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Il volume è composto da tre parti che contengono due saggi ciascuna in ordine cronologico

(talvolta con scarto temporale minimo, cfr. Parte terza) e in filiera tematica e di contenuto. La

quarta parte è costituita da un unico lungo saggio, tratto dal libro recente di Reisigl e Wodak

(2001), volutamente destinato a una nicchia autonoma.

2.2. Sintesi dello sviluppo diacronico della SL: variazione, contesto e parlanti

Abbiamo scelto tre dimensioni specifiche (variazione, contesto, parlanti), determinanti per

l'elaborazione di teorie e metodi di ricerca sul campo. Attraverso i saggi degli esponenti più

rappresentativi delle tre correnti, presentiamo i contenuti e i metodi della SL nella sua veste più

classica ed illustriamo le zone di transizione spontanea e di intreccio fra i due ambiti.La nascita e la

delimitazione di una sociolinguistica autonoma (sia nei riguardi della linguistica teorica, al cui

bisogno di rigore formale lo stesso Labov è rimasto fedele nel corso della sua carriera scientifica,

sia verso la dialettologia, la branca forse più vicina almeno nella determinazione dei criteri di

raccolta di dati empirici nelle comunità), trova la massima espressione nel modello di SL

variazionista e nelle ricerche di dialettologia urbana intraprese da Labov e dai suoi allievi.I

contributi fondamentali della scuola laboviana variazionista riguardano la soluzione di problemi

annosi per la linguistica generale e storica: sul piano teorico, il problema dell'affermazione di una

variabile innovativa nell'uso linguistico della comunità (inserimento e attuazione del mutamento

linguistico), a livello metodologico l'inserimento di criteri di misurazione e di calcolo statistico dei

dati linguistici osservabili, dalla fase di concorrenza delle varianti a quella finale in cui la variante

vincente si afferma.Questo tipo di innovazione determina il passaggio a uno stadio realmente

moderno della SL e segna lo stacco dal precedente modello qualitativo della dialettologia. Siamo

agli inizi degli anni sessanta.Il concetto di sapere sociale appartiene a questo repertorio e

rappresenta l'elemento di accesso alla comprensione dello sfondo enciclopedico che i parlanti

usano (con variabile soglia di consapevolezza) negli atti linguistici. I saggi di Gumperz e Auer

illustrano le applicazioni dei concetti di "cornice", "piano" e "sceneggiatura" (quali proventi

concettuali del cognitivismo linguistico) allo studio dell'interazione dialogica; in questo modo, si

accede al magazzino delle conoscenze che impone scelte e restrizioni nei meccanismi di codifica

e di interpretazione delle sequenze dialogiche e argomentative. Nei numerosi casi di comunità di

contatto, la scelta stessa di lingua (tecnicamente il fenomeno di commutazione di codice o code-

switching) assume funzione diagnostica insostituibile per comprendere il ruolo delle singole lingue

nella struttura sociale esaminata e l'opinione, il valore e l'atteggiamento che i parlanti assegnano

ad esse. La SL si sposta progressivamente dalla spiegazione dei fatti linguistici attraverso i fattori

sociali all'interpretazione dei fatti sociali (mantenimento o perdita di lingue in una data comunità,

per esempio) attraverso i processi linguistici. Il passaggio da una dimensione micro-SL a una

dimensione macro-SL è, quindi, processo naturale e senz'altro non discontinuo. Sappiamo bene,

inoltre, che i due livelli di analisi possono convivere, e che non sono in rapporto di mutua

esclusione. I contributi di due studiosi, Roland Breton e Grant McConnell, che manifestano, con

intenti e approcci diversi, preoccupazioni comuni e attuali. Poiché anche le lingue subiscono sul

piano internazionale il condizionamento pesante di logiche di "mercato" (dalle conseguenze ovvie

e prevedibili: supremazia dei gruppi etnici più forti e tendenza all'omogeneizzazione che rischia di

risucchiare le individualità etnolinguistiche più deboli), questo ramo della sociologia del linguaggio

di ultima generazione si fa carico di esaminare le condizioni di sopravvivenza e di stabilità delle

lingue (in termini di "vitalità" funzionale, con un mapping su scala mondiale avviato dalle ricerche

dello stesso McConnell una decina di anni fa: cfr. 1991) e di suggerire linee e direttive di

pianificazione linguistica che garantiscano una crescita equilibrata nell'ecosistema, in termini di

difesa e protezione della biodiversità linguistica dai pericoli assimilatori della

globalizzazione.McConnell, in particolare, presenta e intitola questo programma di ricerca e

l'insieme di interventi che esso prevede come sociolinguistica globale.

Dalla SL alla LS:sviluppi recenti e prospettive future della disciplina

3.1. Nuove condizioni di contesto: sistemi di informazione e comunicazione nei processi di

democratizzazione

La vocazione tradizionale della SL è, indubbiamente, di natura pratica; in più occasioni, da parte

della linguistica formale sono stati espressi biasimo e rimproveri per eccesso di empiria e astenia

teorica.

Ben conosciamo i termini dell'annosa querelle fra teoria e prassi della ricerca in campo linguistico,

né si tratta certamente di stabilire qui un bilancio consuntivo fra "muscoli e cervello" per una

disciplina che, ormai da decenni, dà garanzie di rigore scientifico e concretezza preziosa nella

soluzione di problemi di vita civile e sociale: dalla programmazione nei sistemi scolastici ed

educativi bilingui alle politiche di integrazione etnica e linguistica nelle comunità plurilingui (cfr.

