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Nei primi anni di vita, nell’età prescolare, il rapporto con i coetanei è unidirezionale nel senso che all’azione
del primo bambino non corrisponde l’azione coordinata del secondo. Una specifica analisi delle interazioni di
bambini di 2 e di 3 anni ha chiarito come le competenze sociali si vadano sempre più affinando, passando da
un tipo di scambio caratterizzato da “imitazione speculare” a interazioni “complementari e reciproche”. Nel
periodo prescolare fioriscono le attività di gruppo, favorite sia dalla capacità di comunicare verbalmente i
desideri e le aspettative sia dallo sviluppo di abilità simboliche. Studi osservativi hanno evidenziato che già
nell’infanzia nei gruppi dei pari si vengono strutturando insiemi di regole di interazione e di significati
condivisi informalmente. Nell’infanzia si sviluppano relazioni sempre più selettive basate sull’affinità, e i
compagni vengono scelti in funzione della comunanza di interessi e di attività e non su sollecitazioni casuali o
contingenti. I rapporti con i coetanei appaiono caratterizzati dal fenomeno della “segregazione sessuale”. Fino
a 8 anni Montagner ha rilevato l’importanza delle sequenze di comportamento non verbale nella dinamica
accettazione–rifiuto. Si crea la differenza tra bambini popolari, leader, e bambini rifiutati. Gli aspetti
temperamentali e di personalità maggiormente connessi alla dinamica accettazione-rifiuto sono l’aggressività
e il mancato controllo degli impulsi. I bambini aggressivi hanno competenze sociali ridotte nel rapporto con i
coetanei. Nella fase della preadolescenza e adolescenza le relazioni con i coetanei risentono delle esperienze
pregresse, ma nello stesso tempo assumono uno specifico valore come stimolo al confronto e come fonte di
sostegno e di supporto dell’autostima.
4.2 Le relazioni amicali
La relazione di amicizia è selettiva, reciproca e stabile. L’amicizia si manifesta come una relazione reciproca e
stabile nel tempo, caratterizzata dall’esclusività del legame. Intorno ai 2-3 anni i bambini manifestano le loro
simpatie e antipatie nei confronti degli altri, provano piacere nello stare assieme, svolgono attività comuni e
sono capaci di un rapporto selettivo e stabile. I legami preferenziali nei primi anni di vita possono essere
interpretati come legami affiliativi caratterizzati da affettività, ricerca di prossimità fisica e reciprocità nella
rispondenza ai segnali. Durante l’età prescolare l’amicizia assumono forme e funzioni diverse, diventano
meno esclusive e più flessibili. A partire dai 4-5 anni i bambini iniziano a distinguere gli amici dai compagni.
Le interazioni si fanno più complesse e cercano l’interazione verbale più che fisica. Il comportamento di aiuto
si manifestano anche nelle relazioni non amicali. L’amicizia inoltre aiuta a superare le emozioni negative. Tra
amici, la soluzione di conflitti è più semplice, facile. La capacità di collaborare è una delle competenze sociali
meglio sollecitata dalla relazione amicale. Dall’età scolare in poi le relazioni amicali sono sempre più basate
sulla reciprocità, sull’intimità, sull’intensità e sulla frequenza degli scambi, permettono di acquisire strategie
di mediazione e negoziazione nella risoluzione dei conflitti e capacità di cooperare e collaborare.
4.2.1 Il concetto di amicizia
Selman ha utilizzato dilemmi e domande semistrutturali per intervistare un alto numero di soggetti d’età
compresa tra i 3 e i 34 anni e ha individuato 4 stadi di consapevolezza dell’amicizia, che differiscono l’uno 31
dall’altro. Tra i 3 e i 5 anni, nello stadio 0 gli amici sono compagni di gioco momentanei e l’amicizia è
concepita in chiave di vicinanza e di contatto fisico. In questo stadio è assente la comprensione dei pensieri e
dei sentimenti altrui e il bambino presta attenzione ali attributi fisici del compagno o alle azioni che compie.
Tra 6-8 anni nello stadio 1 l’amicizia è concepita in termini di aiuto unilaterale che si pensa di dover ricevere
da parte dell’amico, ritenuto capace di capire e di intuire i desideri e soddisfare le aspettative. Tra i 9-12 anni
nello stadio 2 di cooperazione in circostanze favorevoli emerge una maggiore consapevolezza della
reciprocità del rapporto. Soltanto allo stadio 3 di condivisione mutualistica presente dai 12 anni in poi,
l’amicizia è una relazione solida e duratura, caratterizzata da intimità e fiducia reciproca. Gli amici vengono
descritti come capaci di aiutarsi e capirsi, di condividere problemi e pensieri intimi, di provvedere al sostegno
reciproco. Il legame una volta consolidato resta stabile anche in presenza di eventuali conflitti. La
comprensione dell’amicizia si basa su tre concetti:
1. incremento della capacità di assumere la prospettiva altrui
2. percezione delle persone come entità psicologiche e non solo fisiologiche
3. rapporti sociali duraturi piuttosto che caratterizzati da incontri occasionali.
