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LA CULTURA COME “PRODOTTO” DELLA SIMULAZIONE

Ognuno di noi ha un cervello e senza questo nessuna mente può esistere. Oggi la maggior parte degli studiosi alla

domanda “il cervello da solo può spiegare la mente nella sua interezza?” risponde in modo affermativo. La mente è

radicata nel cervello. Il rapporto fra mente-cervello, biologia-cultura, gene-apprendimento non va più considerato in

termini né di dicotomia né di interazione, bensì di interdipendenza intrinseca.

Le mappe cerebrali, tramite cui il cervello informa se stesso, sono modelli nervosi in continuo cambiamento, poiché si

modificano in ogni istante in corrispondenza ai cambiamenti che hanno luogo nei neuroni implicati che, a loro volta,

riflettono i cambiamenti dell’organismo e dell’ambiente.

Nell’elaborazione delle mappe esso interviene attivamente mediante i processi di associazione fra le informazioni

sensoriali e quelle motorie, nonché quelle precedenti registrate nei depositi di memoria.

In stretta connessione con l’esperienza, l’elaborazione delle mappe cerebrali coinvolge le modalità sensoriali e il

sistema motorio nel suo complesso. La totalità di tali mappe costituisce il fondamento per l’origine della mente. La

coscienza ci permette di sperimentare le mappe cerebrali come immagini, di manipolare tali immagini e di applicare

loro il ragionamento.

Le immagini mentali sono fra loro connesse e si susseguono in modo veloce o lento, ordinato o caotico. Spesso vi sono

più immagini che si svolgono in parallelo o sovrapposte.

La prospettiva di Damasio pone in evidenza un costante processo di influenza reciproca fra cervello e mente. Nessuna

delle funzioni distintive della nostra mente è presenta al momento della nascita. Tali funzioni si sviluppano solo grazie

all’interazione con altri umani in un dato ambiente culturale.

Per dare origine alla mente, il cervello ha bisogno delle menti di altri.

Assieme al cervello la cultura è necessaria per dare origine e far crescere la nostra mente, poiché offre gli stimoli

appropriati al cervello per creare le connessioni indispensabili alla formazione dei circuiti nervosi implicati nelle varie

attività psichiche.

Che la cultura modifichi sensibilmente l’assetto funzionale del cervello è un fatto evidente ed empiricamente fondato da

precise ricerche, condotte nell’ambito delle neuroscienze culturali.

Il cervello non è autosufficiente. Senza stimoli va in difficoltà e non è più in grado di funzionare in modo regolare.

L’ipotesi dell’autosufficienza del cervello appare impercorribile, poiché il cervello, a qualunque stadio sia, è sempre

immerso in un contesto denso di stimoli che variano in continuazione.

Dati questi requisiti, il confine fra ciò che è biologico e ciò che è psicologico appare piuttosto debole, spesso invisibile e

inconscio. Più che di confine è opportuno parlare di frontiera fra il cerebrale e il mentale.

Occorre sottolineare il valore liminare della frontiera. È uno spazio neutro che, nel momento stesso in cui separa,

unisce.

Diventano ovvi e comprensibili i processi di profonda e reciproca influenza fra cervello e mente.

Quando qualcosa non funziona nel nostro corpo, il segnale cerebrale corrispondente va a condizionare in modo rilevante

la mente a livello cognitivo e viceversa, se qualcosa non procede in modo regolare nella nostra mente, si riverbera

profondamente sul piano biologico del nostro organismo.

Mappe cerebrali e immagini mentali costituiscono i fili per tessere la trama e il disegno dei nostri pensieri, emozioni,

valori ecc. Sono il fondamento del nostro sé inteso come coscienza, protagonista e agente.

È l’insorgenza della cultura come rete complessa di conoscenze idonea a farci vivere in un ambiente che consideriamo

intelligibile e controllabile. La concezione del cervello esteso è compatibile con l’idea di cultura come una sorta di

mente condivisa da una comunità, in grado di evolvere, di creare soluzioni nuove a fronte di cambiamenti ecc.

È evidente che la cultura si fonda sull’evoluzione biologica della specie umana ed è un prodotto della biologia. È

scontato che prima venga la biologia e poi la cultura. Tuttavia è un fatto altrettanto evidente che non appena la cultura si

è costituita e ha assunto una sua configurazione, dotata di un certo livello di sviluppo, è sfuggita di mano alla biologia.

Non stiamo pensando alla cultura come entità oggettiva e autonoma come propone la prospettiva costruzionista. La

cultura ha bisogno di “cervelli”, poiché senza di essi cessa di esistere.

Non stiamo pensando all’idea della dicotomia mente-cervello, presente nella psicologia ingenua.

Non stiamo ipotizzando la presenza di una “mente collettiva”, così cara alla psicologia delle folle.

Una mente collettiva semplicemente non può esistere poiché ogni mente è esclusivamente individuale per la necessità di

avere a disposizione un cervello funzionante.

Piuttosto, esistono stati interni distribuiti e condivisi da parte di una data comunità di esseri umani. È la realtà condivisa,

intesa come il prodotto di processi motivati nello sperimentare con altri una comunanza di stati interni circa il mondo.

Ciò cui stiamo pensando è l’interdipendenza intrinseca fra mente e cervello.

