Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
In quest’operazione la simulazione mentale, in quanto rappresentazione
mentale imitativa di un messaggio, aumenta il livello di pianificazione, poiché
è associata all’esplorazione di diversi percorsi per raggiungere lo scopo
prefissato. Favorisce l’apertura mentale nella ricerca di possibili alternative e
consente una rappresentazione mentale più estesa della situazione
contingente in cui si svolge lo scambio, aumentando il livello di intelligenza
interattiva di cui abbiamo parlato poc’anzi [Faude-Koivisto, Würz e Gollwitzer
2009].
Una volta individuato lo scopo comunicativo da raggiungere, il parlante ha il
compito di confezionare il messaggio. Entra in azione la disposizione mentale
esecutiva [Gollwitzer 1999]. In questo caso la simulazione mentale favorisce
la scelta delle parole, la loro disposizione nelle frasi, il modo con cui
pronunciarlo. Spesso è un processo automatico basato su un lungo
apprendimento che risale alla primissima infanzia. In caso di dubbio, in un
tempo molto breve la simulazione mentale consente di organizzare il
contenuto comunicativo secondo un certo percorso piuttosto che un altro per
cogliere al meglio le opportunità offerte dalla situazione, tenendo altresì conto
dei vincoli da essa posti.¶
Nella produzione del messaggio la simulazione mentale svolge una funzione
di preparazione e organizzazione, anticipando quello che sarà lo svolgimento
effettivo del messaggio stesso. In funzione dei feedback del destinatario, il
parlante ha modo di correggere e modificare il messaggio stesso. In tal modo
sono poste le condizioni per un messaggio ideale secondo il principio del
messaggio giusto al momento giusto. Di fatto, un messaggio non è né vero
né falso, bensì efficace o inefficace. La simulazione mentale è alla base
dell’efficacia comunicativa, intesa come indice sintetico del valore di un certo
messaggio, e consiste nella capacità di produrre rilevanti effetti pragmatici
(attenzione, interesse, consenso, persuasione, influenza ecc.) nel
destinatario [Anolli 2010a]. Occorre massimizzare le opportunità offerte dalla
situazione immediata per aumentare la fiducia, la credibilità e l’attrazione del
comunicante; nello stesso tempo, occorre minimizzare i rischi di tale
situazione per evitare condizioni di incomprensione e fraintendimento.
3.2. Attribuzione di significato e simulazione mentale
La simulazione mentale è egualmente presente nel processo di attribuzione
di un significato a quanto sta dicendo il parlante da parte del destinatario. A
fronte di qualsiasi messaggio il destinatario ha diversi percorsi di senso che
può seguire, poiché ciò che è detto dal parlante non è mai univoco né totale,
ma sempre parziale e ambiguo per il principio pars pro toto. Data questa
molteplicità dei percorsi interpretativi, il problema del destinatario è di
avvicinarsi all’intenzione effettiva del parlante (in condizioni standard) o di
discostarsi da essa e di attribuirgli un’intenzione volutamente erronea (nel
caso della discomunicazione, ritenendo il messaggio del parlante come
menzognero, ironico, seduttivo ecc. quando invece è solo una semplice
affermazione).
Il processo di attribuzione di una data intenzione comunicativa al messaggio
prodotto da un parlante si basa sulla capacità, tipicamente umana, di
assumere il punto di vista dell’altro. I primati non umani sono in grado di
inferire l’intenzione dei consimili dalle loro azioni, ma non sono in grado di
attribuire loro stati mentali. Nella nostra specie la capacità ¶di assegnare
certe intenzioni a quanto il parlante dice si associa con la competenza di
avere una rappresentazione mentale delle rappresentazioni mentali (non solo
dei comportamenti) degli altri. Si va dall’empatia e altruismo al
riconoscimento delle emozioni altrui, all’individuazione dello scopo di una loro
azione ecc.
Tuttavia, la capacità di adottare in modo accurato la prospettiva di un altro è
certamente superiore al caso, ma lungi dall’essere perfetta [Epley e Caruso
2009]. Potrebbe sembrare un’incompletezza dell’evoluzione della nostra
specie. Eppure, è una fortuna che le cose stiano così, che la nostra capacità
di assumere il punto di vista dell’altro sia distante dall’essere completa. In tal
modo si innesta nella comunicazione umana un dispositivo che la rende
interessante e intrigante, poiché la limitatezza nel leggere la mente altrui e di
attribuirle una data intenzione crea un ampio spazio di apertura comunicativa
associato a una condizione di indecidibilità da parte sia del parlante (non
saprò mai che cosa egli ha davvero in mente, se ha deciso di dire ogni cosa o
se è stato reticente ecc.), sia del destinatario (non saprò mai se l’intenzione
che egli ha assegnato al parlante è quella che ha ritenuto ovvia o se è
secondaria e recondita). Poiché non è totalmente prevedibile né totalmente
desumibile dagli scambi precedenti (quindi rimane indecidibile), la
comunicazione si configura come uno spazio che si autorigenera in
continuazione in forme sempre diverse. Ogni volta è una volta nuova. Ogni
volta ci scambiamo messaggi diversi.
