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DIGRESSIONE
SU QUELLO CHE PENSA IL CERVELLO QUANDO PENSA A SE STESSO
La funzione del cervello, secondo Aristotele, era quella di prevenire il surriscaldamento del corpo. Per lui, era scontato
che il cervello non potesse essere assolutamente “l’organo della sensazione” come Ippocrate e altri avevano ipotizzato,
perché non produce nessuna sensazione se toccato.
È facile, oggi, ridere dell’errore di Aristotele. Ma è anche facile comprendere come mai il grande filosofo fosse stato
condotto così fuori strada. Il cervello, incassato accuratamente nella scatola cranica, non ci fornisce alcun segnale
sensibile della sua esistenza.
Sentiamo il cuore battere, i polmoni espandersi, lo stomaco torcersi, ma il cervello, che non ha capacità di movimento
rimane impercettibile.
Cartesio evocò un’altra metafora “liquida” per spiegare la funzione del cervello. Per lui era un componente di una
complessa “macchina” idraulica il cui funzionamento assomigliava a quello delle fontane nei giardini reali”. La
spiegazione di Cartesio della funzione del cervello si adattava alla perfezione alla sua cosmologia meccanicistica.
I nostri odierni microscopi, sensori ci hanno liberato da molte delle vecchie e fantasiose teorie sulla funzione del
cervello. Ma la caratteristica del cervello di essere stranamente distante continua a influenzare sottilmente la percezione
che ne abbiamo. Vogliamo credere che le impressioni registrate come sensazioni e archiviate come ricordi non lascino
traccia fisica sulla sua struttura.
È esattamente così che mi sentivo quando ho cominciato a preoccuparmi del fatto che il mio uso di Internet potesse
cambiare il modo in cui il mio cervello elaborava le info.
STRUMENTI DELLA MENTE
La nostra maturazione mentale come individui può essere ripercorsa attraverso il modo in cui disegniamo immagini o
mappe del nostro territorio.
Comunichiamo con interpretazioni rudimentali, poi progrediamo verso rappresentazioni sempre più accurate e astratte
dello spazio geografico.
I progressi storici della cartografia, non si limitano a rispecchiare lo sviluppo della mente umana. Aiutano a favorire e
guidare gli stessi progressi che documentavano. La mappa è un mezzo che non solo archivia e trasmette info, ma
incarna anche un modo particolare di vedere e pensare.
Quello che la mappa fece con lo spazio, tradurre un fenomeno naturale nell’idea intellettuale di quel fenomeno, un’altra
tecnologia, l’orologio meccanico, lo fece con il tempo. Per buona parte della storia umana il tempo era stato vissuto
come un flusso continuo, ciclico. Per misurarlo si utilizzavano strumenti che accentuavano questo processo naturale.
Non c’era necessità di misurare il tempo con precisione.
La situazione cominciò a cambiare nella seconda metà del Medioevo. I primi ad avvertire la necessità di una
misurazione più precisa furono i monaci cristiani. Il desiderio di una misurazione accurata del tempo ben presto varcò i
confini dei monasteri. Le ricche corti reali e principesche europee si appassionarono ai dispositivi più nuovi e ingegnosi
e cominciarono a bramare orologi di ogni tipo.
Quando la gente si trasferì dalla campagna in città e cominciò a lavorare nei mercati, nelle fabbriche ecc, la divisione
della giornata diventò sempre più importante.
La necessità di una più serrata programmazione e sincronizzazione del lavoro, delle pratiche religiose e anche del
divertimento fornì l’impulso per un rapido progresso nella tecnologia degli orologi.
Gli orologi non divennero soltanto più precisi e più decorati, ma anche più piccoli ed economici. I progressi nella
miniaturizzazione portarono allo sviluppo di modelli a un prezzo più basso che si adattavano perfettamente alle stanze
delle case o che potevano anche essere portati con sé.
L’orologio meccanico cambiò il modo in cui vedevamo noi stessi e, come la mappa, cambiò il modo in cui pensavamo.
Una volta ridefinito il tempo come una serie di unità di uguale durata, le nostre menti cominciarono ad accentuare il
lavoro mentale metodico della divisione e della misurazione.
Il nostro modo di pensare si fece aristotelico per la sua enfasi sulla necessità di discernere schemi astratti oltre la
superficie visibile del mondo materiale.
Ogni tecnologia è un’espressione della volontà umana. Attraverso i nostri strumenti, cerchiamo di estendere il potere e il
controllo sul mondo circostante. Le tecnologie possono essere divise sommariamente in 4 categorie a seconda del modo
in cui integrano o ampliano le nostre capacità innate:
• Un primo gruppo include l’aratro, l’ago, l’aereo da combattimento; amplia la nostra forza fisica, la destrezza o
la capacità di recupero.
• Un secondo gruppo include il microscopio, l’amplificatore ed estende la portata o l’accuratezza dei nostri
sensi;
• Un terzo gruppo contiene tecnologie come la pillola anticoncezionale, il granoturco geneticamente modificato,
ci aiuta a dare una nuova forma alla natura per assecondare le nostre necessità o desideri.
• La mappa e l’orologio appartengono alla quarta categoria, che si potrebbe chiamare “tecnologie intellettuali” e
si riferisce a tutti gli strumenti che usiamo per ampliare o rafforzare le nostre facoltà mentali.
Ciò che Nietzsche intuì mentre batteva a macchina i suoi scritti costituisce un tema centrale nella storia intellettuale e
culturale.
