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La commutazione viene utilizzata per segnalare:
Auto-correzione. Le commutazioni che rientrano in quest'ambito vengono utilizzate come
• tecnica correttiva di “errori” derivanti dall'organizzazione stessa della conversazione. Se
l'enunciato o la porzione di enunciato che contiene l'errore è in un determinato codice, la
correzione avverrà nell'altro. È, quindi, proprio il contrasto tra i due codici che viene
utilizzato come indicatore di self-repair. Il code switching può essere inoltre utilizzato
come tecnica di risoluzione di problemi derivanti da violazioni nel funzionamento delle
regole che governano il meccanismo di avvicendamento dei turni. Nel caso in cui due
parlanti si trovino a parlare simultaneamente la ripetizione della parte resa indistinta dalla
sovrapposizione viene in alcuni casi marcata da un code switching.
Organizzazione sequenziale: il contrasto tra i due codici sembra essere sfruttato dai
• parlanti per marcare la strutturazione interna della conversazione in sequenza costitutive.
l'inizio e/o la fine di una sequenza marginale. Queste consentono l'esecuzione di una serie
• di attività secondarie rispetto allo svolgimento principale della conversazione, come ad
esempio, rispondere al telefono, offrire qualcosa, aprire la finestra ecc. La giustapposizione
dei due codici permette al parlante di segnalare la sospensione del discorso e di ritornare,
poi, alla sequenza sovra-ordinata.
sequenze di chiusura, il code switching può essere utilizzato per risolvere vari problemi
• connessi alla chiusura dell'evento comunicativo.
racconto di una storia, story-telling. I parlanti utilizzano il code switching per diverse
• funzioni:
assicurarsi l'attenzione degli ascoltatori,
• segnalare l'inizio e/o la fine della storia (story-entry e story-exit),
• marcare la distinzione tra gli eventi narrati e la descrizione di elementi che fanno parte del
• setting del racconto,
per la messa in rilievo enfatica del punto culminante di una storia o dei fatti più salienti,
• distinguere gli enunciati di commento di vario tipo (valutazioni, considerazioni,
• osservazioni) da quelli che contengono la narrazione degli eventi ecc.
un cambiamento nella costellazione dei partecipanti; un parlante può reintrodursi in una
• costellazione in cui è stato temporaneamente emarginato nel ruolo di ascoltatore, un
cambiamento di destinatario
un cambiamento di argomento.
• Elaborazione. Il parlante commuta codice nel produrre enunciati che servono ad elaborare,
• specificare, precisare, spiegare, esemplificare ecc. quanto detto precedentemente nell'altro
codice.
Ripetizione. E' una delle funzioni più frequenti (dopo la citazione e la funzione espressiva).
• Frequenti sono i messaggi prodotti in un codice e ripetuti subito dopo nell'altro con lo scopo
di conferirgli enfasi o di elaborarlo. Sono classificate a seconda del tipo di relazione che si
stabilisce tra le sequenze giustapposte nei due codici:
equivalenza semantica: una sequenza in un codice viene “tradotta” nell'altro, letteralmente
• con la funzione di enfatizzare il messaggio mediante elementi prosodici quali l'intonazione
esclamativa dell'enunciato, l'allungamento vocalico.
ripetizione ellittica: la ripetizione è meno informativa dell'enunciato che viene ripetuto, in
• quanto ne costituisce una versione ellittica con funzione di conferire enfasi al messaggio.
ripetizione elaborativa: ripetizioni più informative. La funzione è quella di elaborare e
• specificare il messaggio.
pseudo-formulazioni: pur possedendo un significato letterale differente da quello della
• prima versione hanno lo stesso significato pragmatico.
Citazione: riportare, sotto forma di discorso diretto o indiretto, enunciati prodotti in una
• diversa situazione, dal parlante stesso o da altri emittenti. L'estensione del code switching
coincide il più delle volte con quella del discorso riportato, in alcuni casi, invece, la
commutazione può prolungasi oltre i confini della citazione il parlante cioè anziché tornare
alla lingua usata precedentemente continua nel nuovo codice sino alla fine della frase o del
turno o fino a quando non avverta la necessità di effettuare una nuova commutazione. Altre
volte la commutazione viene anticipata al verbum dicendi che serve a introdurre la citazione
e prosegue per tutta la sua durata e infine i casi in cui viene commutata non la citazione ma
solo il verbum dicendi che la introduce. A volte il parlante commuta codice per mantenersi
“fedele” alla lingua usata dall'emittente originario ma non sempre ciò accade. Il parlante
sembra piuttosto evidenziare la polifonia del discorso e utilizza, quindi, il code switching
per segnalare il passaggio da un emittente all'altro, se la lingua base è l'italiano passerà al
dialetto, se invece la lingua base è il dialetto passerà all'italiano. Infine quando viene
riportato un discorso non reale, immaginario, futuro, è ovviamente impossibile pensare che
il parlante commuti per preservare il codice originario, in quanto proprio quest'ultimo non
esiste.
