vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
In questo contesto, accanto a tale teoria ne nasce un’altra e cioè la “ teoria della
partecipazione ” elaborata dal cosidetto “ DESAL ” (Centro para el Desarrollo
Economico y Social de America Latina) che si rende conto di come le teorie fino ad
allora sviluppate siano troppo parziali e specifiche di quel contesto e non permettano
quindi di cogliere e spiegare la variegata e complessa realtà dei marginali. L’apsetto
nuovo di questa corrente sociologica di pensiero riguardo alla marginalità risiede nel
fatto che sposta la marginalità da una dimensione economica,ecologica,etnografica a
una principalmente sociale e politica. In sostanza per il DESAL la marginalità nasce
dall’egemonia culturale esercitata da parte di una minoranza (europea) su una
maggioranza autoctona (in questo caso quella dell’America latina) e può essere
definita come quella condizione di non partecipazione di alcuni gruppi all’interno del
sistema sociale. La partecipazione viene intesa in due sensi e cioè partecipazione
attiva e passiva. L’assenza di partecipazione attiva consiste nel non partecipare ai
processi decisionali, quindi nella non possibilità di esercitare i propri diritti e bisogni,
quella invece passiva consiste nel non partecipare,nel non poter usufruire dei benefici
sociali ed economici come educazione, sicurezza sociale,ecc. Questo doppio gioco di
omissioni è dovuto a sua volta dalla disintegrazione interna di questi gruppi marginali
(mancanza di qualsiasi sorta di organizzazione) e dall’insufficiente preparazione del
sistema e delle sue istituzioni a saper integrare tali gruppi.
GINO GERMANI
Un contributo importante al tema della marginalità è stato quello di Gino Germani
che l’ha direttamente connessa alla modernizzazione e al mutamento. La sua
impostazione teorica si presenta interessante per due motivi: viene ben descritto il
fenomeno in questione e ha un alto livello di flessibilità e plasticità, per questo
motivo la sua teoria può essere facilmente applicata alla specificità della società
moderna. Molti sono gli studiosi che hanno influenzato la sua teoria, infatti la sua può
essere vista come una sintesi e una rielaborazione di molti concetti di studiosi quali
Durckheim (anomia), Thomas (disorganizzazione sociale), le analisi di Fromm sulla
società contemporanea, Marx, Freud, la corrente dello struttural funzionalismo e le
teorie sviluppate in America latina (quindi sia teoria dei fattori interni che teoria dei
fattori esterni). Egli però rispetto ad alcune di queste teorie sviluppa una serie di
critiche, principalmente due:
Si dissocia dall’idea secondo la quale la modernizzazione produce solo
- benessere individuale e collettivo, cioè per lui è vero che produce benessere ma
si rende anche conto del fatto che dalla modernizzazione nascono poi molti
disagi e fenomeni di marginalità, quindi si rende conto delle conseguenze
sociali e patologiche insite nel processo di modernizzazione
Si dissocia dall’idea (di solito condivisa in ambito sociologico) secondo la
- quale la società è un sistema composto da due elementi e cioè l’aspetto
tradizionale e quello moderno, cioè per lui società tradizionale e società
moderna non sono termini contrapposti e antitetici (visione dicotomica della
realtà), perché affermare ciò non permetterebbe di cogliere la complessità della
realtà sociale (sia della società tradizionale che di quella moderna) al cui
interno esistono molte differenziazioni a livello sociale e organizzativo (ad
esempio anche nella società moderna in cui esistono processi di
modernizzazione diversa che variano in base al contesto storico, culturale e
istituzionale).
In sostanza per G. i due punti estremi: tradizionale e moderno sono due
categorie ampie che comprendono una grande varietà di forme e non sono coì
nettamente separate. Perciò è chiaro che l’approccio dicotomico non permette
di interpretare e rappresentare correttamente la realtà.
Il punto focale del suo pensiero si può riassumere così:
La marginalità (come anche altri fenomeni come l’autoritarismo, il
totalitarismo, l’individualismo,ecc) nasce dalla modernizzazione, in
particolare dal fenomeno della “secolarizzazione” (tutte le società moderne
infatti benchè differiscono per vari aspetti sono tutte accomunate dal fatto di
essere società secolarizzate) ovvero lo sviluppo e il consolidamento a livello
formale e giuridico dei diritti civili,politici e sociali quindi la marginalità nasce
con l’affermazione e l’estensione dei diritti a fasce sempre più ampie della
popolazione e con la successiva trasformazione del nucleo valoriale/normativo
nel passaggio dalla società tradizionale a quella moderna. Questo può portare
con se il fatto che le masse che prima erano inattive e dipendenti dal potere
costituito iniziano a rendersi conto di poter far valere i propri diritti, che gli
spetta qualcosa, che anche loro possono dire ciò che pensano e quindi ciò può
portare al pericolo di svolte autoritarie o totalitarie.
In particolare all’interno del processo di modernizzazione egli individua due
fattori che a suo parere creano marginalità: “l’asincronia” e la “mobilitazione”.