Ogni tecnologia intellettuale incarna un’etica intellettuale, un insieme di assunti riguardo al modo in cui la mente umana
lavora o dovrebbe lavorare.
L’etica intellettuale di una tecnologia è raramente riconosciuta dai suoi inventori. Di solito essi sono talmente impegnati
a risolvere un problema particolare o a districare qualche dilemma che non riescono a vedere le implicazioni più ampie
del loro lavoro.
Per secoli storici e filosofi hanno ricostruito e discusso il ruolo della tecnologia nel dar forma alla civiltà.
Emerson, nella sua espressione più estrema, ritiene che la visione deterministica considera gli esseri umani poco più che
“organi sessuali del mondo della macchina”. Il nostro ruolo essenziale sarebbe quello di produrre strumenti sempre più
sofisticati fino a quando la tecnologia non avrà sviluppato la capacità di riprodursi da sola.
All’altro estremo ci sono i seguaci dello strumentalismo: quelli che, come Sarnoff, minimizzano il potere della
tecnologia, ritenendo i suoi dispositivi semplici manufatti neutrali, totalmente asserviti ai desideri consapevoli dei loro
utilizzatori.
Gli strumenti sono il mezzo che usiamo per raggiungere i nostri scopi: non hanno finalità proprie. Lo strumentalismo è
la teoria più diffusa sulla tecnologia, se non altro perché è quella che preferiremmo fosse vera. Per molta gente l’idea di
essere in qualche modo controllati dalla tecnologia è inconcepibile.
Il dibattito fra deterministi e strumentalisti è illuminante. Entrambe le parti dispongono di buone argomentazioni. Se si
considera una particolare tecnologia in un particolare momento storico, come sostengono gli strumentalisti, i dispositivi
che utilizziamo sono sotto controllo
Ma se si parte da una visione storica e sociale più ampia, le affermazioni dei deterministi guadagnano credibilità. Anche
se gli individui e le comunità possono prendere decisioni molto diverse su quali strumenti usare, ciò non significa che,
in quanto specie, noi abbiamo avuto grande controllo sul percorso o sulla velocità del progresso tecnologico.
Anche se raramente ce ne rendiamo conto, molte delle nostre abitudini quotidiane seguono schemi stabiliti da
tecnologie che sono entrate in uso molto prima della nostra nascita.
Il conflitto fra deterministi e strumentalisti non si risolverà mai. Di fatto, implica due visioni radicalmente diverse della
natura e del destino del genere umano. Il dibattito coinvolge tanto la fede quanto la ragione. Ma c’è una cosa su cui
deterministi e strumentalisti possono essere d’accordo: i progressi tecnologici spesso segnano dei punti di svolta nella
storia.
Più difficile da individuare è l’influenza delle tecnologie, in particolare di quelle intellettuali, sul funzionamento del
cervello. Possiamo vedere i prodotti del pensiero, ma non il pensiero in quanto tale.
Oggi, finalmente, stanno cominciando a diradarsi le nebbie che hanno oscurato l’interazione fra la tecnologia e la
mente. Le recenti scoperte riguardo la neuroplasticità rendono più evidente l’essenza dell’intelletto; esse mostrano che
gli strumenti usati dall’uomo per rafforzare ed estendere il suo sistema nervoso hanno modellato la struttura fisica e il
funzionamento della mente umana.
La neuroplasticità fornisce l’anello mancante per comprendere come i mezzi d’informazione e le altre tecnologie
intellettuali abbiano esercitato la loro influenza sullo sviluppo della civiltà e contribuito a guidare la storia della
conoscenza umana.
Sappiamo che la forma base del cervello non è cambiata molto negli ultimi quarantamila anni. L’evoluzione a livello
genetico procede con mirabile lentezza. Ma sappiamo pure che il modo in cui gli uomini agiscono e pensano è diventato
quasi irriconoscibile.
Tra i paletti intellettuali e comportamentali posti dal nostro codice genetico la strada è ampia e noi teniamo in mano il
timone. Attraverso ciò che facciamo e come, alteriamo i flussi chimici nelle sinapsi e cambiamo i nostri cervelli.
Il funzionamento della nostra materia grigia resta ancora al di là della portata degli strumenti dell’archeologo, ma oggi
sappiamo che non soltanto è probabile che l’uso delle tecnologie intellettuali abbia modellato e rimodellato i circuiti
nelle nostre teste, ma che deve essere andata proprio così.
Ogni esperienza ripetuta influenza le sinapsi e i cambiamenti provocati dall’uso ricorrente di strumenti che estendono il
nostro sistema nervoso, devono essere particolarmente marcati.
Con quello che sappiamo dei taxisti londinesi, possiamo supporre che quando la gente, nel percorrere lo spazio
circostante, cominciò a dipendere dalle mappe piuttosto che dai propri ricordi, quasi certamente si sperimentarono
cambiamenti sia anatomici sia funzionali nell’ippocampo e in altre regioni del cervello coinvolte nella creazione di
modelli dello spazio e nella memoria.
Il nostro processo di adattamento mentale e sociale alle nuove tecnologie intellettuali si rispecchia nel cambiamento
delle metafore che usiamo per descrivere e spiegare il funzionamento di vari eventi naturali. Una volta che le mappe
furono diventate di uso comune la gente cominciò a raffigurare ogni tipo di relazione naturale o sociale in ter