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NTERPERSONALE
individui si comportano come singoli, non dando peso alle appartenenze sociali loro e degli altri)
Pertanto, l’identificazione con l’ingroup non scatena sempre fenomeni di pregiudizio, poiché ciò
dipende dal contesto sociale e dalla maggiore rilevanza della dimensione intergruppo.
2.2 - TEORIE MOTIVAZIONALI DELL’APPARTENENZA
Quali motivi spingono una persona ad identificarsi con un particolare gruppo sociale?
Per Abrams e Hogg, dato che il favoritismo per l’ingroup porta un aumento dell’autostima, ne deriva
che le persone con bassa autostima sono propense a identificarsi con gruppi di valore positivo.
Secondo la teoria della riduzione dell’incertezza soggettiva, la vita sociale degli individui è
caratterizzata dal tentativo di soddisfare il . L’incertezza relativa ai propri
BISOGNO DI CERTEZZA
atteggiamenti, credenze e sentimenti è uno stato negativo, ma l’appartenenza di gruppo risolve
questo problema: i gruppi forniscono un sistema di valori, di informazioni, di stereotipi (realtà
convenzionale condivisa). Pertanto, più le persone sono incerte riguardo ai propri
atteggiamenti, credenze e ruoli nella società, tanto più cercheranno certezze all’interno di
gruppi sociali.
In base a questi assunti, Hogg ha modificato il paradigma dei gruppi minimali, inserendo come
variabile proprio il bisogno di certezza (per ridurre il bisogno di certezza, prima del compito venivano
fornite istruzioni dettagliate ai partecipanti sulle modalità d’uso delle matrici). I risultati confermarono
che l’unica condizione in cui si verificava il favoritismo per l’ ingroup era la condizione di
incertezza soggettiva con categorizzazione. Quindi, in presenza di categorizzazione e quando vi
è la necessità di ridurre l’incertezza, gli individui tendono a giudicare l’ ingroup più
positivamente dell’ outgroup . La sola categorizzazione non è sufficiente a scatenare questi
fenomeni.
La (Brewer) enuncia che, se da un lato le persone
TEORIA DELLA DISTINTIVITÀ OTTIMALE
percepiscono il bisogno di appartenere a un gruppo sociale (assimilazione), dall’altro percepiscono
un bisogno di differenziazione (anche il fatto di essere troppo simili ad altre persone crea un disagio
psicologico). Gli umani cercano un equilibrio tra questi 2 bisogni: i gruppi ideali sono di dimensioni
intermedie, che permettono ai membri di sentirsi parte di un gruppo, senza essere omologati
alla collettività. ’
Secondo la di Turner, ogni individuo possiede molteplici
TEORIA DELL AUTOCATEGORIZZAZIONE
concetti di sé, riconducibili a 3 livelli di astrazione:
• Livello personale (subordinato) : il soggetto si vede come entità unica, come un singolo individuo
• Livello sociale (intermedio) : il soggetto si vede come membro di un gruppo
• Livello umano (sovraordinato) : il soggetto si vede come un essere umano
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I gruppi a cui si sente di appartenere, comunque, variano a seconda del contesto specifico in cui ci si
trova: è il contesto a rendere saliente un’appartenenza piuttosto che un’altra. In particolare, la
salienza di una categoria in una determinata situazione dipende dalla combinazione di 2 fattori:
A : la prontezza con cui una categoria viene attivata nella mente. Dipende, in
CCESSIBILITÀ
primo luogo, dal fatto che sentirsi parte di quel dato gruppo è importante nella definizione di
sé, ma anche dal fatto che la categoria in questione sia o meno rilevante in quel contesto
A : grado in cui la categorizzazione impiegata è adatta a spiegare le differenze
DEGUATEZZA
tra gli stimoli presenti nell’ambiente. L’adeguatezza è massima se le differenze all’interno
dell’ingroup sono notevolmente inferiori rispetto alle differenze tra ingroup e outgroup.
Turner ha definito rapporto di metacontrasto, il rapporto tra le differenze intercategoriali
medie tra ingroup e outgroup e le differenze intracategoriali medie all’interno dell’ ingroup .
Più alto è il rapporto ottenuto, più la categorizzazione sarà adeguata e, di conseguenza,
subentreranno i processi di assimilazione intracategoriale e di differenziazione
intercategoriale, che enfatizzeranno le somiglianze e le differenze preesistenti tra gli stimoli.
Nel momento in cui una particolare categoria è saliente nel contesto specifico, si attiva un processo di
: l’individuo percepisce se stesso non più come singolo, ma come
DEPERSONALIZZAZIONE
appartenente al gruppo. Non è un processo negativo, poiché comporta un guadagno, non una
perdita di identità: le persone, infatti, acquisiscono le caratteristiche tipiche del gruppo. D’altra
parte, se le persone si sentono simili ai membri dell’ ingroup , al contempo si percepiscono
diverse dai membri dell’ outgroup , attivando il processo di differenziazione intercategoriale.
In questo modo, vengono soddisfatti contemporaneamente il bisogno di appartenere e il
desiderio di non sentirsi omologati ad una massa indistinta.
3. PROCESSI INTERNI AI GRUPPI SOCIALI
’
L’ dimostra che le persone sono particolarmente
EFFETTO DI SOVRAESCLUSIONE DALL INGROUP
caute prima di includere una persona sconosciuta nell’ ingroup .
