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Primo stadio si attribuisce più importanza all’autorità che ha emanato le regole rispetto alle
intenzioni dell’agente (1° stadio). Il Secondo stadio ha come riferimento l’individualismo e
il bambino giudica utile osservare le regole solo se ne deriva un vantaggio immediato e
concreto per sé.
Livello convenzionale (dalla preadolescenza alla tarda adolescenza): è incentrato sui
2) rapporti interpersonali e sui valori sociali a cui è data la precedenza rispetto alle forme di
individualismo. Nel Terzo stadio è importante vivere in conformità con le degli altri,
conformarsi alla propria cerchia sociale facendo convivere anche i ruoli di figlio, fratello,
amico, etc. Il ragazzo inizia ad intrattenere relazioni basate sulla fiducia, la lealtà, il rispetto
e la gratitudine e tenta di conformare il proprio comportamento ai modelli di maggioranza
per ottenere approvazione sociale e soddisfare i propri bisogni di affetto e di appartenenza.
Nel Quarto stadio si affina la capacità di differenziare tra il punto di vista della società.
Viene giudicato giusto sostenere l’ordine sociale, adempiere agli impegni presi e dare il
proprio contributo ai gruppi e alle istituzioni per garantirne, responsabilmente, il buon
adattamento.
Livello post-convenzionale in cui il giudizio morale ha come fondamento le norme etiche
3) più o meno condivise basate anche su principi astratti e che possono essere più o meno
condivise dal proprio gruppo di appartenenza. Nel Quinto stadio emerge la consapevolezza
che le regole sono relative ma da rispettare poiché sono frutto di accordi e di negoziazione
con la società. Successivamente, nel Sesto stadio l’individuo acquista la consapevolezza che
le leggi sono validi solo se basati su principi universali e su valori etici, verso cui si sviluppa
un senso personale. Egli si rende conto che le regole sono da rispettare solo se basate su
principi universali e su valori etici.
3.2.2. Validità degli stadi di Kohlberg
Alcune critiche metodologiche, riguardanti il sistema di attribuzione dei punteggi ai dilemmi o il
loro contenuto hanno indotto Kohlberg a elaborare un sistema standardizzato di codifica delle
risposte che si è rivelato attendibile e che ha permesso di realizzare alcune ricerche che hanno,
sostanzialmente, confermato molti aspetti della teoria. È emersa la validità della sequenza stadiale
che vede il ragionamento preconvenzionale decrescere con l’età e quello convenzionale aumentare.
Anche il legame tra aspetto cognitivo e morale appare confermato, nel senso che il ragionamento di
tipo convenzionale implica la capacità del soggetto di porsi dal punto di vista degli altri, mentre
quello di tipo postconvenzionale poggia sullo sviluppo delle operazioni formali e del pensiero
astratto. Rilievi critici sono stati mossi da Turiel che mette in discussione il concetto di stadi e non
condivide l’idea che i bambini siano incapaci di distinguere tra le convenzioni e le regole morali,
come la teoria di Kohlberg sostiene.
3.2.3. Regole morali e convenzionali
Le regole interiorizzate, basate sull’acquisizione che certi modelli di convivenza e relazione sociale
vadano rispettati per il significato che rivestono e non per paura delle punizioni, rappresenta la
principale essenza della morale. L’interazione sociale e le routine quotidiane favoriscono lo
sviluppo delle regole convenzionali tanto che i bambini imparano rapidamente come stare a tavola,
come salutare e come comportarsi a scuola e, apprendono anche che se alcune di queste regole
accomunano più persone e vengono riconosciute dotate di un valore indipendente dal contesto, altre
sono specifiche di ambiti definiti, quali la scuola e la famiglia. Secondo Turiel la distinzione tra
regole morali e convenzionali comincia ad essere appresa in età prescolare e bambini di circa 4 anni
sono in grado di distinguere tra comportamenti morali (picchiare un altro bambino, spintonare,
rubare, etc.) e comportamenti convenzionali (mangiare con le mani, non dire per favore, non
salutare, etc.). I bambini, quindi, imparano presto quali siano i contenuti delle regole morali e la
loro differenza dalle regole convenzionali, strutturando domini di conoscenza differenziati, morale,
socio-convenzionale e afferente alle scelte personali, relativi a situazioni e interazioni regolate da
norme di tipo diverso.
3.2.4 La disattivazione del controllo interno
L’ipotesi di uno sviluppo stadiale del ragionamento morale è stato criticato anche da Bandura che ha
evidenziato come non solo i comportamenti, ma anche i processi di ragionamento e i principi di
valutazione dell’azione sono appresi dai bambini attraverso le interazioni con gli adulti e con i
coetanei e non seguono rigide tappe di sviluppo. La capacità di giudicare un’azione come giusta o
sbagliata a seconda delle conseguenze, dell’interazione o tenendo conto di entrambi questi criteri è
per Bandura l’esito di apprendimenti sociali, che risultano più o meno rapidi a seconda delle
esperienze del bambino e non sono vincolati a stadi evolutivi successivi, come ipotizzato da
Kohlberg.
