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CAPITOLO IX
La partecipazione politica
L’espressione “partecipazione politica”, fa riferimento alle svariate modalità attraverso cui gli
individui cercano di influenzare lo sviluppo delle politiche attuate dal proprio governo. La
partecipazione può assumere diverse forme, quali la sottoscrizione di una petizione, una
manifestazione, o perfino il coinvolgimento in azioni terroristiche contro lo stato. In una
democrazia liberale, gli individui possono scegliere se partecipare alla vita politica, in che misura e
attraverso quali canali, ma forme di mobilitazione si riscontrano anche in regimi non democratici.
Nelle democrazie liberali, la partecipazione rappresenta un beneficio sia per la società, sia per il
singolo, e i non partecipanti appaiono degli irresponsabili che beneficiano dell’impegno profuso
dagli altri. Questa impostazione rivive nell’attenzione che oggi viene dedicata ai diritti e ai doveri
della cittadinanza. La partecipazione politica è un’attività condotta da soggetti intenzionati a
esercitare la propria influenza sui governanti o sulle decisioni da loro assunte. La partecipazione
convenzionale si verifica nell’ambito della politica formale, mentre la partecipazione non
convenzionale è invece per certi versi, esterna o addirittura contraria all’ambito della politica
propriamente intesa. In quest’ottica, in una democrazia liberale è necessario soltanto che i
cittadini sorveglino lo svolgimento delle vicende politiche, pragmaticamente pronti a intervenire
quando lo ritengano opportuno.
Lo studio svolto da Milbrath e Goel ha suddiviso la popolazione americana in tre gruppi, secondo
una partizione che da allora è stata applicata all’ambito della partecipazione in diverse democrazie
liberali:
Una piccola parte di “gladiatori” impegnati nella lotta politica quali militanti attivi.
• Una parte consistente di “spettatori” che osservano il contesto, ma raramente
• partecipano, se non attraverso il voto.
Una parte significativa di “apatici” che non prendono parte a forme convenzionali di
• politica.
In genere, l’unica attività intrapresa dalla maggioranza dei cittadini è il voto alle elezioni nazionali.
Nella maggior parte delle democrazie la partecipazione è superiore fra i cittadini maschi, bianchi a
elevata scolarizzazione, di ceto borghese e di mezza età.
Le risorse politiche e l’interesse politico sono fattori che contribuiscono a spiegare la distorsione
sociale nella partecipazione politica. Inoltre, questi fattori concorrono a determinare un caso
persistente di sottorappresentatività, quello cioè per cui le donne ai massimi livelli politici sono
tuttora minoritarie anche in quei paesi in cui esse costituiscono la maggioranza degli elettori. Nel
mondo, le donne continuano ad avere risorse politiche inferiori agli uomini.
La categoria degli apatici, per quanto sembri poco significativa, è da valutare in quanto pone in
luce il problema della esclusione politica. Questo concetto connota quei soggetti che sono
sostanzialmente impossibilitati a partecipare al processo decisionale collettivo, poiché rivestono
un ruolo marginale nella società. Un non partecipante tipico potrebbe essere un giovane
disoccupato dequalificato residente in un quartiere urbano ad alta densità criminale, spesso
appartenente a una cultura minoritaria, magari neppure in grado di parlare la lingua prevalente.
I movimenti sociali
Il concetto di partecipazione può essere collegato con un insieme di attività e di esperienze
collettive eterogenee e in parte eccedenti il momento del voto. Nell’atto di partecipazione, vi è il
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senso di agire per qualcosa o con qualcuno, oppure contro qualcosa o contro qualcuno. In questo
senso, la partecipazione rimanda al ruolo dei “corpi intermedi”, ossia di quei diaframmi che si
frappongono fra le istituzioni e il singolo. I principali corpi intermedi entro cui si sviluppa la
partecipazione nei sistemi democratici sono:
I partiti
• I gruppi di interesse
• I movimenti sociali:
•
Sono aggregazioni di persone che, al di fuori dei canali politici formali, si raggruppano per
perseguire un obiettivo comune attraverso una contestazione non convenzionale all’ordine
politico esistente. Si prefiggono obiettivi di varia natura, non corporativi, adottando uno stile che
sovente viene denominato “nuova politica”, che implica una sfida alle èlite esistenti da parte di
soggetti tradizionalmente marginali. Gli aderenti a questi movimenti, dispiegano un’ampia varietà
di atti di protesta, quali manifestazioni, sit-‐in, boicottaggi e scioperi politici. I movimenti sociali, al
contrario dei partiti, hanno un’organizzazione meno rigida, che normalmente non prevede
adesioni formalizzate, né ruoli dirigenziali propri dei partiti e dei gruppi d’interesse. I movimenti
sociali, originano da “entusiasmi collettivi che difficilmente si riproducono nel medio – lungo
periodo. questi emergono dalla società per sfidare l’ordine costituito, ma diversamente dai partiti
non si propongono di rappresentare un complesso organico di interessi, quanto di manifestare un
elevato impegno in un