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3.1.3 GLI ELEMENTI NON PROTOTIPICI: I DEVIANTI

Contrariamente gli individui eccessivamente differenti dalla norma del gruppo vengono

considerati devianti. Questi esprimono posizioni diverse da quelle degli altri membri = rompono la

cosiddetta armonia e vengono considerati minacciosi per l’immagine positiva del gruppo. Nel

gruppo è molto marcata la pressione verso l’UNIFORMITA’ e l’ARMONIA, pertanto i devianti sono

generalmente visti dalla maggioranza come ‘’fastidi’’ e vengono giudicati in maniera sfavorevole

dai membri rappresentativi; spesso la soluzione a questo problema è dissociarsi il più possibile dai

devianti, che vengono in questo modo separati dagli altri membri del gruppoSi verifica in questo

modo l’EFFETTO PECORA NERA, cioè i membri del proprio gruppo vengono valutati più

sfavorevolmente rispetto ai membri negativi dell’outgroup. Sembra essere una strategia per

ristabilire il valore positivo del gruppo. (Una volta allontanati tornerebbe l’equilibrio).

Esistono due tipologie di devianti: pronormati e contronormativi.

3.2. PERCEZIONI ALL’INTERNO DEI GRUPPI

3.2.1 OMOGENEITA’ E ORGANIZZAZIONE INTERNA

I GRUPPI ESTRANEI VENGONO IL Più DELLE VOLTE PERCEPITI COME Più OMOGENEI RISPETTO AI

GRUPPI DI APPARTENENZA, TALE EFFETTO è DETTO di omogeneità dell’outgroup che sembra

dipendere dal processo di categorizzazione sociale. (pg.67)

Se l’omogeneità interna al gruppo è desiderabile, un gruppo troppo omogeneo non è sempre

efficiente. Ad esempio, se è necessario eseguire un compito complesso, è preferibile che tra i suoi

membri vi sia una divisione dei compiti, combinata con una coordinazione generale.

D’altra parte, un’eccessiva differenziazione interna può far perdere di vista gli obiettivi comuni.

Le caratteristiche di un gruppo ideale sono: l’omogeneità del possedere un tratto condiviso: la

comune appartenenza ad un gruppo, e allo stesso tempo, deve essere diversificato al suo interno,

in quanto è dotato di un’organizzazione strutturata.I gruppi sociali, posso presentare le

caratteristiche di un organismo, si dice infatti che essi costituiscono un‘ ENTITA’, inoltre se un

gruppo è visto come entità, ci si aspetta in generale che i suoi membri si comportino in modo

coerente fra di loro, il che porta ad una forte spinta verso l’armonia interna.

3.2.2LA COESIONE

Secondo Turner, la COESIONE è data da un’attrazione reciproca (attrazione verso i membri del

gruppo in quanto tali) piuttosto che dall’attrazione verso gli individui per le loro caratteristiche

personali (attrazione interpersonale). Quando un gruppo è saliente, i membri tendono a percepirsi

simili tra loro, e simili al prototipo del gruppo. Dato che il prototipo è valutato in modo positivo, i

membri del gruppo saranno investiti di tale valenza positiva e tenderanno ad apprezzarsi a

vicenda.

3.3 PROCESSI E DINAMICHE ALL’INTERNO DEI GRUPPI

I processi di categorizzazione influenzano alcune classiche dinamiche intragruppo: la presa di

decisioni, discussioni interne, la produttività e la gestione della leadership.

3.3.1 IL PENSIERO DI GRUPPO

L’ assunto implicito alla base di questa strategia è che la decisione presa da un gruppo è più

attendibile rispetto a quella presa da una singola persona. Il gruppo può stemperare gli eccessi dei

singoli, può essere utile nello scoprire eventuali errori individuali, permette la condivisione delle

informazioni per il processo decisionale. Il gruppo gode di una fiducia maggiore rispetto ai singoli

individui. Janis è uno dei maggiori autori che si è occupato di tale argomento ed è lui che ha

proposto il concetto di PENSIERO DI GRUPPO.

Questo si verifica nei piccoli gruppi sociali, in cui una forte coesione interna, unita a pressioni

temporali, invita i componenti a giungere a una decisione unanime. Questa spinta verso

l’unanimità porta gli individui a sopravvalutare la forza del gruppo, abbandonando le proprie

convinzioni, non considerando tutte le alternative a disposizione ed isolandosi dall’ambiente.

Molte ricerche hanno evidenziato come il pensiero di gruppo dipenda dal senso di appartenenza

condiviso: è, infatti, più probabile quando le persone sono incluse in una categoria sociale. Inoltre,

l’importanza attribuita al compito e la pressione a svolgerlo in modo appropriato sono entrambe

variabili positivamente correlate al pensiero di gruppo.

Il processo da combattere, quindi, sembra essere la depersonalizzazione. Sarebbe quindi utile

spingere le persone a non considerarsi come parti intercambiabili di un collettivo, ma lasciarle

libere di fornire il proprio contributo individuale. Bisognerebbe creare l’idea che il gruppo non

dovrebbe essere un tutto omogeneo, ma un’entità organizzata e differenziata al suo interno, in cui

l’apporto di ogni singolo è fondamentale per il perseguimento dello scopo comune.