Le interazioni con gli adulti ed i coetanei permettono ai bambini di acquisire anche meccanismi di
pensiero in grado di ridefinire la responsabilità e la gravità delle azioni trasgressive messe in atto in
violazione dei principi morali interiorizzati. Questi processi di disimpegno morale disinnescano la
censura interna, che valuta la correttezza della propria azione alla luce delle norme morali apprese
entro l’ambiente sociale, e consentono di porre in essere atti trasgressivi di regole di condotta
ritenute valide senza sentirsi in colpa. Degli otto meccanismi di disimpegno morale individuati da
Bandura, alcuni operano attraverso una ridefinizione della portata trasgressiva dell’azione, altri
ridefinendo gli esiti delle azioni, altri il ruolo della vittima dell’azione trasgressiva. Bandura rileva
l’esistenza di una differenza tra riconoscere quale condotta sia moralmente corretta e mettere in atto
comportamenti moralmente corretti. L’introduzione dei meccanismi di disimpegno morale consente
così di spiegare la distanza intercorrente tra il pensiero morale e l’azione morale.
4. Relazioni tra pari
L’influenza delle relazione tra pari è ampiamente riconosciuta sebbene a lungo sottovalutata a
favore della relazione con gli adulti che appare ormai ampiamente riconosciuta nella sua specificità.
Quella con gli adulti è una relazione asimmetrica, verticale, basata sul rispetto, l’obbedienza,
deputata ad offrire cure, protezione, apprendimento, mentre quella con i pari è un rapporto
orizzontale, paritario, fondato sulla reciprocità e la cooperazione. Con l’età aumenta l’interesse per i
pari, tanto che nella preadolescenza e nell’adolescenza i coetanei diventano una fonte di sostegno
affettivo di pari importanza rispetto agli adulti. L’importanza dell’adulto resta comunque
fondamentale, anche se decresce nel tempo. Dalle interazioni con i coetanei spesso nascono e si
sviluppano relazioni importanti, legami più forte caratterizzati da stabilità, costanza e selettività
nell’orientamento preferenziale verso uno o più partner con cui si trascorre abitualmente più tempo.
Il rapporto d’amicizia permette al bambino di vedere se stesso attraverso gli occhi di un altro e di
sperimentare la vera intimità, promuovendo l’autoconsapevolezza e lo sviluppo dei processi di
socializzazione.
4.1. Il rapporto con i coetanei
Nel corso dello sviluppo le occasioni sempre più frequenti di contatto con i coetanei e la capacità
del bambino di interagire e di valutare la prospettiva e il punto di vista degli altri, rendono la
relazione tra pari sempre più costruttiva. Nei primi anni di vita, nell’età prescolare il rapporto con i
coetanei è unidirezionale. Dai 2 ai 4 anni si verifica uno spostamento da attività parallele a giochi
cooperativi che richiedono interazione per raggiungere uno scopo comune, mentre nelle attività
parallele i bambini anche se vicini fisicamente, giocano da soli. Dalle imitazioni speculari si passa
ad interazioni basate sulla reciprocità.
Nel periodo prescolare fioriscono le attività di gruppo, favorite sia dalla capacità di comunicare
verbalmente i desideri e le aspettative, sia dallo sviluppo di abilità simboliche, che ampliano le
possibilità di realizzare giochi di finzione più articolati. Studi osservativi di tipo etnografico hanno
evidenziato che già nell’infanzia, nei gruppi dei pari, si vengono strutturando insiemi di regole di
interazione e di significati che si differenziano dalle norme e dalle dotazioni di senso dettate dagli
adulti e che si configurano come vere e proprie culture dei pari. Nell’infanzia si sviluppano
relazioni sempre più selettive basate sull’affinità. I rapporti con i coetanei appaiono caratterizzati
dal fenomeno della segregazione sessuale, soprattutto nelle attività di gioco, quando intorno ai 6-7
anni comincia a svilupparsi l’interesse per le competizioni di squadra. Montagner ha rilevato
l’importanza delle sequenze di comportamento non verbale nella dinamica del gruppo. I bambini
popolari, denominati bambini leader, manifestano precocemente e mantengono stabilmente negli
anni, comportamenti e sequenze di interazioni non verbali rassicuranti e non aggressive,
caratterizzate da sorriso, leggera inclinazione della testa e gesti di sfioramento o toccamento lieve
degli altri o degli oggetti che desiderano ottenere. I bambini rifiutati, chiamati dominanti aggressivi,
manifestano in misura consistente comportamenti di minaccia attraverso movimenti bruschi e
disordinati, attività instabili, scarsa concentrazione, interventi disorganizzanti le attività altrui
accompagnati da aggressioni fisiche che provocano pianto negli altri. I bambini aggressivi hanno
competenze sociali ridotte nel rapporto con i coetanei, che generano rifiuto e sono predittive di
problemi di adattamento futuro, come difficoltà di apprendimento, abbandono scolastico e
comportamenti antisociali. Nella fase della preadolescenza e dell’adolescenza, le relazioni con i
coetanei risentono delle esperienze pregresse, ma nello stesso tempo assumono uno specifico valore
come stimolo al confronto e come fonte di sostegno e di supporto all’autostima.
4.2. Le relazioni amicali
Le relazioni amicali hanno caratteristiche non perfettamente sovrapponibili a quelle che si
stabiliscono nei gruppi di coetanei. I bambini possono conoscersi e frequentarsi più o meno
occasionalmente, ma diventano amici quando la loro relazione diventa stabile, intima e reciproca
nel tempo. Si è a lungo pensato che questo legame preferenziale fosse assente nei più piccoli,
giudicati incapaci di stabilir