Funzione espressiva. Quando si parla c'è sempre una componente di emotività ma la
• commutazione evidenzia maggiormente i sentimenti. Se il codice utilizzato è l'italiano, per
dare maggior enfasi si passa al dialetto, viceversa si passa all'italiano. Il code switching
manifesta:
stati emotivi negativi: sdegno, disprezzo, fastidio, irritazione, ostilità, irritazione, noia,
• rabbia; o positivi: piacere, tenerezza, affezione.
cambiamento nella chiave del discorso, cioè nel tono, modo con cui un atto viene compiuto
• es. commenti umoristici o sarcastici, battute scherzose o ironiche, la cui direzione è verso il
dialetto.
interiezioni: informative (es. sullo stato di sofferenza psichica del parlante, stato di
• disprezzo, fastidio, disappunto) e ottative (comprendono forme di imprecazione e
invocazione).
Allocutivi. Titoli quali “signora” e “signorina” occorrono esclusivamente in italiano tra
• parlanti che stanno usando il dialetto, questo trova giustificazione nel fatto che l'italiano è
valutato come codice più appropriato per la codificazione del rispetto e della cortesia nei
confronti dell'interlocutore. Il tipo di allocutivo “carusi” marcato da una commutazione in
dialetto serve, invece, a rafforzare il legame di solidarietà e lo spirito di gruppo degli
interlocutori.
Cap 4.
Tre tipi di switching: interfrasale, intrafrasale e tag switching.
Switching interfrasale comprende tutti i casi in cui ad essere commutata è un'intera frase e
• in cui quindi lo switching point si colloca tra una frase e l'altra. Uso alterno di italiano e
dialetto in un singolo episodio comunicativo da parte dello stesso parlante.
Switching intrafrasale: uso alterno dei due codici all'interno della stessa frase. Richiede
• una maggiore abilità in entrambi i codici, competenza bilanciata.
Tag switching (o switching extrafrasale): comprende allocutivi, interiezioni, riempitivi,
• intercalari, tags, tutti quei segmenti cioè che sono meno legati con il resto della frase dal
momento che la loro posizione è libera al suo interno. Più limitato rispetto agli altri due tipi.
Smooth switching: la transizione tra i due codici si realizza in maniera graduale e
• impercettibile, non segnalata da pause o esitazioni.
Flagged switching: il passaggio viene marcato dal parlante per mezzo di tutta una serie di
• fenomeni quali pause, esitazioni, commenti metalinguistici, che hanno l'effetto di spezzare il
flusso del discorso nel punto di frammistione e attirare l'attenzione sulla commutazione
stessa, quasi volesse non solo annunciarla, ma, in alcuni casi, motivarla o giustificarla.
Presente soprattutto tra i giovani.
Triggering consequenziale: il passaggio da un codice all'altro occorre in coincidenza con la
• presenza di elementi omofoni in italiano e dialetto al confine tra le sequenze nei due
rispettivi codici.
Ragged switching: commutazione che interessa più segmenti che non formano un
• costituente frasale.
Per quanto riguarda i nomi, la direzione va dal dialetto all'italiano. Si tratta di una tendenza opposta
che trova una possibile motivazione nel processo di rilessificazione dei dialetti.
Le preposizioni rappresentano la categoria che dopo i clitici e gli aggettivi mostra la propensione
più bassa ad essere frammista. La direzione è dall'italiano al dialetto.
Separazione funzionale: il dialetto ha ruolo di we-code, atto a trattare argomenti di carattere
personale e a stabilire relazioni di solidarietà, codice utilizzato con chi è interno al gruppo, codice
della solidarietà; l'italiano di they-code, usato per discutere con maggiore distacco e oggettività un
argomento, codice della formalità, utilizzato con chi è esterno al gruppo.
Questa distinzione può essere applicata a parlanti con competenza bilanciata.
Ibridismi: elementi lessicali formati da materiale e regole dei due codici. Si distinguono:
ibridismi dall'alto, con tema lessicale italiano e morfema flessionale dialettale, riconducibili
• a varietà italianizzate di dialetto;
ibridismi dal basso, con radice lessicale dialettale e suffisso flessionale italiano,
• riconducibili a varietà molto interferite di italiano.
ibridismi veri e propri: diccoltà nell'assegnare questi tipi di ibridi all'uno o all'altro codice in
• quanto il morfema flessionale dialettale, adattato morfo-fonologicamente all'italiano, si
presenta esso stesso in forma ibrida es. fano “fanno”, viremo “vediamo”, aio “ho”, ano
“hanno”.
Se un ibrido ricorre più volte, si parlerà di prestito e regionalismo.
Omofoni: hanno il ruolo di trigger words, di elementi, cioè, che in quanto appartenenti ad entrambi
i sistemi linguistici in contatto, facilitano la transizione da un codice all'altro all'interno della frase;
es. anni, acqua, testa, età, cosa, è, era, ha, aveva ecc.
Ampia diffusione del code switching in tutte le situazioni comunicative, quindi non limitato alla
sfera del dominio privato e informale ma presente anche in quello pubblico e formale.
Prevalenza di code switching conversazionale (risorsa e strategia comunicativa) piuttosto che
situazionale. Non si può parlare, infatti, di diglossia ma di dilalia (il dialetto è utilizzato nell'attività
conversazionale: auto-correzioni, ripetizioni citazioni, cambio di argomento o interlocutore).
Neutralità sociolinguistica: nei domini