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LINEAMENTI DI SCIENZA POLITICA
Fisichella
Capitolo 2
Il concetto di politica
Ambivalenza del rapporto politico
Concetto di politica si riferisce a esperienza molto differenti tra loro.
Macchiavelli: strumento di dominio
Hobbes: grammatica dell’obbedienza
Locke: assicurazione sulla vita e sugli averi
Rapporto di tipo politico come rapporto interpersonale e intersoggettivo è caratterizzato da una
fondamentale ambivalenza. Considerando la politica come un modo esistenziale di vivere il dato di
partenza non è l’“io” ma il “noi” cioè coesistenza e partecipazione ad una comunità. Da una parte la politica
aggrega ma dall’altra esclude creando inimicizia. Per molti il fatto conflitto è un elemento negativo che
costituisce una patologia collettiva da espungere dal territorio politico in quanto è il male. Altri invece
vedono il conflitto come l’essenza autentica, esclusiva e ineliminabile della categoria del politico.
Schmitt evidenzia: il nemico è un insieme di uomini da combattere almeno virtualmente, il concetto di
amico-nemico acquista il suo significato nel fatto che si riferisce alla possibilità reale dell’uccisione fisica. La
politica coincide con il conflitto.
Da una parte abbiamo chi sostiene che il conflitto sia un elemento da eliminare dalle dimensione pubblica,
e dall’altra chi invece giudica il conflitto riguardante ogni comportamento politico ed esaurisce la politicità
nella conflittualità.
Occorre considerare che non esiste solo la contrapposizione amico-nemico ma anche la relazione amico-
amico. Se è vero che esiste un legame tra politica e conflitto e tra politica e guerra, tale legame non è ad
una dimensione poiché la politica ingloba la possibilità dell’inimicizia ma anche la possibilità dell’amicizia.
Sta di fatto che il conflitto è una realtà ineliminabile dallo scenario politico. Il problema della politica è
quindi come affrontare i conflitti.
Guerra e pace
Il concetto politico di nemico può riguardare o un conflitto interno o internazionale. La guerra si può
definire come un conflitto tra gruppi politici rispettivamente indipendenti, la cui soluzione viene affidata
alla violenza con l’uso della forza fisica diretta all’effetto voluto da parte del soggetto attivo e non
consentita da parte del soggetto passivo. Schmitt riguardo al rapporto tra politica e guerra insiste sul
carattere della guerra come mezzo politico estremo, Von Clausewitz sul carattere di ultima ratio.
Rispetto all’idea di guerra come evento necessario vale contrapporre la visione della guerra come evento
possibile. La nascita dell’era atomica e la fine della guerra mondiale non ha chiuso la stagione delle guerre
convenzionali. Il fatto che ci siano da sempre state guerre non implica che ci siano state tutte le guerre che
avrebbero potuto esserci. La guerra quindi e un evento non necessario ma possibile. Se la guerra fosse
inevitabile allora la pace sarebbe solo una parentesi tra una guerra e l’altra. Se è vero che l’uomo da anni ha
applicato sempre di più il monopolio dell’uso della forza finalizzato al mantenimento della pace ne deriva
che sotto il profilo empirico la questione della preminenza statica della guerra va discussa e impone
distinzioni.
Si può quindi distinguere tra guerra internazionale cioè estera o guerra civile con una lotta armata interna.
La rivoluzione può essere definita come una guerra interna nella quale prevalgono i fautori di un profondo
cambiamento dando luogo all’instaurazione di un nuovo ordinamento giuridico-politico.
La pace vera è soltanto quella che regna tra amici nel cui caso è escluso qualsiasi ricorso all’uso della forza.
Riassumendo:
- Ambivalenza della politica come rapporto intersoggettivo con dicotomia amico/nemico
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- Centralità del concetto di conflitto che non esaurisce il concetto di politica per cui si ha sia la
possibilità del conflitto sia quella della solidarietà
- Eliminazione definitiva del conflitto è impossibile
Principio di risoluzione dei conflitti
Il problema autentico della politica è come affrontare e trattare i conflitti. La particolarità del rapporto
politico sta nel fatto che esso tende ad includere al sue interno un elemento coattivo e coercitivo
attraverso il ricorso alla forza fisica e limitazioni alla libertà di individui e gruppi. Il rapporto di tipo politico
non è però solo di tipo coattivo.
Di solito il conflitto avviene tra due o più soggetti che cercano di entrare in possesso della stessa cosa. Le
arene e le modalità del conflitto possono essere molteplici: economia, rivendicazione territoriale, ideologie,
ecc.. in sostanza i conflitti possono essere: esistenziali, sociali, economici, culturali oltre che politici. Ciascun
regime politico è caratterizzato da uno specifico principio di risoluzione pacifica dei conflitti interni e dalle
relative regole del gioco. Ciascun regime politico risponde a una logica di mantenimento, instaurazione o
ripristino della pace sociale e dell’ordine civile. Il contesto però può non bastare, ed è qui che entra in gioco
il monopolio della forza.