L’asincronia non è un evento sporadico ma un elemento caratteristico del
mutamento in generale, è consiste nel fatto che alcune parti del sistema si
sviluppano più velocemente di altre e vanno quindi a creare disagio, forme di
marginalità perché gli individui non riescono ad adeguarvisi. Questa asincronie
possono essere di tipi diversi: geografiche (sviluppo diverso a livello di tempo
e di spazio), istituzionali (la presenza contemporaneamente di istituzioni
tradizionali e moderne in uno stesso territorio o anche in territori diversi), a fra
diversi gruppi sociali (cioè la coesistenza di gruppi scoiali che sono in fasi
evolutive diverse) e infine asincronie motivazionali (cioè nella mentalità delle
persone,fra atteggiamenti e convinzioni della cultura tradizionale e di quella
moderna).
Per quanto riguarda invece la mobilitazione, essa per G. caratterizza tutto il
processo di modernizzazione e consiste nel fenomeno di disintegrazione delle
strutture preesistenti e di reintegrazione, cioè comporta dei cambiamenti
radicali nell’insieme degli status (e dei ruoli corrispondenti) assegnati agli
individui e quindi una trasformazione nell’estensione della partecipazione
sociale. Quindi la marginalità appare in questo caso come non partecipazione
di vasti segmenti della società esclusi dall’esercitare i nuovi ruoli e i nuovi
status sociali emersi.
Da ciò si può capire quindi che G. considera la marginalità come la
situazione nella quale individui (o gruppi) si trovano nelle condizioni
(asincronie) di non poter partecipare o meglio non poter esercitare dei ruoli
(nel senso di esercizio di diritti e di doveri normalmente codificati dal
sistema normativo), in quella sfera in cui ci si può aspettare che essi
partecipino,anche se tali ruoli sono formalmente riconosciuti.
Infine per G. altro fattore che può creare marginalità è la disintegrazione degli
schemi culturali, cognitivi e valoriali tradizionali (marginalità anomica)
Come già evidenziato precedentemente la questione del metodo di studio in
sociologia è cruciale, in Germani però in particolare esso assume un valore
strategico. Per G. c’è un imprescindibile legame tra teoria e ricerca cioè è
necessario formulare teorie che poi vanno verificate a livello empirico. Egli
inoltre risulta essere d’accordo con Merton il quale sostiene che sia importante
una teoria di medio-raggio cioè nel mezzo fra le grandi teorie generali e quelle
più specifiche relative a un determinato specifico contesto studiato. Inoltre egli
elabora un modello di ricerca (sulla marginalità) in cui è ben evidente la
distinzione fra l’analisi descrittiva e l’analisi esplicativa (cioè quella che si
effettua per spiegare un certo fenomeno), per lui infatti i due livelli sono
strettamente connessi, legati e non rendersi conto di questo può far si che si
tenda troppo in un senso (ad esempio l’aspetto descrittivo) trascurando troppo
l’altro (ad esempio quello esplicativo).
Tipi di Marginalità (l’ottica multidimensionale di Germani):
Per Gino Germani la marginalità s manifesta in molte forme diverse tante
quanti sono i potenziali ruoli indispensabili per una concreta e reale
partecipazione. Pertanto la marginalità va ad essere concepita in termini
multidimensionali.
Egli ha individuato sette tipi diversi di marginalità (che cambia con il variare
del livello e del grado d’inclusione o di esclusione cioè partecipazione/non
partecipazione del soggetto rispetto a dei ruoli che possono essere esercitati
all’interno di differenti sottoinsiemi come quello sociale, culturale, economico,
ecc) che fanno riferimento a diversi sottoinsiemi:
Sistema produttivo (lavoro) : cioè l’assenza o la scarsa partecipazione al
- mercato del lavoro o la partecipazione ad attività che di solito sono
sottopagate, dequalificanti,ecc. Questo tipo di marginalità porta con sé una
destrutturazione della vita privata e sociale dell’individuo
Consumo : la non possibilità di accedere a beni del mercato e a servizi pubblici.
- Questo elemento risulta molto importante nel caso dei giovani in quanto
diventa un elemento di differenziazione e discriminazione.
Cultura : in questo caso è la non partecipazione determinata dallo sradicamento
- culturale ed economico tradizionale (esempio la situazione degli stranieri)
Educazione: la non partecipazione a quel livello minimo di conoscenza (di
- scolarizzazione) stabilito dalla società. Non si tratta solo però di una mancanza
di conoscenze ma anche di una mancanza di capacità ad adattarsi ai repentini
mutamenti della società e di saper apprendere
Politica : si riferisce alla non partecipazione o alla mancanza di esercizio alla
- vita politica in varie forme come il voto, la partecipazione ad associazioni
politiche, ecc in quanto impossibilitati a farlo. Ciò fa riferimento sia a quei
gruppi ad esempio composti da individui stranieri ai quali non sono
riconosciuti quei diritti necessari per poter partecipare alla vita politica ma
anche a quei cittadini (il caso dell’Italia lo rende evidentissimo) che s tengono
volutamente fuori da questa partecipazione (ad esempio non vanno più votare)
perch&e