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Come abbiamo detto prima, la cosa importante è stata incontrarsi perché ormai nel lavoro educativo si è presi dall’urgenza del fare
senza riflettere su cosa è importante per le persone e i tempo che analizzare, interpretare, definire e poi risolvere i problemi. Occorre,
di conseguenza, approfondire il tema dell’apprendere e in particolare dell’apprendere dall’esperienza. Risulta importante, in
definitiva, individuare luoghi e momenti per organizzare il lavoro, dotarsi quindi si una disciplina riflessiva.
Il ruolo genitoriale, sia per i problemi che si trova ad affrontare sia per la componente degli incontri, è anche un ruolo sociale.
Nonostante i problemi, però, si sta registrando una maggiore attenzione nei confronti dell’educazione. La quale, come afferma la
Convenzione di New York del 1989, è un diritto. E il compito educativo rappresenta il nucleo centrale intorno al quale costruire,
nell’ambito dei percorsi locali, sentimenti come la motivazione, il consenso ed esperienze di collaborazione. Quindi l’educazione è un
fatto sociale, con conseguenze rispetto:
L’impegno di coinvolgere tutti i soggetti: dal genitori alle istituzioni;
• I patti che devono esserci tra attori pubblici e privati.
•
Nelle famiglie, come abbiamo accennato prima, molte cose sono cambiate ma non è mai variata la RELAZIONE interpersonale. Il
gruppo di lavoro ha definito queste relazioni “leggere” ma non superficiali perché:
Vi è la possibilità di incontrarsi fra adulti;
• I luoghi sono aperti a tutti i genitori, alle domande, alle competenze e alle convinzioni;
• I luoghi sono informali. Infatti tali spazi sono pensati per creare percorsi di ricerca di significati, dove il confronto deve
• essere produttivo.
I genitori sono considerati adulti e non identificati nel loro ruolo.
•
Lo stesso modello di lavoro è definito “leggero” perché:
Valorizza le competenze dei genitori;
• Integra l’approccio dell’empowerment e dell’enrichment;
• Privilegia l’approccio pedagogico;
• Non impone norme;
• Mette a disposizione facilitatori e non esperti;
• Si ricerca l’integrazione fra saperi pratici e professionali;
• In tutti gli incontri vi è un servizio gratuito di custodia e animazione per i figli dei partecipanti.
•
In conclusione, l’importanza di questo progetto è stata data dal passaggio della conoscenza, cioè dal solo sapere di esperti si è passato
al sapere unito all’esperienza. Questo permette di vedere i genitori non come persone portatrici di lacune, ma come coloro che
possiedono un enorme zaino da cui attingere. Allo stesso modo tale passaggio coinvolge gli esperti infatti da detentori del sapere
diventano persone normali che si affiancano delle persone per facilitare la riflessione.
Costruire un villaggio
L’idea di base era data dal voler ricostruire legami come quello di vicinanza, solidarietà, consapevolezza della propria responsabilità
civile. Tutto questo perché è difficile costruire con e per qualcuno che vive situazioni problematiche e ogni famiglia si è costruita il
proprio “orticello”, spazio in cui si sentivano al sicuro.
Occorre anche tener conto del fatto che le domande di aiuto non emergono con facilità ma è, attraverso i gesti quotidiani, possibile
individuare il modo attraverso cui si può ricostruire un tessuto di rapporti interpersonali. Ovviamente sarà difficile costruire un unico
grande gruppo ma piano piano questi piccole congregazioni potranno incontrarsi per condividere esperienze.
Per ottenere questo sono stati creati dei PATTI DI CORRESPONSABILITA’ SUL PIANO EDUCATIVO FRA GENITORI E FIGLI.
Tale patto va definito all’inizio del cammino. A poco a poco tali patti verranno allargati e coinvolgeranno altre realtà del territorio. Per
ottenerli ci saranno delle “persone-ponte” che avranno il compito di connettere soggetti e culture diverse. Tale prospettiva ha una
doppia consapevolezza:
Il macramè relazionale (cornice) nasce dal basso, attraverso il passaparola;
• L’utilità che si costruiscano forme di coordinamento fra i soggetti istituzionali pubblici e privati.
•
Vanno pensati luoghi, dove riscoprire la crescita dei bambini e dei ragazzi in un contesto comunitario. Questi contesti sono accoglienti
e permettono far crescere anche i genitori e gli educatori. Le istituzioni giocano un ruolo decisivo poiché devono favorire i gruppi,
accogliendo le esigenze, ascoltandole e aiutando le persone ad aprirsi ai bisogni delle altre famiglie, per evitare di costruire gli
orticelli.
2. Una funzione da riscoprire
È’ promosso e realizzato dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Treviso. A questo progetto hanno partecipato insieme insegnanti e
genitori delle Scuole pubbliche e private della provincia; sono stati suddivisi in 4 gruppi di lavoro dislocati in sedi diverse. Ci sono
delle peculiarità:
L’essere stata promossa da un organismo sovralocale;
• L’essere stata rivolta a tutti gli istituti scolastici, pubblici e privati;
• L’aver coinvolto insieme sia la componente genitori che quella degli insegnanti.
•
Aspetti generali del progetto
Il rapporto tra insegnanti e genitori si connota per la difficoltà e criticità. Questo sta ad indicare il rapporto che dovrebbe essere alla
base, la fiducia e la collaborazione.
