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UNIVERSALITA’ DELLA STRATIFICAZIONE SOCIALE
La stratificazione sociale è universale, è esistita in tutte le società.
Anche nelle società più semplici. Vi sono tuttavia società che, pur presentando queste disuguaglianze di genere e di età,
sono tendenzialmente egualitarie dal punto di vista delle risorse materiali.
Gli antropologi hanno individuato due motivi principali della natura egualitaria delle società di caccia e raccolta:
• Il nomadismo di queste popolazioni che ostacola l’accumulazione di grandi quantità di risorse.
• L’applicazione del principio di reciprocità, che porta a condividere.
Un sociologo Lenski, ha tentato di individuare le condizioni che favoriscono le disuguaglianze sociali.
Secondo Lenski le società industriali in cui noi siamo vissuti per molti decenni hanno un grado di disuguaglianza
maggiore di quelle di caccia e raccolta, ma minore di quelle agricole che le hanno precedute.
La forma a campana della curva della disuguaglianza dipende da due diversi fattori:
• Le dimensioni del surplus economico;
• La concentrazione del potere politico.
A parità di altre condizioni, le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza crescono all’aumentare del surplus.
La disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza cresce anche all’aumentare della concentrazione del potere
politico.
TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE
Anche se il suo padre spirituale è sicuramente Durkheim, la teoria funzionalista è stata formulata in modo articolato e
rigoroso solo dopo la seconda guerra mondiale, nel corso di un vivace dibattito avvenuto sulla più importante rivista
americana di sociologia. Partendo dall’assunto che non sia mai esistita una società in cui non vi fosse una qualche forma
di stratificazione sociale, i sostenitori della teoria funzionalista hanno cercato di spiegare non le variazioni nel tempo e
nello spazio della stratificazione sociale, ma le sue caratteristiche universali.
La tesi che Davis e Moore hanno presentato è che “la principale necessità funzionale che spiega la presenza universale
della stratificazione è precisamente l’esigenza sentita da ogni società di collocare e motivare gli individui nella struttura
sociale”.
La teoria funzionalista della stratificazione sociale è assai chiara.
Per i suoi sostenitori, l’esistenza delle disuguaglianze sociali è un fatto non solo inevitabile, ma anche necessario al
buon funzionamento della società.
Le argomentazioni principali:
• In ogni società non tutte le posizioni hanno la stessa importanza funzionale: alcune sono più rilevanti di altre
per l’equilibrio e il funzionamento del sistema sociale;
• In ogni società il numero delle persone dotate di quelle capacità che possono essere convertite nelle
competenze appropriate ad occupare quelle posizioni è limitato e scarso.
• La conversione delle capacità in competenze implica un periodo di addestramento, durante il quale vengono
sostenuti sacrifici di varia natura da parte di coloro che vi si sottopongono.
• Per indurre le persone capaci a sottoporsi a questi sacrifici, è necessario dar loro delle ricompense materiali e
morali, cioè far sì che le posizioni che tali persone andranno a occupare godano di un livello di reddito e di
prestigio maggiore delle altre.
LE TEORIE DEL CONFLITTO
Del tutto diversa è l’impostazione dei teorici del conflitto. Negano che la stratificazione sociale svolga una funzione
vitale indispensabile alla sopravvivenza del sistema sociale. Ritengono che le disuguaglianze esistano perché i gruppi
sociali se ne avvantaggiano. Vi sono due impostazioni diverse secondo Marx e Weber.
LE CLASSI SOCIALI SECONDO KARL MARX
Il concetto di classe sociale fece ufficialmente la sua prima comparsa nel 1848 con il Manifesto del Partito
Comunista di Marx.
Due grandi classi contrapposte: borghesia e proletariato. In ogni società, l’asse portante delle classi si trova
nei rapporti di produzione e nelle relazioni di proprietà. Un piccolo numero di persone ha la proprietà dei
mezzi di produzione, mentre la grande maggioranza della popolazione ne è esclusa.
La forma di produzione e quella di proprietà variano a seconda del tipo di società.
La piccola borghesia e dei contadini sono classi formate da persone che sono proprietarie dei mezzi di
produzione e acquistano forza lavoro sul mercato, ma che al tempo stesso svolgono un lavoro manuale. Altre
classi ancora non sono certamente definibili in termini di rapporti di produzione e di proprietà. Lo si può certo
dire del sottoproletariato, che in tutte le grandi città forma una massa nettamente distinta dal proletariato
industriale, nella quale si reclutano ladri e delinquenti di ogni genere.
Secondo la teoria di Marx, le classi sono dei raggruppamenti omogenei di persone che hanno lo stesso livello
di istruzione, lo stesso di consumo, le stesse abitudini ecc. sono potenzialmente dei soggetti collettivi.
Secondo Marx le classi sono degli attori storici solo potenzialmente.
Egli distingue fra:
o classe in sé: insieme di individui che si trovano nella stessa posizione rispetto alla proprietà dei mezzi
di produzione.
o classe per sé: quando gli individui della classe in sé prendono coscienza di avere degli interessi
comuni e di appartenere alla stessa classe.