3.3.2 LA POLARIZZAZIONE

Con tale espressione, si intende, lo spostamento e l’estremizzazione delle posizioni individuali, in

seguito a una discussione di gruppo, nella direzione già preferita prima della discussione. Pertanto,

le decisioni del gruppo non sono più prudenti di quelle dei singoli, ma presentano, anzi, un

orientamento al rischio. Studi mostrano che, se nei giudizi individuali prevale un orientamento al

rischio, questo viene ancor più enfatizzato nelle decisioni di gruppo. Lo stesso succede in caso di

orientamenti più cauti, che vengono resi ancora più cauti dopo la discussione di gruppo. Questo

fenomeno è in realtà un processo di convergenza verso la norma condivisa all’interno dell’ingroup.

In tal modo, le discussioni circa la posizione da tenere porteranno alla convergenza verso la

posizione più prototipica, ovvero la posizione che riassume al meglio le caratteristiche dell’ingroup

e che permette di distinguere il proprio gruppo dall’outgroup. In sostanza, quando la situazione

rende importante l’identità di ingroup, è più probabile che le norme rilevanti dell ’ ingroup

diventino più estreme per essere differenziate più facilmente da quelle dell’outgroup.

3.3.3 LA PRODUTTIVITA’

Questo tema presenta un evidente controsenso. Da un lato, le aziende e le organizzazioni

utilizzano sempre più spesso il lavoro in piccoli gruppi, dall’altro, studi sperimentali mostrano che i

gruppi, la maggior parte delle volte, riducono la produttività individuale. E’ uno dei classici casi

dove la realtà si scontra con la ricerca. Steiner si occupa di questo problema.

L’autore sostiene che il gruppo riduce la produttività, per due motivi:

1. Non sempre le persone sono motivate a dare il meglio di sé quando lavorano in gruppo (se il

loro contributo è difficilmente identificabile, tenderanno a “nascondersi” dietro al lavoro degli

altri).

2. Mancanza di cooperazione tra i membri (può mancare una strutturazione dei compiti che riesca

a combinare al meglio gli apporti dei singoli).

La combinazione dei due problemi è chiamata SOCIAL LOAFING, cioè la tendenza degli individui a

ridurre il proprio sforzo quando lavorano in gruppo rispetto a quando lavorano da soli. Secondo

Zajonc, la variabile chiave sarebbe la co-presenza che provoca uno status di attivazione fisiologica,

che porta a conseguenze diverse sulla produttività a seconda dal tipo di compito che si sta

svolgendo:

· Se il compito è semplice, l’attivazione migliorerà il rendimento

· Se il compito è complesso, l’attivazione peggiorerà il rendimento

Una terza teoria sostiene che la presenza o meno del social loafing dipende dall’importanza

psicologica che il gruppo ha per gli individui che ne fanno parte. Pertanto, la produttività del

gruppo aumenta con l’aumentare dell’importanza del gruppo per i suoi membri (identità sociale).

Diverse ricerche mostrano che il lavoro di gruppo porta a fenomeni di social loafing quando non è

presente alcuna competizione con l ’ outgroup . Di contro, quando viene introdotto il confronto

con il gruppo estraneo, la produttività di gruppo risulta massima, superando quella

individuale.Un’ultima teoria, rifacendosi all’autocategorizzazione, enuncia due fattori della

produttività di gruppo:

· Congruenza tra definizione di sé della persona e caratteristiche del compito da eseguire: il social

loafing si verifica nei casi in cui le persone devono svolgere un lavoro di gruppo, ma

contemporaneamente tendono a considerarsi come singoli individui

· Congruenza tra caratteristiche dell’addestramento ricevuto e del compito da eseguire: solo

quando le competenze e le capacità dei singoli si combinano perfettamente tra loro il gruppo

raggiunge la massima produttività (è necessario un adeguato addestramento).

In conclusione, i gruppi possono essere più produttivi della somma delle loro parti. Tuttavia, è

necessario che siano rispettate tre condizioni chiave: Il gruppo deve essere importante e

significativo per i suoi membri. Le persone che lo compongono devono essere abituate a lavorare

insieme Þ Il gruppo deve essere un’entità organizzata, in cui i diversi contributi dei singoli si

combinano e si completano a vicenda.

3.3.4 LA LEADERSHIP

I LEADER sono i membri di status più elevato all’interno di un gruppo , che hanno maggiori

responsabilità e che influenzano gli altri membri più di quanto siano essi stessi influenzati.

I modelli della personalità (il leader possiede determinate caratteristiche di personalità) e i modelli

situazionali (il leader è la persona più adatta a guidare un gruppo in un dato contesto) sono

carenti. Il modello della contingenza di Fiedler combina questi 2 aspetti: solo una perfetta

coincidenza tra le caratteristiche del leader e quelle della situazione porterà ad una leadership

efficace. Le caratteristiche del leader includono l’orientamento al compito o l’orientamento alle

relazioni. Le tre variabili situazionali che determinano la “favorevolezza” della situazione per il

leader sono:

· Relazioni leader-membri: atmosfera di gruppo e grado in cui il leader è accettato

· Struttura del compito: grado in cui le mansioni dei subordinati sono chiare e dettagliate

· Potere della posizione del leader: grado di autorità formale e di influenza sui subordinati.

Il leader orientato al compito si dimostra efficace in situazioni estreme di controllo (basso, alto),

mentre il leader orientato alle relazioni si dimostra efficace in condizioni di controllo intermedie.

Un aspetto sottovalutato da

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
16 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher poppi9491 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università Maria SS.Assunta - (LUMSA) di Roma o del prof Scopelliti Massimiliano.