Secondo Turner, il rapporto di metacontrasto può essere calcolato anche per i singoli membri di
gruppo. La persona che ha un rapporto di metacontrasto più elevato, ossia che è molto simile ai
suoi compagni dell’ingroup e molto diversa dai membri dell’outgroup, è il prototipo del gruppo.
Di contro, gli individui eccessivamente diversi dalla norma del gruppo sono considerati devianti. I
devianti, che esprimono posizioni diverse da quelle degli altri membri, rompono l’armonia del
gruppo e sono considerati minacciosi per la definizione e l’immagine positiva del gruppo.
Essendo forte la pressione verso l’uniformità e l’armonia, nei gruppi sociali i devianti vengono
spesso giudicati sfavorevolmente dagli altri membri. La soluzione a questo problema è
dissociarsi il più possibile dai devianti, che vengono così separati dagli altri membri
dell’ ingroup .
Secondo l’ , i membri negativi del proprio gruppo vengono spesso valutati
EFFETTO PECORA NERA
in modo più sfavorevole rispetto ai membri negativi dell’ outgroup . Sembra essere, questa, una
strategia per escludere i devianti dal gruppo, e ristabilire così il suo valore positivo.
3.1 - PERCEZIONI ALL’INTERNO DEI GRUPPI
Quando gli individui si categorizzano come membri dell’ingroup, al già citato effetto di omogeneità
dell’ outgroup si unisce il processo di assimilazione intracategoriale, che viene attivato anche
all’interno del gruppo di appartenenza, che viene così percepito come omogeneo.
Se l’omogeneità interna al gruppo è desiderabile, un gruppo troppo omogeneo non è sempre
efficiente. Ad esempio, se è necessario eseguire un compito complesso, è preferibile che tra i suoi
membri vi sia una divisione dei compiti, combinata con una coordinazione generale.
D’altra parte, un’eccessiva differenziazione interna può far perdere di vista gli obiettivi comuni.
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Secondo Turner, la deriva da un’attrazione reciproca (attrazione verso i membri del
COESIONE
gruppo in quanto tali) piuttosto che dall’attrazione verso gli individui per le loro caratteristiche
personali (attrazione interpersonale). Quando un gruppo è saliente, i membri tendono a percepirsi
simili tra loro, e simili al prototipo del gruppo. Dato che il prototipo è valutato in modo positivo, i
membri del gruppo saranno investiti di tale valenza positiva e tenderanno ad apprezzarsi a vicenda.
3.2 - PENSIERO DI GRUPPO
Il (Janis) si verifica nei piccoli gruppi sociali, in cui una forte coesione
PENSIERO DI GRUPPO
interna, unita a pressioni temporali, invita i componenti a giungere a una decisione unanime.
Questa spinta verso l’unanimità porta gli individui a sopravvalutare la forza del gruppo,
abbandonando le proprie convinzioni, non considerando tutte le alternative a disposizione ed
isolandosi dall’ambiente.
Molte ricerche hanno evidenziato come il pensiero di gruppo dipenda dal senso di appartenenza
condiviso: è, infatti, più probabile quando le persone sono incluse in una categoria sociale.
Inoltre, l’importanza attribuita al compito e la pressione a svolgerlo in modo appropriato sono
entrambe variabili positivamente correlate al pensiero di gruppo.
Infine, tra le strategie per evitare il pensiero di gruppo si distinguono:
• Ruolo più neutrale del leader (incoraggia l’espressione di punti di vista divergenti)
• Limitare la ricerca prematura di consenso (fare in modo che i membri esprimano i loro dubbi)
• Ottimizzare la partecipazione effettiva di tutti i membri del gruppo (rendere ciascun membro
più responsabile del fatto che le informazioni in suo possesso vengano a conoscenza del team)
• Nominare degli esperti indipendenti (“avvocati del diavolo”)
3.3 - POLARIZZAZIONE
Per si intende lo spostamento e l’estremizzazione delle posizioni individuali, in
POLARIZZAZIONE
seguito a una discussione di gruppo, nella direzione già preferita prima della discussione.
Pertanto, le decisioni del gruppo non sono più prudenti di quelle dei singoli, ma presentano, anzi,
un orientamento al rischio. Studi mostrano che, se nei giudizi individuali prevale un orientamento
al rischio, questo viene ancor più enfatizzato nelle decisioni di gruppo. Lo stesso succede in
caso di orientamenti più cauti, che vengono resi ancora più cauti dopo la discussione di gruppo.
Questo fenomeno è in realtà un processo di convergenza verso la norma condivisa all’interno
dell’ingroup. In tal modo, le discussioni circa la posizione da tenere porteranno alla convergenza
verso la posizione più prototipica, ovvero la posizione che riassume al meglio le caratteristiche
dell’ingroup e che permette di distinguere il proprio gruppo dall’outgroup. In sostanza, quando la
situazione rende importante l’identità di ingroup, è più probabile che le norme rilevanti dell’ ingroup
diventino più estreme per essere differenziate più facilmente da quelle dell’ outgroup .
3.4 - PRODUTTIVITÀ
Steiner sostiene che il gruppo riduce la produttività, per 2 motivi:
1. Non sempre le persone sono motivate a dare il meglio di sé quando lavorano in gruppo (se
il loro contributo è difficilmente identificabile, tenderanno a “nascondersi” dietro al lavoro degli altri)
2. Mancanza di cooperazione tra i membri (può mancare una strutturazione dei compiti che riesca
a