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LE ORIGINI DELLA PSICOLOGIA DI COMUNITA’
È difficile capire una disciplina come la psicologia di comunità senza conoscerne le radici ed il
contesto storico-culturale in cui questa si fonda. La psicologia di comunità va collocata tra la fine
degli anni 60 e l’inizio degli anni ‘70. Le sue radici sono da ricercare nell’evoluzione sociale e
culturale degli Stati Uniti iniziata negli anni ‘40 e culminata nel 1968.
1. Le radici
Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale nel mondo universitario nordamericano avvengono
due importanti cambiamenti:
I ricercatori iniziano ad occuparsi di problemi di pubblica utilità e di questioni sociali
o rilevanti per garantirsi la sopravvivenza (propaganda politica, formazione dei soldati)
Negli stessi anni la psicologia clinica inizia ad assumere un ruolo importante
o nell’affrontare i problemi sociali creati dalla guerra (reduci bisognosi di cure)
Questi fatti per Sarason hanno contribuito alla nascita della psicologia di comunità insieme ad altri
eventi quali:
- Le grandi riforme promulgate dai presidenti Kennedy e Johnson
- Il community mental health center act, che riorganizza in chiave comunitaria il Sistema
sanitario
- Il war of poverty, che prevede riforme in senso socioassistenziale
- La perdita degli Stati Uniti della corsa allo spazio che ha portato al miglioramento del
sistema educativo e alla valorizzazione delle risorse intellettuali
2. La nascita della psicologia di comunità
In seguito a questi importanti cambiamenti, nel 1965 un gruppo di psicologi e operatori della salute
mentale si riunisce nel Massachusetts: questo è il primo atto formale di fondazione della
psicologia di comunità.
Questa disciplina invita a profonde riflessioni e mutamenti:
- Spinge a ricercare anche nell’ambiente sociale la causa dei problemi e le risorse per la loro
risoluzione. La comunità è dunque il luogo in cui si generano e si manifestano le patologie e
all’interno della quale possono essere risolte.
- La psicologia di comunità tenta di spostare il focus dell’eziologia dei disturbi psichiatrici dalla
caratteristiche individuali alle caratteristiche di alcuni gruppi sociali (es. poveri) proprio perché
crede nell’esistenza di una relazione tra classe sociale e disturbi mentali.
- Tra le motivazioni che hanno portato la nascita di questo campo si annovera pertanto anche
il desiderio e la necessità di ridurre le inuguaglianze e le ingiustizie sociali.
- La psicologia di comunità ha tentato inoltre uno spostamento paradigmatico dalla cura alla
prevenzione, ma ciò è risultato problematico nella prime fasi.
- Dagli anni 70 la psicologia di comunità si svincola sempre di più dal trattamento della
patologia psichica per orientarsi verso problematiche sociali più generali. L’oggetto di studio
divengono gli “individui in situazione” e l’obiettivo principale è il cambiamento sociale
complessivo. Questa sfida porta sempre più a concettualizzare aspetti individuali a un livello
collettivo (sistema pubblico, sistema legislativo). L’obiettivo della psicologia della comunità
relativo alla crescita dell’intera comunità è ottenibile grazie alla redistribuzione delle risorse,
mediante la promozione della partecipazione attiva delle persone e la condivisione del potere.
- Valore centrale della disciplina è per Sarason il “senso di comunità”, inteso come
sentimento di appartenenza e partecipazione attiva degli individui alla vita comunitaria. Il senso
di comunità può essere inteso sia come un vissuto soggettivo, sia come una forza coesiva e
motivante che agisce all’interno di una comunità favorendone il benessere; pertanto il
cambiamento del contesto non può che passare attraverso l’incremento del senso di comunità.
Gli elementi costitutivi del senso di comunità sono la similarità, l’interdipendenza,
l’appartenenza e la disponibilità a dare agli altri.
- Durante gli anni 80 si assiste ad un periodo di crisi della psicologia di comunità dovuto ai
drastici tagli alle politiche sociali e al mutamento del clima socioculturale che rivaluta il
successo individuale. In questa fase gli psicologi di comunità aprono il loro campo d’azione a
nuovi settori applicativi come la valutazione degli interventi nel sociale, la consulenza ai gruppi
spontanei, il lavoro di rete e la consulenza alla programmazione di interventi nelle scuole.
3. Lo specifico del contesto italiano
La psicologia di comunità italiana nasce intorno alla seconda metà degli anni 70, anno di uscita
del volume scritto da Donata Francescato.
Il quel periodo vi furono innumerevoli cambiamenti tra cui la legge Basaglia, legge che sarà
l’apice di un decenni di grandi riforme legislative che hanno interessato i lavoratori, gli studenti, il
decentramento amministrativo, la costituzione dei consultori familiari, l’inserimento dei disabili nel
sistema scolastico e l’interruzione volontaria della gravidanza.
In questo contesto di drastici cambiamenti si è delineata la necessità di pensare a nuovi servizi e
dunque alla formazione di nuovi operatori: la psicologia di comunità italiana cominciava a muovere
i primi passi.