Le barriere che si oppongono all’adozione perfetta della prospettiva dell’altro,
riguardano, anzi tutto, la tendenza a prendere il proprio punto di vista come
più attendibile e valido e a considerarlo come la prospettiva di default
nell’interpretare la situazione in corso. Spesso assumiamo il nostro punto di
vista come assoluto e lo riteniamo il parametro con cui valutare l’andamento
delle cose. In tal modo il dispositivo di lettura della mente altrui non entra
nemmeno in azione. In tale fallimento esistono notevoli differenze culturali. I
popoli orientali che seguono una sindrome culturale collettivistica sono assai
più propensi ad adottare il punto di vista degli altri rispetto agli occidentali
[Anolli 2011]. Nelle culture individualistiche, anche quando ai partecipanti è
richiesto esplicitamente di seguire la prospettiva altrui in un gioco di società,
nel 30% dei casi essi non
¶seguono questa indicazione, poiché il punto di vista personale prevale in
ogni caso [Caruso, Epley e Bazerman 2006].
Un’altra barriera che limita l’adozione piena della prospettiva altrui concerne
la tendenza a privilegiare la propria, anche nel caso in cui il destinatario
prenda in considerazione quella dell’altro. In questo caso la prospettiva
egocentrica rimane fondamentale per valutare la pertinenza, l’importanza e la
rilevanza di quella altrui. Per esempio, se si chiede quali sensazioni prova
l’altro in una condizione di sete, i partecipanti rispondono facendo riferimento
alle proprie e attribuendole in un secondo momento anche all’altro [Epley e
Caruso 2009]. Nel vedere persone che tengono un oggetto in una mano, i
partecipanti sono assai più veloci nell’indicare la propria prospettiva (mano
sinistra) rispetto alla prospettiva delle persone in esame (mano destra). La
prospettiva egocentrica implica che le persone usano se stesse come «effetto
àncora» nell’assumere una certa prospettiva.
Una terza barriera è data dalla sedimentazione delle conoscenze precedenti
che guida l’attribuzione delle intenzioni all’altro. Per esempio, nel caso di un
regalo le persone possono differenziare troppo le proprie preferenze rispetto
a quelle degli altri quando pensano di essere molto simili fra loro, ma
differenziare troppo poco quando ritengono che le preferenze e la prospettiva
degli altri siano realmente diverse dalle proprie [Lerouge e Warlop 2006]. In
queste condizioni si attivano stereotipi in riferimento a diversi criteri (genere,
età, professione, cultura di appartenenza ecc.). Inoltre, possono comparire
attribuzioni ciniche (o machiavelliche), quando il destinatario attribuisce al
parlante intenzioni poco benevoli (egoismo, sfruttamento degli altri,
prevaricazione, cattiveria ecc.) [Epley e Caruso 2009]. Come era solito
ripetere un noto politico italiano, «a pensare male degli altri si fa peccato, ma
spesso si indovina». Entra in gioco il principio di homo homini lupus est
approfondito da Thomas Hobbes.
Per superare le barriere qui menzionate la simulazione mentale si dimostra
un metodo efficace per ridurre le distorsioni e per esercitare la mente a
esplorare nuove e diverse alternative nell’attribuire intenzioni al parlante.
Consente di indagare nuove piste e di estendere i gradi di libertà del
destinatario. Per esempio, a fronte di un insulto da parte di un collega o un
¶amico, egli può rispondere con un altro insulto (nelle culture dell’onore) o
con una forte reazione di difesa (nelle culture occidentali in generale), con un
silenzio e l’indifferenza (nella cultura turca e surinamese), con
l’allontanamento fisico (nella cultura messicana), con una reazione di
autocritica (presso i giapponesi) o con la difesa del gruppo (non dell’individuo;
presso i cinesi) [Anolli 2011]. Sono tutte alternative valide come risposta
all’intenzione di insultare da parte di un altro.
4. Come promuovere la salute attraverso la comunicazione:
«Guarigione»
Guarigione (Re-Mission) è un Serious Game finalizzato alla promozione della
salute, in particolare in ambito oncologico. L’obiettivo principale è quello di
aiutare i pazienti (adolescenti e giovani adulti) malati di cancro a
comprendere e gestire meglio la propria malattia. Nello stesso tempo, gli
ideatori e i creativi hanno utilizzato il gioco per aumentare il livello di
consapevolezza sul cancro e per promuovere uno stile di vita salutare presso
la popolazione generale (in particolare tra i giovani) [Lieberman 2006]. È un
classico Serious Game di comunicazione persuasiva.
È stato prodotto nel 2006 da HopeLab, un’organizzazione statunitense senza
scopo di lucro, sulla base di un’idea di Pam Omidyar, moglie del fondatore di
eBay, Pierre Omidyar. L’organizzazione è stata fondata con lo scopo di unire
ricerca scientifica rigorosa con soluzioni innovative per migliorare la salute e
la qualità della vita dei giovani affetti da malattie croniche. Il lavoro di
HopeLab si focalizza sullo sviluppo di interventi da un lato coinvolgenti e
divertenti, dall’altro scientificamente fondati ed empiricamente validati
(evidence-based) che supportino comportamenti positivi nell’area della salute
tra i giovani (dall’ambito oncologico a quello dell’obesità e del diabete
infantile).
Guarigione è stato pensato sia per i pazienti ammalati di tumore (come forma
di educazione terapeutica), sia per la popolazione generale (come