4.3 I comportamenti aggressivi
Le relazioni tra coetanei assumono spesso la forma di interazioni aggressive. Esistono diverse tipologie di
comportamento aggressivo, distinguibili sulla base delle modalità di attacco, dell’intenzione che determina
l’azione e della presenza-assenza di attivazione emotiva. Tra i bambini sono più diffuse aggressioni di tipo
diretto, mirate a colpire direttamente il bersaglio attraverso attacchi fisici o verbali. All’età di 8, 11, 15 anni le
forme indirette di attacco sono più diffuse tra le femmine, mentre tra i maschi è più comune il ricorso ad
attacchi diretti, fisici o verbali. Le aggressioni, inoltre, possono tendere principalmente a infliggere un danno
o un dolore all’altro, condotte aggressive ostili, o a ottenere oggetti o benefici, aggressività strumentale. Tra
bambini di 4-6 anni e 6-7 anni le condotte di aggressività strumentale si riducono progressivamente a
differenza di quelle ostili che non si riducono per frequenza ma si modificano per forma. Bambini molto
piccoli ricorrono prevalentemente a forme fisiche di aggressione in quanto non dispongono ancora delle
abilità linguistiche e cognitive che consentono di ricorrere ad aggressioni verbali e indirette. Crescendo, i vari
sviluppi delle aree permettono di aggiungere comportamenti aggressivi, prima attacchi verbali poi
aggressioni indirette. Con l’età si riduce la quantità di azioni aggressive. Già a partire dall’età prescolare i
bambini tendono sempre meno ad agire in modo violento.
Le condotte si differenziano anche in relazione alla presenza di componenti di attivazione fisiologica. Accanto
a aggressioni reattiva esistono anche forme di aggressività proattiva (comportamento
prepotente=espressione aggressività). Le forme di aggressività possono essere apprese casualmente,
osservazione e imitazione.
Modello “social information processing”: esamina i processi socio-cognitivi attivi nelle situazioni di
interazione e che sono alla base della risposta comportamentale, individuando sei diversi step di analisi dei
comportamenti degli altri:
-fase di codifica dei segnali sociali
- fase di interpretazione dei segnali
- fase di classificazione degli scopi
- fase di esame delle possibili risposte da dare
- fase di decisione della risposta da dare
- fase di messa in atto della risposta.
In bambini di 9-12 anni la difficoltà nella fase di codifica dei segnali e una tendenza attributiva a interpretare
il comportamento dell’altro come un attacco sono all’origine di comportamenti aggressivi reattivi, mentre la
selezione di obiettivi di natura competitiva e di dominanza, così come l’elaborazione e la decisione di
risposte di comportamentali violente spiegano le condotte aggressive proattive. Il tono generale dell’umore,
32
come la rabbia, interferiscono con i processi di analisi di elaborazione sociale dell’informazione. La messa in
atto di condotte aggressive è risultata associata a carenze nei processi empatici di condivisione affettiva degli
stati emotivi e a una maggiore ricerca di dominanza e affermazione di sé nelle relazioni con i coetanei. Il
comportamento aggressivo può essere l’esito di carenze nelle abilità sociali che possono accentuarsi a seguito
di una scarsa relazione con i pari.
I bambini/ragazzini aggressivi vengono rifiutati ma non sempre.
4.3.1 Il bullismo
Rappresenta un fenomeno complesso e ampiamente diffuso che riguarda sempre due poli: il bullo e la
vittima.
Il bullismo si configura come una relazione di abuso sistematico di potere, contraddistinta da alcune
caratteristiche distintive:
- intenzionalità delle prepotenze: attacchi voluti e mirati a infliggere un danno fisico o psicologico al
compagno prevaricato
- reiterazione delle prevaricazioni: non aggressioni isolate ma ripetute nel tempo
- squilibrio di potere: il bullo individua la vittima tra i coetanei più deboli ed insicuri.
Il comportamento del bullo, la prepotenza, si configura come modalità di aggressione prevalentemente
proattiva (bullismo diretto o indiretto).
Emergono molti ruoli oltre a quello del bullo e della vittima: aiutanti del bullo, sostenitori dei bulli, difensore
della vittima... a 7 anni i bulli sono caratterizzati da abilità cognitive di teoria della mente di secondo ordine
buone o nella media. I prevaricatori a differenza delle vittime possiedono buone competenze narrative che gli
servono per giustificare le azioni che compiono.
Le vittime si distinguono in vittime passive (timidi e insicuri) e provocatrici (involontari comportamenti di
provocazione). Le vittime provocatrici possono anche assumere il doppio ruolo vittima-bullo diventando a
loro volta autori di prepotenze. Già a 8 anni i bambini vittime di bulli presentano un’autostima molto bassa
rispetto ai coetanei. Inoltre risultano poco accettate dai compagni che sono così meno disponibili a prestare
loro aiuto.
Fattori esplicativi del bullismo: famiglie bulli troppo permissivi, famiglia vittime iperprotezione.
à à
Il bullismo è causa di gravi conseguenze a breve e lungo termine, sia per le vittime che per i prevaricatori.
Sono stati elaborati diversi programmi di intervento per la prevenzione e il contrasto degli episodi di
prepotenza in ambito scolastico. Programmi di tipo sistematico mirano a modificare il clima e le norme
informali presenti nel contesto, affiancando a interventi individuali per il potenziamento delle abilità socio-
cognitive carenti nelle vittime e disfunzionali nei bulli, azioni a livello del gruppo dei pari, mirate ad influire
sulle dinamiche di gruppo, e azioni a livello del sistema scolastico, allo scopo di favorire tra adulti e ragazzi la
diffusione di un condi