi di ristrutturazione e da tensioni che ne
minacciano lo sviluppo (l’abbandono dei luoghi storici del lavoro apre innumerevoli vuoti che sconvolgono
l’identità fisica dei centri urbani).
I processi di ristrutturazione e di industrializzazione investono Torino dagli anni 70. La svolta si ha sul finire
degli anni 80: il gruppo Fiat imprime una forte accelerazione alla politica di internazionalizzazione
disimpegnandosi progressivamente del contesto locale e nazionale. Mentre l’occupazione industriale si
contrae, il settore terziario cresce e si diversifica. A cavallo del 2000 non è chiaro quale sia il profilo
dominante : alcuni sostengono che si è verificato il passaggio a un’economia dei servizi, mentre altri
parlano del passaggio verso una città neo-industriale.
Anni 90:
-Torino policentrica: l’obiettivo perseguito è quella di una costruzione di una città spazialmente e
funzionalmente differenziata, tramite l’espansione dell’assetto urbanistico.
1995 piano regolatore generale. L’assegnazione dei giochi olimpici invernali 2006 convogliano nella capitale
importanti flussi finanziari e opportunità di intervento. Il risultato è un nuovo riassetto urbanistico: nuovi
insediamenti edilizi in ex aree occupate da fabbriche, riqualificazione dei quartieri (Progetto Periferie 1998),
restauro dei palazzi realizzazioni delle strutture di trasporto, potenziamento dell’aeroporto (verso la Val
Susa, per collegare Lione).
- Torino politecnica: valorizzazione dei settori scientifici, tecnologici e dell’informazione: l’università inizia il
trasferimento verso sedi più decentrati, vengono creati luoghi attrezzati per l’insediamento di imprese
innovative (Investimenti Torino Piemonte).
-Torino pirotecnica o dell’intrattenimento: la città diventa fulcro di attrazioni e iniziative dai contenuti
culturali.
- Torino sostenibile e solidale: le politiche per la sostenibilità ambientale sono in secondo piano, tanto in
termini di investimenti, quanto di progetti. Le social issues non sono al centro nell’agenda cittadina,
nonostante il Primo Piano Strategico sia in costruzione con i cittadini. + politiche di integrazione degli
immigrati.
Le politiche sociali vengono attuate attraverso microprogetti non coordinati in un piano di lungo periodo.
Torino appare in linea con la maggior parte delle città americane ed europee per il tentativo di combinare
in un mix complesso differenti percorsi. Ha un modello a tripla elica che puntano alle politiche pubbliche
volte a incentivare l’innovazione e a sviluppare settori high-tech.
CAPITOLO 4
Una coalizione di governance è un insieme di forze che agiscono di concerto in vista di scopi comuni. Del
nucleo dell’alleanza fanno parte solo alcuni organizzazioni: altre invece hanno il compito di socializzare
l’agenda governativa attraverso la costruzione di rappresentazioni condivise (city image organizations).
Per arene di governance intendiamo luoghi relativamente aperti di discussione pubblica sui problemi della
città e sull’agenda governativa. Non hanno potere diretto di indirizzo sulle scelte rilevanti; si limitano a
ratificare decisioni già elaborate in consessi più ristretti veicolandole verso l’esterno.
A partire dagli inizi degli anni 90, la Camera del Commercio si accredita come luogo cruciale di incontro fra
diversi interessi economici;all’arena di discussione della Camera, il Comune affianca una nuova sede di
confronto, di elaborazione e di coordinamento politico-intellettuale delle proposte e delle domande della
società locale.
Nel 2000 venne costituita l’associazione Torino Internazionale che promosse l’attività del Primo Piano
Strategico (dieci anni dopo venne steso anche il Secondo Piano Strategico).
Torino policentrica è costituito dai settori legati alla proprietà fondiaria e immobiliare e all’industria delle
costruzioni. Intorno a questo nucleo si dispone una fitta rete di attori collaterali (società intermediarie,
aziende di distribuzione). Il Comune e in parte la Regione si assumono il compito di una regolazione debole
e di intermediazione tra comunità locale e i livelli superiore.
Dietro le quinte delle Torino politecnica, il potere pubblico esercita una funzione attiva non solo di
coordinamento, ma di pilotaggio e di stimolo; le due fondazioni bancarie concorrono al sostegno
dell’agenda, mentre Università e Politecnico contribuiscono a mettere il potenziale innovativo.
Comune e Regione hanno un ruolo fondamentale nel progettare e concretizzare l’agenda mix. Il ruolo del
Comune differisce a seconda delle agende: nell’agenda policentrica il comune agisce in modo indiretto;
nella Torino politecnica il Comune svolge un’azione di stimolo, connettendo attori privati e pubblici.
Nell’indirizzare le politiche dello sviluppo verso il settore tecnologico e della ricerca, la Ragione interviene
con maggiore slancio progettuale, mentre interviene direttamente nella promozione e nel finanziamento
delle politiche; nell’agenda culturale la Regione investe