Importanti intuizioni sui tre tipi di fattori che favoriscono il passaggio dalla classe in sé a quella per sé:
o Nel primo rientrano quelli che, facilitando le comunicazioni fra gli appartenenti ad una classe,
aumentano la visibilità e la trasparenza della struttura di classe. Quando lasciano la bottega artigiana,
gli operai entrano più agevolmente in comunicazione fra loro. Opposta invece è la situazione dei
contadini coltivatori, le cui condizioni di lavoro rendono straordinariamente difficili le comunicazioni.
o Il secondo tipo di fattori che favoriscono il passaggio è costituito da quelli che riducono le
stratificazioni interne ad una classe. Quanto più una classe è omogenea, tanto più facile è che i suoi
componenti acquistino coscienza di farne parte. Di conseguenza, i processi migratori che fanno sì che
una classe sia formata da strati culturalmente assai diversi ostacolano la formazione di classi per sé.
o I fattori del terzo tipo sono quelli che rendono più rigide le barriere di classe.
CLASSI, CETI E GRUPPI DI POTERE SECONDO MAX WEBER
A differenza di Marx, che ha concentrato tutta la sua attenzione sulle classi, Weber ha elaborato una teoria
della stratificazione sociale a più dimensioni. Egli era convinto che le fonti delle disuguaglianze e i principi
fondamentali di aggregazione degli individui andassero ricercati non in una, ma in tre diverse sfere:
o l’economia: gli individui si uniscono sulla base di interessi materiali comuni, formando classi sociali;
o la cultura: seguendo comuni interessi ideali e dando origine a ceti;
o la politica: si associano in partiti o in gruppi di potere per il controllo dell’apparato di dominio.
Nella definizione di “classe” non si allontana troppo da Marx. Mentre però per Marx il criterio di fondo
dell’appartenenza a una classe è la proprietà, per Weber è la situazione di mercato.
I mercati sono 3:
o del lavoro: si contrappongono la classe operaia e gli imprenditori;
o del credito: debitori e creditori;
o delle merci: consumatori e venditori.
Weber distingue fra:
o Classi possidenti privilegiate in senso positivo: costituite da redditieri che ricavano i loro redditi da
schiavi, terre, miniere, impianti di lavoro.
o Classi possidenti privilegiate in senso negativo: formate da coloro che non dispongono di nulla.
o Classi acquisitive privilegiate in senso positivo: composte da imprenditori di vario tipo e da
professionisti;
o Classi acquisitive privilegiate in senso negativo: rientrano i lavoratori.
I ceti si ritrovano invece nella sfera della cultura. Essi sono comunità di persone con uno stesso stile di vita e
un forte senso di appartenenza.
L’onore di ceto si esprime normalmente soprattutto nell’esigere una condotta di vita particolare da tutti coloro
i quali vogliono appartenere ad una data cerchia. Connessa con ciò è la limitazione dei rapporti sociali. Tale
limitazione si esprime soprattutto nel connubium e nella commensalità.
Le relazioni fra classi e ceti sono assai complesse. Le classi hanno origine dalla divisione del lavoro, i ceti
hanno origine etnica o religiosa.
Per migliorare la loro situazione i ceti seguono la strategia della chiusura sociale restringendo cioè gli accessi
alle risorse e alle opportunità ad uno strato limitato di persone dotate di certi requisiti.
LO SQUILIBRIO DI STATUS SECONDO I SOCIOLOGI AMERICANI
Lenski e gli altri sociologi americani che negli anni cinquanta hanno proposto il concetto di squilibrio di status per
spiegare alcune forme di comportamento si rifacevano ad una concezione pluridimensionale della stratificazione sociale
come quella di Weber. In ogni società vi è una pluralità di gerarchie e ciascun individuo occupa una posizione in ognuna
di queste.
Si parla di equilibrio di status quando una persona si trova in ranghi equivalenti nelle diverse gerarchie.
Si parla invece di squilibrio di status quando un individuo non si trova allo stesso livello in tutte le gerarchie e occupa
una posizione alta in una e basse in un’altra.
Perché si abbia squilibrio di status non è sufficiente una differenza nelle posizioni occupate. È necessario anche che
questa sia in contrasto con le aspettative della società.
La situazione di squilibrio si status è causa di frustrazioni e di tensioni per colui che vi si trova e può provocare il suo
isolamento sociale, l’emergere di disturbi psicosomatici. Le conseguenze sono diverse a seconda del rapporto esistente
fra status ascritti (di genere) e status acquisiti (titolo di studio, occupazione). Quando lo status ascritto alto, mentre
quello acquisito è basso, l’individuo tende a reagire in modo intrapunitivo e dunque a soffrire di disturbi psicosomatici.
Quando invece è alto quello acquisito e basso quello ascritto, l’individuo tende a rispondere in modo extrapunitivo e
dunque a desiderare un cambiamento nella distribuzione di potere.
SISTEMI DI STRATIFICAZIONE SOCIALE
SCHIAVITU’
La schiavitù è una forma estrema di disuguaglianza, in cui alcune persone ne possiedono altre. La schiavitù è esistita
nell’antica Atene e nell’antica Roma, ha perso di importanza pur senza scomparire nell’Europa medievale e ha assunto
di nuovo dimensioni ragguardevoli nelle due Americhe.
La schiavitù può esistere solo in un’e