Parte terza), alla consulenza in settori di nicchia più specialistica, ma comunque ormai diffusi in

vari paesi del mondo (si è cominciato da poco a parlare anche in Italia di SL della devianza e della

criminalità, di SL per l'industria e la pubblica amministrazione ecc.). La scienza politica continua a

produrre suggestive rivisitazioni delle istituzioni democratiche tradizionalmente assunte a modello

di riferimento, come gli Stati Uniti d'America (cfr. Dahl, 1998, sul concetto di poliarchia negli Stati

Uniti contemporanei).Questo ambito, che tocca di necessità i linguaggi e le tecniche discorsive, era

rimasto finora comprensibilmente estraneo, o tutt'al più molto marginale, rispetto agli interessi

scientifici dominanti della linguistica, almeno di ciò che in essa si fa rientrare, per devozione

all'ortodossia o fedeltà a un criterio di separazione netta fra ambiti disciplinari parzialmente

confinanti. Ortodossia, nel senso detto, e fedeltà disciplinare sembrano, del resto, sempre più

difficili da mantenere per la complessità crescente dei potenziali oggetti di studio. Ne organizziamo

un programma di lavoro articolato in tre mosse distinte.

1. Presentazione in sintesi della visione dell'analisi politologica (nei toni fortemente

provocatori di alcune correnti di pensiero politico identificato e marcato sul piano ideologico), che

dimostra la necessità di un intervento applicativo per lo studio del discorso sociale.

2. Commento dei pareri autorevoli e spietatamente coincidenti (almeno per gli aspetti che

toccheremo più avanti, cfr. PAR. 3.3) con quanto noto in chiave di scienza politica ai pochi linguisti

che si sono interessati del tema (più nell'esprimere la propria posizione intellettuale che per

formulare pareri tecnico-scientifici da linguisti, per la verità: cfr., in primo luogo, gli scritti politici di

Noam Chomsky, PAR. 3.2).

3. Discussione dei risultati ed illustrazione delle potenzialità di alcuni studi realizzati in Austria,

presso il centro di ricerche sociolinguistiche dell'Università di Vienna, nell'ambito dell'analisi del

discorso sociale e discriminatorio (PAR. 3.3).

Prima mossa. Le nuove condizioni di contesto

Un libro appena uscito di Michael Hardt e Toni Negri, Impero (2002), ha preso in esame la

costituzione di nuove forme di potere internazionale, sottilmente sottostanti a ciò che ormai passa

sotto l'etichetta generica di global. Ne esce una radiografia geopolitica, radicale nelle premesse

teoriche e nelle conclusioni, stimolante per l'interpretazione del ruolo attribuito alle strutture e ai

sistemi di informazione e di comunicazione internazionale in seno al neoregime imperialista.La tesi

di fondo del libro di Hardt e Negri è abbastanza semplice e riassumibile in breve: dietro il sipario

della globalizzazione, si sta realizzando e affermando un nuovo regime internazionale che gli

autori definiscono Impero. L'Impero non è rappresentativo di un particolare paese o di un

organismo dominante; esso corrisponde piuttosto a un ordinamento politico globale (in quanto non

radicato localmente, global vs local), che fonda le ragioni del proprio successo e dell'affermazione

generale e assoluta dei propri principi su alcuni tratti nuovi.

Il tratto rivoluzionario della società basata sul controllo è ciò che Hardt e Negri (2002, pp. 38 ss.)

definiscono «l'effettiva immanenza del sociale», che si attua attraverso la distribuzione nei corpi e

nelle menti dei cittadini e degli individui di ciò che prima erano gli strumenti disciplinari centralizzati.

In altre parole, tutto ciò che produce integrazione o esclusione sociale viene interiorizzato e il

potere è esercitato con le uniche macchine realmente in grado di "colonizzare" le menti: cioè i

sistemi informazione e di comunicazione.Un appello a Foucault, per riconoscere e definire tale

situazione di esercizio del potere democratico con la nozione di sistema biopolitico o biopotere: «Il

biopotere è una forma di potere che regola il sociale dall'interno, inseguendolo, interpretandolo,

assorbendolo e riarticolandolo» (Hardt, Negri, 2002, p. 39). L'Impero è la cornice globale che serve

a interpretare la nuova cornice di gestione del biopotere, la cui finalità è quella di assorbire le

individualità dei soggetti e di affermare una dimensione internazionale ormai priva di mediazioni fra

paradigma centrale dominante e soggetti decentrati territorialmente e dominati politicamente e

culturalmente (vecchio modello disciplinare).Prima di Foucault e comunque ben prima della

pubblicazione di Impero, altri intellettuali avevano analizzato in Italia e all'estero l'evoluzione di

regime e il ruolo della comunicazione sociale in essa. Hardt e Negri citano gli studi di Deleuze e

Guattari, che avevano già parlato (con visione poststrutturalista) del tema della sostanza

ontologica della produzione sociale, senza superare, tuttavia, l'idea di un insieme "caotico e

ineffabile" (cfr. 1987).Un contributo interessante (fra i numerosi richiamati e commentati) è venuto

in anni recenti da alcuni storici dell'economia di scuola marxista italiana che si occupano della

nascita del lavoro immateriale e delle conseguenze ai vari livelli di vita sociale e civile che tale<

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Publisher
A.A. 2013-2014
28 pagine
4 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher r.greco di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etnolinguistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Iannaccaro Gabriele.