Lo sviluppo di questa disciplina in ambito italiano è legato anche all’introduzione di un corso
obbligatorio di psicologia di comunità nei corsi di laurea di psicologia, alla proliferazione di
manuali, riviste e strumenti di assessment, nonché all’istituzione nel 1994 della società italiana di
psicologia di comunità.
Molti ostacoli hanno rallentato l’affermazione di questa disciplina: la mancanza di una tradizione
della professione psicologica e l’aspirazione di gran parte degli studenti alla psicoterapia.
Il modello di Dohrenwend: sviluppato in un contesto dominato dall’approccio medico
della malattia che collocava nel singolo individuo la responsabilità della propria patologia
(approccio victim blame). Il modello sposta l’accento dalle caratteristiche individuali a quelle di
alcuni gruppi sociali come per esempio i poveri. Pone particolare attenzione al concetto di
stress psicosociale, all’intervenire prima della manifestazione del disagio e sulla possibilità di
intervenire sull’ambiente allargato e non solo sull’individuo.
Senso di comunità: concetto che distingue la comunità da un aggregato casuale di
persone.
Fa riferimento a tre dimensioni ovvero la similarità, l’interdipendenza e l’appartenenza.
Il senso di comunità è un sentimento che provano gli individui che riconoscono se stessi come
membri di una comunità e che si sentono simili e interdipendenti rispetto agli altri membri.
Il senso di comunità appare correlato al benessere individuale e con le capacità di risolvere i
problemi e fronteggiare eventi stressanti.
McMillan e Chavis per comprendere come il senso di comunità può operare e può essere
misurato, propongono 4 fattori:
- Appartenenza: senso di aver investito nella comunità e di appartenervi
- Influenza: potere che i membri esercitano sul gruppo e viceversa
- Integrazione e soddisfazione dei bisogni: valori condivisi, scambio di risorse e
soddisfazione di bisogni
- Commessione emotiva condivisa: condivisione di storie
LA METAFORA ECOLOGICA
1. Fattori individuali e fattori contestuali
Si ritiene che ogni fenomeno sia determinato da fattori individuali e contestuali, e dipenda dalla
relazione tra individuo e contesto. La psicologia di comunità si interessa proprio all’interazione
tra fattori individuali e contestuali per comprendere i fenomeni oggetto di studio.
2. La metafora ecologica
Lo studio della persona nel contesto inteso come studio delle relazioni reciproche tra individui e
sistemi sociali, è un tema centrale nell’ambito della psicologia di comunità.
Per descrivere la complessa interazione individuo-sistema sociale, questa disciplina si avvale
della metafora ecologica: un principio, un paradigma e un insieme di valori che si basa sull’idea
che l’ambiente e i diversi contesti di vita in cui ciascuno è inserito esercitino un’influenza sul
comportamento individuale. La metafora assume inoltre che le persone possano controllare il
proprio comportamento attraverso una maggiore comprensione delle influenze ambientali
specifiche, le quali possono o promuovere o ostacolare la crescita dell’individuo.
Presupporre che l’ambiente eserciti effetti sul comportamento individuale e che l’individuo
possa modificare il suo ambiente comporta delle implicazioni:
- L’analisi simultanea di più contesti e della loro interazione può facilitare la
comprensione dei fenomeni: alcuni aspetti assumono un significato diverso in collegamento
ad altre caratteristiche contestuali.
- È possibile attuare interventi che, a partire da un contesto, ne coinvolgano altri: è
quindi auspicabile ideare azioni ipotizzando che il cambiamento coinvolga più contesti.
- Per indurre il cambiamento in uno o più contesti è necessario conoscere il contesto
stesso approfonditamente: ciò implica la presenza sul campo degli studiosi e l’utilizzo di
metodologie partecipative e collaborative.
3. Gli approcci ecologici
Non esiste una teoria ecologica universalmente riconosciuta, ma esistono piuttosto differenti
modelli teorici a cui è possibile fare riferimento:
Lewin ha sviluppato la teoria di campo secondo cui qualsiasi comportamento entro
un campo psicologico dipende dalla particolare configurazione di quel campo in un dato
momento. Secondo l’autore il comportamento (C) umano dipende dallo spazio di vita,
inteso come relazione tra la persona (P) e l’ambiente psicologico percepito dalla persona
(A). l’autore ha focalizzato i propri studi inoltre sui fenomeni concretamente rilevanti e sulla
ricerca-azione.
Barker ha coniato l’espressione “psicologia ecologica” e ha dato inizio ad una serie
di studi sulla relazione individuo-ambiente in condizioni naturali attraverso il metodo
osservativo. L’autore ha individuato dei pattern di comportamenti stabili, che si
presentavano in alcuni contesti, indipendentemente dalla persone coinvolte, associati a
specifiche configurazioni spazio-temporali, del contesto stesso. Egli ha introdotto quindi
l’espressione “setting comportamentale” per descrivere la sintonia all’interno di un setting
tra comportamento e ambiente sociale. Egli elaborò inoltre la teoria del dimensionamento
secondo cui i setting sottodimensionati offrono maggiori opportunità ai propri abitanti.
Bronfenbrenner ha cercato di ampliare il costrutto di ambiente ecolo