La lettura di questa criticità è di tipo patologico, focalizzando l’attenzione sulle inadeguatezze, sulle difficoltà, sui problemi spesso
insuperabili. Il rischio insito in tale approccio è quello di rafforzare positivamente i problemi. Mentre è tipico di un approccio
pedagogico vedere i problemi come “oggetti di lavoro”. Alla base di tutti e due gli approcci, vi è comunque il superiore interesse del
minore. Si ritiene cioè che un rapporto fra insegnati e genitori improntato a una maggiore serenità e collaborazione basata sulla
comune responsabilità educativa, possa avere un’influenza positiva sui bambini e sui ragazzi.
In tutto questo l’obiettivo era di costruire in modo partecipato un modello flessibile di lavoro sul tema della rappresentanza scolastica
dei genitori. Per modello flessibile si intende l’insieme di riferimento concettuali e metodologici che orientano e facilitano
l’avviamento di itinerari mirati a ridefinire l’idea di rappresentanza. Tale rappresentazione è gestita dalla flessibilità.
Questo progetto in tutto ha un approccio pedagogico perché privilegia modalità di lavoro centrate sulla ricerca tra insegnanti e alunni
e non sull’erogazione di conoscenze da parte di qualcuno di esterno.
La rappresentanza, definitiva prima, è la relazione tra tutti gli enti della scuola e con gli altri attori territoriali. Il rappresentante ha
pluralità di significati:
Ascoltare: significa poter comprendere il punto di vista dell’altro confrontando tali punti di v ista e ragionando con spirito
critico;
Interpretare: significa attribuire un significato alle cose dette e sentite;
Mediare: vuol dire giungere ad un’intesa attraverso un lavoro di negoziazione;
Prendere decisioni: è un aspetto spesso sottovalutato, ma costitutivo dell’impegno del rappresentante.
Rispetto al tema del conflitto, si è capito che questo è normale. È possibile riconoscerlo perché ogni persona, essendo portatrice di una
sua visione personale al quale sono legate delle aspettative, vivrà il conflitto a suo modo, l’importante è trarre un’opportunità di
crescita interiore e di rapporto con gli altri.
Compiti del rappresentante di classe
È’ un cammino per cui le azioni previste non devono essere imperativi categorici, ma delle direzioni di lavoro lungo le quali
accrescere la qualità del ruolo e delle funzioni esercitate dal rappresentante di classe. Egli è una persona motivata, disponibile, che si
mette in gioco, si espone ma nello stesso tempo è rispettosa. Il suo impegno si fonda su piccoli passi ma concreti. Ci sono molti ruoli,
in base ai vari punti di vista:
Dell’informazione: egli ha il compito di tenersi aggiornato, di documentarsi;
• Della formazione: promuove l’autoformazione dei rappresentanti e incentiva una preparazione molto ampia;
• Strategico: si è convenuto che la figura del rappresentante va inserita nel Piano dell’Offerta Formativa della suola e che va
• data continuità temporale al ruolo;
Risorse.
•
Per costruire e alimentare relazioni costruttive con i genitori va dedicato molto tempo ad informarli sul modello organizzativo della
scuola e sul ruolo del rappresentante. È importante che quest’ultimo svolga anche un lavoro aggressivo, promuovendo i momenti
sociali e conviviali: incontri, feste, interculturali, incontri sportivi. È importante promuovere un Comitato genitori all’interno di ogni
singolo istituto. Inoltre si devono incoraggiare occasioni di conoscenza reciproca fra genitori e docenti e va costruito un efficace
legame con il docente coordinatore di classe. A tale scopo è utile disporre di tempi più ampi. Infine è importante riflettere sulle
modalità di comunicazione fra Scuola e famiglia. Tutto questo promuovendo la costruzione partecipata del POF.
Un terreno comune di impegno: l’educazione
L’educazione rappresenta lo spazio all’interno del quale genitori e insegnanti possono individuare il terreo di un comune impegno, di
una comune responsabilità: l’educazione è il luogo privilegiato di dialogo fra genitori e insegnanti. Vanno creati dei criteri per un
patto educativo comune, tenendo conto che a Scuola sono presenti diverse culture dell’educare. Vanno, inoltre, individuati obiettivi
comuni legati alle esigenze dei bambini e dei ragazzi e trasversali al ciclo di studi.
3. L’oratorio come spazio senza fine
In un convegno organizzato nel 2011 dalla diocesi di Concordia – Pordenone, dal titolo “Oratorio: apro o chiudo?”, fu presentato
un’ipotesi di lavoro sotto forma di opzione a livello di principi, di metodo, di organizzazione. La finalità era di rilanciare l’oratorio
come struttura di servizio sul piano educativo. Per spiegare l’importanza e i vari punti di vista, bisogna partire dal dichiarare da che
parte si sta:
Sto dalla parte delle giovani generazioni
•
Prima di parlare e approfondire il tema dell’oratorio bisogna partire da chi sarà fruitore di quest’ultimo. L’approccio utilizzato è quello
pedagogico, cioè quello che si basa sulle domande che nascono dall’atteggiamento di ascolto che l’adulto deve mettere in atto nella
quotidianità. Esistono vari tipi di d