La forza tra potere ed autorità
Ogni persona che intende conseguire i suoi fini lo può fare attraverso una molteplicità di mezzi, non è però
possibile definire quali soggetti utilizzeranno quali mezzi. Il monopolio consiste così nell’attribuire ad un
soggetto istituzionale presente ed operante nella sintesi politica il titolo ad organizzare e gestire la forza
che diviene forza pubblica per assicurare l’ordine civile e la pace interna. Il monopolio è legittimo nel senso
che un fattore di pace per garantire la vigenza del principio di ordine civile e pace interna. Alcuni
evidenziano come tutto ciò permetta all’uomo di passare da uno stato di natura ad uno stato di società,
mentre altri sostengono l’originarietà dello stato di società per cui lo stato è l’unica e sola condizione
dell’uomo. Tali differenze di visioni influiscono nella concezione dell’organizzazione politica e quindi nella
sua tipologia. Per alcuni quindi diventa interesse generale l’intervento della mano pubblica nei processi
economici e sociali e per altri invece no. C’è quindi un acceso dibattito su cosa sia effettivamente l’interesse
generale. Occorre quindi domandarsi se sia il monopolio a produrre legittimità oppure viceversa. Ci sono
due tesi a riguardo:
1. È il monopolio che produce legittimità come capacità di imporsi nell’azione mediante ricordo della
forza
2. Il potere è un elemento secondario perché non è un elemento fondamentale nella politica e non è
un bene comune ma una necessità comune
Concetti di potere:
- Potere come concetto relazionale relazione tra unità sociali tali che il comportamento dell’unità
sociale E dipende in una qualche circostanza dal comportamento dell’unità sociale P. Il potere come
situazione relazionale riguarda tutte le arre del vivere intersoggettivo, politiche e non.
- Potere come concetto istituzionale il potere è visto come un processo e un sistema, è una realtà
istituzionale alla quale pertiene in forma esplicita il ricordo della coazione monopolizzando a tal
fine la forza.
Elementi che costituiscono il concetto di autorità:
- Facoltà di stimolare ed attrarre l’altrui consenso.
- Ascendenza di qualcuno su qualcun altro come risultato della conformità al sistema di valori della
comunità o sentesi alla quale entrambi appartengono
Autorità è quindi quel soggetto, individuale o istituzionale, che ha ed esercita tale ascendente
Concetto di legittimità: proprietà del potere politico di essere visto e accettato come il più idoneo per la
sintesi politica i cui membri gli accordano sostegno. La legittimità riguarda il giusto titolo a detenere il
potere, mentre la legalità riguarda l’esercizio del potere secondo le leggi stabilite.
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L’idea di legittimità sempre sia apparsa in epoca successiva ai greci per risolvere alcune preoccupazioni che
iniziavano a crescere come la ricerca da parte dei giuristi romani di una fonte ultima dell’autorità. Ciò che
comunque emerge in tutte le grandi civiltà del passato sia ad oriente che occidente è la base religiosa del
potere politico. Ci sono quindi delle legittimazioni sia su base religiosa che su base secolare. Quando le
aggregazioni politiche hanno avviato il processo di monopolizzazione della forza non potevano affidare tale
monopolio ad una forza che non fosse legittimata. Nel rapporto tra legittimità e forza l’elemento principe è
la sovranità nella sua legittimità. Affermare quindi che il monopolio produce legittimità significa separare
due elementi che originariamente non erano avvertiti come separabili. Il potere quindi riproduce il
carattere ambivalente della politica e si pone sia come strumento di pace che come fattore e promotore di
conquista e di dominio fine a sé stesso.
Quindi se non ha bisogno di essere legittimato in quanto forza poiché in certe circostanze e situazioni è
sufficiente la forza per imporsi e farsi obbedire, il monopolio ha però bisogno di essere legittimato in
quanto tale altrimenti la forza del più forte è solo il prepotere di un soggetto su altri che quindi non
rinunceranno alla forza da usare nelle dinamiche conflittuali. La legittimità è un modo attraverso il quale
gestire e ridurre i costi del potere rendendo meno necessario il ricorso alla coazione e alla coercizione. I
regimi politici quindi si differenziano anche in base al modo attraverso il quale affrontano e trattano il tema
del conflitto.
Le occasioni conflittuali possono addirittura portare a mettere a repentaglio continuità, integrità e
sopravvivenza della politica stessa, ciò ha due significati:
- Elemento empirico ci sono conflitti che non giungono a tanto e ci sono invece conflitti che
rimangono limitate nella loro area originaria.
- Elemento soggettivo non tutti i regimi politici valutano con lo stesso metro l’indifferenza e certi
comportamenti conflittuali
Ciò comporta che un altro criterio per distinguere e comparare i regimi politici è quello relativo al loro
modo di giudicare e valutare la significanza politica o meno dei conflitti.
Primato e generalità della politica
Aristotele definisce polis come una comunità che regge e comprende in sé tutte le altre, politìa come la
struttura che dà ordine alla città stabilendo il funzionamento di tutte le cariche e dell&rs