Senza cervelli la cultura non può andare avanti, ma anche il cervello senza gli stimoli provenienti dalla cultura si

atrofizza.

In che modo è stato possibile il passaggio dalla biologia alla cultura? Non ci sono risposte. È probabile che il cervello

umano, grazie all’evoluzione e allo sviluppo di strutture nervose sempre più sofisticate, abbia acquisito nel corso del

tempo potenti dispositivi simulativi connessi con l’imitazione, l’ultrasocialità e l’ipercooperatività.

A sua volta la mente simulativa è stata in grado non solo di riprodurre in rappresentazioni mentali conformi i fenomeni

naturali e le esperienze sociali, ma anche di anticiparli e prevenirli. In quest’attività è stata altresì capace di individuare i

percorsi più efficaci per adattarsi attivamente alle opportunità e ai vincoli dell’habitat.

La cultura, costituisce l’esito principale di siffatta attività.

Le principali manifestazioni culturali della mente simulativa consistono nell’invenzione, costruzione e impiego degli

artefatti. Essi fungono da mediazione fra l’ambiente e la nostra esistenza. Senza simulazione la cultura non sarebbe

possibile. La simulazione è una condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per la convivenza sociale in ogni

comunità, al fine di adottare le soluzioni più idonee ed efficaci per adattarsi in modo attivo alle condizioni ambientali,

nell’individuare percorsi innovativi. Oggi assistiamo allo sviluppo di una mente estesa, grazie all’impiego di internet e

al passaggio da una mente monoculturale a una biculturale.

L’appropriazione di una mente biculturale da parte di segmenti progressivamente più ampi di popolazione segnala una

nuova svolta nell’evoluzione della nostra specie.

TEORIA E FATTI NELLA SIMULAZIONE

Il rapporto tra teoria e fatti è fondamentale nella scienza e in qualsiasi attività conoscitiva. La loro corretta connessione

consente di giungere a un livello soddisfacente di comprensione e spiegazione delle cose.

Tale distinzione rigida si è dimostrata nel tempo fallimentare e impercorribile. Il principio di indeterminazione di

Heisenberg, ha segnato la fine dell’oggettivismo positivista.

Fra teoria e fatti vi è un rimando continuo, che implica un intreccio originario fra oggetto e metodo. Secondo il realismo

scientifico un “oggetto scientifico” nasce quando un fenomeno è indagato secondo un certo metodo. Non vi sono prima

gli oggetti scientifici e poi i metodi per studiarli bensì oggetto e metodo sorgono congiuntamente, poiché dipendono

dalle domande e dai criteri di protocollarità che uno studioso decide di adottare e di seguire.

Nella simulazione il rimando fra teoria e fatti è costante e sistematico.

Questa connessione intrinseca fra teoria e fatti attribuisce una vantaggio molto importante alla simulazione: quello di

essere in grado di fare predizioni in modo attendibile.

È uno dei compiti fondamentali di qualsiasi teoria scientifica valida. La capacità predittiva della simulazione si fonda

sulla sua natura di riproduzione dei fenomeni reali che studia nella gamma delle loro condizioni. Essa è fondamentale

già per l’esecuzione dei movimenti.

Quanto più la simulazione è articolata, tanto maggiori sono le probabilità di ottenere predizioni attendibili, valide e

discriminative. È una vantaggio assai rilevante per gli individui che, di norma, provano un senso di smarrimento

mentale in situazioni di incertezza e di ambiguità.

Tale vantaggio risulta più consistente per i manager e per le persone che devono prendere le decisioni.

Che cosa succede quando compaiono distorsioni mentali? È un fenomeno assai più frequente di quanto pensiamo. Nel

formulare giudizi e prendere decisioni siamo soggetti a distorsioni ricorrenti, come quella della “conoscenza

retrospettiva”: un senso esagerato circa l’inevitabilità di un evento una volta conosciuto l’esito.

Essa è tanto più consistente quanto più numerosi sono i pensieri che vengono alla mente.

Ricordiamo altresì la fallacia della pianificazione: in generale, le persone si mostrano ottimiste quando prevedono i

tempi di completamento di un compito, credendo di terminarlo in anticipo. Di solito succede il contrario, perché non

sono tenute in debito conto le difficoltà prevedibili, nonché gli imprevisti.

Sembra assurdo, ma gli incentivi in denaro peggiorano siffatta fallacia, poiché gli individui “incentivati” focalizzano

l’attenzione sulla simulazione di azioni che facilitano il raggiungimento del compito a spese della simulazione degli

inevitabili ostacoli che lo rallentano.

La simulazione ancora una volta costituisce una valido contributo nell’attenuazione e correzione di queste e altre

distorsioni mentali. La simulazione consente di prendere in considerazione possibili alternative e seguire percorsi

diversi. Occorre considerare l’opposto e contro argomentare la risposta iniziale chiedendosi quali sono le ragioni per cui

il ragionamento di partenza potrebbe essere sbagliato.

Nei rapporti tra teoria e fatti, pensare solo agli aspetti focali può condurre facilmente a una distorsione di ragionamento;

per converso, pensare alle alternative attraverso la simulazione comporta una forte riduzione della possibilità di andare

incontro a dis

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Publisher
A.A. 2015-2016
48 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/04 Pedagogia sperimentale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Arianna21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicopedagogia dei nuovi media e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Cecchinato Graziano.